Papa Francesco spiega il mistero della preghiera

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“In occasione del 1° maggio, ho ricevuto diversi messaggi riferiti al mondo del lavoro e ai suoi problemi. In particolare, mi ha colpito quello dei braccianti agricoli, tra cui molti immigrati, che lavorano nelle campagne italiane. Purtroppo tante volte vengono duramente sfruttati. E’ vero che c’è crisi per tutti, ma la dignità delle persone va sempre rispettata. Perciò accolgo l’appello di questi lavoratori e di tutti i lavoratori sfruttati e invito a fare della crisi l’occasione per rimettere al centro la dignità della persona e la dignità del lavoro”.

E’ stato l’appello lanciato oggi all’udienza generale, trasmessa sempre in streaming, da papa Francesco che chiede di ascoltare la voce dei braccianti agricoli; mentre nell’intenzione della messa mattutina a Santa Marta papa Francesco aveva pregato per gli operatori dei mass-media: “Preghiamo oggi per gli uomini e le donne che lavorano nei mezzi di comunicazione. In questo tempo di pandemia rischiano tanto e il lavoro è tanto. Che il Signore li aiuti in questo lavoro di trasmissione, sempre, della verità”.

Nell’udienza generale odierna il papa ha iniziato a riflettere sul nuovo ciclo di catechesi, incentrato sulla preghiera, che è ‘respiro della fede’, che si può esprimere anche come ‘grido’ di aiuto, come è successo a Bartimeo: “Come un grido che esce dal cuore di chi crede e si affida a Dio. Pensiamo alla storia di Bartimeo, un personaggio del Vangelo e, vi confesso, per me il più simpatico di tutti.

Era cieco, stava seduto a mendicare sul bordo della strada alla periferia della sua città, Gerico. Non è un personaggio anonimo, ha un volto, un nome: Bartimeo, cioè ‘figlio di Timeo’. Un giorno sente dire che Gesù sarebbe passato di là. In effetti, Gerico era un crocevia di gente, continuamente attraversata da pellegrini e mercanti.

Allora Bartimeo si apposta: avrebbe fatto tutto il possibile per incontrare Gesù. Tanta gente faceva lo stesso: ricordiamo Zaccheo, che salì sull’albero. Tanti volevano vedere Gesù, anche lui”.

Poi ha descritto la situazione di quell’istante in cui quell’uomo ha solo la voce per farsi sentire per ottenere una grazia: “Così quest’uomo entra nei Vangeli come una voce che grida a squarciagola. Lui non ci vede; non sa se Gesù sia vicino o lontano, ma lo sente, lo capisce dalla folla, che a un certo punto aumenta e si avvicina…

Ma lui è completamente solo, e nessuno se ne preoccupa. E Bartimeo cosa fa? Grida. E grida, e continua a gridare. Usa l’unica arma in suo possesso: la voce. Comincia a gridare: ‘Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!’. E così continua, gridando”.

Tale richiesta è captata, nel mezzo del trambusto della folla, dall’orecchio attento di Gesù: “E Gesù ascolta il suo grido. La preghiera di Bartimeo tocca il suo cuore, il cuore di Dio, e si aprono per lui le porte della salvezza. Gesù lo fa chiamare. Lui balza in piedi e quelli che prima gli dicevano di tacere, ora lo conducono dal Maestro”.

Inoltre il papa ha sottolineato che la preghiera è la richiesta di un desiderio per essere esaudito, come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Gesù… Riconosce a quell’uomo povero, inerme, disprezzato, tutta la potenza della sua fede, che attira la misericordia e la potenza di Dio.

La fede è avere due mani alzate, una voce che grida per implorare il dono della salvezza. Il Catechismo afferma che ‘l’umiltà è il fondamento della preghiera’. La preghiera nasce dalla terra, dall’humus (da cui deriva ‘umile’, ‘umiltà’); viene dal nostro stato di precarietà, dalla nostra continua sete di Dio”.

Quindi la fede è un grido che non si può soffocare: “La fede, lo abbiamo visto in Bartimeo, è grido; la non-fede è soffocare quel grido. Quell’atteggiamento che aveva la gente, nel farlo tacere: non era gente di fede, lui invece sì. Soffocare quel grido è una specie di ‘omertà’. La fede è protesta contro una condizione penosa di cui non capiamo il motivo; la non-fede è limitarsi a subire una situazione a cui ci siamo adattati. La fede è speranza di essere salvati; la non-fede è abituarsi al male che ci opprime e continuare così”.

La preghiera, però, è nutrita dalla perseveranza: “Cari fratelli e sorelle, cominciamo questa serie di catechesi con il grido di Bartimeo, perché forse in una figura come la sua c’è già scritto tutto. Bartimeo è un uomo perseverante. Intorno a lui c’era gente che spiegava che implorare era inutile, che era un vociare senza risposta, che era chiasso che disturbava e basta, che per favore smettesse di gridare: ma lui non è rimasto in silenzio. E alla fine ha ottenuto quello che voleva.

Più forte di qualsiasi argomentazione contraria, nel cuore dell’uomo c’è una voce che invoca. Tutti abbiamo questa voce, dentro. Una voce che esce spontanea, senza che nessuno la comandi, una voce che s’interroga sul senso del nostro cammino quaggiù, soprattutto quando ci troviamo nel buio: ‘Gesù, abbi pietà di me! Gesù, abbi pietà di me!’. Bella preghiera, questa”.

Ed ha concluso con l’invito a scoprire che tutto è preghiera: “Ma forse, queste parole, non sono scolpite nell’intero creato? Tutto invoca e supplica perché il mistero della misericordia trovi il suo compimento definitivo. Non pregano solo i cristiani: essi condividono il grido della preghiera con tutti gli uomini e le donne. Ma l’orizzonte può essere ancora allargato: Paolo afferma che l’intera creazione ‘geme e soffre le doglie del parto’. Gli artisti si fanno spesso interpreti di questo grido silenzioso del creato, che preme in ogni creatura ed emerge soprattutto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è un ‘mendicante di Dio’”.

La catechesi è stato il prosieguo naturale di ciò che aveva sottolineato nell’omelia della celebrazione eucaristica a Santa Marta, raccontando di coloro che rifiutano la luce: “Gesù porta la luce. Ma il popolo, la gente, il suo popolo l’ha respinto. E’ tanto abituato alle tenebre che la luce lo abbaglia, non sa andare… E questo è il dramma del nostro peccato: il peccato ci acceca e non possiamo tollerare la luce. Abbiamo gli occhi ammalati… E la conversione è passare dalle tenebre alla luce”.

Ed ha elencato le ‘cose’ che non permettono di far vedere la luce: “I vizi, lo spirito mondano, la superbia. I vizi che ‘ti tirano giù’ e anche, queste tre cose (i vizi, la superbia, lo spirito mondano) ti portano a fare società con gli altri per rimanere sicuri nelle tenebre…

Non è facile vivere nella luce. La luce ci fa vedere tante cose brutte dentro di noi che noi non vogliamo vedere: i vizi, i peccati… Pensiamo ai nostri vizi, pensiamo alla nostra superbia, pensiamo al nostro spirito mondano: queste cose ci accecano, ci allontanano dalla luce di Gesù”.

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