Dal meeting un appello: cibo e medicine per tutti per uscire dalle pandemie

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Il meeting dell’amicizia tra i popoli è arrivato al giro di boa ed il fil rouge di questi tre giorni è stato sicuramente quello del cibo in rapporto alla pandemia, approfondendo i momenti che hanno segnato la strada verso l’istituzione della coalizione ‘Food coalition’ sotto l’egida della FAO.

Per lungo tempo il tema della fame e del cambiamento climatico erano rimasti in secondo piano, ha osservato  Agnes Kalibata, UN Secretary General’s special envoy to the 2021 Food Systems Summit. Per questo gli obiettivi dei prossimi appuntamenti della coalizione a New York segnano un punto di cambiamento. Quello che è emerso in precedenza, a Roma, nel luglio 2021, è che le persone, la società civile, gli operatori economici, i capi di Stato devono fare qualcosa:

“Si tratta infatti di decidere assieme cosa faranno i vari Paesi verso un’epoca di cambiamento e una collaborazione concreta. Ora bisogna definire i percorsi alimentari nei vari sistemi nazionali e cosa spetterà alla Coalizione nei prossimi dieci anni per raggiungere nel 2030 l’obiettivo ‘zero fame’.

Negli ultimi 30 anni abbiamo visto un vero cambiamento nel settore del cibo. Ne viene prodotto di più, ma viene distribuito in modo non ottimale, ed ora si impongono i problemi legati al cambiamento climatico. Servono quindi modalità più funzionali e sostenibili”.

Gli ha fatto eco Maurizio Martina, special advisor e vicedirettore generale aggiunto della FAO, ricordando che ciò che serve è “un contributo che vada oltre i ruoli e le parti, nell’ottica di costruire una comunità. In tal senso, rimane paradigmatica l’esperienza Expo 2015, il primo passo con cui a Milano si è tentato di costruire una strada per la cosiddetta diplomazia alimentare. Il ruolo dell’Italia in questa transizione, infatti, è fondamentale, così come quella sorta di soft power con cui si stanno affrontando i temi che riguardano la vita del mondo, la fame innanzitutto”.

Senza un approccio strategico e collaborativo l’obiettivo fame zero verrà mancato, ed è per questo che serve concepirsi come comunità di imprese, associazioni e privati che si mettano in gioco operativamente con risorse e azioni:

“La FAO lavora sui temi dello sviluppo agricolo e fa tutto questo per consentire l’inserimento di strumenti e imprese agricole e alimentari, soprattutto nelle realtà più problematiche. Il Covid ha sicuramente aggravato la situazione e in questo momento dobbiamo raddoppiare gli sforzi nella metà del tempo. Per questo che abbiamo bisogno delle coalizioni per agire, per collegare parole e azioni rapidamente”.

Al riguardo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha portato l’esperienza dell’associazione attraverso una raccolta di storie in cui si investe e si innova in campo agricolo e alimentare: “Queste dinamiche locali, però, hanno bisogno di essere supportate anche ai livelli di governance più alti”.

Iniziative come quelle di ‘Campagna amica’ dimostrano come il reddito agricolo possa aumentare in modo sostenibile e migliorare la qualità delle campagne, facendo del modello italiano un modello per avvicinare consumatori e produttori limitando gli sprechi:

“Nel percorso fatto dalla Dichiarazione di Matera verso il Food System Summit di New York, il G20 ha fatto della sicurezza alimentare un tema centrale per i Ministeri degli Esteri e dello Sviluppo. E tutto questo per evitare che la crisi sanitaria si trasformasse in molti posti in una crisi alimentare”.

Infine suor Alessandra Smerilli, sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale per il settore Fede e Sviluppo, ha ricordato come papa Francesco abbia voluto la Commissione Vaticana per il Covid, proprio per favorire questo genere di riflessioni di lungo periodo:

“Ascoltare, creare connessioni e creare soluzioni: è questo quello che, possiamo a fare da Roma. Per questo le tre C oggi più ostili (conflitti, Covid, cambiamenti climatici) devono trovare soluzione in tre C virtuose: collaborazione, coordinamento, compagnia, intesa come amicizia. Quello che la ‘Laudato Sì Action Platform’ intende sostenere anche attraverso iniziative come la coalizione FAO”.

Proprio per questo ‘nessuno si salva da solo’ e la centralità della ricerca scientifica deve essere a beneficio di tutti, come è stato chiesto durante la tavola rotonda ‘Covid-19, il ruolo centrale della ricerca scientifica: la sfida del vaccino e di una terapia efficace’, a cui hanno partecipato Stefano Bertuzzi, chief executive officer at American Society for Microbiology (Asm); Skhumbuzo Ngozwana, CEO and president Kiara Health; Walter Ricciardi, presidente della World Federation of Public Health Associations e professore ordinario di Igiene e Medicina preventiva, Università Cattolica del Sacro Cuore, ed Andrea Costa, sottosegretario di Stato alla Salute.

Innanzitutto Baruzzi ha descritto il quadro degli USA, dove la stragrande maggioranza degli abitanti nutre grande fiducia nella scienza. Purtroppo non è altrettanto confortante la percentuale di persone che sa come lavora la scienza: “Per il 35%, se non c’è investimento centrale nella ricerca scientifica, è sufficiente quanto può sostenere il privato…

E’ importante che il ricercatore, quando parla con chi non si occupa di ricerca, non parli direttamente al cervello, ma parli al cuore, cercando l’empatia con le persone. Anche nel campo della scienza, la leadership non è una gara, ma un servizio da mettere a disposizione del mondo”.

Ngozwana ha tracciato il drammatico quadro della situazione pandemica del continente africano: 55 paesi, 1.300.000.000 di persone che sono state colte assolutamente impreparate ad affrontare la situazione di emergenza.

A monte, vent’anni di sottoinvestimenti, strumentazioni obsolete e vuoto nelle infrastrutture minime necessarie a organizzare e gestire una campagna di vaccinazioni adeguata, in un contesto dove la diffusione del contagio avviene in tempi rapidissimi proprio per la presenza di grandi numeri di persone in piccoli spazi.

Infine per il prof. Ricciardi è cruciale il rapporto tra ricerca scientifica e politica: “Problemi come il cambiamento climatico, le politiche migratorie, la pandemia non si possono risolvere senza prendere determinate decisioni a livello globale. Nel caso della pandemia ritengo che sia necessario sospendere i brevetti e consentire il trasferimento di tecnologie”.

(Foto: Meeting di Rimini)

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