Mosciatti: san Cassiano ci aiuti a essere testimoni in questo tempo

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Cassiano, maestro nell’arte dello scrivere rapido, subì il martirio il 13 agosto, durante la persecuzione di Diocleziano, promulgata con tre editti lungo l’anno 303. Il corpo del martire trovò sepoltura fuori della città, verso occidente, dove era già una vasta necropoli romana. Sulla sua tomba sorse presto una ‘aedes’ che il poeta Prudenzio visitò e descrisse nel carme IX del suo ‘Peristephanon’ e successivamente, entro il quinto secolo, la basilica, attorno alla quale si sviluppò il centro dell’amministrazione ecclesiastica, la dimora del vescovo e la casa dei canonici, e sorsero oratori, ospizi e case private.

San Cassiano è il patrono di Imola, al quale mons. Giovanni Mosciatti si è rivolto al termine dell’omelia: “Chiediamo al Signore, per intercessione di san Cassiano, nostro patrono, di essere sempre di più testimoni di vita nuova nel nostro mondo, nella nostra città, nelle nostre famiglie e di poter umilmente offrire il contributo di tutta la nostra vita, perché cresca la speranza in questo tempo così difficile”.

Nell’omelia mons. Mosciatti ha sottolineato che il lockdown non ha fermato la vita: “Ma la vita non si ferma. Anzi, urge ancora di più! Paradossalmente, la pandemia ha fatto emergere in tanti ancora più fortemente l’urgenza di riscoprire il valore delle cose importanti e dell’essenziale. Questo tempo particolare è un’occasione preziosa per la riscoperta del nostro vero bisogno e di chi ci è compagno in questo cammino”.

Questo tempo vissuto ha mostrato due tipi di reazione davanti agli avvenimenti della vita: “In questi mesi tante persone hanno fatto fatica di fronte a una realtà imprevedibile ed è subentrata una paura che, in molti, dura ancora adesso, mentre in altri, è almeno in apparenza vinta da una forma di non curanza. Eppure, c’è stato e c’è un altro tipo di reazione di fronte all’imprevisto. Lo abbiamo visto durante le fasi peggiori dell’emergenza sanitaria, con l’impegno professionale e umano di medici, infermieri, personale sanitario, volontari, insegnanti, solo per citare alcuni”.

Questa diversità di visione della vita si chiama speranza: “E la speranza è l’esperienza di un presente che rende certi di un futuro. Un presente che è il Mistero di Dio che cammina ogni giorno con l’uomo affaticato e stanco per dargli conforto. Questa è la speranza che ha dato forza e sostegno al nostro grande Cassiano dentro tutte le sue tribolazioni. E in questa speranza nasce un amore grande. Quando si ama veramente il cuore suggerisce misteriosamente che quel legame non verrà mai meno”.

Inoltre la speranza consente di misurarsi con l’essenzialità della vita: “Proprio la situazione che si è venuta a creare rende dunque più urgente misurarci con l’essenziale della vita, con ciò che ci fa veramente vivere. Desideriamo stare davanti alla provocazione che ci coinvolge tutti, senza ritirarci e cercando di rimanere fedeli al Battesimo, per essere una comunità cristiana viva, capace di affrontare il sacrificio e il dolore ed essere testimonianza di una vita nuova”.

San Cassiano richiama all’impegno dei cattolici nella vita: “Anche oggi c’è una persecuzione sottile e penetrante che in nome dei diritti dell’individuo, attraverso i massmedia e i centri di potere economico, legislativo e giudiziario, vuole imporre una visione dell’umano in cui vengono cancellate le nostre responsabilità verso Dio, gli altri e in fondo verso noi stessi…

E’ proprio di questi giorni un intervento legislativo per cui la decisione drammatica della donna di interrompere la gravidanza viene sempre più banalizzata e presentata all’opinione pubblica come un qualunque intervento farmacologico, lasciando sola la donna di fronte alla sua drammatica decisione. E questo sembra essere una conquista sociale”.

La Chiesa ha sempre rappresentato una pietra di scandalo, perché mostra l’amore per il mondo: “C’è in essa qualcosa di non assimilabile alla mentalità mondana, qualcosa che costituisce una minaccia perenne per il potere. E’ questo che ci colpisce dei santi, l’amore che non ha confini”.

I santi testimoniano questo: “Gli atti dei martiri, che la Chiesa antica ci ha trasmesso, sono una testimonianza commovente di questo attaccamento alla vita vera, sono una professione di fede nella vita che non finisce…

Il martirio è stato sempre avvertito dai cristiani come essenziale alla fede, tanto che, dopo la fine delle persecuzioni, hanno desiderato vivere la medesima radicalità nella sequela di Cristo. E’ nato così il monachesimo. La verginità, la consegna totale di sé a Dio, è una nuova forma di martirio, di testimonianza quotidiana”.

(Foto: Diocesi di Imola)

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