Il “caso Orlandi”. La Chiesa Cattolica è sotto attacco di forze malvagie. «Avete taciuto abbastanza. È ora finirla di stare zitti! A forza di silenzio il mondo è marcito»

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.04.2023 – Vik van Brantegem] – Se Emanuela Orlandi fosse viva, oggi avrebbe 55 anni. Ne aveva 15, quando il 22 giugno del 1983 scompare e sul suo conto è stato detto di tutto (congetture, ipotesi, rivelazioni, supertestimoni in cerca di visibilità, mitomani, un avvilente circo mediatico), ma di vero, verificato, provato, si sa pochissimo, quasi niente. Cittadina vaticana, figlia di un dipendente della Prefettura, la sua scomparsa è stata messa in relazione ad Alì Agca, il turco che il 13 maggio 1981 a San Pietro cercò di uccidere Papa Giovanni Paolo II: liberare lui in cambio del rilascio di lei.

Un altro filone investigativo vuole che nella vicenda sia coinvolto Enrico De Pedis, da molti considerato uno dei capi storici della Banda della Magliana. Il coinvolgimento della banda nella scomparsa di Emanuela, disegna, almeno ipoteticamente, un quadro inquietante: la Banda avrebbe cercato di condizionare le politiche della Santa Sede e fa intravedere oscure gestioni di fondi dirottati dallo IOR al tempo di Paul Marcinkus in favore del sindacato polacco Solidarnosc in funzione antisovietica (inverosimile e personalmente so – dai tempi quando ero Direttore del Servizio di Informazione Internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre – che l’aiuto ci fu, in diversi modi, ma in via ufficiale per i fondi e per via diplomatica per quello materiale).

Come sappiamo, il “giallo Orlandi” in questi giorni si è “arricchito” un nuovo capitolo. Il vaticanista di lungo corso in pensione, Salvatore Izzo, il 15 aprile 2023 sul Faro di Roma da lui diretto, definisce un «ulteriore cantonata» dell’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano: «Diddi convoca la Sgrò dicendo che era lei a chiederlo. Ma si è sbagliato: non era vero». Ma certamente le ultime vicende non si limitano a questo. Resta il fatto che «sulla sorte della povera ragazza in 40 anni non sia mai emerso nulla di verificato», conclude.

L’Arcivescovo Georg Gänswein chiese alla Segreteria di Stato per Papa Benedetto XVI un appunto sul “caso Orlandi” ma non ha mai avuto un “dossier”

Anche l’Arcivescovo Georg Gänswein, Segretario particolare di Papa Benedetto XVI, intervistato da Silvia Toffanin nella puntata di Verissimo su Canale 5 di domenica 16 aprile 2023, è ritornato sul “caso Orlandi”, in particolare sull’affermazioni di Pietro Orlandi che lui avrebbe avuto un “dossier” al riguardo. Ha affermato di non credere che su questa vicenda possa emergere qualcosa di nuovo e aggiunge: «Certo, adesso è stato aperto un fascicolo in Vaticano, ora agiranno gli inquirenti, si spera che portino la cosa a buon fine. Io posso soltanto augurare che si trovi una risposta definitiva. Io una volta ho incontrato Pietro Orlandi, ho parlato a lungo con lui e gli ho detto “io non so niente”. Ho chiesto ai nostri di fare un promemoria su quale fosse la situazione allora riguardo a Emanuela Orlandi». Fece redigere [dalla Segreteria di Stato] per Papa Benedetto XVI un promemoria su tutte le cose note sul caso di Emanuela Orlandi. Afferma che è stato fatto un appunto, ma si vedeva che non c’era niente di nuovo. Poi Pietro Orlandi ha detto in un’intervista che Mons. Gänswein avrebbe avuto un dossier. Non è vero, ha sottolineato Mons. Gänswein, non era di sua competenza. Se lui pensa a questo appunto, ha aggiunto, che poi ha dato a Papa Benedetto XVI, è di questo che si tratta.

La rabbia contro Pietro Orlandi dopo le accuse a Giovanni Paolo II: “Puro fango, le scuse non bastano”. L’indignazione del fotoreporter polacco Gregorz Gałazka

Hanno provocato un terremoto le parole lanciate da Pietro Orlandi su San Giovanni Paolo II e stanno facendo ancora discutere parecchio, soprattutto tra chi per oltre venti anni ha seguito e documentato il pontificato di Giovanni Paolo II. Ospite l’9 aprile scorso a DiMartedì, Il fratello di Emanuela Orlandi ha puntato il dito contro Papa Wojtyła. “Ogni tanto usciva di sera e andava in giro con due suoi amici polacchi. Secondo qualcuno non andava certo a benedire delle case”, questa la frase che ha suscitato scalpore e indignazione. Contro Pietro Orlandi e a difesa di Papa Wojtyła si è fatto sentire in modo duro, il fotoreporter polacco Gregorz Gałazka, che ha immortalato il pontificato di Papa Wojtyła per oltre un ventennio, autore della fotografia ufficiale per la sua beatificazione e canonizzazione. All’Adnkronos ha dichiarato, riferendosi al fratello di Emanuela Orlandi: «Sono ancora scioccato dalle parole di questo signore. Queste esternazioni, puro fango, sciocchezze, fanno male anche alla memoria della sorella scomparsa in circostanze misteriose perché sono state fatte tante indagini e alla fine non si è trovato niente». Gałazka ritiene che Pietro Orlandi con le sue parole ha arrecato un danno anche alla sorella Emanuela «perché Giovanni Paolo II è stata la persona più onesta che sia vissuta in questa terra. Se non è stato santo lui, questo mondo è perso». Sottolinea che, a questo punto, le eventuali scuse di Pietro Orlandi a Papa Wojtyła «sarebbero troppo poco per tutto il fango propalato. Le scuse poi le potrebbe fare solo un uomo grande». Secondo Gałazka, Orlandi avrebbe danneggiato anche la sorella Emanuela «perché Giovanni Paolo II è stata la persona più onesta che sia vissuta in questa terra. Se non è stato santo lui, questo mondo è perso». L’inchiesta riaperta di recente potrebbe risentire delle esternazioni di Orlandi, dice Gałazka: «Il Vaticano dopo tutto questo, dovrebbe chiudere il caso. Le cose si trattano sul serio ma se devono prendere questa piega, meglio fermarsi».

Intanto, Pietro Orlandi non ha nessuna intenzione di chiedere scusa o prendere la responsabilità per le sue esternazioni, e reagisce con stizza alla protesta (a cui si è aggiunta anche Papa Francesco) per le sue parole e insinuazioni in riferimento a San Giovanni Paolo II. In un’intervista a La Repubblica ha detto: «Dopo le parole apparentemente confortanti del pubblico ministero del Vaticano, Alessandro Diddi, che ha detto scaveremo a fondo in ogni direzione anche le più gravi senza sconti a nessuno, credevo che non ci fosse più quella sudditanza psicologica nei confronti del Vaticano, né giornalisti asserviti al loro potere. Purtroppo mi sbagliavo».

«Siamo molto sorpresi che non vi sia stata collaborazione perché questo avevano chiesto: allora perché adesso tirarsi indietro in maniera così brusca?», ha dichiarato il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin all’ANSA, quando gli era stato chiesto se le indagini dello Stato della Città del Vaticano continueranno dopo la protesta riguardo le frasi su San Giovanni Paolo II dette da Pietro Orlandi. «Il nostro intento è quello di arrivare veramente a chiarire – ha continuato il Cardinal Parolin –. Ho visto che ci sono state anche critiche all’iniziativa del Papa ma l’idea della Santa Sede è proprio quella di arrivare a chiarire, vedere quello che è stato fatto nel passato sia da parte italiana, sia da parte vaticana e vedere se c’è qualcosa ancora che si può fare di più, sempre con questo scopo, arrivare a chiarire. Credo che lo si debba innanzitutto alla mamma che è ancora viva e soffre molto, lo facciamo con le migliori intenzioni”.

«il Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, ha confermato contro ogni logica e buon senso l’intento della Santa Sede di portare avanti le indagini, avviate in Vaticano dopo 40 anni a gennaio scorso, su Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa a 15 anni nel 1983. Vero è che il Vaticano si era finora tenuto ai margini della vicenda giudiziaria, ricca di colpi di scena per rivelazioni tutte risultate false e infondate, ma per almeno 35 anni ha indagato la Giustizia italiana, che ha molti più mezzi, senza che emergesse nulla di nulla. E a firmare la richiesta di archiviazione a fine 2015 era stato l’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, oggi Presidente del Tribunale Vaticano: forse Parolin potrebbe confrontarsi con lui. E invece l’indagine è affidata al Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, l’avvocato che ha fatto cadere l’aggravante mafiosa agli imputati di “mafia capitale”, processo che ha visto dunque soccombere le indagini, quelle sì ben fondate, di Pignatone. Per non parlare dell’assurda conduzione da parte di Diddi dell’accusa nel processo vaticano per il Palazzo di Londra. Anche se l’intenzione spiegata da Parolin è buona, ne verrà fuori un enorme pasticcio che non avvicinerà la verità sulla ragazza ma porterà solo ingiusto discredito alla Santa Sede e ai suoi servitori» (Sante Cavalleri – Faro di Roma).

Anche Flavia Filippi ieri su Tg.la7.it parla di «quel pasticciaccio brutto delle accuse a raffica che rischiano di allontanare la verità». Come non si è mai arrivata alla verità che cerca Pietro Orlandi, “qualunque essa sia”, dopo 40 anni di navigazione nelle nebbie fitte, dando credito a decine di piste false e veri e propri depistaggi.

Le accuse lanciate da Pietro Orlandi, fratello della ragazza scomparsa
Le “rivelazioni” su Wojtyła sanno di ennesimo depistaggio
La scomparsa e presumibile morte di Emanuela Orlandi resterà sempre un mistero
L’opinione di Valter Vecellio su La Voce di New York del 15 aprile 2023


«Un nuovo capitolo che contribuisce a creare un polverone che forse non è liquidabile con la semplice deprecabile voglia di protagonismo. Forse va inquadrato in una più vasta manovra, in un progetto di intorbidare acque di suo inquinate, e rendere incredibili e inattendibili anche quei non molti punti fermi finora acquisiti. La cosa che fa ulteriormente pensare è che a questo tipo manovre si prestano anche personaggi che avrebbero al contrario tutto l’interesse a fare il massimo della chiarezza. Il fratello di Emanuela, Pietro, partecipa a una trasmissione televisiva, DiMartedì, e si dice convinto che “Wojtyła, Ratzinger e papa Francesco siano a conoscenza” dell’indicibile che riguarda la vicenda della sorella. Fin qui… Nel corso della trasmissione viene fatto ascoltare un audio che lo stesso Pietro Orlandi avrebbe consegnato alle autorità vaticane durante una sua recente audizione. Nell’audio parla un uomo che si presume essere vicino alla banda della Magliana: “Papa Giovanni Paolo II se le portava in Vaticano quelle, era una situazione insostenibile. E così il Segretario di Stato a un cero punto è intervenuto decidendo di toglierle di mezzo. E si è rivolto a persone dell’ambiente carcerario“. Qui siamo già nel torbido. Sono parole che finora non hanno trovato alcun tipo di riscontro. Pietro Orlandi ci mette del suo, commenta le parole del presunto affiliato alla Banda della Magliana con una pesantissima insinuazione: “Mi dicono che Wojtyła ogni tanto la sera usciva con due Monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case…”. La tecnica è quella di chi scaglia il sasso e poi nasconde la mano. Non si dice, ma si lascia intendere; si insinua. Venuti al dunque, quando l’incaricato vaticano, il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, chiede formalmente e seccamente al Pietro Orlandi e al suo avvocato, Laura Sgrò di fornire elementi concreti che suffraghino la pesantissima insinuazione circa il possibile coinvolgimento di Wojtyla, la risposta è un impenetrabile silenzio. Il direttore della sala stampa del Vaticano Matteo Bruni dichiara: “Il Promotore di giustizia Diddi, insieme al professor Gianluca Perone, Promotore applicato, ha ricevuto l’avvocato Laura Sgrò, come da lei ripetutamente e pubblicamente richiesto, anche per fornire quegli elementi, relativi alla provenienza di alcune informazioni in suo possesso, attesi dopo le dichiarazioni fornite da Pietro Orlandi. L’avvocato Sgrò si è avvalsa del segreto professionale”. Un collega che è sempre stato molto vicino a Pietro Orlandi, Fabrizio Peronaci del Corriere della Sera, va giù pesante: “Quando ho letto questa dichiarazione, ho stentato a credere che Pietro potesse averla pronunciata”. Peronaci ha scritto un libro a quattro mani con Pietro, Mia sorella Emanuela. Poi si sono allontanati, per diversità di vedute. Secondo Peronaci la rottura è dovuta alla esasperata ricerca di visibilità dello stesso Orlandi, che lo ha portato ad accreditare qualsiasi pista: “…ha scelto la linea diretta dell’insulto non provato al massimo rappresentante della chiesa cattolica”. (…) Sia consentita una previsione: non se ne verrà a capo di nulla. La scomparsa e presumibile morte di Emanuela Orlandi resterà sempre un mistero; molti di quanti sono a conoscenza di come si sono svolti i fatti, sono morti. È possibile che si solleveranno altri polveroni. La vicenda sarà utilizzata nell’ambito di “primarie” in corso da tempo, per il successore di Papa Francesco. Dunque altri “clamorosi” capitoli di questa infinita vicenda che ormai si perde nel tempo; e nulla comunque hanno a che fare con la verità».

La Nota di Domenico Bonvengna
Dopo le accuse infamanti a San Giovanni Paolo II organizziamo la resistenza cattolica


Hanno avuto il coraggio di infangare anche la figura di San Giovanni Paolo II. Non si fermano davanti a nulla. È un fatto gravissimo che non bisogna sottovalutare. Come cittadino italiano e come autore di un libro su Papa Wojtyła, mi sento profondamente colpito e offeso dallo squallido spettacolo offerto dai mass media, dalle recenti illazioni sulla vita e i comportamenti del Papa polacco. Ho letto diversi libri, ho particolarmente studiato la sua grande figura e non è possibile pensare alla veridicità delle cose terribili che sono state dette su di lui, senza nessuna prova e nessuna testimonianza.

Non c’è soltanto una trasmissione televisiva, ci sono diversi attori dietro le quinte che stanno lavorando per distruggere moralmente la figura di San Giovanni Paolo II. Chi può essere interessato a questa distruzione? Si chiede Padre Livio Fanzaga dalla sua Radio Maria. L’ultimo tassello di questo attacco sono le farneticanti dichiarazioni del fratello di Emanuela Orlandi.

«Provo profondo dolore nei confronti della famiglia di Emanuela Orlandi – ha detto Monsignor Camisasca – che ha visto scomparire nel nulla la propria figlia e sorella. È un dramma sconvolgente che merita ogni considerazione e la ricerca della verità. Ma tutto questo non giustifica le accuse che, senza nessun fondamento, vengono rivolte ad un’altra persona. Viviamo in un’epoca barbarica dove chiunque può accusare un altro gettando fango su persone che non possono difendersi. L’immoralità di questo comportamento scuote la convivenza civile e chiede un cambiamento radicale dei cuori affinché i nostri rapporti siano fondati sulla verità e la giustizia» (Massimo Camisasca, Caso Orlandi, Camisasca: “Solo fango su Giovanni Paolo II”, 15.4.23, Tempi [QUI] ).

Il Santo Padre Papa Francesco, affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare il Regina Coeli, è intervenuto in difesa del suo predecessore: «Certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo, rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate» [QUI] .

Prima del Papa era intervenuto in una nota durissima [QUI]  il Cardinale Stanisław Dziwisz, Arcivescovo emerito di Cracovia e Segretario personale di San Giovanni Paolo II in merito alle affermazioni del fratello della giovane scomparsa 40 anni fa. Il porporato parla di «accuse farneticanti, false dall’inizio alla fine, irrealistiche, risibili al limite della comicità se non fossero tragiche, anzi esse stesse criminali». «Il dolore incomprimibile di una famiglia che da 40 anni non ha notizie su una propria figlia – sottolinea ancora Dziwisz – meriti tutto il rispetto, tutta la premura, tutta la vicinanza. Così come non ci si può, in coscienza, non augurare che la verità su questa angosciante vicenda finalmente emerga dal gorgo dei depistaggi, delle mitomanie e degli sciacallaggi. Come segretario particolare del Papa Giovanni Paolo II posso testimoniare, senza il timore di smentite, che fin dal primo momento il Santo Padre si è fatto carico della vicenda, ha agito e fatto agire perché essa avesse un felice esito, mai ha incoraggiato azioni di qualsiasi occultamento, sempre ha manifestato affetto, prossimità, aiuto nei modi più diversi alla famiglia di Emanuela». La nota del Cardinale si conclude con un appello alle istituzioni della Repubblica Italiana. «A questi atteggiamenti – scrive Dziwisz – io continuo ad attenermi, auspicando correttezza da parte di tutti gli attori e sperando che l’Italia, culla universale del diritto, saprà con il suo sistema giuridico vigilare sul diritto alla buona fama di Chi oggi non c’è più, ma che dall’alto veglia e intercede».

La strategia di attacco al Papa polacco è chiara secondo il giornalista polacco Włodzimierz Rędzioch: «È stato tutto ben organizzato e calcolato: prima un attacco concentrato di una vera coalizione mediatica composta dal quotidiano Gazeta Wyborcza, dal settimanale Newsweek Polonia, dalla televisione TVN e dal portale Onet per infangare la figura di Giovanni Paolo II […] Da anni certi ambienti in Polonia, ma anche nel mondo (vedi Brussel e Berlino) lavorano per “normalizzare” la Polonia, per secolarizzarla, per staccarla dalle sue radici cristiane, dalla sua identità nazionale, per indebolirla dividendo la società polacca. E tutto quello che stava succedendo alla vigilia dell’anniversario della morte di Giovanni Paolo II ne era la prova” (Włodzimierz Rędzioch, I polacchi in strada per difendere la verità su Papa Wojtyla, 13.04.2023, Lanuovabq.it [QUI] ).

Rędzioch ricorda che è stata imbrattata di vernice rossa una statua di San Giovanni Paolo II a Łodz, con la scritta “Maxima culpa” (è il titolo del libro con le accuse contro Papa Wojtyła). Il grave fatto di Łodz, come si poteva prevedere, è stato seguito da altri: anche la statua del Papa a Stalowa Wola è stata sporcata con la pittura, invece a Wroclaw (Breslavia) è stato imbrattato un murale del Pontefice. Redzioch sottolinea che i cattolici polacchi hanno reagito a questi ignobili attentati al loro Papa. «Per loro Giovanni Paolo II è un uomo santo: così è nei loro cuori, così rimarrà. Questa maggioranza che in pochi giorni è diventata un vero movimento sociale, nazionale, ha manifestato nelle città e villaggi polacchi il giorno dell’anniversario della morte del Papa, la Domenica delle Palme. Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato alle Marce Pontificie. L’evento più grande è stato organizzato a Varsavia, decine di migliaia di persone (si parla addirittura di 50 mila) si sono presentate nel centro della capitale, a Cracovia c’erano 20 mila persone, a Stettino 10 mila, a Rzeszow e Danzica 4 mila. I partecipanti alle manifestazioni in tutto il Paese portavano croci, bandiere nazionali e vaticane, e tanti ritratti di san Giovanni Paolo II. Gli organizzatori delle Marce hanno sottolineato che le manifestazioni volevano essere una testimonianza di attaccamento a san Giovanni Paolo II e, allo stesso tempo, anche una risposta ai tentativi di contestare la santità e i meriti del Papa polacco. Małgorzata Żaryn, ha sottolineato che la marcia papale doveva essere un’espressione di unità, non un elemento di divisione: “Vogliamo restituire alla nostra comunità la persona e l’insegnamento del Papa polacco e, allo stesso tempo, ricreare la nostra comunità grazie alla sua persona”. Per il momento la società polacca sembra aver sventato questo ennesimo attentato contro san Giovanni Paolo II. “Ma non ci illudiamo: non sarà l’ultimo. Perché Giovanni Paolo II, un uomo santo, rimane sempre segno di contraddizione per la nostra “modernità” anticristiana».

In questi giorni su Fb sono apparse delle significative parole di S. Caterina da Siena, sono delle sollecitazioni che valgono anche oggi per tutti noi credenti: «Avete taciuto abbastanza. È ora finirla di stare zitti! Gridate con centomila lingue. Io vedo che a forza di silenzio il mondo è marcito». Ecco è quello che ha fatto oggi il Direttore di Radio Maria, Padre Livio. È questo il giusto momento di farsi sentire, senza far baccano, occorre resistere, è il tempo della mobilitazione spirituale, è il tempo della “Buona battaglia”, con la preghiera e il digiuno, facciamo resistenza contro chi vuole distruggere la figura di San Giovanni Paolo II. «Non per nulla in Polonia è stato detto che chi, nel 1981, ha tentato di uccidere Papa Woityła, ci ha provato una seconda volta». Oggi c’è un nuovo tentativo di uccidere Papa Wojtyła, che è una figura da eliminare, che dà fastidio, che è un ostacolo per il mondo dei senza Dio. «Bisogna prendere atto che la Chiesa Cattolica è sotto attacco di forze malvagie, di diversa provenienza, ma fra loro coalizzate. Non è più possibile subire passivamente, ma bisogna dare vita una resistenza spirituale cattolica, attraverso una rete capillare di gruppi di preghiera mariani». Una prima cosa da fare, suggerisce Padre Livio, «è di spegnere la televisione, specialmente quelle che si segnalano per attacchi alla Chiesa e al Papa».

Renzi difende Wojtyła sul caso Emanuela Orlandi (e punge Calenda)
Il leader di Italia Viva elogia Giovanni Paolo II e critica l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, proposta proprio dal suo ex alleato
di Nico Spuntoni
Il Giornale, 18 aprile 2023

Mentre la Commissione affari costituzionali del Senato si riunisce per dare il via libera all’istituzione di una bicamerale d’inchiesta sui casi Orlandi e Gregori, si alza una voce fuori dal coro nella politica italiana. È quella di Matteo Renzi, senatore di Italia Viva nonché neodirettore de Il Riformista, che ieri ospite da Nicola Porro a Quarta Repubblica ha manifestato le sue perplessità sull’utilità di una commissione incaricata di indagare sui due episodi di cronaca avvenuti quaranta anni fa.

L’ex Presidente del Consiglio ha espresso i suoi dubbi sull’opportunità di creare nel Parlamento italiano una commissione d’inchiesta “su quello che è successo in Vaticano quaranta anni fa” anziché velocizzare l’istituzione di una commissione analoga sulla gestione della crisi pandemica. Renzi ha inoltre difeso la memoria di Giovanni Paolo II, oggetto di insinuazioni malevole questa settimana proprio in riferimento al caso Orlandi che sono state bollate dal suo successore Francesco come “illazioni infondate ed offensive”. Un concetto ribadito anche nella sua enews odierna: “L’idea che il Parlamento italiano abbia paura a votare una commissione di inchiesta sul Covid ma si presti alle strumentalizzazioni contro Giovanni Paolo II mi sembra ingenerosa”, ha detto il leader di Iv. “Per parte mia io farò sentire la mia voce per rispetto verso quel Papa ma anche per rispetto verso la politica italiana”, ha aggiunto Renzi.

La bocciatura della Commissione sul caso Orlandi da parte di Renzi dimostra la distanza tra lui e il suo (ex?) alleato nel cosiddetto Terzo Polo, Carlo Calenda promotore in prima persona dell’istituzione dell’organismo e che aveva salutato con entusiasmo l’avvio dell’iter parlamentare, sostenendo che “nessuno mette in discussione la Chiesa Cattolica, ma conoscere la verità è diventato ineludibile”. Una dichiarazione che aveva fatto alzare più di un sopracciglio tra gli addetti ai lavori dal momento che Chiesa Cattolica e Stato di Città del Vaticano non sono la stessa cosa.

Il fondatore di Azione si era appassionato al caso della ragazza scomparsa nel 1983 dopo aver visto il documentario di Netflix, The Vatican girl ed aver dato per assodata la veridicità di un documento pubblicato dal giornalista Emiliano Fittipaldi nel 2017 che veniva presentato come un resoconto delle spese sostenute dal Vaticano per la presunta permanenza di Emanuela Orlandi a Londra [QUI]. Un documento contenente palesi errori formali, come ad esempio l’intestazione “Sua riverita Eccellenza” ad un vescovo, mai utilizzata. La Sala Stampa della Santa Sede aveva bollato come “falso e ridicolo” il resoconto pubblicato da Fittipaldi. Lo stesso giornalista, ora Direttore di Domani, aveva ammesso la possibilità che il documento potesse essere “un falso, un apocrifo che segna una nuova violenta guerra di potere tra le sacre mura”.

Calenda, invece, ha abbandonato qualsiasi forma dubitativa scrivendo in un tweet che “oramai chiaro che il Vaticano sa perfettamente cosa è accaduto a questa povera ragazza di 15 anni” e addirittura rivendicando il fatto che “siamo uno stato laico non una comunità di vassalli della Chiesa”. Una linea ripetuta spesso in questi mesi, col leader di Azione determinato a ripetere, nella presentazione della sua proposta per l’istituzione di una commissione d’inchiesta, che “l’Italia è uno stato laico, che si rapporta con rispetto verso il Vaticano”, dunque tornando a far confusione tra Chiesa Cattolica, Santa Sede e Stato di Città del Vaticano. Una distinzione che invece sembra conoscere Matteo Renzi che secondo alcuni retroscena all’epoca del tweet al vetriolo di Calenda dopo la visione del documentario The Vatican girl avrebbe scherzato sull’allora alleato, dicendo “toglietegli Netflix“.

Pietro Orlandi nuovo annuncio ad orologeria: “Sono pronto a fare altri nomi”

Tornato a La7, nella trasmissione di Giovanni Floris, Pietro Orlandi si è detto “dispiaciuto” per il clamore scatenato dalle sue dichiarazioni su Wojtyła. Esattamente una settimana fa aveva detto testualmente: «La sera usciva con due monsignori polacchi», aggiungendo: «Non penso per benedire le case». Nell’ultima puntata di DiMartedì, Orlandi ha commentato le parole di Papa Francesco, che domenica è intervenuto dal la finestra dell’Appartamento Pontificio in Piazza San Pietro per difendere la memoria di San Giovanni Paolo II. Per il fratello di Emanuela Orlandi il Papa non si riferiva a lui quando ha parlato di «illazioni offensive e infondate» contro San Giovanni Paolo II. Ma le illazioni sono partite proprio dalla trasmissione di Floris, che ha mandato in onda l’audio choc in cui una persona (Alessandro Neroni, un pregiudicato romano pluricondannato) fa pesanti accuse a San Giovanni Paolo II e sul Vaticano.
“Ascoltarlo è stata una prova durissima, ma era doveroso farlo”, afferma il fratello di Emanuela. Papa Francesco ha parlato di “illazioni offensive e infondate” su Wojtyła. “Non credi si riferisse a me, il Papa non parla a una persona piccola come me… Evidentemente faceva riferimento alle parole espresse in quell’audio famoso”, commenta Orlandi. Sulla frase delle notti di Wojtyła, Pietro Orlandi dice a Floris: “Mi dispiace che me ne sono uscito così quel giorno”. “Ho letto sui giornali che io non mi ero prestato alla collaborazione con Diddi, mi aveva colpito perché ho fatto 28 nomi. Poi ho capito che si riferivano a chi era effettivamente la persona [che mi ha riferito delle uscite di Wojtyła]. Ma sono pronto a fare i nomi anche per questa vicenda. Non li ho fatti finora perché il fatto non è legato all’inchiesta”, conclude.
Rimangono una serie di domande, tra cui: perché era “doveroso” far sentire la registrazione, se poi “non è legato all’inchiesta”? Poi, afferma nuovamente che le parole gli “sono uscito così quel giorno”: qui è tutto il problema, troppo parole, troppo clamore mediatico, che attira l’attenzione morbosa su calunnie, depistaggi e false piste.

Indice – Il “giallo Orlandi” anno 2023 [QUI]

Free Webcam Girls
151.11.48.50