Ravenna per un cammino sinodale sulle orme di sant’Apollinare

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“Celebriamo la solennità di sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna, missionario e primo evangelizzatore delle nostre terre, proveniente dalle antiche chiese orientali apostoliche, ma in comunione con la Chiesa di Roma e con il successore di Pietro, come lo ritrae la iconografia dei mosaici e della Cattedrale. Con la sua opera, e quella dei vescovi suoi successori, soprattutto con s. Pietro detto ‘Crisologo’, la comunità cristiana si diffuse su tutto il territorio dell’Emilia-Romagna, e non solo, contribuendo fino ad oggi a creare tante opere, attività, servizi, istituzioni monastiche e diocesane, santuari, chiese e basiliche: monumenti dove arte e fede si illuminano a vicenda”.

La Chiesa di sant’Apollinare era una Chiesa sinodale, capace di guardare ed interpretare la realtà, come ha detto l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, mons. Lorenzo Ghizzoni, nell’omelia per la festa del patrono di Ravenna e dell’Emilia-Romagna:

“Ma le comunità cristiane hanno contribuito lungo i secoli, soprattutto a seminare speranza anche nei tempi bui dove le violenze erano diffuse; carità nei momenti socialmente difficili dove le povertà minacciavano la sopravvivenza; e fede in quel Dio misericordioso e provvidente che non abbandona nessuno dei suoi figli, nemmeno i peccatori che lo rifiutano e i delinquenti che coltivano il male, per farli ritornare a casa, tra le sue braccia paterne”.

Nell’omelia l’arcivescovo ha ricordato una Chiesa attenta agli avvenimenti quotidiana, come hanno fatto don Angelo Lolli e don Lorenzo Minzoni, senza dimenticare Benigno Zaccagnini: “Ma quando le loro vite sono state coerenti con la vocazione cristiana radicata nel Battesimo e nel Vangelo, hanno ispirato e coinvolto molti anche non credenti, hanno sostenuto iniziative che hanno fatto crescere il livello non solo materiale, ma spirituale ed etico delle nostre comunità.

Cito solo due esempi: la collaborazione di tanti ravennati all’opera di Enrico Mattei, e l’impegno politico esemplare e trascinante di Benigno Zaccagnini. Ma ancora adesso continuano le attività delle nostre cooperative sociali, il volontariato in gran parte cattolico, la diffusione delle Caritas sul territorio”.

Anche ai nostri giorni la Chiesa ‘non può chiudere gli occhi sulla realtà in cui tutti viviamo’, cambiata dalla pandemia: “Abbiamo avuto un duro impatto sul sistema sanitario, sul tessuto sociale con anziani impauriti, giovani disorientati e affaticati dalla DAD, poveri in netto aumento. Si diffondono ancor più sfiducia e tristezza, che generano relazioni incattivite, sospetto sulle persone e sulle istituzioni…

Ci saranno conseguenze negative su alcune delle nostre imprese con il rischio di perdita del lavoro. Una situazione preoccupante, non ancora risolta, che speriamo sia affrontabile anche con le risorse straordinarie dei provvedimenti statali, con gli aiuti dall’Europa. Cosa ci ridarà fiducia e speranza, cioè gli atteggiamenti di fondo che sostengono il cammino di ogni comunità?”

Ferite che con il tempo rimargineranno, ma che hanno provocato tensioni: “Anche la vita ecclesiale ha subito dei danni, soprattutto per la diminuzione degli incontri, delle celebrazioni, dei momenti di aggregazione per i giovani e per i bambini, per gli anziani e per le coppie, ma anche le scuole dell’infanzia e le case di riposo hanno pagato un prezzo alto.

In questi ultimi tempi, abbiamo visto una certa ripresa e una partecipazione rinnovata, ma molti si portano dentro ancora i mesi di tensione e di solitudine, la rottura delle abitudini e la perdita di persone care”.

Per questo occorre una risposta solidale, come propone la Caritas: “Come cittadini e come cristiani, pensiamo che si debba reagire, prima di tutto affrontando questi problemi insieme a tutti coloro che sanno rompere le barriere dell’interesse personale, del guadagno immediato, dell’affermazione di sé, o della paura, per aprirsi alla solidarietà, alla ricerca del bene comune, alla promozione della dignità di ciascuno.

Pensiamo che sia necessaria la collaborazione con tutti gli organismi e le istituzioni della Stato e del territorio, ma anche con le aggregazioni della società civile (tra le quali le nostre parrocchie e le nostre associazioni e fondazioni), chiamate ad affrontare con proposte concrete e provvedimenti impegnativi le crisi che si stanno producendo, attenti ai più poveri e ai più fragili, perché nessuno rimanga indietro”.

Però la Chiesa non può rinunciare ad affermare la Verità: “Dobbiamo annunciare e promuovere la dignità della persona umana che è sempre intoccabile e non negoziabile, indipendentemente dalla provenienza geografica, dal colore della pelle, dall’orientamento sessuale, dalle condizioni sociali e dalla salute fisica o psichica.

In tal senso, circa il disegno di legge in discussione in Parlamento sulla omo e trans fobia (recante ‘Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità’), come Vescovi italiani e della Regione Emilia–Romagna, abbiamo convenuto sulla necessità di un ‘dialogo aperto’, auspicando una soluzione priva di ambiguità e di forzature legislative, che coniughi il rifiuto di ogni discriminazione giusto e doveroso, con la libertà di espressione e la libertà di educazione dei figli da parte delle famiglie”.

Questa è la strada illustrata da mons. Ghizzoni, che invita ad intraprendere il cammino sinodale: “Lo sforzo per il Cammino sinodale che ci attende nei prossimi anni come Chiesa sarà proprio quello di mettersi in ascolto di tutto il Popolo di Dio a partire da ciò che i singoli, le famiglie e le comunità stanno vivendo: gioie e speranze, lotte e ansie. Tenendo conto delle loro visioni di chi è Dio, la Chiesa, l’uomo e dei loro modi di vivere i valori evangelici ed etici negli ambienti ecclesiali e sociali. 

Ma la sfida più significativa sarà il ‘metodo sinodale’, che chiede di lavorare insieme, di partecipare alla riflessione comune, di crescere nella comunione ecclesiale concreta, ciascuno con la sua vocazione, le sue doti e le sue competenze; laici, preti, diaconi, consacrati e consacrate, uomini e donne, giovani e adulti. Anche l’unificazione delle parrocchie più piccole che stiamo completando in diocesi in questi giorni, va in questa direzione”.

(Foto: diocesi di Ravenna-Cervia)

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