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Papa Francesco in Lussemburgo chiede impegno per l’Europa

“A motivo della sua particolare posizione geografica, sul confine di differenti aree linguistiche e culturali, il Lussemburgo si è trovato spesso ad essere al crocevia delle più rilevanti vicende storiche europee; per ben due volte, nella prima metà del secolo scorso, ha dovuto subire l’invasione e la privazione della libertà e dell’indipendenza”: papa Francesco questa mattina è stato ricevuto dai reali di Lussemburgo nel viaggio apostolico, che fino a domenica 29 settembre lo condurrà anche in Belgio.

Nel discorso alle autorità del Paese, dove il pil pro capite è il più alto nel mondo, nel cuore dell’Europa il papa ha evidenziato l’impegno per ‘costruire’ l’Europa: “Ammaestrato dalla sua storia (la storia è maestra della vita), a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, il vostro Paese si è distinto nell’impegno per la costruzione di un’Europa unita e solidale, nella quale ogni Paese, piccolo o grande che fosse, avesse il suo proprio ruolo, lasciando finalmente alle spalle le divisioni, i contrasti e le guerre, causate da nazionalismi esasperati e da ideologie perniciose. Le ideologie sempre sono un nemico della democrazia”.

Ha anche evidenziato l’essenzialità della democrazia: “A sua volta, la solida struttura democratica del vostro Paese, che ha a cuore la dignità della persona umana e la difesa delle sue libertà fondamentali, è la premessa indispensabile per un ruolo così significativo nel contesto continentale. In effetti, non è l’estensione del territorio o il numero degli abitanti la condizione indispensabile perché uno Stato svolga una parte importante sul piano internazionale, o perché possa diventare un centro nevralgico a livello economico e finanziario.

Lo è invece la paziente costruzione di istituzioni e leggi sagge, le quali, disciplinando la vita dei cittadini secondo criteri di equità e nel rispetto dello stato di diritto, pongono al centro la persona e il bene comune, prevenendo e contrastando i pericoli di discriminazione e di esclusione. Il Lussemburgo è un Paese dalle porte aperte, una bella testimonianza di non discriminazione e non esclusione”.

Ricordando il viaggio apostolico compiuto nel 1985 da san Giovanni Paolo II ha rimarcato l’importanza della Dottrina Sociale della Chiesa: “La dottrina sociale della Chiesa indica le caratteristiche di tale progresso e le vie per raggiungerlo. Anch’io mi sono inserito nella scia di questo magistero approfondendo due grandi tematiche: la cura del creato e la fraternità. Lo sviluppo, infatti, per essere autentico e integrale, non deve saccheggiare e degradare la nostra casa comune e non deve lasciare ai margini popoli o gruppi sociali: tutti, tutti fratelli”.

Quindi proprio in questo Paese il papa ha ribadito la necessità di aiutare i Paesi più poveri: “La ricchezza (non dimentichiamolo) è una responsabilità. Pertanto chiedo che sia sempre vigile l’attenzione a non trascurare le Nazioni più svantaggiate, anzi, che esse siano aiutate a risollevarsi dalle loro condizioni di impoverimento. Questa è una via maestra per fare in modo che diminuisca il numero di quanti sono costretti a emigrare, spesso in condizioni disumane e pericolose.

Il Lussemburgo, con la sua storia peculiare, con la sua altrettanto peculiare posizione geografica, con poco meno della metà degli abitanti provenienti da altre parti dell’Europa e del mondo, sia di aiuto e di esempio nell’indicare il cammino da intraprendere per accogliere e integrare migranti e rifugiati. E voi siete un modello di questo”.

Inoltre ha sottolineato l’inconsistenza dell’Europa, che ancora una volta è in guerra: “Purtroppo, si deve constatare il riemergere, anche nel continente europeo, di fratture e di inimicizie che, invece di risolversi sulla base della reciproca buona volontà, delle trattative e del lavoro diplomatico, sfociano in aperte ostilità, con il loro seguito di distruzione e di morte. Sembra proprio che il cuore umano non sappia sempre custodire la memoria e che periodicamente si smarrisca e torni a percorrere le tragiche vie della guerra. Siamo smemorati in questo”.

Per il papa la guerra è causa di una dimenticanza dell’umanità: “Per sanare questa pericolosa sclerosi, che fa ammalare gravemente le Nazioni e aumenta i conflitti e rischia di gettarle in avventure dai costi umani immensi, rinnovando inutili stragi, occorre alzare lo sguardo verso l’alto, occorre che il vivere quotidiano dei popoli e dei loro governanti sia animato da alti e profondi valori spirituali. Saranno questi valori a impedire l’impazzimento della ragione e l’irresponsabile ritorno a compiere i medesimi errori dei tempi passati, aggravati per giunta dalla maggiore potenza tecnica di cui l’essere umano ora si avvale. Il Lussemburgo è proprio al centro della capacità di fare l’amicizia ed evitare queste strade. Io direi: è una delle vostre vocazioni”.

E proprio questo Paese può mostrare l’utilità della pace: “Il Lussemburgo può mostrare a tutti i vantaggi della pace rispetto agli orrori della guerra, dell’integrazione e promozione dei migranti rispetto alla loro segregazione (e su questo vi do tante grazie: quello spirito di accoglienza dei migranti e anche dare loro un inserimento nella vostra società, questo arricchisce), i benefici della cooperazione tra le Nazioni a fronte delle nefaste conseguenze dell’indurimento delle posizioni e del perseguimento egoistico e miope o addirittura violento dei propri interessi”.

Il discorso del papa è terminato con un appello all’aumento demografico: “E mi permetto di aggiungere una cosa. Ho visto la percentuale delle nascite: per favore, più bambini, più bambini! È il futuro. Non dico più bambini e meno cagnolini (questo lo dico in Italia), ma più bambini!

Vi è infatti un impellente bisogno che quanti sono investiti di autorità si impegnino con costanza e pazienza in oneste trattative in vista della soluzione dei contrasti, con l’animo disposto a individuare onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace”.

Questo è il significato del motto di questa visita: “Per servire: con questo motto sono venuto tra voi. Esso si riferisce direttamente ed eminentemente alla missione della Chiesa, che Cristo, Signore fattosi servo, ha inviato nel mondo come il Padre aveva inviato Lui. Ma permettetemi di ricordarvi che questo, il servire, è anche per ognuno di voi l’alto titolo di nobiltà.

Il servizio è per voi anche il compito principale, lo stile da assumere ogni giorno. Il buon Dio vi conceda di farlo sempre con animo lieto e generoso. E coloro che non hanno fede lavorino per i fratelli, lavorino per la patria, lavorino per la società. Questa è una strada per tutti, sempre per il bene comune!”

(Foto: Santa Sede)

Dalle Olimpiadi parigine per un segnale inclusivo

“In occasione dei Giochi di Parigi, il progetto Holy Games ha mobilitato per quasi tre anni un gran numero di cattolici per condividere il fervore sportivo e popolare che circonda i Giochi di Parigi, questo magnifico evento organizzato dal nostro Paese. La scorsa settimana abbiamo avuto il piacere di organizzare la messa di apertura della Tregua Olimpica, alla presenza di numerose personalità religiose, politiche e sportive”.

Così inizia il comunicato dei vescovi francesi dopo l’inaugurazione a Parigi delle Olimpiadi con l’affermazione che lo sport contribuisce ad accrescere la fraternità: “Crediamo che i valori e i principi espressi e diffusi dallo sport e dall’olimpismo contribuiscano al bisogno di unità e fratellanza di cui il nostro mondo ha disperatamente bisogno, nel rispetto delle convinzioni di tutti, intorno allo sport che ci unisce e promuove la pace tra le nazioni e i cuori”.

Ed allora i vescovi chiedono le motivazioni per cui durante la manifestazione inaugurale si è manifestata l’intenzione di denigrare attraverso lo scherno la fede cattolica: “La cerimonia di apertura di ieri sera, organizzata dalla COJOP2024, ha offerto al mondo intero alcuni meravigliosi momenti di bellezza e gioia, ricchi di emozioni e universalmente acclamati. Purtroppo, la cerimonia ha incluso scene di scherno e derisione del cristianesimo, che deploriamo profondamente”.

Infatti i vescovi francesi hanno condannato irrevocabilmente la parodia del quadro dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci: “La cerimonia di apertura proposta dal Comitato organizzativo dei Giochi olimpici purtroppo prevedeva scene di derisione e di scherno del cristianesimo, che deploriamo profondamente. Pensiamo a tutti i cristiani di tutti i Continenti che sono rimasti feriti dall’eccesso e dalla provocazione di certe scene. Vogliamo che capiscano che la celebrazione olimpica va ben oltre i pregiudizi ideologici di alcuni artisti”.

Questo scherno è stato rilevato con condanna anche da membri di altre confessioni religiose, che hanno manifestato il disagio dinnanzi a tale manifestazione di apertura davanti a tanti capi di Stato, che è stata ‘ideologica’: “Ringraziamo i membri di altre confessioni religiose che ci hanno espresso la loro solidarietà. Questa mattina pensiamo a tutti i cristiani di ogni continente che sono stati feriti dall’oltraggio e dalla provocazione di certe scene.

Vogliamo che capiscano che la celebrazione olimpica va ben oltre i pregiudizi ideologici di alcuni artisti. Lo sport è una meravigliosa attività umana che delizia profondamente i cuori degli atleti e degli spettatori. L’olimpismo è un movimento al servizio di questa realtà di unità e fraternità umana. E’ ora di scendere in campo, che questo possa portare verità, consolazione e gioia a tutti!”

Ed a due giorni dalla performance inaugurale è intervenuto l’account ufficiale dei Giochi Olimpici di Parigi, che, scusandosi per l’equivoco, ha chiarito  il significato della scena: “L’interpretazione del dio greco Dioniso ci fa capire l’assurdità della violenza tra esseri umani…

L’idea era quella di creare un grande banchetto pagano legato agli dei dell’Olimpo. Non troverete mai in me o nel mio lavoro il desiderio di deridere o denigrare qualcuno. Volevamo fare una cerimonia che riparasse e riconciliasse”.

Mentre Anne Descamps, direttrice esecutiva delle comunicazioni di Parigi 2024, ha detto che “non c’è mai stata l’intenzione di mostrare mancanza di rispetto verso alcun gruppo religioso e se le persone si sono offese in qualche modo, siamo, ovviamente, davvero, molto dispiaciuti.

Se non bastasse la presenza del dio del vino Bacco (per i greci appunto Dionisio), a richiamare il soggetto mitologico e pagano secondo la tradizione rinascimentale e barocca, non proprio (o non solo quantomeno) l’iconografia cattolica dell’Ultima Cena di Gesù con gli apostoli, bisogna notare almeno un altro dettaglio: nell’Ultima Cena gli apostoli sono ovviamente 12, mentre qui le figure che compongono la scena sono 16”.

Infatti la sequenza potrebbe essere stata ispirata dal dipinto ‘Le Festin des dieux’, di Jan Harmensz van Bijlert, artista del Seicento, che raffigura un banchetto degli dei sull’Olimpo, in occasione del matrimonio di Teti e Peleo, come ha  spiegato Thomas Jolly, ideatore della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi: “Non volevo essere sovversivo, né choccare nessuno. Semplicemente, in Francia abbiamo il diritto di amarci, come vogliamo e con chi vogliamo…

Abbiamo il diritto di credere o di non credere. Abbiamo messo in scena semplicemente le idee repubblicane, di benevolenza e di inclusione… Non era l’Ultima Cena la mia ispirazione. Credo fosse abbastanza chiaro che si trattava di Dioniso che arriva a tavola, è il dio della Festa, del vino e padre di Sequana, la dea legata al fiume”.

Di fronte a tali equivoci non resta che chiudere con le parole del messaggio di papa Francesco all’arcivescovo di Parigi, mons. Laurent Ulrich: “Auspico dunque che le Olimpiadi di Parigi siano per tutti coloro che verranno da tutti i Paesi del mondo un’occasione da non perdere per scoprirsi e apprezzarsi, per abbattere i pregiudizi, per far nascere la stima là dove ci sono il disprezzo e la diffidenza, l’amicizia là dove c’è l’odio. I Giochi Olimpici sono, per natura, portatori di pace e non di guerra”.

Da Trieste papa Francesco invita a cercare l’infinito di Dio

“Trieste è una di quelle città che hanno la vocazione di far incontrare genti diverse: anzitutto perché è un porto, è un porto importante, e poi perché si trova all’incrocio tra l’Italia, l’Europa centrale e i Balcani. In queste situazioni, la sfida per la comunità ecclesiale e per quella civile è di saper coniugare l’apertura e la stabilità, l’accoglienza e l’identità. E allora mi viene da dire: avete le ‘carte in regola’. Grazie! Avete le ‘carte in regola’ per affrontare questa sfida! Come cristiani abbiamo il Vangelo, che dà senso e speranza alla nostra vita; e come cittadini avete la Costituzione, ‘bussola’ affidabile per il cammino della democrazia”: così papa Francesco nell’Angelus ha salutato chi era presente a Trieste per la 50^ Settimana Sociale sul tema della democrazia.

Mentre nella celebrazione eucaristica in piazza dell’Unità a Trieste papa Francesco ha incentrato l’omelia sulla profezia dalla lettura del profeta Ezechiele: “Per ridestare la speranza dei cuori affranti e sostenere le fatiche del cammino, Dio sempre ha suscitato profeti in mezzo al suo popolo. Eppure, come racconta la Prima Lettura di oggi narrandoci le vicende di Ezechiele, essi hanno trovato spesso un popolo ribelle, ‘figli testardi e dal cuore indurito’, e sono stati rifiutati”.

Purtroppo i profeti non sono ascoltati, come è successo anche a Gesù: “Ascoltando i discorsi dei suoi compaesani, vediamo che si fermano solo alla sua storia terrena, alla sua provenienza familiare e, perciò, non riescono a spiegarsi come dal figlio di Giuseppe il falegname, cioè da una persona comune, possa uscire tanta sapienza e perfino la capacità di compiere prodigi. Lo scandalo, allora, è l’umanità di Gesù. L’ostacolo che impedisce a queste persone di riconoscere la presenza di Dio in Gesù è il fatto che Egli è umano, è semplicemente figlio di Giuseppe il carpentiere: come può Dio, onnipotente, rivelarsi nella fragilità della carne di un uomo?”

La fede, in tutti i tempi ha provocato sempre scandalo: “Non abbiamo bisogno di una religiosità chiusa in se stessa, che alza lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra e celebra liturgie nel tempio dimenticandosi però della polvere che scorre sulle nostre strade. Ci serve, invece, lo scandalo della fede, (abbiamo bisogno dello scandalo della fede) una fede radicata nel Dio che si è fatto uomo e, perciò, una fede umana, una fede di carne, che entra nella storia, che accarezza la vita della gente, che risana i cuori spezzati, che diventa lievito di speranza e germe di un mondo nuovo”.

La fede tiene sveglie le coscienze: “E’ una fede che sveglia le coscienze dal torpore, che mette il dito nelle piaghe, nelle piaghe della società (ce ne sono tante), una fede che suscita domande sul futuro dell’uomo e della storia; è una fede inquieta, e noi abbiamo bisogno di vivere una vita inquieta, una fede che si muova da cuore a cuore, una fede che riceva da fuori le problematiche della società, una fede inquieta che aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo”.

E’ stato un ammonimento sul consumismo: “Il consumismo è una piaga, è un cancro: ti ammala il cuore, ti fa egoista, ti fa guardare solo te stesso. Fratelli e sorelle, soprattutto, abbiamo bisogno di una fede che spiazza i calcoli dell’egoismo umano, che denuncia il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli. E quanti usano la fede per sfruttare la gente. Quello non è la fede”.

Citando il poeta triestino Umberto Saba il papa ha invitato a cercare l’infinito di Dio: “L’infinito di Dio si cela nella miseria umana, il Signore si agita e si rende presente, e si rende una presenza amica proprio nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati, degli scartati. Lì si manifesta il Signore…

Fratelli e sorelle, da questa città di Trieste, affacciata sull’Europa, crocevia di popoli e culture, terra di frontiera, alimentiamo il sogno di una nuova civiltà fondata sulla pace e sulla fraternità; per favore, non scandalizziamoci di Gesù ma, al contrario, indigniamoci per tutte quelle situazioni in cui la vita viene abbruttita, ferita, uccisa; portiamo la profezia del Vangelo nella nostra carne, con le nostre scelte prima ancora che con le parole. Quella coerenza fra le scelte e le parole”.

Però in mattinata, appena giunto a Trieste, papa Francesco aveva incontrato i delegati alla 50^ Settimana Sociale, ricordando un episodio familiare, che ricollega le stesse alla storia d’Italia: “La prima volta che ho sentito parlare di Trieste è stato da mio nonno che aveva fatto il ‛14 sul Piave. Lui ci insegnava tante canzoni e una era su Trieste: Il general Cadorna scrisse alla regina: ‘Se vuol guardare Trieste, che la guardi in cartolina’. E questa è la prima volta che ho sentito nominare la città.

Questa è stata la 50^ Settimana Sociale. La storia delle ‘Settimane’ si intreccia con la storia dell’Italia, e questo dice già molto: dice di una Chiesa sensibile alle trasformazioni della società e protesa a contribuire al bene comune”.

Ed ha ripreso l’idea originaria del beato Toniolo: “Il beato Giuseppe Toniolo, che ha dato avvio a questa iniziativa nel 1907, affermava che la democrazia si può definire ‘quell’ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, cooperano proporzionalmente al bene comune, rifluendo nell’ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori’. Così diceva Toniolo. Alla luce di questa definizione, è evidente che nel mondo di oggi la democrazia, diciamo la verità, non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo”.

Ma la realizzazione della democrazia in Italia si è affermata grazie anche al contributo dei cattolici: “In Italia è maturato l’ordinamento democratico dopo la seconda guerra mondiale, grazie anche al contributo determinante dei cattolici. Si può essere fieri di questa storia, sulla quale ha inciso pure l’esperienza delle Settimane Sociali; e, senza mitizzare il passato, bisogna trarne insegnamento per assumere la responsabilità di costruire qualcosa di buono nel nostro tempo”.

Quindi il centro della democrazia è il cuore: “Se la costruzione e l’intelligenza mostrano un cuore ‘infartuatoì’, devono preoccupare anche le diverse forme di esclusione sociale. Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Questo è la cultura dello scarto. Il potere diventa autoreferenziale (è una malattia brutta questa), incapace di ascolto e di servizio alle persone”.

Citando Aldo Moro il papa è molto preoccupato per la scarsa partecipazione alla vita democratica: “Non è il voto del popolo solamente, ma esige che si creino le condizioni perché tutti si possano esprimere e possano partecipare. E la partecipazione non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va ‘allenata’, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche”.

Per rendere vitale la democrazia il papa ha ricordato le basi essenziali, quali sono la sussidiarietà e la solidarietà: “Infatti un popolo si tiene insieme per i legami che lo costituiscono, e i legami si rafforzano quando ciascuno è valorizzato. Ogni persona ha un valore; ogni persona è importante. La democrazia richiede sempre il passaggio dal parteggiare al partecipare, dal ‘fare il tifo’ al dialogare…

Mi fermo alla parola assistenzialismo. L’ assistenzialismo, soltanto così, è nemico della democrazia, è nemico dell’amore al prossimo. E certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale. Non dimentichiamo questo. E cosa c’è dietro questo prendere distanze dalla realtà sociale? C’è l’ indifferenza, e l’indifferenza è un cancro della democrazia, un non partecipare”.

L’altra riflessione ha riguardato la partecipazione con creatività: “Se ci guardiamo attorno, vediamo tanti segni dell’azione dello Spirito Santo nella vita delle famiglie e delle comunità. Persino nei campi dell’economia, della ideologia, della politica, della società. Pensiamo a chi ha fatto spazio all’interno di un’attività economica a persone con disabilità; ai lavoratori che hanno rinunciato a un loro diritto per impedire il licenziamento di altri; alle comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale, facendosi carico anche delle famiglie in povertà energetica; agli amministratori che favoriscono la natalità, il lavoro, la scuola, i servizi educativi, le case accessibili, la mobilità per tutti, l’integrazione dei migranti. Tutte queste cose non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è fare partecipe”.

Per questo i cattolici non possono accontentarsi di una fede ‘marginale’: “Ciò significa non tanto di essere ascoltati, ma soprattutto avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico. Abbiamo qualcosa da dire, ma non per difendere privilegi. No. Dobbiamo essere voce, voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce. Tanti, tanti non hanno voce. Tanti. Questo è l’amore politico, che non si accontenta di curare gli effetti ma cerca di affrontare le cause. Questo è l’amore politico. È una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni, queste polarizzazioni che immiseriscono e non aiutano a capire e affrontare le sfide. A questa carità politica è chiamata tutta la comunità cristiana, nella distinzione dei ministeri e dei carismi”.

E’ stato un invito a riscoprire la ‘passione sociale’:  “Formiamoci a questo amore, per metterlo in circolo in un mondo che è a corto di passione civile. Dobbiamo riprendere la passione civile, questo, dei grandi politici che noi abbiamo conosciuto. Impariamo sempre più e meglio a camminare insieme come popolo di Dio, per essere lievito di partecipazione in mezzo al popolo di cui facciamo parte. E questa è una cosa importante nel nostro agire politico, anche dei pastori nostri: conoscere il popolo, avvicinarsi al popolo. Un politico può essere come un pastore che va davanti al popolo, in mezzo al popolo e dietro al popolo. Davanti al popolo per segnalare un po’ il cammino; in mezzo al popolo, per avere il fiuto del popolo; dietro al popolo per aiutare i ritardatari. Un politico che non abbia il fiuto del popolo, è un teorico. Gli manca il principale”.

(Foto: Santa Sede)

Il fatto non sussiste: la lotta per la vita

Due episodi hanno caratterizzato le discussioni della scorsa settimana, che possono essere riassunte in una mancanza di conoscenza, o meglio non rispetto della legge da parte di chi dovrebbe farle rispettare, che riguardano la vita. Il problema è che quando in questione è la vita si cercano molti escamotages per ucciderla, semplicemente per un vezzo ideologico, anche se i fatti non sussistono.

E’ il caso dei ‘taxi del mare’: nella settimana scorsa il tribunale di Trapani ha chiuso il caso delle ong che furono accusate di essere ‘taxi del mare’, in quanto il ‘fatto non sussiste’. I membri dell’equipaggio della nave della ong ‘Jugend Rettet’ erano stati accusati insieme ad altre persone di Msf e Save the Children di aver favorito l’immigrazione clandestina.

L’inchiesta era durata 4 anni: si basava sul racconto di alcuni addetti alla sicurezza imbarcati sulla nave di Save the Children, che rivelarono ad uomini dei servizi segreti come, in almeno tre occasioni, le Ong si fossero accordate con i trafficanti di esseri umani, simulando inesistenti situazioni di emergenza e arrivando persino a restituire i barconi agli scafisti. Qualche giornale, molto falsamente, arrivò a titolare in prima pagina ‘Patto tra l’ong egli scafisti’.

La formula assolutoria ha affermato che i fatti non sono stati dimostrati, tantoché Raffaela Milano, portavoce di ‘Save The Children’, ha definito storica la sentenza: “Questa sentenza restituisce il senso di un lavoro che è stato colpito da accuse ignobili e segna un passaggio fondamentale perché ci dice che il soccorso in mare non può essere messo al secondo posto. Speriamo solo che apra una fase nuova per tutta Europa”.

Stesso tenore è stata la nota di ‘Medici senza Frontiere’: “Dopo 7 anni di false accuse, slogan infamanti ed una plateale campagna di criminalizzazione delle organizzazioni impegnate nel soccorso in mare, cade la maxi-inchiesta avviata dalla Procura di Trapani nell’autunno 2016, la prima della triste epoca di propaganda che ha trasformato i soccorritori in ‘taxi del mare’ ed ‘amici’ dei trafficanti”.

Il ‘fatto non sussiste’ ugualmente per la polemica dell’aborto e l’applicazione della legge 194/78, anche se le misure sull’aborto non hanno niente a che vedere con il pnrr, in quanto la vita non è mercimonio, ma l’emendamento che affida alle Regioni la possibilità di ‘avvalersi nei consultori di soggetti del terzo settore con qualificata esperienza nel sostegno alla maternità’, non dice nulla di nuovo rispetto alla legge, che riconosce che lo “Stato  garantisce  il  diritto  alla  procreazione  cosciente e responsabile,  riconosce  il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio…

Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono   e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”.

Per questo la legge prescrive da parte dello Stato il dovere di rimuovere, quando possibile, cause e circostanza che impediscono la maternità alle donne, garantendo un diritto alla vita del nascituro e un dovere dello Stato di aiutare le donne che vogliano proseguire la gravidanza: “Il consultorio e la  struttura  socio-sanitaria,  oltre  a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della  dignità e della  riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”.

Inoltre è la legge che disciplina convenzioni con il Terzo Settore: “I  consultori sulla base di appositi  regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla  legge, della collaborazione  volontaria  di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono  anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”.

Tutto il resto sono parole al vento che uccidono la vita e lo Stato non può permettersi di uccidere, andando contro le leggi che emana!   

Papa Francesco: garantire la verità storica

Sabato intenso quello di papa Francesco che ha ricevuto in udienza il Pontificio Comitato di Scienze Storiche in occasione del 70° anniversario dell’istituzione, chiedendo una ‘diplomazia della cultura’ con una particolare attenzione al patrimonio archivistico ecclesiastico ed agli archivi vaticani, i cui membri provengono da Stati di tre continenti:

“Così garantite la dimensione internazionale e il carattere pluridisciplinare del Comitato, la cui attività di ricerca, convegnistica ed editoriale si inscrive in una dinamica multiculturale feconda e propositiva. La bella Collana ‘Atti e Documenti’, diretta dal Segretario del Pontificio Comitato, festeggia quest’anno anch’essa un settantesimo: il 70° volume edito”.

Ciò significa garantire costante impegno alla verità storica, superando le ideologie : “Ciò testimonia un impegno nella ricerca della verità storica su scala mondiale, in uno spirito di dialogo con differenti sensibilità storiografiche e con molteplici tradizioni di studi. E’ bene che collaboriate con altri, espandendo le vostre relazioni scientifiche e umane, ed evitando forme di chiusura mentale e istituzionale. Vi incoraggio a mantenere questo approccio arricchente, fatto di ascolto costante e attento, libero da ogni ideologia, le ideologie uccidono, e rispettoso della verità”.

Inoltre ha sottolineato il rapporto tra Chiesa e gli storici, richiamando un discorso di san Paolo VI, pronunciato nel 1967: “C’è infatti una relazione vitale tra la Chiesa e la storia. Su tale aspetto San Paolo VI ha sviluppato un’intensa riflessione, ravvisando il punto di incontro privilegiato tra la Chiesa e gli storici nella comune ricerca della verità e nel comune servizio alla verità. Ricerca e servizio”.

Ecco il motivo per cui la Chiesa cammina nella storia con l’invito conclusivo ad essere ‘servitori dell’umanità’: “La Chiesa cammina nella storia, accanto alle donne e agli uomini di ogni tempo, e non appartiene a nessuna cultura particolare, ma desidera vivificare con la testimonianza mite e coraggiosa del Vangelo il cuore di ogni cultura, così da costruire insieme la civiltà dell’incontro.

Invece, le tentazioni dell’autoreferenzialità individualistica e dell’affermazione ideologica del proprio punto di vista alimentano l’inciviltà dello scontro. La civiltà dell’incontro e l’inciviltà dello scontro… Per i vostri settant’anni, vi auguro di conformare il vostro operato a queste parole: gli studi storici vi rendano maestri in umanità e servitori dell’umanità.”.

Mentre ha invitato i seminaristi dell’arcidiocesi di Siviglia ad essere ‘pastori’ secondo Gesù: “Il nostro incontro è alle porte di una giornata molto significativa: la Domenica del Buon Pastore, che celebreremo domani. Voi, seminaristi, avete ricevuto una chiamata dal Signore, e con l’aiuto dei vostri formatori vi preparate ad essere pastori secondo il Cuore di Cristo. In altre occasioni ho detto ai seminaristi che devono fare questo cammino di configurazione con Gesù, il buon pastore, curando quattro aspetti: vita spirituale, studio, vita comunitaria e attività apostolica”.

Ed ha ricordato loro il beato Cardinale Marcelo Spínola y Maestre: “Questo beato, maestro dei sacerdoti, diceva: «La virtù e la scienza sono le due cose che si devono insegnare preferibilmente agli aspiranti al sacerdozio, poiché la scienza senza virtù gonfia e non edifica e la virtù senza scienza edifica, ma non istruisce». Ciò significa, come abbiamo detto, che tutto nel sacerdote (preghiera, studio, fraternità, missione) è unito… Cari seminaristi, approfittate di questo intenso tempo di formazione, con il cuore in Dio, con le mani aperte e un grande sorriso per diffondere la gioia del Vangelo a quanti vi incontrano”.

(Foto:  Santa Sede)

I vescovi europei: l’aborto non è un diritto

“La promozione delle donne e dei loro diritti non è legata alla promozione dell’aborto. Lavoriamo per un’Europa in cui le donne possano vivere la loro maternità liberamente e come un dono per loro e per la società e in cui l’essere madre non sia in alcun modo una limitazione per la vita personale, sociale e professionale. Promuovere e facilitare l’aborto va nella direzione opposta alla reale promozione delle donne e dei loro diritti”: con questa nota del Comece, che è il coordinamento degli episcopati cattolici dei 27 Paesi membri Ue, arriva un ammonimento al Parlamento europeo per ribadire che l’aborto non è un diritto e non può essere inserito in qualsiasi Costituzione.

Riprendendo la dichiarazione ‘Dignitas infinita’ i vescovi europei hanno ribadito che la vita è un diritto fondamentale da tutelare: “L’aborto non potrà mai essere un diritto fondamentale. Il diritto alla vita è il pilastro fondamentale di tutti gli altri diritti umani, in particolare il diritto alla vita delle persone più vulnerabili, fragili e indifese, come il bambino non ancora nato nel grembo della madre, il migrante, l’anziano, la persona con disabilità e il malato”.

Inoltre i vescovi della Comece ricordano un principio dell’Europa comunitaria, che consiste nella non imposizioni ideologiche sulla persona e sulla famiglia: “L’Unione europea deve rispettare le diverse culture e tradizioni degli Stati membri e le loro competenze nazionali. L’Unione europea non può imporre ad altri, all’interno e all’esterno dei suoi confini, posizioni ideologiche sulla persona umana, sulla sessualità e sul genere, sul matrimonio e sulla famiglia…”.

Quindi la nota si conclude con un monito al rispetto dei diritti scritti nelle Costituzioni dei singoli Stati: “La Carta dei diritti fondamentali dell’UE non può includere diritti che non sono riconosciuti da tutti e che sono divisivi. Non esiste un diritto riconosciuto all’aborto nel diritto europeo o internazionale e il modo in cui questo tema è trattato nelle Costituzioni e nelle leggi degli Stati membri varia notevolmente.

Come afferma il suo preambolo, la Carta deve rispettare la ‘diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli d’Europa’, nonché i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri”.

Giornata  nazionale per la vita: i vescovi invitano a tutelarla contro i soprusi

Sono tante le vite che le società negano, alle quali viene impedita l’esistenza o viene strappata la dignità ad altri concessa, con cui la CEI apre il messaggio per la 46^ Giornata nazionale per la Vita, che si celebra oggi, intitolata ‘La forza della vita ci sorprende. Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?’, elencando tutte le vite il cui valore non è riconosciuto:

27 gennaio: per non dimenticare la memoria

“Sabato prossimo, 27 gennaio, si celebra la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi, avvenuto nella prima metà del secolo scorso, aiuti tutti a non dimenticare che le logiche dell’odio e della violenza non si possono mai giustificare, perché negano la nostra stessa umanità”: al termine dell’udienza generale di mercoledì scorso papa Francesco ha ricordato che oggi si commemora la Giornata della memoria, invitando a non dimenticare ed a non giustificare la violenza contro l’umanità.

Papa Francesco spiega il significato del mantello della Madonna di Guadalupe

La storia legata alla Madonna di Guadalupe è estremamente affascinante: il mistero della sua figura impressa sul mantello dell’indio convertito al cristianesimo Jaun Diego Cuauhtlatoatzin. All’alba del 9 dicembre 1531 una figura solenne, più grande del vero, apparve al giovane indio Juan Diego, sulla collina di Tepeyac, alla periferia di Città del Messico.

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