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Papa Francesco: alziamo lo sguardo

“Le donne vanno al sepolcro alle prime luci dell’alba, ma dentro di sé conservano il buio della notte. Pur essendo in cammino, sono ancora ferme: il loro cuore è rimasto ai piedi della croce. Annebbiate dalle lacrime del Venerdì Santo, sono paralizzate dal dolore, sono rinchiuse nella sensazione che ormai sia tutto finito, che sopra la vicenda di Gesù sia stata messa una pietra. E proprio la pietra è al centro dei loro pensieri”: nella veglia pasquale papa Francesco ha sottolineato i dubbi che assillavano le donne durante l’omelia.

Nell’omelia il papa ha evidenziato due momenti, che conducono alla gioia della Pasqua: “Anzitutto, primo momento, c’è la domanda che assilla il loro cuore spezzato dal dolore: chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro? Quella pietra rappresentava la fine della storia di Gesù, sepolta nella notte della morte. Lui, la vita venuta nel mondo, è stato ucciso; Lui, che ha manifestato l’amore misericordioso del Padre, non ha ricevuto pietà; Lui, che ha sollevato i peccatori dal peso della condanna, è stato condannato alla croce.

Il Principe della pace, che aveva liberato un’adultera dalla furia violenta delle pietre, giace sepolto dietro una grossa pietra. Quel masso, ostacolo insormontabile, era il simbolo di ciò che le donne portavano nel cuore, il capolinea della loro speranza: contro di esso tutto si era infranto, con il mistero oscuro di un tragico dolore che aveva impedito ai loro sogni di realizzarsi”.

Ciò avviene ogni qualvolta si sperimenta la delusione: “Sono ‘macigni della morte’ e li incontriamo, lungo il cammino, in tutte quelle esperienze e situazioni che ci rubano l’entusiasmo e la forza di andare avanti: nelle sofferenze che ci toccano e nelle morti delle persone care, che lasciano in noi vuoti incolmabili; li incontriamo nei fallimenti e nelle paure che ci impediscono di compiere quanto di buono abbiamo a cuore; li troviamo in tutte le chiusure che frenano i nostri slanci di generosità e non ci permettono di aprirci all’amore; li troviamo nei muri di gomma dell’egoismo e dell’indifferenza, che respingono l’impegno a costruire città e società più giuste e a misura d’uomo; li troviamo in tutti gli aneliti di pace spezzati dalla crudeltà dell’odio e dalla ferocia della guerra”.

Eppure le donne sono state capaci di alzare lo sguardo per vedere Gesù risorto: “Risuscitato dal Padre nella sua, nella nostra carne con la forza dello Spirito Santo, ha aperto una pagina nuova per il genere umano. Da quel momento, se ci lasciamo prendere per mano da Gesù, nessuna esperienza di fallimento e di dolore, per quanto ci ferisca, può avere l’ultima parola sul senso e sul destino della nostra vita. Da quel momento, se ci lasciamo afferrare dal Risorto, nessuna sconfitta, nessuna sofferenza, nessuna morte potranno arrestare il nostro cammino verso la pienezza della vita”.

Questa è la Pasqua: “Fratelli e sorelle, Gesù è la nostra Pasqua, Lui è Colui che ci fa passare dal buio alla luce, che si è legato a noi per sempre e ci salva dai baratri del peccato e della morte, attirandoci nell’impeto luminoso del perdono e della vita eterna. Fratelli e sorelle, alziamo lo sguardo a Lui, accogliamo Gesù, Dio della vita, nelle nostre vite, rinnoviamogli oggi il nostro ‘sì’ e nessun macigno potrà soffocarci il cuore, nessuna tomba potrà rinchiudere la gioia di vivere, nessun fallimento potrà relegarci nella disperazione”.

E’ un invito ad alzare lo sguardo al cielo: “Fratelli e sorelle, alziamo lo sguardo a Lui e chiediamogli che la potenza della sua risurrezione rotoli via i massi che ci opprimono l’anima. Alziamo lo sguardo a Lui, il Risorto, e camminiamo nella certezza che sul fondo oscuro delle nostre attese e delle nostre morti è già presente la vita eterna che Egli è venuto a portare”.

(Foto: Santa Sede)

Mons. Mario Delpini: ci vuole coraggio

“Riconosciamo che la fiducia è la virtù doverosa di coloro che interpretano la vita come una vocazione. E’ un dovere per noi tutti e in modo speciale per coloro che hanno responsabilità per il bene comune. La fiducia è un dono che chiede di essere reciprocamente offerto. Significa: volgere lo sguardo con benevolenza verso l’altro. Fidarsi, avvicinandosi all’altro, mettere nelle mani dell’altro la propria speranza. Esprimere gratitudine, credere alla promessa che l’altro è per te”. Così l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha concluso il ‘Discorso alla Città’, pronunciato nella Basilica di Sant’Ambrogio alla vigilia della festa del Santo patrono.

Come è possibile scoprire Gesù nei poveri? ‘Bisogna conoscerli e parlarci’

“Soffermarci sul Libro di Tobia, un testo poco conosciuto dell’Antico Testamento, avvincente e ricco di sapienza, ci permetterà di entrare meglio nel contenuto che l’autore sacro desidera trasmettere. Davanti a noi si apre una scena di vita familiare: un padre, Tobi, saluta il figlio, Tobia, che sta per intraprendere un lungo viaggio. Il vecchio Tobi teme di non poter più rivedere il figlio e per questo gli lascia il suo ‘testamento spirituale’.

Papa Francesco: dal popolo mongolo un invito a guardare verso l’alto

Al termine dell’udienza generale odierna, salutando i fedeli di lingua inglese, papa Francesco ha pregato per le 74 vittime dell’incendio divampato la scorsa settimana in un palazzo nel centro di Johannesburg, in Sudafrica: “Con vivo dolore ho appreso dell’incendio scoppiato in un edificio di cinque piani scoppiato a Johannesburg in cui sono morte più di 70 persone tra cui diversi bambini. Vi invito a unirvi a me nella preghiera per le vittime. Ai familiari esprimo il mio cordoglio e invio una speciale benedizione per loro e a quanti si stanno prodigando per fornire assistenza e supporto”.

E, come di consueto dopo ogni viaggio pastorale, papa Francesco ha raccontato le motivazioni del suo viaggio apostolico in Mongolia, ringraziando per l’accoglienza: “Lunedì sono rientrato dalla Mongolia. Vorrei esprimere riconoscenza a quanti hanno accompagnato la mia visita con la preghiera e rinnovare la gratitudine alle Autorità, che mi hanno solennemente accolto: in particolare al Signor Presidente Khürelsükh,e anche all’ex Presidente Enkhbayar, che mi aveva consegnato l’invito ufficiale a visitare il Paese. Ripenso con gioia alla Chiesa locale e al popolo mongolo: un popolo nobile e saggio, che mi ha dimostrato tanta cordialità e affetto. Oggi mi piacerebbe portarvi al cuore di questo viaggio”.

Ed ecco il motivo per cui il papa è andato nel Paese al centro dell’Asia: “Perché è proprio lì, lontano dai riflettori, che spesso si trovano i segni della presenza di Dio, il quale non guarda alle apparenze, ma al cuore come abbiamo sentito nel brano del profeta Samuele. Il Signore non cerca il centro del palcoscenico, ma il cuore semplice di chi lo desidera e lo ama senza apparire, senza voler svettare sugli altri. E io ho avuto la grazia di incontrare in Mongolia una Chiesa umile ma una Chiesa lieta, che è nel cuore di Dio, e posso testimoniarvi la loro gioia nel trovarsi per alcuni giorni anche al centro della Chiesa”.

Ha raccontato la storia di una Chiesa missionaria, che è testimone di Gesù: “Quella comunità ha una storia toccante. E’ sorta, per grazia di Dio, dallo zelo apostolico (su cui stiamo riflettendo in questo tempo), di alcuni missionari che, appassionati del Vangelo, circa trent’anni fa sono andati in quel Paese che non conoscevano. Ne hanno imparato la lingua (che non è facile) e, pur venendo da nazioni diverse, hanno dato vita a una comunità unita e veramente cattolica”.

Proprio in Mongolia si può capire il significato della parola ‘cattolico’: “Questo infatti è il senso della parola ‘cattolico’, che significa ‘universale’. Ma non si tratta di un’universalità che omologa, bensì di un’universalità che s’incultura, è una universalità che si incultura. Questa è la cattolicità: un’universalità incarnata, ‘inculturata’ che coglie il bene lì dove vive e serve la gente con cui vive. Ecco come vive la Chiesa: testimoniando l’amore di Gesù con mitezza, con la vita prima che con le parole, felice delle sue vere ricchezze: il servizio del Signore e dei fratelli”.

Inoltre ha constatato che in Mongolia la Chiesa è nata nel solco delle opere di carità: “A compimento della mia visita ho avuto la gioia di benedire e inaugurare la ‘Casa della misericordia’, prima opera caritativa sorta in Mongolia come espressione di tutte le componenti della Chiesa locale. Una casa che è il biglietto da visita di quei cristiani, ma che richiama ogni nostra comunità a essere casa della misericordia: cioè luogo aperto, luogo accogliente, dove le miserie di ciascuno possano entrare senza vergogna a contatto con la misericordia di Dio che rialza e risana”.

Questa è testimonianza: “Ecco la testimonianza della Chiesa mongola, con missionari di vari Paesi che si sentono un’unica cosa con il popolo, lieti di servirlo e di scoprire le bellezze che già vi sono. Perché questi missionari non sono andati lì a fare proselitismo, questo non è evangelico, sono andati lì a vivere come il popolo mongolo, a parlare la loro lingua, la lingua di quella gente, a prendere i valori di quel popolo e predicare il Vangelo in stile mongolo, con le parole mongole. Sono andati e si sono ‘inculturati’: hanno preso la cultura mongola per annunciare in quella cultura il Vangelo”.

Eppoi ha apprezzato la ‘ricerca’ religiosa di quel popolo: “La Mongolia ha una grande tradizione buddista, con tante persone che nel silenzio vivono la loro religiosità in modo sincero e radicale, attraverso l’altruismo e la lotta alle proprie passioni. Pensiamo a quanti semi di bene, nel nascondimento, fanno germogliare il giardino del mondo, mentre abitualmente sentiamo parlare solo del rumore degli alberi che cadono!.. E per questo è importante, come fa il popolo mongolo, orientare lo sguardo verso l’alto, verso la luce del bene. Solo in questo modo, a partire dal riconoscimento del bene, si costruisce l’avvenire comune; solo valorizzando l’altro lo si aiuta a migliorare”.

Ha concluso l’udienza generale con l’invito ad ‘allargare’ lo sguardo: “Mi ha fatto bene incontrare il popolo mongolo, che custodisce le radici e le tradizioni, rispetta gli anziani e vive in armonia con l’ambiente: è un popolo che scruta il cielo e sente il respiro del creato. Pensando alle distese sconfinate e silenziose della Mongolia, lasciamoci stimolare dal bisogno di allargare i confini del nostro sguardo, per favore: allargare i confini, guardare largo e alto, guardare e non cadere prigionieri delle piccolezze, allargare i confini del nostro sguardo, perché veda il bene che c’è negli altri e sia capace di dilatare i propri orizzonti e anche dilatare il proprio cuore per capire, per essere vicino a ogni persona e a ogni civiltà”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco ai giornalisti: siate protagonisti della storia

Pur continuando nella riabilitazione del fisico papa Francesco non rinuncia agli incontri e ieri ha ricevuto i componenti della delegazione del Premio Biagio Agnes, sottolineando tre parole importanti per un giornalista, strumenti del loro lavoro, che sono taccuino, penna e sguardo:

Giornata dei Poveri: non distogliere lo sguardo

“La Giornata Mondiale dei Poveri, segno fecondo della misericordia del Padre, giunge per la settima volta a sostenere il cammino delle nostre comunità. È un appuntamento che progressivamente la Chiesa sta radicando nella sua pastorale, per scoprire ogni volta di più il contenuto centrale del Vangelo. Ogni giorno siamo impegnati nell’accoglienza dei poveri, eppure non basta… Per questo, nella domenica che precede la festa di Gesù Cristo Re dell’Universo, ci ritroviamo intorno alla sua Mensa per ricevere nuovamente da Lui il dono e l’impegno di vivere la povertà e di servire i poveri”.

Alla Pro Civitate Christiana di Assisi convegno sulla scuola tra pedagogia di Pasolini e prassi educativa di don Milani

‘PasolinAssisi 2023 – E come piante senza radice’ è il titolo del convegno promosso da Pro Civitate Christiana alla Cittadella di Assisi dal 2 al 4 giugno. L’incontro “prende le mosse dalle provocazioni e dalle denunce con cui Pier Paolo Pasolini e don Lorenzo Milani hanno messo a nudo le storture del sistema educativo”, spiegano gli organizzatori.

Papa Francesco: nessuno può salvarsi da solo

Presentando il messaggio per la pace di papa Francesco sul tema ‘Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace’ suor Alessandra Smerilli, segretario del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha sottolineato che il papa invita alla riflessione degli anni appena vissuti:

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