Il Papa denuncia le “illazioni offensive e infondate” su San Giovanni Paolo II. Il legale di Orlandi scrive al Dicastero della Comunicazione della Santa Sede che replica
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.04.2023 – Vik van Brantegem] – Alle ore 12.00 di oggi, II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare il Regina Caeli con i fedeli ed i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, al termine del quale ha detto: «Certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo, rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate».
Comunicato della Conferenza Episcopale Italiana: «La Presidenza della CEI, a nome dei Vescovi italiani, si unisce al “pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate”, rivolto oggi (16 aprile) da Papa Francesco dopo la recita del “Regina Caeli”. Non ci possono essere mezzi termini, infatti, per definire i recenti attacchi verso San Giovanni Paolo II. Nella Domenica della Divina Misericordia, istituita nel 2000 da Wojtyla, ricordiamo proprio le Sue parole: “Il messaggio della divina misericordia è così, implicitamente, anche un messaggio sul valore di ogni uomo. Ogni persona è preziosa agli occhi di Dio, per ciascuno Cristo ha dato la sua vita, a tutti il Padre fa dono del suo Spirito e offre l’accesso alla sua intimità” (Omelia, 30 aprile 2000)».
Pietro Orlandi – che l’8 aprile aveva fatto ascoltare il nastro con le accuse assurde, infondate e infamanti in diretta al programma televisivo DiMartedì, su La7 e gli era “scappato di dire” (parole sue) sulle “passeggiate serali fuori le mura di Papa Wojtyła” – ha commentato le parole di Papa Francesco all’Adnkronos: «Papa Francesco ha fatto bene a difendere Wojtyła dalle accuse formulate da Marcello Neroni attraverso un’audio reso pubblico il 9 dicembre scorso dal giornalista Alessandro Ambrosini. Le uniche accuse nei confronti di Wojtyła sono emerse da quell’audio. Per questo ho ritenuto di consegnare quell’audio al Promotore di Giustizia in Vaticano, Alessandro Diddi, affinché indagasse su questo personaggio. Non posso certo io dire se in quell’audio viene detto il vero o il falso. Lo stesso Diddi mi disse che è necessario scavare ovunque. Ma è giusto che Francesco abbia ritenuto difendere Wojtyła da quelle accuse».
In riferimento alle dichiarazioni sulla questione nei giorni scorsi del Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Andrea Tornielli [QUI] e del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni [QUI], riportiamo il testo della lettera dell’Avv. Laura Sgrò indirizzata ai vertici del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e la reazione del Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Paolo Rufini.
Rispondendo a quanto affermato dall’Avv. Sgrò, Dott. Rufini sottolinea in particolare: «Avendo consultato l’Ufficio del Promotore di Giustizia, posso confermare che quanto riferito da Vatican News in merito alle dichiarazioni fatte su Papa Giovanni Paolo II, in televisione, e alla testimonianza resa dinanzi al Promotore di Giustizia vaticano dal Signor Pietro Orlandi, risponde esattamente al vero». Andrea Tornielli, concludendo la sua nota di ieri sui media vaticani, in riferimento alle illazioni offensive e infondate su San Giovanni Paolo II, ha scritto: «È giusto che tutti rispondano degli eventuali reati, se ne hanno commessi, senza impunità alcuna o privilegi. È sacrosanto che si indaghi a 360 gradi per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela. Ma nessuno merita di essere diffamato in questo modo, senza neanche uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto personaggio del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta TV».
Il Papa difende Giovanni Paolo II: su di lui “illazioni offensive e infondate”
Dopo giorni di silenzio, è direttamente Francesco a intervenire sul caso Orlandi e le strane “serate “di Wojtyla
Intanto, il legale di Pietro Orlandi attacca i media vaticani per le ricostruzioni date della vicenda. E il prefetto Ruffini replica a tono
di Matteo Matzuzzi
Il Foglio, 16 aprile 2023
“Certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo, rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate”. Al termine del Regina Coeli, Papa Francesco ha voluto omaggiare Karol Wojtyla con poche ma chiare parole, necessarie dopo giorni di silenzio da parte delle gerarchie vaticane seguiti l’ondata di fango gettata sulla memoria del Pontefice morto nel 2005, vittima – senza alcuna possibilità di difendersi, ovviamente – di illazioni anonime su sue presunte uscite serali con “due monsignori polacchi” e non certo per “benedire le case”. Illazioni, queste, che qualcuno ha riportato a Pietro Orlandi (fratello di Emanuela, scomparsa in circostanze misteriose nel 1983) e che quest’ultimo ha divulgato in prima serata su La7, ospite a DiMartedì. Nessuna prova, nulla di nulla. Ma tanto è bastato per attaccare Giovanni Paolo II.
E la fonte di tali supposizioni? Non si conosce. Come ha rivelato sabato il Prefetto del dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, la legale di Orlandi, Laura Sgrò, si sarebbe rifiutata di fare i nomi quando chiamata dal Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi. Nella nota diffusa dal Vaticano, si legge che l’Avvocatessa Sgrò, preferendo “inaspettatamente e sorprendentemente” opporre il segreto professionale, ha deciso di “non collaborare con le indagini dopo che più volte e pubblicamente, negli scorsi mesi, aveva chiesto di poter essere ascoltata”. Dura la replica di Sgrò: “Violare il segreto professionale vuol dire non consentire a un difensore di mantenere la propria posizione differenziata, vuol dire alterare i propri rapporti, la propria credibilità, la propria libertà di azione, intralciando il diritto alle proprie autonome indagini”. Per quanto riguarda gli articoli apparsi sui media vaticani (a cominciare da quello del Direttore editoriale, Andrea Tornielli, l’avvocatessa sostiene che “quanto leggo è una pressione su di me a violare la deontologia professionale cui sono tenuta e a cui non intendo, in alcun modo, derogare”.
A tagliare corto ci ha pensato il Papa, che finalmente ha preso direttamente la parola sul caso che coinvolge non solo uno suo predecessore che ha guidato la Chiesa per 27 anni, ma anche un uomo che lui stesso ha canonizzato.
La Email dell’Avv. Laura Sgrò
«Roma, 15 aprile 2023
Dottor Paolo Ruffini
Prefetto del Dicastero per la Comunicazione
Dottor Andrea Tornielli
Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione
Dottor Matteo Bruni
Direttore della Sala Stampa della Santa Sede
Oggetto: false affermazioni, responsabilità dei destinatari della presente e richiesta di piena luce
Gentili Dottori,
ho appreso oggi, da dichiarazioni che sarebbero state fatte circolare dalla Sala Stampa Vaticana e da articoli pubblicati da Vatican News anche a mezzo social network, quanto segue: “Accuse a Wojtyla. Pietro Orlandi e l’Avvocato Sgrò si rifiutano di fare i nomi”
Tale affermazione non corrisponde al vero. Intendo a riguardo che sia fatta piena luce.
Il mio assistito, Signor Pietro Orlandi, è stato ascoltato per ben otto ore l’11 aprile u.s. dal Promotore di Giustizia, Prof. Alessandro Diddi, al quale ha presentato una corposa memoria corredata da un elenco di ventotto persone, chiedendo motivatamente che siano presto ascoltate. Il Signor Pietro Orlandi, inoltre, si è reso pienamente disponibile a fornire ogni altro chiarimento a richiesta dello stesso Promotore di Giustizia.
Per quanto mi riguarda, questa mattina sono stata convocata dal Promotore di Giustizia, dal quale mi sono prontamente recata.
Il Promotore mi ha mostrato una mia istanza dell’11 gennaio u.s. nel quale Pietro Orlandi e io, in qualità di avvocato della famiglia Orlandi, chiedevamo un incontro per presentare le prove in nostro possesso. Ho chiarito, come era già chiaro, al Promotore che evidentemente la persona che doveva essere ascoltata era il solo Pietro Orlandi e che questo era già avvenuto qualche giorno fa.
Per quanto riguarda, invece, una mia personale audizione come persona informata sui fatti, essa è evidentemente incompatibile con la mia posizione di difensore della famiglia Orlandi e delle attività in favore della ricerca di Emanuela che sto svolgendo. Questo è quello che ho pacificamente rappresentato, come avevo già fatto telefonicamente e via mail, al Promotore di Giustizia e a tutti i presenti.
Appena uscita dal Vaticano le agenzie di stampa hanno cominciato a chiamarmi perché, ad avviso di Vatican News, io mi sarei rifiutata di fare al Promotore di Giustizia i nomi in relazione alle presunte accuse a Wojtyla.
Debbo contestare – e con fermezza – quanto detto e scritto.
Così come avevo già proceduto tante volte, la mia richiesta dell’11 gennaio u.s. era riferita all‘audizione del solo Pietro Orlandi. Dopo questa istanza, il Signor Pietro Orlandi è stato finalmente sentito — per la prima volta! — solo lo scorso 11 aprile e naturalmente resta disponibile, così come da quarant’anni, a conferire con il Promotore tutte le volte che questi vorrà.
Per quanto, poi, riguarda la mia posizione, violare il segreto professionale — dovreste ben saperlo — vuol dire non consentire a un difensore di mantenere la propria posizione differenziata, vuol dire alterare i propri rapporti, la propria credibilità, la propria libertà di azione, intralciando il diritto alle proprie autonome indagini.
La violazione del segreto professionale impedisce a un avvocato di svolgere liberamente il proprio lavoro.
Il segreto professionale è, quindi, baluardo della verità stessa e attaccarlo significa volere impedire a un avvocato di potere apportare il proprio contributo alla verità.
Quanto leggo è una pressione su di me a violare la deontologia professionale cui sono tenuta e a cui non intendo, in alcun modo, derogare.
Attaccare il segreto professionale è attaccare la libertà e la ricerca indipendente della verità. Tale attacco è ciò che avete fatto oggi.
Sia, infine, bene inteso, perché evidentemente di questo si tratta, che Pietro Orlandi non ha mai accusato di nulla Sua Santità di Giovanni Paolo II e nessuna persona che io rappresento lo ha mai fatto. Ha chiesto approfondimenti su fatti a lui riferiti.
Tutti i miei assistiti, invece, chiedono, da quaranta lunghi anni, giustizia e verità per la loro amata Emanuela.
Il mio invito, pertanto, è quello di ricondurci tutti alle parole di Sua Santità Papa Francesco, a quella leale collaborazione cui mi invitò, oramai quasi un anno e mezzo fa, Sua Santità stessa.
Con i migliori saluti
Avv. Laura Sgrò».
Dichiarazione del Prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Rufini
15 aprile 2023
«Questo pomeriggio abbiamo ricevuto una comunicazione da parte dell’Avvocato Laura Sgrò in merito a quanto riportato nell’articolo “Accuse a Wojtyła, Pietro Orlandi e l’Avvocato Sgrò si rifiutano di fare nomi “apparso su Vatican News.
Nella comunicazione si contesta la veridicità del titolo. “Tale affermazione scrive l’avvocato Sgrò – non corrisponde al vero. Intendo a riguardo che sia fatta piena luce”.
Avendo consultato l’Ufficio del Promotore di Giustizia, posso confermare che quanto riferito da Vatican News in merito alle dichiarazioni fatte su Papa Giovanni Paolo II, in televisione, e alla testimonianza resa dinanzi al Promotore di Giustizia vaticano, risponde esattamente al vero. Né Pietro Orlandi né l’Avvocato Laura Sgrò hanno ritenuto di fornire al Promotore nomi o elementi utili riguardo alle fonti di tali affermazioni e alla loro credibilità. Per la magistratura vaticana sarebbe stato essenziale conoscere la fonte delle voci riportate da Orlandi. Purtroppo, ciò non è avvenuto. Nella sua comunicazione l’Avvocato Sgrò sostiene anche che quanto da noi scritto sia una pressione su di lei tesa a indurla a violare la deontologia professionale e in particolare il segreto professionale. Anche questa affermazione non è veritiera. Vatican News si è limitato a riportare i fatti in maniera obiettiva e trasparente. La richiesta di incontrare il Promotore di Giustizia è stata fatta dall’avvocato Sgrò l’11 gennaio 2023. Ed è stata reiterata a più riprese a mezzo stampa nei mesi successivi l’intenzione di consegnare “personalmente” documenti al Promotore di Giustizia. Come già detto, il Promotore di Giustizia non ha ricevuto alcun nome o elemento utile relativamente alle accuse rivolte a Papa Wojtyła, come correttamente affermato nel titolo e nel testo dell’articolo di Vatican News».
I riferimenti al caso da parte del Promotore di Giustizia vaticano riportati dalle agenzie AGI e Adnkronos
Pur prendendo atto della posizione dell’Avv. Laura Sgrò nell’invocare il segreto professionale, rimane il fatto che il suo assistito Pietro Orlandi ha parlato pubblicamente, in diretta TV, non (solo) davanti ai Promotori di Giustizia vaticani (ai quali avrebbe consegnato “un elenco di ventotto persone” che non ha reso pubblico). Quindi, il punto in questione è, che si chiede a Pietro Orlandi di fornire le prove (incluso i nomi) di quanto da lui affermato (insinuando) pubblicamente.
Inoltre, visto che NON è chiamato in causa dall’Avv. Sgrò, vale la pena ricordare le parole del Promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi, secondo quanto scritto dall’AGI e poi dall’Adnkronos, che scrive in particolare: «Alla domanda se risponda a verità che Pietro Orlandi sul punto relativo a Papa Wojtyła e ad altre circostanze abbia rimandato all’Avvocato Sgrò (“vorrei che su queste cose riferisse il mio avvocato”), Diddi si trincera dietro il segreto istruttorio».
«La convocazione di Sgrò come testimone, a quanto si apprende, era finalizzata ad approfondire alcuni dei punti toccati da Pietro Orlandi nelle dichiarazioni rese nei giorni scorsi ai promotori di giustizia, comprese le parole su Wojtyła. Alla domanda se risponda a verità che Pietro Orlandi sul punto relativo a Papa Wojtyła e ad altre circostanze abbia rimandato all’Avvocato Sgrò (“vorrei che su queste cose riferisse il mio avvocato”), Diddi si trincera dietro il segreto istruttorio. “Io dico solo che non si gioca con la figura e la memoria di un santo, certe accuse sono gravi due volte perché non dimostrate e perché rilanciate mediaticamente, e dunque vanno chiarite subito, senza se e senza ma. Cosa che Sgrò ha preferito non fare. Ecco perché per noi sentire l’avvocato della famiglia Orlandi che ripetutamente aveva chiesto di incontrare il Promotore di Giustizia, ovvero il sottoscritto, era importante. Pietro Orlandi ha parlato per ben 8 ore, ed è stato importante sentirlo per chiarire moltissime cose. Proprio per amore di verità, per quella verità che tutti giustamente invocano, era fondamentale sentire anche il suo avvocato che ha invece preferito ‘avvalersi’. Non ha senso, io proprio non lo capisco”, si limita a dire il Promotore» (Adnkronos).
«Da Sgrò una battuta d’arresto nel cammino per la verità – “Dall’avvocato Laura Sgrò una battuta di arresto enorme nel cammino per la verità. C’è poco da pensare: in questi mesi abbiamo lavorato sulle piste da approfondire e ora, dopo quanto successo, io non so come andare avanti”. Lo dice all’AGI Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia in Vaticano, dopo che l’Avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia di Emanuela Orlandi, convocata oggi come testimone, ha opposto il segreto professionale.
E Diddi a proposito di un prossimo incontro con il Papa risponde che questo ci sarà nei prossimi giorni. “Il Vaticano era aperto – dice – e ci eravamo messi tutti a disposizione della famiglia Orlandi per la ricerca della verità”. E sulla linea adottata dall’Avvocato Sgrò “Dovrei iniziare a pensare male…”. afferma, conversando con il Promotore di Giustizia in Vaticano.
“Al momento non posso che prendere atto di questa situazione inspiegabile – aggiunge Diddi – Noi ci siamo messi a disposizione, in silenzio e senza dare nell’occhio, ritenevano che non stessimo facendo nulla, ma come abbiamo dimostrato non era così. Adesso che devono darci le informazioni importanti si tirano indietro: è inspiegabile. Non riesco a capire. Inizio quasi a pensar male, ma al momento prendo atto e basta”» (AGI).
La questione cruciale: il fango con offese e illazioni senza fondamento su San Giovanni Paolo II
Di fronte alle dichiarazioni dell’Avv. Sgrò e del suo assistito, non va perso di vista il punto centrale della questione – che adesso gli interessati provano ad offuscare con tecnicismi e il detto-non detto – sperando che abbiamo perso la memoria, provando a convincerci che non abbiamo sentito quanto è stato affermato (e insinuato) in diretta TV, come non fossimo più capaci di intendere e di volere o che il tutto è frutto di manipolazione. Quindi, è opportuno riassumere di cosa si tratta, che facciamo attraverso la riproposizione di quanto pubblicato ieri da Tempo.it.
Caso Orlandi, Camisasca: «Solo fango su Giovanni Paolo II»
Le parole a Tempi del Vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla a proposito delle accuse al Papa santo. Si tratta di «offese e illazioni senza fondamento»
Tempi.it, 15 aprile 2023
Durante il programma televisivo DiMartedì, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la ragazza scomparsa 40 anni fa, ha lanciato pesanti accuse contro San Giovanni Paolo II e il Vaticano, colpevoli, a suo dire, di tenere nascosta la verità sulla vicenda della sorella. Pietro Orlandi si è detto convinto che «Giovanni Paolo II, Ratzinger e Francesco siano a conoscenza di quello che è avvenuto». «Mi dicono – ha aggiunto – che Wojtyła ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case…».
Orlandi ha fatto ascoltare un audio da lui consegnato al Promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi, in cui un uomo vicino alla banda della Magliana pronuncerebbe la seguente frase: «Papa Giovanni Paolo II se le portava in Vaticano quelle, era una situazione insostenibile. E così il Segretario di Stato a un certo punto è intervenuto decidendo di toglierle di mezzo. E si è rivolto a persone dell’ambiente carcerario».
Il Cardinale polacco Stanislaw Dziwisz, Arcivescovo emerito di Cracovia e Segretario particolare di Papa Giovanni Paolo II, ha definito tali accuse «farneticanti» [QUI].
Qui riportiamo la dichiarazione che Monsignor Massimo Camisasca, Vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla, ha rilasciato a Tempi.
«Come vescovo della Chiesa cattolica e come cittadino italiano mi sento profondamente colpito e offeso dalle recenti illazioni sulla vita e i comportamenti di San Giovanni Paolo II. Ho avuto la possibilità di conoscerlo e di avvicinarlo familiarmente in tante occasioni. Nulla può fare pensare alla veridicità delle cose terribili che sono state dette su di lui, senza nessuna prova e nessuna testimonianza.
Provo profondo dolore nei confronti della famiglia di Emanuela Orlandi che ha visto scomparire nel nulla la propria figlia e sorella. È un dramma sconvolgente che merita ogni considerazione e la ricerca della verità.
Ma tutto questo non giustifica le accuse che, senza nessun fondamento, vengono rivolte ad un’altra persona. Viviamo in un’epoca barbarica dove chiunque può accusare un altro gettando fango su persone che non possono difendersi. L’immoralità di questo comportamento scuote la convivenza civile e chiede un cambiamento radicale dei cuori affinché i nostri rapporti siano fondati sulla verità e la giustizia».
Il Sismografo coglie nel segno
Va riletto anche, con la devozione alla lente, l’articolo del 14 aprile 2023 de Il Sismografo, che abbiamo riportato ieri [QUI]: Media vaticani: “accuse assurde e infamanti” contro Papa Wojtyła, ma si è taciuto per mesi. Perché? Le difese doverose di Papa Wojtyła arrivano un po’ tardi. Intanto ha sempre parlato il Professore Diddi: “Il desiderio e la volontà ferrea del Papa e del Segretario di Stato sono di fare chiarezza senza riserve”.
Il Sismografo ha colto nel segno, quando scrive che la Suprema Autorità ha voluto l’operazione, che ora le sta esplodendo in mano: «Tutta questa vicenda che infanga la memoria di Giovanni Paolo II è cominciata già due settimane fa sulla tivù La7 e non martedì 11 scorso, come si dice. Il Vaticano, i cardinali, i Prefetti, le associazioni paravaticane che portano il nome del Papa polacco, Papa Francesco stesso, tacciono da due settimane almeno. E perché? Perché hanno lasciato parlare e sparlare il famoso giurista Alessandro Diddi che la stampa italiana e mondiale ha usato come fonte per dire che l’apertura del processo in Vaticano, dopo 40 anni, sulla scomparsa di Emanuela Orlandi era una svolta di trasparenza e chiarezza del pontificato di Bergoglio. Su questa spettacolarizzazione, in Vaticano si sono adagiati sugli allori, dai primi di gennaio. Intanto andava avanti una grande operazione mediatica per presentare Papa Francesco come “il primo che vuole arrivare fino in fondo per conoscere tutta la verità”. I predecessori, Wojtyła e Ratzinger, allora questa verità non l’hanno mai voluta?”».
Questo è un errore storico grave, che lascerà un segno profondo su questo Pontificato, insieme ad altri, come abbiamo osservato in altre occasioni.
Prosegue Il Sismografo, in riferimento alla «parresia evangelica del Prof. Diddi che parla a nome del Papa»: «Il giurista nonché professore Alessandro Diddi, capo dell’Ufficio del Promotore di Giustizia del Tribunale Vaticano, che già in altre occasioni ha parlato a nome del Papa e del Segretario di Stato, Card. Parolin, è tornato a farlo in questi giorni per dire: “Sia il Santo Padre che il Cardinale Pietro Parolin, mi hanno concesso massima libertà d’azione per indagare ad ampio raggio senza condizionamenti di sorta e con il fermo invito a non tacere nulla. Ho il mandato di accertare qualunque aspetto in uno spirito di franchezza, di “parresia” evangelica e tale approccio è ciò che più conta. Questo è l’atteggiamento con il quale stiamo affrontando il caso Orlandi” (Corriere della Sera). Va detto subito che la decisione di Papa Francesco di aprire un processo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi (gennaio 2023) è da applaudire e appoggiare. È meno entusiasmante però la gestione vaticana di questa vicenda anche perché, da come si sono messe le cose, la vicenda si sta trasformando in una nuova ferita per la famiglia Orlandi che soffre da 40 anni, che attende ancora giustizia e che giustamente ha pensato che il processo vaticano potrebbe sciogliere la gigantesca catena di misteri e intrighi che si snoda dal giorno del rapimento di Emanuela. Con ogni probabilità anche questo processo vaticano e la stessa Commissione del Parlamento italiano finiranno in un nulla di fatto. Ora c’è il rischio concreto che a questa catena si aggiungano altri misteri».
Palesemente, il Promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi, ha solo fatto quello che gli è stato detto di fare/dire e ora che sta tornando il boomerang, diranno che Pietro Orlandi e l’Avv. Laura Sgrò non hanno fatto i nomi che avevano promesso di fare e che quindi si tratta solo di illazioni. Ovviamente, il fatto che le affermazioni (insinuazioni) che sono state fatte, sono state accreditate e sparse con grande clamore, sarà “dimenticato”.
Per completezza di informazione riportiamo di seguito l’articolo sulla questione a firma di Alessandra De Vita, pubblicato oggi da FQMagazine, con le reazioni di Pietro Orlandi e l’Avv. Laura Sgrò a seguito degli ultimi sviluppi. Infine, segue l’editoriale Caso Orlandi, tutte le balle su Wojtyla, Poletti e Casaroli a firma di Americo Mascarucci pubblicato oggi da Stilum Curiae.
«“Avevo intravisto troppo frettolosamente dei buoni propositi nei confronti del Promotore di Giustizia del Vaticano Alessandro Diddi e del suo gruppo, avevo fiducia in loro ma queste sue dichiarazioni nei confronti della Sgrò sono veramente imbarazzanti e oltremodo offensive”: così Pietro Orlandi a FQMagazine dopo gli attacchi da parte dell’emittente Vatican News nei confronti del suo avvocato Laura Sgrò con cui da anni cerca di far luce sul destino di sua sorella Emanuela. Dopo che entrambi sono stati convocati, in due momenti diversi, nel tribunale della Santa Sede, l’emittente ha fatto circolare – attraverso i social network – un articolo dal titolo: “Accuse a Wojtyła. Pietro Orlandi e Laura Sgrò si rifiutano di fare i nomi”.
“Sono molto dispiaciuto – continua Orlandi – perché con queste sue dichiarazioni sta facendo un torto al mandato di Francesco. Invece della verità sembra stiano cercando il modo di come incastrare l’avvocato”, afferma amareggiato Orlandi.
Dopo il primo incontro-fiume di otto ore, lo scorso martedì, di Pietro Orlandi con Diddi, la Sgrò è stata convocata ieri mattina dal promotore di giustizia del Vaticano. “Mi ha mostrato un’istanza che avevo presentato l’11 gennaio – spiega la Sgrò – in cui io e Pietro Orlandi chiedevamo un incontro per presentare le prove in nostro possesso e in cui chiedevo che Pietro Orlandi fosse ascoltato. Il giorno della sua convocazione, sono stata mandata fuori dalla stanza. Intanto Pietro stava depositando una memoria in cui ci sono i famosi screenshot, e i nomi delle 28 persone che secondo noi dovrebbero essere ascoltate. Per questo abbiamo scritto una memoria firmata da Pietro in cui ci sono tutti gli elementi in nostro possesso. Diddi l’ha letta ad alta voce, è stata timbrata e poi una copia è andata a me e l’altra è rimasta a lui”.
Avvocato, quindi a cosa si riferisce Vatican News? Cosa avrebbe omesso?
“A una mia personale audizione come persona informata sui fatti, incompatibile con il mio ruolo di avvocato della famiglia Orlandi e della nostra ricerca di Emanuela. Appena terminato l’incontro, ieri, le agenzie hanno cominciato a chiamarmi per l’articolo di Vatican News. Io mi sarei rifiutata di fare i nomi delle persone che hanno rivolto pesanti accuse a Wojtyła. Ma ad essere ascoltato doveva essere soltanto Pietro, come avevo già scritto loro. Per quanto riguarda il mio ruolo di avvocato, violare il segreto professionale significa alterare la propria credibilità, perdere libertà di azioni, compromettere le proprie indagini. Mi impedirebbe di svolgere liberamente il mio lavoro. Attaccare il segreto professionale significa attaccare la libertà e la ricerca della verità. Infine, sia chiaro che Pietro non ha mai attaccato Sua Santità Giovanni Paolo II, ha solo chiesto degli approfondimenti”, conclude la Sgrò.
A rivolgere le pesanti accuse a Wojtyla era stato, qualche anno fa, Marcello Neroni, ex membro della banda della Magliana, oggi ultraottantenne, nell’audio diffuso dal giornalista Alessandro Ambrosini sul suo blog Notte Criminale. L’audio senza censura è stato fatto ascoltare da Pietro Orlandi al Promotore, l’11 aprile.
“Convocassero Marcello Neroni – spiega Orlandi – perché è lui che fece dichiarazioni pesanti su Wojtyła, non io. Lo convocassero per capire perché le ha dette, oppure chiedessero all’Arcivescovo George Carey come mai scambiava lettere col Cardinale Ugo Poletti in riferimento a Emanuela. O chiedessero a quell’ex funzionario della gendarmeria che mi disse che appena saputa la notizia della sparizione di Emanuela andarono subito da quei cardinali che avevano il “vizietto” con le ragazzine per sapere se avevano responsabilità su Emanuela. Gli ho detto chi è, lo convocassero affinché possa dire i nomi di quei cardinali perché non è normale che il “vizietto” nel 1983 fosse accettato tranquillamente da tutti, gendarmeria compresa. Convocassero le 28 persone di cui abbiamo fatto i nomi. Nella memoria, molto dettagliata, abbiamo spiegato accanto ad ogni nome perché sarebbe importante ascoltarli. E invece loro come i bambini capricciosi puntano i piedi perché non sanno chi ha messo in giro il “pettegolezzo” sulle uscite serali di Wojtyła e considerano questo fatto una battuta d’arresto delle indagini.
A quale pettegolezzo si riferisce?
“La loro più grande preoccupazione è sapere chi mi ha raccontato delle passeggiate serali fuori le mura del Papa, come mi è scappato di dire qualche giorno fa a La7, da Floris. Mezzo Vaticano me lo diceva e chi me l’ha detto direttamente non è più tra noi, a che serve sapere quel nome? Era una bravissima persona di totale attendibilità ma purtroppo non c’è più. Lo capirebbe anche un bambino che questo è solo un pretesto. Se ci fosse veramente volontà di fare chiarezza cominciassero a convocare le due persone vicine a Papa Francesco che si scambiavano messaggi, su telefoni riservati della Santa sede, riguardo a Emanuela e le cose di cui erano a conoscenza, che parlavano di tombaroli e di un passaggio legato a mia sorella nel cimitero teutonico. Oppure cominciassero ad ascoltare chi promise al magistrato Giancarlo Capaldo i resti di Emanuela in cambio della rimozione del corpo del boss Enrico De Pedis dalla basilica di Sant’Apollinare. No, loro preferiscono sapere chi metteva in giro il gossip su Wojtyła. Ora dichiarano che loro avevano messo tutta la disponibilità e che noi ora ci tiriamo indietro. Peccato, ero convinto della serietà e onestà di questa inchiesta, mi auguro si rendano conto che stanno sbagliando e che sono partiti col piede sbagliato”.
Cosa farà dopo quest’attacco?
“Raggiungerò lo stesso l’unico obbiettivo che mi interessa, dare giustizia ad Emanuela e la verità uscirà tutta, senza sconti a nessuno. Oggi ripensavo alle parole del Vangelo: “Beati coloro che hanno fame e sete di Giustizia, perché saranno saziati”. Chi ha la presunzione di rappresentare Gesù Cristo in terra dovrebbe nutrirsi ogni giorno delle parole e degli insegnamenti di colui che pretende di rappresentare. Dovrebbero cercare verità e giustizia e invece hanno mandato sia me che l’Avvocato Sgrò sul banco degli imputati, si sono già dimenticati di Emanuela”» (Alessandra De Vita – FQMagazine, 16 aprile 2023 [QUI] .
Caso Orlandi, tutte le balle su Wojtyła, Poletti e Casaroli
di Americo Mascarucci
Stilum Curiae, 16 aprile 2023
È partito l’attacco finale contro Giovanni Paolo II dai suoi nemici, i modernisti rahneriani e massoni, che dopo aver tentato di demolirne senza successo il magistero ora hanno deciso di spiccare il salto di qualità, ovvero distruggerne la memoria. Ci hanno provato in tutti i modi in questi anni ma senza successo, perché tanto è l’amore e profonda la devozione che la stragrande maggioranza del mondo cattolico, e non solo cattolico, nutre nei confronti del Papa polacco.
Non sono bastate le campagne di stampa volte a raffigurarlo come un papa corrotto che con Monsignor Paul Marcinkus avrebbe favorito gli intrallazzi dello IOR; non è servito a niente presentarlo come amico dei regimi sanguinari dell’America Latina e persecutore dei preti degli ultimi come Monsignor Oscar Romero; non è stato sufficiente nemmeno attribuirgli le responsabilità circa l’insabbiamento dei casi di pedofilia nella Chiesa ad iniziare dallo scandalo dei Legionari di Cristo. Nulla di tutto ciò ha contribuito a scalfire presso il popolo cattolico la fiducia verso la santità di questo grande pontefice che ha cambiato il corso della storia.
E adesso ecco l’ultimo tentativo, ovvero quello di consegnarlo alla storia con il marchio infamante di Papa pedofilo che avrebbe sfruttato sessualmente le minorenni Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, che proprio per questo sarebbero state poi eliminate. A sostenere questa assurda calunnia un ex appartenente alla Banda della Magliana, gente che ne ha raccontate di tutte e di più in questi anni, suggerendo piste che alla prova dei fatti si sono puntualmente rivelate prive di fondamento.
Eppoi c’è lui, Pietro Orlandi il fratello di Emanuela che riporta insinuazioni, dicerie, riferendo di pettegolezzi su Wojtyła che sarebbero girati nelle stanze vaticane, un “sentito dire che…” ma senza portare naturalmente la minima prova. E nasce legittimo il sospetto che dietro Orlandi ci possa essere chi ha tutto l’interesse a far circolare certe chiacchiere e certe calunnie per screditare Giovanni Paolo II e distruggerne definitivamente la credibilità.
Il motivo? È presto detto. Il magistero di Wojtyła continua ad essere un modello per chi crede in una Chiesa che non si adegua al mondo, ma al contrario lotta per convertire il mondo e ricondurlo al Vangelo. È la Chiesa che combatte il pensiero unico, l’omologazione culturale, la modernità, una Chiesa che non è nemica né della scienza, né del progresso, ma non accetta che vengano usate contro l’uomo e la sua dignità, e soprattutto contro l’ordinamento naturale voluto da Dio. Un magistero che da anni si sta cercando di mettere in discussione con proposte contrarie alla tradizione e alla dottrina della Chiesa, come sta facendo in Germania l’episcopato modernista, aprendo ai preti sposati, al sacerdozio femminile, alle benedizioni delle coppie gay, al riconoscimento del divorzio, dell’aborto, piegando la Chiesa e il Vangelo allo spirito del tempo.
Come nel più perfetto stile della “finestra di Overton” si vuole insomma gradualmente distruggere l’immagine di Wojtyła per preparare la strada all’avvento di un Papa modernista che ne demolisca definitivamente il magistero dopo aver assuefatto il mondo cattolico all’idea che quel Papa non meritava la santità, era un uomo indegno e quindi va gettato via con tutti i suoi preziosi insegnamenti. La prova provata che i modernisti stanno affilando le armi in vista del prossimo conclave, per eleggere un Papa capace di andare oltre il debole Bergoglio che non è stato all’altezza delle aspettative dei vari Kasper, Marx e affiliati vari della Mafia di San Gallo che tanto si sono spesi per la sua elezione.
Ma c’è un aspetto in questa vicenda che fa capire quanto stia continuando il circo delle rivelazioni ad effetto senza fondamento. Nell’audio reso noto dalla trasmissione DiMartedì si affermerebbe che a commissionare a Renatino De Pedis il rapimento o addirittura l’omicidio di Orlandi e Gregori, sarebbe stato l’allora Segretario di Stato Agostino Casaroli, stanco di vedere Wojtyła “divertirsi” con le due minorenni. Ma non si era detto che il favore De Pedis lo aveva fatto al Cardinale Ugo Poletti allora Vicario della Diocesi di Roma che per questo aveva concesso il nulla osta alla sepoltura del boss nella cripta di Sant’Apollinare? Ora stando alla ricostruzione di questo ex appartenente alla banda, Poletti uscirebbe di scena e a chiedere il favore a Renatino sarebbe Casaroli. Il quale forse si presta meglio all’interpretazione, visto che conosceva molto bene gli ambienti carcerari essendo impegnato in progetti di recupero per i detenuti minorenni di Casal del Marmo. Chi meglio di lui poteva agganciare quelli della Magliana e chiedergli il favore di eliminare le due ragazze? Forse è il caso che questi della banda inizino con il mettersi d’accordo fra loro evitando di chiamare in causa una volta Marcinkus, un’altra Poletti, poi Casaroli, l’altra ancora chissà chi.
Ma poi, dove sono le prove che De Pedis sia realmente coinvolto nel rapimento e nella scomparsa della Orlandi? L’unica prova certa è la sepoltura del boss nella cripta di Sant’Apollinare dove si sarebbero dovute rinvenire le ossa della Orlandi. Ma le uniche ossa trovate sono state quelle di De Pedis che, come è stato confermato, fu sepolto lì per volontà di Don Pietro Vergari l’allora rettore di Sant’Apollinare, che aveva conosciuto il boss della Magliana in carcere dove era cappellano e diventandone amico; al punto che lo stesso Renatino sarebbe stato poi molto generoso con il sacerdote che per questo motivo volle seppellirlo nella cripta rispettando un suo esplicito desiderio. Quindi, se un ruolo De Pedis lo ha effettivamente giocato è stato probabilmente per il tramite di Don Vergari, ma anche qui non ci sono prove che abbiano in qualche modo permesso di accertare responsabilità dell’ex rettore nella vicenda. Tante chiacchiere su certi comportamenti equivoci suoi e degli allievi che frequentavano il seminario ma oltre questo a livello giudiziario non si è andati.
Quindi è tutto un mare di ipotesi, dietrologie, supposizioni, rivelazioni senza effettivi riscontri, al punto che il coinvolgimento della Banda della Magliana nel rapimento e nella scomparsa della Orlandi è dato per scontato in ambito giornalistico, ma senza che la cosa sia poi supportata effettivamente da elementi certi e incontrovertibili sul piano giudiziario.
E allora, con tutto il rispetto che merita il dramma della povera Emanuela, forse è arrivato il momento che chi vuole davvero la verità, ad iniziare dal fratello Pietro, la smetta di alimentare insinuazioni e improbabili piste e lasci lavorare in pace gli inquirenti. Sempre che quella ricercata in Vaticano sia davvero la verità e non il tentativo di infangare e calunniare chi non c’è più e non può difendersi.
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