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Siglato protocollo d’Intesa tra la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ per l’assistenza e la formazione sanitaria in Egitto
In Casa Santa Marta è stato sottoscritto un protocollo d’intesa per favorire le attività di formazione specialistica in favore di medici e sanitari egiziani e per creare collaborazione scientifica, tra la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Associazione “Bambino Gesù del Cairo”, nell’ambito del “Progetto Salus” che l’Associazione sta promuovendo in Egitto e nei Paesi in cui presta la sua opera di soccorso e di aiuti umanitari ed anche per ulteriori altre forme di collaborazione nell’attività di ricerca e assistenza a favore di pazienti egiziani.
La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli è un ente senza scopo di lucro, costituito dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori e persegue, in conformità ai principi della dottrina cattolica, finalità di tutela della persona umana nell’ambito della ricerca scientifica e dell’innovazione in campo biomedico e sanitario, sia clinico, sia transazionale e nell’ambito dell’assistenza sanitaria e della formazione. La Fondazione ha la titolarità e la gestione del Policlinico Universitario Agostino Gemelli, ospedale di alta specializzazione e di rilievo nazionale.
L’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’ è un ente di beneficenza senza scopo di lucro, il cui presidente è mons. Yoannis Lahzi Gaid, già Segretario di Sua Santità Papa Francesco, che opera in Italia e all’estero , per convertire il principio della fratellanza in azioni di solidarietà e si ispira ai contenuti del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, voluto da Sua Santità Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb , sottoscritto da entrambi il 4 febbraio 2019, nella città di Abu Dhabi.
L’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui slogan è ‘Unire tutti per servire tutti’, rivolta sia ai cristiani, sia ai non cristiani, è nata nel 2019 ed è composta da un gruppo di persone, ecclesiastiche e laiche, che vogliono aiutare chi si trova nel bisogno ed, in particolar modo, i bambini abbandonati dalle proprie famiglie e i bambini orfani, nati senza il diritto di poter ricevere una carezza, un abbraccio, una vera opportunità di crescita, di frequentare scuole, di ricevere cure mediche e soprattutto di sentirsi amati.
La firma del protocollo è avvenuta al seguito della benedizione da parte del Santo Padre di due cliniche mobili del progetto Salus destinate ai bambini ammalati e ai loro familiari in Egitto con la partecipazione di una delegazione egiziana, dal Presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dal Presidente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, dal Presidente della Società italiana RI Group, del Presidente della Fondazione Hospitals Without Borders, dal Presidente della Fondazione Fratellanza Umana in Egitto, dai rappresentanti della Società Teladoc e della Società Butterfly e da alcuni membri e benefattori che hanno contribuito a questa iniziativa.
L’impegno della Chiesa cattolica italiana per il mondo
Di fronte alle sofferenze che continuano ad affliggere la popolazione della Repubblica Democratica del Congo, la Chiesa italiana cerca i far sentire la sua vicinanza alle comunità locali, come racconta, attraverso schede e testimonianze, il terzo Dossier curato dal Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali. Infatti dal 1991, grazie ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica, la CEI ha sostenuto 1.236 interventi per € 136.000.000: si tratta di progetti in risposta a emergenze e di sviluppo socioeconomico in vari settori: sanità, agricoltura, educazione, formazione.
Particolare attenzione è stata data a interventi con taglio promozionale, pedagogico, di animazione, rivolti alle comunità e con approcci comunitari basati su tutela dei diritti, advocacy, lavoro in rete, nella prospettiva di offrire opportunità anche alle categorie più vulnerabili e discriminate, come donne, anziani e bambini, e di trasmettere conoscenze e strumenti che rendano lo sviluppo autonomo e sostenibile.
Pur essendo un Paese immenso, il più esteso del continente africano dopo l’Algeria, con un’enorme ricchezza naturale nel sottosuolo, ha un’economia fragile ed è costantemente afflitto da violenze, povertà e sconvolgimenti, come racconta il dossier: “Negli ultimi vent’anni l’appetito, mai saziato, di accaparramento di risorse naturali da parte dei tanti soggetti in competizione è stato alla radice dei ripetuti conflitti civili che hanno provocato oltre 6 milioni di vittime, milioni di feriti, mutilati e orfani oltre che un impressionante numero di sfollati e profughi verso i Paesi circostanti”.
Tuttavia, quella della Repubblica Democratica del Congo “è sempre stata una Chiesa profetica: questa dimensione dona speranza alla popolazione. Una popolazione che ha tutti i motivi per essere davvero sconfortata, ma che, con l’aiuto della Chiesa, riesce a mantenere accesa la flebile fiamma della speranza per un futuro migliore. Questa voce profetica è osteggiata dal potere politico, ma noi Pastori non abbiamo paura di svolgere il nostro compito a servizio della popolazione”, sottolinea il card. Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa e presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (Secam).
Inoltre per la Cei offrire assistenza sanitaria e migliorare le condizioni di vita delle persone più fragili sono alcune delle sfide che la Chiesa ha raccolto con decisione e dedizione, facendosi prossima a tutti, in ogni angolo del mondo, come dimostrano i numerosi progetti realizzati in diversi Paesi con i fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica.
Infatti nell’ultima riunione di luglio, il Comitato per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha approvato 81 nuovi progetti, decidendo lo stanziamento di € 15.262.116, che permetterà di concretizzare 38 iniziative in Africa (€ 8.106.569), 19 in America Latina (€ 2.689.321), 22 in Asia (€ 4.268.302), 1 in Europa (€ 148.580) e 1 in Medio Oriente (€ 49.344). Tra queste, molte riguardano l’ambito sanitario e della cura, come quella promosso in Costa d’Avorio dalle Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori, che aiuteranno (grazie a materiali, attrezzature e trattamenti farmacologici personalizzati) 50 bambini con patologie gravi, congenite e croniche.
Ad Oweri, in Nigeria, i Servi della Carità dell’Opera Don Guanella amplieranno l’attuale Centro di salute mentale che potrà così garantire riabilitazione, consulenza e cure a 60 ragazzi, dai 6 ai 25 anni, affetti da varie patologie, dalla sindrome di Down e da disturbi dello spettro autistico. Il nuovo edificio erogherà anche trattamenti ambulatoriali ad altri 20 giovani.
In India, le Soeurs des Missions Etrangeres, che gestiscono un Centro a Rawthankuppam nella Diocesi di Pondicherry and Cuddalore, offriranno assistenza sanitaria, alloggio e pasti ai malati di lebbra oltre che formazione professionale agli abitanti di 129 villaggi rurali. In Kazakhstan, la diocesi di Karaganda costruirà la ‘Casa della misericordia’, un luogo dove verrà promosso lo sviluppo integrale di adolescenti e giovani disabili attraverso fisioterapia specifica e percorsi professionali formativi volti all’inserimento sociale e lavorativo. Per assicurare l’approvvigionamento energetico all’ospedale ‘Holy Family’ che fornisce assistenza medica a circa 60.000 persone l’anno, l’arcidiocesi di Karachi, in Pakistan, installerà un impianto fotovoltaico.
Save the Children: in Sudan ed a Gaza i bambini muoiono
“Quasi 230.000 bambini, donne incinte e neomamme rischiano di morire di fame nei prossimi mesi in Sudan, a meno che non vengano stanziati fondi urgenti e la comunità internazionale non si mobiliti per rispondere alla drammatica crisi che colpisce il Sudan”: è l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
Più di 2.900.000 bambini in Sudan sono gravemente malnutriti e altri 729.000 sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave, la forma più pericolosa e mortale di fame estrema, secondo i nuovi dati, diffusi dal Cluster per la Nutrizione in Sudan, una partnership che include varie organizzazioni, tra cui Save the Children, le Nazioni Unite e il Ministero Federale della Salute. Di questi bambini, più di 109.000 rischiano di avere complicazioni mediche come disidratazione, ipotermia e ipoglicemia, che richiedono cure intensive e specializzate in ospedale.
Secondo il Cluster, circa 222.000 bambini gravemente malnutriti e più di 7.000 neomamme rischiano di morire nei prossimi mesi se non si farà fronte alle loro esigenze nutrizionali e sanitarie. Si tratta di una proiezione basata sugli attuali livelli di finanziamento del programma di alimentazione d’emergenza in Sudan, che al momento copre solo il 5,5% del fabbisogno totale del Paese. L’anno scorso, invece, il programma di alimentazione d’emergenza era finanziato al 23%, una percentuale di gran lunga inferiore rispetto alle necessità, ma comunque superiore a quella attuale.
La distruzione della catena di approvvigionamento di alimenti terapeutici pronti per l’uso, fondamentali per il trattamento dei bambini gravemente malnutriti, ha ostacolato duramente la risposta degli aiuti alla crisi. In particolare, l’unico produttore di alimenti necessari per la riabilitazione di bambini e donne affetti da malnutrizione acuta grave non è più operativo dopo essere stato distrutto lo scorso anno durante i combattimenti, come ha dichiarato Arif Noor, direttore di Save the Children in Sudan:
“In Sudan la situazione nutrizionale, in particolare la possibilità per i bambini e per gli altri gruppi vulnerabili di accedere al cibo di cui hanno bisogno per crescere e sopravvivere, è una delle peggiori al mondo. Se non si è piantato l’anno scorso, non c’è cibo oggi. Non piantare oggi significa non avere cibo domani. Il ciclo della fame si aggrava sempre di più e all’orizzonte non se ne vede la fine, esiste solo miseria. A dicembre, il territorio di Al-Jazirah, un tempo granaio del Paese, è stato teatro di intensi combattimenti che hanno portato a una nuova ondata di sfollati, con oltre mezzo milione di persone costrette a fuggire dalle proprie case in cerca di sicurezza. Questo ha portato a un’interruzione senza precedenti dei sistemi alimentari”.
Intanto a Gaza i bambini che muoiono di fame e di malattie non possono aspettare il tempo necessario per costruire un porto temporaneo al largo della Striscia, o avere solo la speranza che gli aiuti lanciati dagli aerei li raggiungano: “Pur accogliendo con favore gli sforzi volti a fornire maggiori aiuti a Gaza, compreso quello italiano volto a partecipare ai corridoi marittimi, questi metodi alternativi di consegna degli aiuti rischiano di essere costosi, inefficienti e distraggono dalla soluzione principale per salvare la vita dei bambini e delle famiglie a Gaza: un cessate il fuoco immediato e definitivo, l’accesso sicuro e senza restrizioni per gli aiuti umanitari, attraverso tutti i valichi di frontiera e all’interno della Striscia”.
Finora il Ministero della Sanità di Gaza ha registrato la morte di 18 bambini e due adulti per malnutrizione e disidratazione. Secondo Save the Children con le strutture sanitarie a malapena funzionanti e una minoranza di famiglie in grado di accedere ai servizi, questi numeri sono solo la punta dell’iceberg. A febbraio l’Organizzazione ha riferito che alcune famiglie sono state costrette a cercare gli avanzi di cibo lasciati dai ratti o a mangiare foglie nel tentativo disperato di sopravvivere e la situazione si aggrava ad ogni ora che passa, come ha dichiarato Jason Lee, direttore di Save the Children per i Territori palestinesi occupati: “I bambini di Gaza non possono ancora aspettare il cibo. Stanno già morendo per malnutrizione e salvare le loro vite è una questione di ore o giorni, non di settimane.
La negazione dell’assistenza umanitaria è una grave violazione contro i bambini ed è contraria al diritto internazionale umanitario. Da mesi chiediamo un accesso sicuro e libero in tutta Gaza. Esiste già un sistema collaudato per coordinare efficacemente gli aiuti, ma i camion di cibo e medicinali che potrebbero salvare vite umane aspettano ai valichi, mentre i bambini muoiono di fame a pochi chilometri di distanza. I lanci aerei di beni, senza alcun coordinamento sul campo per chi li raggiunge, e i corridoi marittimi, come quello annunciato ieri, non sono soluzioni per mantenere in vita i bambini.
Né sono sostitutivi di un’assistenza umanitaria senza ostacoli attraverso le rotte terrestri stabilite. Il governo di Israele e i membri della comunità internazionale devono facilitare l’ingresso immediato di beni di prima necessità e commerciali, attraverso tutti i valichi di frontiera disponibili e in tutta la Striscia di Gaza. Per i bambini di Gaza ogni minuto è importante. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco definitivo ora e, nel frattempo, è necessario garantire l’accesso umanitario immediato e senza ostacoli attraverso tutte le vie disponibili”.
Save the Children chiede un cessate il fuoco immediato e definitivo per salvare e proteggere la vita dei minori a Gaza, un’effettiva attuazione delle misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia e ha invitato il governo israeliano a consentire il flusso illimitato di aiuti e la ripresa dell’ingresso di beni commerciali a Gaza per evitare che i bambini muoiano di fame e di malattie.
L’Organizzazione chiede inoltre a tutti i governi donatori e al resto della comunità internazionale di riprendere e aumentare il più rapidamente possibile i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA), da cui dipende la risposta degli aiuti a Gaza.
In Italia non ci si cura
Tra il 2010 e il 2019, in Italia la quota di PIL destinata alla spesa sanitaria pubblica corrente è stata in media del 6,6%, in linea con Spagna (6,5%) e Portogallo (6,7%), superiore alla Grecia (5,1%), ma sensibilmente inferiore a Regno Unito (11,4%), Germania (9,4%) e Francia (8,9%). Negli stessi anni, per effetto delle politiche di consolidamento fiscale implementate dopo la crisi dei debiti sovrani seguita alla recessione del 2009, nelle economie europee con maggiori problemi di finanza pubblica si è ridotta anche la spesa sanitaria pro capite, indicatore correlato anche alla tipologia e qualità dei servizi offerti e alla composizione per età della popolazione.
Il presidente Mattarella inaugura la ‘Casa dell’Amicizia’ della Comunità di Sant’Egidio
“C’è un senso di riconoscenza e di profondo apprezzamento per quello che fate: offrire e assicurare a chi ne ha bisogno, e non saprebbe altrimenti come provvedere, da una visita oculistica o ortopedica all’avvio alla scuola, dagli abiti al riconoscimento di opportunità che non si conoscono, dalla richiesta di cittadinanza all’avvio al lavoro.
Fondazione Moressa: 2.400.000 lavoratori immigrati producono € 154.000.000.000 di PIL (9%)
La popolazione straniera residente in Italia si conferma stabile a quota 5.000.000 ad inizio anno, pari all’8,6% del totale e l’età media degli stranieri è 35,3 anni, contro i 46,9 degli italiani. Gli indicatori demografici spiegano bene la diversa tendenza: tra gli stranieri vi sono 11,0 nati ogni mille abitanti e 2,0 morti; tra gli italiani, 6,3 nati e 13,0 morti per mille abitanti.
Vanessa Palucchi: il Terzo Settore è necessario per il welfare italiano
“L’attuale sistema di welfare risulta essere frammentato e non in grado di garantire la presa in carico tempestiva, globale e continuativa di chi si trova in condizioni di fragilità, marginalità o è a rischio esclusione sociale. E’ un sistema che non riesce a promuovere quella coesione sociale imprescindibile per superare le diseguaglianze e contrastare le crescenti forme di povertà, oltre che per affrontare le emergenze sanitarie, economiche e sociali. E che deve, quindi, essere progressivamente sostituito da un modello inclusivo basato sul riconoscimento dei diritti”:
La Cei stanzia € 6.000.000 per 44 nuovi progetti
Nella riunione del 17 marzo, il Comitato per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha approvato 44 nuovi progetti, per i quali saranno stanziati € 6.041.987così suddivisi: € 2.768.741 per 15 progetti in Africa, € 1.660.304 per 12 progetti in America Latina; € 1.528.609 per 15 progetti in Asia; € 84.333 per 2 progetti in Medio Oriente.
Papa Francesco agli operatori sanitari: attenzione ad un’eutanasia ‘progressiva’
Papa Francesco, stamane, ricevendo in udienza i membri dell’Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari (ARIS), ha invitato a mettere al centro dell’attenzione la cura dell’anziano, perché specialmente nella sanità la ‘cultura dello scarto’ ha pesanti conseguenze, paragonando le strutture sanitarie di ispirazione cristiana, “alla locanda del buon samaritano, dove i malati possono ricevere ‘l’olio della consolazione e il vino della speranza’. Esprimo il mio apprezzamento per il bene compiuto in tanti istituti a carattere sanitario presenti in Italia e incoraggio a portarli avanti con la perseveranza e la fantasia della carità, proprie di molti fondatori che ad essi hanno dato vita”.
Il terremoto in Turchia ed in Siria nel racconto di mons. Gugerotti
Nei giorni scorsi si è conclusa la visita del prefetto del dicastero per le Chiese Orientali, mons. Claudio Gugerotti, in Siria e Turchia, a seguito del sisma che ha colpito le popolazioni della Turchia e della Siria. In particolare durante le due giornate trascorse ad Aleppo, l’arcivescovo ha incontrato le famiglie che, dopo il terremoto, hanno trovato accoglienza temporanea in spazi gestiti dalle comunità religiose, cristiane e musulmane, o in edifici pubblici come una scuola. A tutti è stato possibile esprimere la vicinanza e l’affetto del papa, che tutti hanno accolto con viva commozione.