Papa Francesco invita ad alimentare le radici della fede

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Giovedì scorso papa Francesco ha inaugurato all’università Urbaniana la scuola ‘Laudato Sì’ di Scholes Occurrentes, a cui partecipano 50 studenti provenienti dall’Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Spagna, Haiti, Italia, Messico, Panama, Paraguay, Portogallo e Panama, dialogando con gli studenti di ‘Scholes Occurrentes’, nata come Fondazione di diritto pontificio nel 2015, ora riconosciuta come Movimento educativo di carattere internazionale.

Per un anno questi giovani impegnati nella cura della ‘casa comune’ svilupperanno progetti di impatto socio-ambientale nelle loro comunità.

Nel frattempo il papa aveva inviato un messaggio ai partecipanti al convegno internazionale ‘Adamo, dove sei? La questione antropologica oggi’, in occasione del 50° anniversario di fondazione dell’Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana: 

“Il convegno odierno non mira, però, a contemplare il passato, ma, ricevendone la preziosa eredità, è volto ad affrontare le sfide del futuro… Il mondo attraversa oggi una profonda crisi antropologica, una crisi di senso a cui la Chiesa ha il dovere di rispondere in modo adeguato ed efficace”.

Nel messaggio il papa ha chiesto la formazione delle coscienze umane: “Davanti ai nostri occhi si consuma ancora una volta l’immane tragedia della guerra, che è la peggiore conseguenza della distruttività umana, individuale e sistemica, che non viene presa sufficientemente sul serio e non viene dovutamente curata ed estirpata alla radice…

La vostra missione è a servizio della promozione della persona umana e del continuo processo di evangelizzazione, che si realizza traducendo nel concreto dell’esistenza umana il dono supremo della Redenzione compiuto dal Signore Gesù Cristo”.

Mentre, in occasione dell’85° anniversario della fondazione del Collegio Pio Romeno, papa Francesco ha incoraggiato a resistere alle nuove ideologie: “Durante la seconda guerra mondiale, quando la Chiesa greco-cattolica romena non aveva più vescovi attivi, in quanto erano stati uccisi o incarcerati, il vescovo Ioan Ploscaru di Lugoj, prigioniero per 15 anni, scrisse nel suo diario:

‘E’ una grazia poter offrire a Dio le proprie sofferenze e la testimonianza della propria fede, anche a costo della vita’. Chi dà la vita per il Vangelo pensa così, abbraccia la risposta di Dio al male del mondo: consegna sé stesso, imita l’amore mite e gratuito del Signore Gesù, che si offre per i vicini e per i lontani. Questa è la sorgente che ha permesso alle radici di innestarsi nella terra, di crescere robuste e di portare frutto. E voi siete quel frutto”.

E’ un invito ad alimentare le radici: “Si verifica infatti un processo pericoloso: con il passare del tempo ci si focalizza sempre più su sé stessi, sulla propria appartenenza, perdendo il dinamismo delle origini. Allora ci si concentra su aspetti istituzionali, esteriori, sulla difesa del proprio gruppo, della propria storia e dei propri privilegi, perdendo, magari senza accorgersene, il sapore del dono”.

Il papa ha sottolineato il pericolo della mondanità spirituale: “Questo accade quando ci si adagia e si viene intaccati dal virus della mondanità spirituale, che è il peggiore male che possa accadere nella Chiesa: la mondanità spirituale.

Allora si appassisce in una vita mediocre, autoreferenziale, fatta di arrivismi, scalate, ricerca di soddisfazioni personali e facili piaceri. L’atteggiamento che cerca di arrampicarsi, di avere potere, di avere denaro, di avere fama, di essere comodi, di far carriera. Questo è voler crescere senza le radici”.

Infine ha lasciato alcune ‘cure’ per coltivare un terreno fertile: “Mentre studiate, non dimenticate il terreno buono della fede. E’ quello lavorato dai vostri nonni, dai vostri genitori, quello del santo Popolo fedele di Dio.

Mentre vi preparate a trasmettere la fede, pensate a loro e ricordate che il Vangelo non si annuncia con parole complicate, ma nella lingua della gente, come ci ha insegnato Gesù, la Sapienza incarnata: si trasmette ‘in dialetto’, nel dialetto del popolo di Dio, quello che capisce il popolo, con semplicità”.

E’ un invito a non dimenticare il popolo: “Per favore, non dimenticate il popolo dal quale voi venite. Non siate preti di laboratorio teologico, no. Preti dal popolo, con l’odore del popolo, con l’odore del gregge. Ho detto che il Vangelo non si annuncia con parole complicate ma ‘in dialetto’.

Il terreno buono è anche quello che vi fa toccare la carne di Cristo, presente nei poveri, nei malati, nei sofferenti, nei piccoli e nei semplici, in chi soffre e nel quale c’è Gesù, negli scartati, in questa cultura dello scarto nella quale ci tocca vivere. Penso in particolare ai tanti rifugiati dalla vicina Ucraina che anche la Romania sta accogliendo e assistendo”.

(Foto: Santa Sede)

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