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XI Domenica del Tempo Ordinario: la logica di Dio e la logica dell’uomo

La parabola del Vangelo ha un significato valevole per ogni tempo. Con la parabola Gesù ci invita a riflettere sulla natura del Regno dei cieli, istituito da Cristo Gesù, frutto della Nuova Alleanza tra Dio e l’uomo. Detta parabola ha un significato valevole per ogni tempo. La tentazione dell’uomo: il desiderio di cogliere subito l’intervento di Dio in determinate situazioni; il silenzio di Dio, che rispetta sempre la libertà delle scelte dell’uomo, vanifica le nostre speranze e ci riteniamo delusi.
Tale sonno o silenzio di Dio è un tema molto ricorrente e talvolta qualcuno a causa di esso ipotizza ‘la morte di Dio’, mentre Dio è e rimane sempre il Vivente e non si lascia travolgere dalla logica umana o dalla sua storia. Il contadino, il seminatore della parabola sa bene che una cosa è il tempo dell’uomo, un’altra cosa è il tempo di Dio. Il Regno di Dio Gesù lo raffigura ad un seme gettato sul terreno; un seme, vuoi o non vuoi, destinato a diventare albero e a produrre frutti: l’iter della sua crescita non dipende dall’uomo ma dall’amore misericordioso di Dio.
Il Regno di Dio è paragonabile anche ad un granello di senapa, destinato a diventare albero: la sua crescita non dipende dall’azione dell’uomo, ma è opera dello Spirito santo. Compito dell’uomo è seminare, lavorare ed attendere i tempi di Dio; confidare nella forza della grazia, nella volontà salvifica di Dio e nella onnipotenza divina che supera sempre i nostri piani. La Chiesa ha la responsabilità del gesto iniziale: seminare, predicare il vangelo e testimoniarlo con la vita; lasciare poi al terreno, al cuore dell’uomo, il compito di fare il suo lavoro: ‘dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come? Egli stesso non lo sa!’
E’ Dio che fa crescere nell’uomo il seme della sua parola. Questo seme non cresce o si sviluppa secondo i calcoli o la logica umana, ma solo secondo la logica divina. Nella logica umana prevale l’egoismo, l’orgoglio, la prepotenza; la logica divina ha come fondamento la fede, l’umiltà, l’amore. Le due parabole hanno come sfondo comune il campo, il seminatore, il seme; poi emerge la sproporzione tra l’opera umana (del seminatore, dell’evangelizzatore) e l’opera divina; da qui lo stupore perché questo regno è soprattutto opera divina: lo Spirito Santo è il solo fecondatore del Regno dei cieli.
La Chiesa, sorta come seme di senapa, nonostante la debolezza e la fragilità dell’uomo, dura da due mila anni e la sua storia continua: si sono accanite le persecuzioni per distruggere questa Chiesa dal sinedrio ebraico all’impero di Nerone, di Diocleziano con la sua persecuzione scientifica, a Napoleone, che si diceva fiero di avere seppellito l’ultimo Papa, a Garibaldi che aveva osato dire: ‘con le budella dell’ultimo Papa, abbatterò l’ultima Chiesa’: tutti personaggi storici dei quali rimane solo un pallido ricordo, mentre la Chiesa, come una barca in un mare tempestoso, continua intrepida il suo cammino e ‘le porte degli inferi non prevarranno’ perché al timone della barca c’è sempre lo stesso Cristo Gesù e lo Spirito Santo.
Il vero cristiano, il seminatore è chiamato ad essere uomo nuovo nel modo di pensare e di agire. Essere uomini nuovi dentro il cuore: questo è il presupposto indispensabile per un rapporto reale e non farisaico, concreto e gradito a Dio. Gesù affidando alla Chiesa il compito di ‘seminare’ ha detto: ‘Vi do un comandamento nuovo che vi amiate gli uni con gli altri’ ed il pontefice san Paolo VI esortava i cristiani ad essere impegnati a costruire la nuova civiltà dell’amore.
Amore è rispetto, è comprensione, è simpatia, è condivisione. La civiltà futura o sarà civiltà dell’amore o non sarà vera civiltà. Scriveva san Giovanni Paolo II: la vera realtà rivoluzionaria è costruire rapporti disinteressati, rapporti di amore perché Dio è amore. Questo Regno cresce anche se l’Agricoltore dorme perché il regno di Dio non è opera umana ma opera divina posta nelle mani degli uomini. Allora, amico che ascolti, agiamo come se tutto dipendesse da noi ma con la ferma certezza che tutto è opera di Dio e ciascuno di noi è strumento nelle sue mani.
Papa Francesco a giovani ed anziani: cresciamo insieme

Prima della recita dell’Angelus odierno papa Francesco ha spiegato che non è compito umano strappare la zizzania: “Un agricoltore, che ha sparso del buon seme nel suo campo, scopre che un nemico di notte vi ha seminato zizzania, una pianta dall’aspetto molto simile al grano, ma infestante. In questo modo Gesù parla del nostro mondo, che in effetti è come un grande campo, dove Dio semina grano e il maligno zizzania, e perciò crescono insieme bene e male. Lo vediamo dalle cronache, nella società, e anche in famiglia e nella Chiesa. E quando, assieme al buon grano, scorgiamo erbe cattive, ci viene voglia di strapparle via subito, di fare piazza pulita”.
XVI Domenica del Tempo Ordinario: le parabole del regno e la pazienza misericordiosa di Dio

La liturgia oggi presenta tre parabole di Gesù, ciascuna di esse esprime le vera natura del regno di Dio e della Chiesa. Inizialmente questo regno appare minuscolo, come un granello di senapa, è nascosta come il lievito in mezzo alla massa di farina. I figli di questo regno sono chiamati a coesistere pazientemente con accaniti avversari (abbiamo ottimo seme e zizania).
Papa Francesco racconta la tenerezza di Dio

La prima giornata canadese del papa si è chiusa con l’incontro con le popolazioni indigene attraverso l’invito a condividere storie di vita, che aprono la porta della riconciliazione, accolto dal benvenuto dal parroco della chiesa del Sacro Cuore dei Primi Popoli ad Edmonton, p. Susai Iesu, che ha espresso la grande gioia: