Il patriarca Pizzaballa augura un anno di ‘ripresa’

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Da Gerusalemme il patriarca Pizzaballa ha augurato un buon anno, nonostante la pandemia e la situazione politica del Medio Oriente: “Mi riferisco alla fatica e all’instabilità che la pandemia ci ha trasmesso, e che ha reso difficoltoso l’anno scolastico per gli studenti e di conseguenza anche per le famiglie, creando inoltre non pochi problemi nel mondo del lavoro e in altri contesti. Penso inoltre alla nostra situazione politica, sempre in mutamento, ma anche sempre uguale, dove non si intravedono soluzioni reali e strutturali ai problemi esistenti. Ne è prova l’ennesima guerra di Gaza, che ha lasciato le cose esattamente come stavano, solo con altra maggiore violenza”.

Di fronte a queste difficoltà la reazione è stata la solidarietà, di cui la Chiesa è stata partecipe: “Dobbiamo riconoscere, tuttavia, che abbiamo anche visto tanta solidarietà dal mondo e tra noi. Nonostante le difficoltà siamo riusciti a concludere l’anno scolastico e ad organizzare un minimo di attività pastorale.

Insomma, nelle circostanze problematiche nelle quali ci siamo trovati, abbiamo anche sperimentato vicinanza e vitalità. Abbiamo poi avuto un bel momento di Chiesa al santuario di Deir Rafat, con l’apertura del Sinodo voluto da Papa Francesco, che ha a sua volta visitato la nostra Chiesa a Cipro e ci ha lasciato preziose indicazioni per la nostra vita ecclesiale. Abbiamo, quindi, anche motivi di incoraggiamento”.

Quindi ha espresso un augurio per la vita ecclesiale: “Vorrei tanto che il 2022 fosse un anno di ripresa della vita della Chiesa. Dopo un lungo periodo di instabilità dovuto alla pandemia, che ha fermato non poche nostre iniziative, vorrei che senza paura riprendessimo le nostre attività, ricominciassimo a progettare non tanto nuove sale parrocchiali o ristrutturazioni di chiese e centri comunitari, ma iniziative di annuncio, di condivisione, di vita comunitaria”.

Il patriarca ha incentrato l’omelia sul rinnovamento della catechesi: “Vorrei soprattutto che ravvivassimo l’arte della catechesi e la formazione spirituale, e che sviluppassimo un rapporto più familiare con la Parola di Dio. Viviamo nella Terra Santa, che custodisce i Luoghi più Santi al mondo, noi però non sempre li conosciamo bene.

In questo periodo in cui i pellegrini non possono venire, possiamo organizzare noi pellegrinaggi per incontrare l’umanità di Gesù, nella nostra Terra e nei nostri Luoghi Santi e fare belle e forti esperienze di fede.

Non sono sicuro che tutti i nostri fedeli conoscano a fondo i Luoghi Santi o abbiano mai fatto un pellegrinaggio nella loro Terra Santa. Molti pellegrini tornano nella loro terra cambiati e rafforzati nella fede. Perché non possiamo fare anche noi questa stessa esperienza?”

Infatti la Terra Santa è il luogo del kairos: “Penso infatti che ogni momento della nostra vita è un kairos, è cioè un momento particolare donatoci dalla Provvidenza. Non dobbiamo lamentarci sempre, rinchiuderci nelle nostre difficoltà. Sento di dover dire che siamo troppo spesso negativi su tutto. Mentre l’incontro con il Signore, nonostante le difficoltà, ci apre alla vita e alla gioia”.

Anche se c’è avvisaglia di logoramento:”E’ vero, siamo stanchi della situazione del mondo e spesso anche della Chiesa, logorati dai travagli della Terra Santa e di tutta la nostra regione. Questo tempo, però, nonostante tutto ci invita a rompere gli indugi e a camminare a grandi passi verso Colui che ci aspetta sulla via, che ci conduce alla vita. E dobbiamo superare la preoccupazione dei numeri, il desiderio di vedere immediatamente i risultati per le nostre azioni e iniziative: occorre avere la fiducia e la pazienza del seminatore”.

Per questo il cammino sinodale è una grazia: “L’itinerario sinodale è incentrato sull’ascolto. Credo che dobbiamo imparare ad ascoltarci di più. Ascoltare è più che sentire. Significa fare posto alla vita dell’altro dentro di sé, cercare di mettersi nella sua situazione. Ascoltare è un modo di essere, un atteggiamento, uno stile di vita.

Spero che questo piccolo sinodo ci insegni almeno ad ascoltarci gli uni gli altri, ad ascoltare le Scritture, ad ascoltare lo Spirito che abbiamo ricevuto e che non cessa di parlarci. In modo speciale siamo invitati ad uscire dai nostri usuali contesti, ascoltare coloro che di solito non ascoltiamo: le donne, gli emarginati, quei cristiani che si sono allontanati… e i giovani!

Abbiamo il dovere speciale di ascoltare le nuove generazioni, anche loro hanno sogni che possono aprire orizzonti. Questi sogni possono mostrare nuove strade da percorrere, condurci verso Cristo, gli altri, il mondo che ci circonda”.

Il Sinodo può rafforzare i rapporti di comunione: “La comunione è coscienza di appartenenza, di un dono ricevuto, dove uno è parte dell’altro e l’altro parte di sé. Tutto questo scaturisce dall’esperienza dell’incontro con Gesù. È l’incontro con Gesù che ci dona la coscienza di essere comunità, disponibile agli altri nell’ascolto reciproco. La comunione tra noi ci dà la fiducia necessaria per aprirci ai nostri fratelli e sorelle cristiani che non sono cattolici, ma anche ai nostri vicini musulmani ed ebrei”.

Perciò il patriarca ha invitato a partecipare alla vita sociale, ricordando il viaggio apostolico del papa: “Vorrei aggiungere che siamo invitati anche a partecipare attivamente non solo alla vita della Chiesa, ciascuno secondo i suoi doni e la sua vocazione, ma anche a quella della nostra società…

Quanto la nostra società, in Palestina, in Israele, in Giordania e a Cipro ha bisogno di sale e di luce, di persone che sappiano portare un contributo positivo, nel mondo della cultura, della solidarietà, della politica!”

Una partecipazione che si realizza nella missione: “Quest’anno con rinnovata energia siamo chiamati ad essere inviati come parte della missione della Chiesa per il mondo. Questa missione è annunciare la Buona Novella.

Insieme, uniti nella comunione e nella nostra partecipazione alla vita della Chiesa e alla costruzione del Regno, vogliamo fare esperienza della fedeltà di Dio e della promessa che il bene vincerà il male. Perché noi cristiani di Terra Santa siamo chiamati ad essere annunciatori della buona novella delle promesse di Dio e non profeti di sventura”.

Infine non condivide la ‘protezione’ concessa ai cristiani, perché essi sono il sale della società: “Non posso condividere questo atteggiamento. Noi non vogliamo essere protetti e messi sotto una campana di vetro, ma essere parte integrante della vita civile e religiosa di questa nostra società.

Ci troviamo in essa non per caso, ma per un disegno della Provvidenza e vogliamo perciò essere qui e ora parte integrante, costruttiva della vita civile.

E, nella società, vogliamo essere coloro che annunciano la Buona Novella con il loro stile di vita, che sanno proporre modelli diversi di relazioni, alternative al nostro mondo di dolore, incentrate su uguaglianza e riconciliazione, rispetto reciproco e amore!”

(Foto: Patriarcato di Gerusalemme)

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