Patriarca Moraglia invita ad un percorso di fiducia in Dio

Condividi su...

‘Celebro per voi e con voi, in questa modalità virtuale, col desiderio grande di poter presto tornare a celebrare insieme’:  così si è espresso il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, aprendo l’omelia della Messa celebrata per la festa patronale di san Marco Evangelista, concedendo l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli del patriarcato di Venezia che hanno partecipato alla celebrazione in diretta, attraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Prima di pronunciare l’omelia il patriarca ha ricordato le famiglie ed i sanitari con il desiderio di celebrare insieme con il popolo: “Un saluto a tutti: famiglie, anziani, bambini, giovani, sacerdoti, ai canonici della Basilica, che non sono presenti, ai diaconi, alle persone consacrate, ai malati. Un grazie particolare va ai medici, agli operatori sanitari: fra loro, troppi stanno pagando con la vita. Una preghiera, accorata, per tutti i deceduti, i loro familiari e amici”.

Ricordando i morti, compresi i sacerdoti, a causa del coronavirus, il patriarca ha rivolto un augurio di rinascita per l’Italia: “Alla nostro amata Italia l’augurio di una rinascita oggi come quella di cui i nostri padri furono gli protagonisti, pagando anche col sangue per fare risorgere una comunità finalmente libera dopo la tragedia immane della guerra.

Oggi, come, allora, l’impegno di tutti permetta di superare la grave emergenza sanitaria ed economica che in modo drammatico ne consegue e si delinea; l’Italia non sia lasciata sola e possa riscontrare che l’Europa non è un nome ma una vera comunità di Stati”.

Ha quindi additato l’evangelista come ‘faro’ per la conversione in questo tempo: “…l’evangelista Marco ci può aiutare in questo tempo difficile di pandemia nel quale ci sono richiesti coraggio, pazienza e nervi saldi, sia sul piano delle scelte umane sia su quelle cristiane: una sorta di conversione.

E proprio alla conversione si riferiscono le prime parole di Gesù nel vangelo di Marco: ‘convertitevi e credete nel Vangelo’. In questo periodo, siamo chiamati a camminare insieme: ecco la conversione civile. Camminare insieme e a ricostruire ciò che, solo lentamente, prenderà forma nella vita di ciascuno di noi e nella convivenza sociale”.

Inoltre mons. Moraglia ha sottolineato il valore della condivisione attraverso la responsabilità personale: “Gli uomini non sono isole e se qualcuno aveva tale convinzione, Covid-19, in poche settimane, ha dimostrato che gli uomini sono una famiglia; una volta si usava questa espressione ‘famiglia umana’; Covid-19 ci ha ricordato che il vivere per l’uomo è sempre un convivere; la pandemia non ha fatto distinzioni tra Stati e Stati, in base all’appartenenza o meno al G7 piuttosto che al G20. Innanzitutto per le scelte umane ci viene richiesto un forte senso di responsabilità personale; il bene comune, prima che alle pubbliche istituzioni, è affidato ai cittadini”.

Anche per il cristiano si apre un nuovo percorso di fiducia in Dio, annunciato nel Vangelo di san Marco, attraverso il racconto del centurione: “Per le scelte cristiane, invece, si apre il cammino arduo della fede/fiducia in un Dio che conduce oltre i pensieri e gli schemi degli uomini, un cammino non semplice, non scontato, che manifesta la consistenza dei discepoli. Marco è l’interprete della predicazione di Pietro e ci svela il volto di Dio come il volto di Colui che conduce per strade inesplorate…

Tutti sono invitati e chiamati a questa conversione cioè a scoprire il vero volto di Dio nella vicenda umile e dolorosa di Gesù; il centurione era un pagano, quindi aveva un’idea ben precisa di Dio, lo immaginava dispotico, arbitrario, capriccioso, quando vede Gesù morire in quel modo esclama: …Davvero quest’uomo era figlio di Dio!. A noi, oggi, è richiesto di percorrere tale cammino che l’evangelista Marco indica, nel suo Vangelo, ad ogni discepolo e comunità”.

Per il patriarca di Venezia questa pandemia non ci lascia indifferenti: “Carissimi, è suonato, quindi, un campanello d’allarme a livello mondiale, come quando a Venezia risuona la triplice tonalità della sirena che annuncia un’onda d’acqua particolarmente alta. Covid-19, ci ha trovati impreparati e ha limitato e costretto non gli abitanti di un’area circoscritta, ma dell’intero pianeta: tutti i continenti, seppur in modalità differenziate, devono misurarsi con la pandemia”.

Citando l’enciclica ‘Laudato sì’ ha sottolineato la rilevanza sociale della salute: “La salute, fino ad un recente passato, era considerata, dai più, bene individuale, della persona, ora, dopo Covid-19, nessuno non può non vederne la rilevanza sociale. Perciò tutta la visione della persona va ripensata in rapporto al bene comune;…

Noi non conosciamo a sufficienza i futuri scenari ma una cosa è certa, non sarà sufficiente cambiare esteriormente alcuni stili di vita, attenendosi solo ai nuovi protocolli sanitari richiesti. Se Covid-19 ci ha colti impreparati non significa che tutto è successo all’improvviso; proprio per questo è necessario un ripensamento a 360° del bene comune in tute le sue forme”.

Per mons. Moraglia i diritti delle persone sono diritti essenziali: “Sì, l’uomo va pensato sempre più come relazione, non intendendo il termine relazione solo sul piano filosofico, ma anche culturale, sociale, economico, finanziario, mediatico; siamo nell’era della globalizzazione, in cui s’interagisce sempre, anche se ne manca la consapevolezza. La globalizzazione, in sé, non è né buona né cattiva e riguarda, come visto, non solo comunicazione, cultura, finanza, economia ma anche, oggi, come i fatti ci hanno detto in modo drammatico, la salute”.

Questo tempo che si sta vivendo è una sfida importante con l’invito ad una critica costruttiva: “La sfida per un futuro inclusivo parte da un nuovo modo di intendere e investire sulla persona e sul bene comune che attraverso i principi, i criteri di giudizio, le direttive operative della dottrina sociale cristiana, declinati nel rispetto di una sana laicità, si traducano nel prendersi cura degli altri, del bene comune…

Con uno spirito costruttivamente critico, dobbiamo far tesoro di tutto ciò e pensare in maniera concreta la persona nel tempo della globalizzazione, ossia, una modalità di convivenza, rispettosa dell’ambiente, che, alla luce di valori antropologici fondanti, diversi da quelli visti troppo a lungo, tenga realisticamente conto dei limiti dell’uomo, incominciando dal limite dei limiti: la morte”.

Infine ha invitato a ripensare al binomio persona/bene comune: “L’Occidente è sempre più plasmato dalla tecno-scienza, considerata in maniera acritica per i successi a cui perviene in ordine all’efficienza, alla crescita della ricchezza… finora! Per altro, non equamente distribuita. Così si sono messi in secondo piano indicatori più umani, la persona, la famiglia, il bene comune, la destinazione universale dei beni, la solidarietà, la sussidiarietà, la salute pubblica ed individuale e, oggi, se ne raccolgono i risultati…

Tali visioni, che sottendono similari progetti culturali e politici, hanno privilegiato, o non sufficientemente contrastato, scelte economiche che hanno diviso il mondo fra ricchi e poveri. La differenza tra persone abbienti e meno, alla fine, è accettabile; inaccettabile, invece, è che vi sia un mondo diviso fra ricchi, sempre più ricchi e poveri, sempre più poveri; fra chi ha patrimoni immensi e chi muore di fame…

Siamo invitati a camminare insieme e a ricostruire un sistema che, soltanto lentamente e con fatica, prenderà forma nella vita di ciascuno di noi e nella convivenza sociale, chiamati ad impegnarci non in una sfida individuale, ma a lavorare per gli altri e con gli altri. Come cristiani guardiamo un po’ più ‘lassù’ per vivere meglio ‘quaggiù’!”

Free Webcam Girls
151.11.48.50