Emanuele Alecci: Padova capitale europea del volontariato per ricucire l’Italia

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“Padova, Capitale europea del Volontariato. Si tratta di un prestigioso riconoscimento alla città, alla sua cultura di solidarietà, alla storia di donne e uomini che hanno lasciato tracce preziose; e aperto strade su cui altri hanno potuto poi camminare. Al tempo stesso è una responsabilità, un impegno che Padova assume affinché questi mesi non si limitino alla pur legittima celebrazione di tante positive esperienze, ma rappresentino un avanzamento per l’intero Paese, una stagione di crescita collettiva italiana. Il volontariato è una energia irrinunciabile della società. Un patrimonio generato dalla comunità, che si riverbera sulla qualità delle nostre vite, a partire da coloro che si trovano in condizioni di bisogno, o faticano a superare ostacoli che si frappongono all’esercizio dei loro diritti”.

Così si esprimeva il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a febbraio nell’inaugurazione a Padova ‘capitale europea del volontariato’, ricordando gli ‘angeli del fango di Firenze’ nel 1966: “I volontari sono diventati, in questi decenni, veri e propri corpi intermedi della Repubblica, pronti all’intervento di urgenza, impegnati nelle ricostruzioni delle lacerazioni patite dalle popolazioni, delle ferite presenti nel nostro tessuto sociale – e alle quali non sempre le istituzioni riescono a porre rimedio – nella gestione e nel perseguimento di obiettivi di sostenibilità ambientale”.

Dopo poche settimane dall’inaugurazione l’Italia si fermò per tre mesi a causa del coronavirus, ma il volontariato non si è mai fermato e nell’emergenza è stato elaborato il documento ‘Ripensiamo insieme l’Italia’: “Questi ultimi due mesi ci hanno restituito l’urgenza di riporre, con sempre maggiore attenzione, il mondo associativo al centro della nostra riflessione.

Le associazioni non possono essere viste esclusivamente come dei contenitori di attività ludico-ricreative o delle stampelle di un incompiuto welfare statale, bensì esse vengono ad essere, a maggior ragione oggi, una sorta di esemplificazione dei dettami della nostra Costituzione. Ricordare ciò significa riconoscere il patrimonio di valori etici, morali ed istituzionali cui esse adempiono nel loro agire quotidiano”.

Partendo da queste riflessioni abbiamo chiesto al presidente del Centro Servizi Volontariato di Padova, Emanuele Alecci, di spiegarci il significato per Padova essere capitale europea del volontariato: “Il 7 febbraio l’inaugurazione dell’anno di Padova capitale europea del volontariato 2020 alla presenza del Presidente della Repubblica dipingeva uno scenario che 15 giorni dopo l’allerta per la presenza del covid-19  ha completamente stravolto.

Tutti i programmi sono saltati ma  programmi ma il volontariato padovano non si è dato per vinto e in pochi giorni è stato avviato il progetto ‘Per Padova noi ci siamo’ che ha visto il Csv, il Comune e la Diocesi di Padova lavorare in sinergia per dare risposte concrete a chi aveva bisogno. Oggi quindi per la nostra città essere capitale europea del volontariato i significa aver saputo rispondere all’emergenza, sono i 1.600 volontari che hanno dato disponibilità, sono le associazioni e gli enti del terzo settore che non si sono mai fermati”.

Dopo la pandemia come si può ricucire insieme l’Italia?

“Il mondo non di può fermare ma si devono trovare modi diversi di vivere. Dobbiamo cambiare i nostri comportamenti e mai come in questo momento abbiamo l’opportunità di farlo. Occorre fissare gli obiettivi e realizzarli, ma questo non si realizza in parlamento: tocca a noi cambiare i comportamenti quotidiani e questo ci porta a riconsiderare benessere, economia, risorse. Quest’anno potremmo andare in vacanza nei paesi in cui siamo nati: è un modo per riappropriarci di un territorio, di recuperare modalità che abbiamo dimenticato.

Abbiamo visto che si può lavorare in modo diverso e le mille piattaforme che esistono ci dicono che possiamo incontrarci anche così. Senza muoverci, senza consumare. Le relazioni hanno bisogno di abbracci e incontri, ma il rispetto dell’altro richiede la tutela della salute.

Durante il lockdown abbiamo fatto un lavoro straordinario. Ora dobbiamo ripartire senza disperdere questo patrimonio, costruendo un nuovo modello di sviluppo per la città e per la provincia. La fine del lockdown ci insegna che niente può essere come prima: spazi, relazioni, comportamenti, produzioni, consumi vanno rimodulati”. 

In quale modo la solidarietà può vincere l’indifferenza?

“A partire dal progetto Per Padova noi ci siamo si sono sviluppate moltissime azioni spontanee, come le ‘connessioni solidali condivise’, si sono attivati i giovani, si è lavorato sul territorio di appartenenza. I vicini di casa, il quartiere, sono diventati la realtà concreta da aiutare e per rispondere con tempestività ai bisogni abbiamo realizzato il volontariato di prossimità che era uno dei progetti di Padova capitale. Il modello messo in piedi ha funzionato e ci fa pensare a modalità nuove da studiare e attivare. L’indifferenza si combatte con la presenza, con l’assunzione di responsabilità, con la condivisione”.

Quale ‘sfida’ comporta questa pandemia per il volontariato?

“Abbiamo avuto la riconferma che il volontariato, in emergenza, fa cose straordinarie, necessarie, ma che non sono di sua competenza. Poi, quindi, deve tornare a fare il suo, senza sostituirsi a nessuno e senza cambiare il proprio ruolo. E’ tempo di tornare a collaborare mantenendo ciascuno il proprio ruolo sapendo che quando ci si mette tutti d’accordo si fanno cose straordinarie. Ora non perdiamo questa occasione e facciamo un ragionamento anche sul welfare da ricostruire che non può prescindere dai beni comuni.

Ripensiamo insieme il nostro futuro, ma dobbiamo pensare in grande e poi agire nel piccolo altrimenti sono solo slogan. Abbiamo realizzato il volontariato di prossimità che era uno dei progetti di Padova capitale; il modello messo in piedi ha funzionato e questo ci fa pensare a modalità nuove da studiare e attivare”.

(Foto: Quirinale)

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