La Chiesa per la protezione dei pescatori chiede il rilascio di quelli siciliani

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“Infine, in questa Giornata Mondiale della Pesca, il mio pensiero va ai pescatori di tutto il mondo che vivono disagi e difficoltà. Vorrei menzionare, in particolare, i diciotto pescatori di diverse nazionalità provenienti da Mazara del Vallo, in Sicilia, che sono trattenuti in Libia dal 2 settembre, senza possibilità di comunicare con le loro famiglie. Queste continuano ad aspettare con ansia informazioni sui loro cari e l’opportunità di parlare con loro. Ma, soprattutto, sono impazienti di riunirsi. Per questa semplice ragione umanitaria, faccio appello ai Governi e alle Autorità nazionali competenti affinché risolvano questa penosa situazione e trovino una soluzione positiva attraverso un dialogo aperto e sincero”.

Così si conclude il messaggio del prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, card. Peter Kodwo Appiah Turkson, in occasione della Giornata Mondiale della Pesca che si celebra oggi.

Nel messaggio il card. Turkson ricorda che la pesca occupa 59.500.000 persone: “Sorprendentemente, un lavoratore su due è una donna. L’Asia conta il maggior numero di lavoratori in questo ambito, con circa l’85% della forza lavoro mondiale e dispone di 3.100.000 navi, che rappresentano il 68% della flotta peschereccia mondiale”.

Però il mondo della pesca quest’anno ha sofferto una crisi particolare a causa del covid 19: “L’impatto del COVID-19 sull’industria della pesca riguarda essenzialmente l’ambito delle risposte strategiche dei governi alla pandemia, quali il distanziamento sociale, la chiusura dei mercati della pesca, la riduzione della clientela degli hotel e dei ristoranti.

Ciò ha creato grossi problemi per la vendita del pesce fresco, e dei prodotti correlati principalmente per quanto riguarda il crollo della domanda e l’abbassamento dei prezzi offerti per il pescato così che, nella situazione attuale, la pesca, la lavorazione del pesce, il consumo e il commercio sono andati costantemente diminuendo”.

Questo ha aggravato questo settore già alle prese con altri problemi: “Oltre agli effetti della pandemia sul settore della pesca, ci sono problemi cronici che tormentano l’industria e di fronte ai quali le sfide causate dal COVID-19 impallidiscono.

Questi problemi cronici, che costituiscono il ‘crimine della pesca’, sono i problemi della pesca intensiva e della pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata (INN) che continuano in tutto il mondo sotto ogni tipo di bandiera, da parte di gruppi che dispongono di flotte potenti e risorse migliori. Essi violano le leggi e i regolamenti nazionali e internazionali.

Questo stato di cose penalizza i pescatori regolari e le comunità di pescatori con una concorrenza sleale ed esaurisce gli stock ittici ad un ritmo che non permette alla specie di recuperare. Si tratta di una pratica che non è sostenibile e che comporta una diminuzione delle popolazioni ittiche e una riduzione della produzione futura.

I danni causati dalla pesca INN e da quella intensiva non riguardano soltanto la popolazione costiera in quanto miliardi di persone necessitano del pesce per il loro approvvigionamento in proteine, e la pesca è la principale fonte di sostentamento per milioni di persone in tutto il mondo”.

E le condizioni lavorative ne risentono, soprattutto in questo periodo funestato dall’epidemia: “Le condizioni di lavoro dei pescatori e la loro sicurezza in mare sono state condizionate dalla chiusura dei porti di pesca a causa della pandemia e dall’impossibilità di effettuare i cambi degli equipaggi. Inoltre, la mancanza di dispositivi di protezione individuale ha aumentato il rischio di trasmissione del virus in quanto i pescatori lavorano in spazi chiusi e ristretti”.

Questo periodo è particolarmente difficile per i lavoratori migranti: “Altri pescatori migranti sono privi dell’opportunità di lavorare. Non disponendo di alcun reddito per mantenere le famiglie e rimborsare i debiti, corrono sempre più il rischio di cadere vittime della tratta di esseri umani o del lavoro forzato. Inoltre, possono anche essere bloccati in paesi stranieri ed essere costretti a vivere in campi per rifugiati / migranti, stipati in scarse condizioni igieniche.

Per di più, la stragrande maggioranza dei pescatori nel mondo sono stati, per diversi motivi, esclusi dalla ‘protezione sociale’ di base fornita da alcuni Governi nazionali e, per sopravvivere, sono stati costretti a fare affidamento sulla generosità di organizzazioni caritatevoli o sull’assistenza della comunità locale”.

Ed infine, citando papa Francesco, il messaggio chiede una protezione sul lavoro per i pescatori: “La via verso la piena protezione dei diritti umani e del lavoro di tutte le categorie di pescatori è ancora lunga e tortuosa.

Ancora una volta, leviamo la nostra voce per chiedere uno sforzo rinnovato da parte delle organizzazioni internazionali e dei Governi, affinché rafforzino il loro impegno adottando delle legislazioni atte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei pescatori e delle loro famiglie e a rafforzare la lotta contro il lavoro forzato e la tratta di esseri umani. Il tempo delle parole è finito. È il momento di agire!”

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