Papa Francesco: Pasqua, vittoria della vita sulla morte

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E’ stata una messa diversa quella celebrata oggi nella basilica di san Pietro da papa Francesco nel tempo del coronavirus davanti al crocifisso di san Marcello, che salvò Roma dalla peste del 1522 ed all’icona di Maria Salus Populi Romani, con il card. Angelo Comastri ed altre poche persone. I fiori che adornano l’altare provengono dall’Olanda.

In questo giorno sono giunti al papa anche gli auguri del presidente della repubblica italiana, Sergio Mattarella: “In questo tempo di profonda inquietudine Vostra Santità non ha fatto mancare a un’umanità sofferente la consolazione del suo paterno accompagnamento, il sollievo della sua concreta e generosa vicinanza, l’invito a compiere gesti di attenzione e di premura nei confronti di chi è nel bisogno sul piano affettivo, spirituale o materiale.

Nel silenzio di Piazza San Pietro e della Basilica vuote di popolo (le cui immagini hanno toccato nell’intimo tutti, credenti e non credenti) particolarmente forte è risuonata l’eco del suo altissimo appello ad abbandonare ogni illusorio egoismo e a vivere appieno il messaggio pasquale, percorrendo con coraggio la ‘via del servizio’.

Nel ringraziarla sentitamente per le parole vibranti di vita e di speranza che Vostra Santità ha più volte indirizzato all’Italia nelle difficili circostanze attuali, le rinnovo con sentimenti di sincera considerazione i più fervidi auguri per la Pasqua e per l’ormai prossima ricorrenza di San Giorgio”.

E nella benedizione ‘Urbi et Orbi’  il papa ha sottolineato che questo tempo non è quello dell’indifferenza, ma quello di nuove forme di solidarietà, perché Gesù è ‘veramente risorto’: “E’ un altro ‘contagio’, che si trasmette da cuore a cuore, perché ogni cuore umano attende questa Buona Notizia. E’ il contagio della speranza: ‘Cristo, mia speranza, è risorto!’. Non si tratta di una formula magica, che faccia svanire i problemi.

No, la risurrezione di Cristo non è questo. E’ invece la vittoria dell’amore sulla radice del male, una vittoria che non ‘scavalca’ la sofferenza e la morte, ma le attraversa aprendo una strada nell’abisso, trasformando il male in bene: marchio esclusivo del potere di Dio. Il Risorto è il Crocifisso, non un altro. Nel suo corpo glorioso porta indelebili le piaghe: ferite diventate feritoie di speranza. A Lui volgiamo il nostro sguardo perché sani le ferite dell’umanità afflitta”.

Ed il pensiero è rivolto a chi è stato colpito dal coronavirus: “Il mio pensiero quest’oggi va soprattutto a quanti sono stati colpiti direttamente dal coronavirus: ai malati, a coloro che sono morti e ai familiari che piangono per la scomparsa dei loro cari, ai quali a volte non sono riusciti a dare neanche l’estremo saluto. Il Signore della vita accolga con sé nel suo regno i defunti e doni conforto e speranza a chi è ancora nella prova, specialmente agli anziani e alle persone sole.

Non faccia mancare la sua consolazione e gli aiuti necessari a chi si trova in condizioni di particolare vulnerabilità, come chi lavora nelle case di cura, o vive nelle caserme e nelle carceri. Per molti è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi che la pandemia sta provocando, dalle sofferenze fisiche ai problemi economici.

Questo morbo non ci ha privato solo degli affetti, ma anche della possibilità di attingere di persona alla consolazione che sgorga dai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Riconciliazione. In molti Paesi non è stato possibile accostarsi ad essi, ma il Signore non ci ha lasciati soli!”

Per il papa questo non è il tempo dell’indifferenza e dell’egoismo: “Non è questo il tempo dell’indifferenza, perché tutto il mondo sta soffrendo e deve ritrovarsi unito nell’affrontare la pandemia. Gesù risorto doni speranza a tutti i poveri, a quanti vivono nelle periferie, ai profughi e ai senza tetto. Non siano lasciati soli questi fratelli e sorelle più deboli, che popolano le città e le periferie di ogni parte del mondo.

Non facciamo loro mancare i beni di prima necessità, più difficili da reperire ora che molte attività sono chiuse, come pure le medicine e, soprattutto, la possibilità di adeguata assistenza sanitaria. In considerazione delle circostanze, si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri”.

Come ieri sera nella veglia pasquale il papa ha chiesto la fine dei conflitti e la messa al bando delle armi: “Cristo nostra pace illumini quanti hanno responsabilità nei conflitti, perché abbiano il coraggio di aderire all’appello per un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo. Non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone e salvare vite.

Sia invece il tempo in cui porre finalmente termine alla lunga guerra che ha insanguinato l’amata Siria, al conflitto in Yemen e alle tensioni in Iraq, come pure in Libano. Sia questo il tempo in cui Israeliani e Palestinesi riprendano il dialogo, per trovare una soluzione stabile e duratura che permetta ad entrambi di vivere in pace. Cessino le sofferenze della popolazione che vive nelle regioni orientali dell’Ucraina. Si ponga fine agli attacchi terroristici perpetrati contro tante persone innocenti in diversi Paesi dell’Africa”.

Infine ha ricordato i popoli che soffrono nei continenti africani, asiatici e sudamericani: “Il Signore della vita si mostri vicino alle popolazioni in Asia e in Africa che stanno attraversando gravi crisi umanitarie, come nella Regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico. Riscaldi il cuore delle tante persone rifugiate e sfollate, a causa di guerre, siccità e carestia.

Doni protezione ai tanti migranti e rifugiati, molti dei quali sono bambini, che vivono in condizioni insopportabili, specialmente in Libia e al confine tra Grecia e Turchia. E non voglio dimenticare l’isola di Lesbo. Permetta in Venezuela di giungere a soluzioni concrete e immediate, volte a consentire l’aiuto internazionale alla popolazione che soffre a causa della grave congiuntura politica, socio-economica e sanitaria”.

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