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Ad Haiti l’impegno della Chiesa italiana

Sono momenti estremamente difficili quelli che la popolazione haitiana continua ad affrontare, ora anche a causa dell’aumento dell’instabilità politica. Questa situazione ha fatto precipitare la capitale, Port-au-Prince, in una situazione di grave insicurezza negli ultimi giorni e ha portato allo sfollamento di migliaia di persone dai quartieri poveri e vulnerabili conquistati dalle bande, verso quartieri non ancora colpiti situati nel comune di Delmas e del comune di Pétion-Ville. Lo stato di emergenza è attualmente prorogato fino al 3 aprile.

Le violenze hanno portato a saccheggi, atti di vandalismo e alla chiusura della maggior parte delle istituzioni commerciali, pubbliche e private, e delle strutture sanitarie come l’ospedale Saint François de Salle (ente dell’arcidiocesi di Port-au-Prince). Altre istituzioni sanitarie hanno ridotto drasticamente le loro attività per paura di un attacco e anche per carenza di medicinali, di attrezzature mediche e di personale.

La maggior parte delle scuole pubbliche nei comuni di Port-au-Prince, Tabarre, Cité Soleil, Delmas, Pétion-ville, Croix-des-Bouquets e Carrefour rimane chiusa. Gli sfollati interni non fanno che aumentare dopo le recenti violenze. Alla fine dello scorso anno, erano stati registrati circa 13.000 profughi interni a seguito di situazioni di violenza. Questo numero è salito rapidamente a 15.000, pari a circa 3.200 famiglie, all’inizio del 2024. Oggi gli sfollati sono circa 362.000. La maggior parte di queste persone si trova in 14 rifugi, tra cui tre nuovi allestiti nella municipalità di Port-au-Prince, e presso famiglie ospitanti.

Il fenomeno delle bande giovanili è una forma di comportamento e aggregazione delle generazioni più giovani diffuso in tutte le parti del mondo, secondo modalità e sfaccettature tipiche dei diversi contesti nazionali e socio-culturali. Nel dossier ‘Bande, maras e pandillas. Le gang giovanili, un fenomeno transnazionale’, curato da Caritas Italiana a marzo dello scorso anno, oltre ai dati di statistica pubblica sulle tendenze in atto, sono presentati gli esiti di una indagine sul campo che ha coinvolto 250 giovani: 100 in Guatemala, 100 ad Haiti e 50 in Italia. Alcune storie di vita e interviste realizzate appositamente, con la partecipazione di operatori ed ex membri di gang giovanili, consentono di capire meglio meccanismi di inclusione e funzionamento delle bande.

La gang è spesso una scelta obbligata per sopravvivere alla strada, all’abbandono e alla fame, così come ha raccontato Roberto, un ragazzo haitiano che beneficia dei servizi offerti dal Centro Lakay Lakou, una comunità di accoglienza diretta dai Salesiani, che nella capitale Port-au-Prince riscatta i giovani dalle gang di quartiere: “Mio padre si occupava di tutto, ma non lo vedevo mai a casa, perché lavorava tutto il giorno per mantenere me e i miei fratelli.

Spesso non tornava a casa per giorni e noi rimanevamo soli. Così ho iniziato a frequentare la strada, vivevo come un vagabondo. Quando ero per strada ho incontrato la banda, che si occupava di me e mi dava quello di cui avevo bisogno: cibo, un tetto sopra la testa, ma soprattutto protezione e appartenenza. Con loro mi sentivo accolto. La gang per me è stata una seconda famiglia, anzi, la mia unica famiglia. Ho vissuto per strada tre anni”. E’ arrivato al ‘Centro Don Bosco’, perché aveva sentito che accoglievano ragazzi di strada e che insegnavano un mestiere.

Dopo gli interventi post sisma del 2010 ora la Chiesa italiana “si trova ora di fronte al desiderio di moltiplicare i segni concreti di vicinanza, ma anche alla necessità di valutare bene come poter intervenire in modo efficace in questa nuova emergenza che rende difficile non solo la pianificazione ma anche la realizzazione degli interventi e perfino far arrivare i fondi. Con il rischio che pur essendo a favore dei più poveri diventino oggetto delle mire delle bande armate”.

Negli ultimi 10 anni tramite il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, la Chiesa italiana ha sostenuto nell’isola caraibica 70 progetti per quasi € 11.000.000 per rispondere ai bisogni della popolazione attraverso la Chiesa locale, le Congregazioni, i vari Organismi pastorali:

“Si tratta di progetti in risposta a emergenze (in particolare terremoti e uragani) e di sviluppo socio-economico in vari settori: sanità, agricoltura, educazione, formazione. Alcune iniziative hanno anche puntato al rafforzamento del sistema democratico tramite lo sviluppo della capacità istituzionali e di rappresentanza delle reti delle organizzazioni della società civile; la formazione e l’educazione civica, soprattutto con i giovani nelle scuole e nelle parrocchie; le iniziative di sensibilizzazione sul fenomeno della corruzione; il sostegno ai meccanismi di dialogo e concertazione tra potere pubblico e società civile; il coinvolgimento e la mobilitazione delle comunità locali; la partecipazione alla pianificazione e all’implementazione dei programmi di sviluppo; il monitoraggio e la valutazione dell’azione pubblica sulle azioni e sull’utilizzo dei fondi”.

Nel dossier sono ‘ospitate’ alcune testimonianze, tra cui quella di p. Massimo Miraglio, missionario camilliano, che vive da 18 anni a Jeremie, nel Sud Est di Haiti: “Oramai sono mesi che le strade sono bloccate e il poco che arriva ha dei prezzi proibitivi. Anche i trasporti via mare sono fermi. E la maggior parte della popolazione non ha lavoro né i soldi per affrontare questi costi e reperire il minimo indispensabile.

Ci troviamo in una situazione dalla quale non si vede via d’uscita, in cui non ci sono reali alternative politiche decenti che possano guidare questo Paese verso una transizione. La Chiesa sta facendo continui appelli per uscire da questo clima di violenza e c’è una grande preoccupazione per la sofferenza della gente”.

Ed ha raccontato il compito a cui è chiamata la Chiesa: “Bisogna cominciare a pensare al dopo, all’accompagnamento della società verso una transizione alla pace. Ci sono migliaia di giovani armati che devono essere disarmati e che dovranno essere reintrodotti ad una vita normale. Occorre pensare come accompagnare questo Paese verso lo sviluppo, pensare all’educazione, alla sanità. Va bene distribuire sacchi di riso, ma è necessario individuare strategie che aiutino il Paese ad uscire da questo stato di povertà estrema”.

Ha concluso la testimonianza con un messaggio di speranza per il popolo haitiano: “Nella parrocchia in cui sono parroco da agosto del 2023, la gente non ha perso la fede né la speranza, però i fedeli hanno, abbiamo tutti, bisogno di aiuto in questo momento. Dobbiamo unire le forze! C’è tanta gente in gamba ad Haiti, tanti che vogliono risollevarsi e uscire da questa situazione di miseria e di violenza e noi, come Chiesa, abbiamo una grande responsabilità e possiamo sostenere tutte queste forze sane che esistono nel Paese, che lottano e vogliono per Haiti un futuro diverso. Dobbiamo aiutare questa gente a potersi risollevare con le sue gambe e a ritrovare la sua dignità”.

I salesiani raccontano l’emergenza a Goma

“Pochi giorni fa si sono intensificati gli scontri tra l’esercito regolare ed i ribelli dell’M23 nel territorio di Masisi verso Mushaki, Karuba, villaggi sovrastati da alte montagne; altri villaggi, Shasha, Kirotshe, Kihindo, hanno vissuto la stessa situazione. Da mercoledì 7 febbraio 2024 moltissime famiglie si sono trasferite in massa a Minova e a Sake. Ma gli scontri si sono avvicinati, le bombe cadono sulla città, si sente il crepitio di proiettili”: così hanno denunciato le Missioni Don Bosco la situazione umanitaria, che rischia di peggiorare.

I Salesiani, presenti in forza nella regione, continuano a fare il possibile per aiutare i bisognosi, muovendosi su tutti i fronti possibili con Missioni Don Bosco Onlus: “Sake si trova a 27 chilometri dalla città di Goma, nel territorio di Masisi. I leader tradizionali e gli abitanti di questa entità sono profondamente colpiti dalla situazione: più di 3.000 nuclei familiari hanno già abbandonato le loro case e il loro lavoro. Girovagano senza meta, non hanno né acqua né cibo. A causa delle cattive condizioni igieniche, il colera colpisce alcune persone ed è un rischio per tutti”.

Nel racconto i Salesiani hanno evidenziato il caos che si sta creando: “E’ sempre più difficile tenere il conto delle migliaia di persone che continuano a scappare in cerca di un posto sicuro lontano dagli scontri, è la seconda volta che gli sfollati provenienti da Shasha, Kirotshe, Kichonga, Ngungu, Karuba e altre località del territorio di Masisi si aggiungono alle migliaia di altri sfollati che si trovano nei campi della città di Goma. I campi sembrano non avere più spazio sufficiente.

Centinaia di bambini, anziani e giovani si ritrovano in condizioni inaccettabili ai lati della strada alla ricerca di famiglie ospitanti e altri prendono di mira i campi dove hanno la possibilità di essere accolti. I campi di Bushagala, Bulengo e Rusayo sono i più vicini, a seconda delle affinità altri preferiscono viaggiare molto per raggiungere le proprie famiglie in altri campi più lontani da Sake, questi sono i campi di Don Bosco Ngangi e quello di Kanyaruchinya.

Questa situazione si sta delineando proprio nel momento in cui i soldati che sono al fronte stanno lanciano bombe verso Goma, una è caduta sull’aeroporto, un’altra sulla scuola di Nengapeta mentre fortunatamente gli studenti erano già tornati a casa. Altre due sono cascate a pochi metri dall’Università di Goma e al nuovo mercato chiamato ‘Kisoko’ a Mugunga, ai margini dell’Ecole du Cinquantenaire, un’importante scuola tecnica di Goma. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso preoccupazione per l’escalation di violenza”.

Il salesiano Pascal Bauma ha testimoniato che sulla strada Sake-Goma ci sono sfollati già da diversi mesi: “Vivevano in quattro siti: Mama Zaina, Mayutsa, Kizimbo e Tshabiringa. Oggi, l’arrivo di nuovi sfollati dai villaggi di Shasha, Kirotshe, Mwambaliro, Buhunga e zone circostanti ha complicato la situazione della sicurezza: tutti sono in stato di vulnerabilità e costretti a fuggire di nuovo.

Molti si sono diretti verso Mugunga, a ovest di Goma. Lungo la strada si vedono bambini, giovani e anziani, seduti, stanchi, non sanno dove andare. Si tratta di un secondo esodo per le stesse persone. A Goma trovano altre migliaia di sfollati che sono scappati da Rutchuru e dalle località del Nord”.

Così i salesiani sono al fianco degli sfollati e continuano a distribuire aiuti di prima necessità, il campo sfollati di Don Bosco-Ngangi attualmente conta più di 3.500 famiglie, quello di Don Bosco Shasha ne ha circa 1.000 famiglie:

“Ai bambini più piccoli viene distribuita una pappa una volta al giorno, oltre al pasto che viene distribuito a tutti, sembra poco, ma significa tantissimo soprattutto per coloro che soffrono di malnutrizione. E’ necessario razionare cibo e acqua per poter aiutare tutti, nonostante sia impossibile prevedere quante altre persone possano raggiungere i campi nei prossimi giorni o mesi”.

Il direttore della comunità salesiana di Shasha, don Kizito Tembo, alcuni giorni fa ha inviato un messaggio ai suoi confratelli: “La situazione si sta infuocando, in breve tempo abbiamo sentito volare proiettili provenienti da tutte le direzioni e il panico ha attanagliato il villaggio. Per evitare di cadere in un’imboscata, ho chiesto a tutti di restare dove erano. E poiché l’assalto è stato improvviso, non siamo riusciti ad evacuare nessuno.

Nella comunità ci siamo chiusi in casa con 6 uomini, 8 donne e 18 bambini. Ci affidiamo alla misericordia divina, abbandonandoci nelle mani della Madonna. Il giorno dopo abbiamo appena trascorso una domenica più o meno tranquilla, a volte disturbata alcuni spari e qualche bomba che proveniva dalle montagne del Kiluku. Vi chiediamo di continuare a pregare per noi, perché ritorni completamente la calma e le persone ritornino alle loro varie attività”.

(Foto: Missioni Don Bosco)

La guerra in Sudan raccontata dalle ‘Missioni Don Bosco’

“Quando due elefanti litigano tutta l’erba viene calpestata: dice un proverbio africano. Nel caso del Sudan i due elefanti sono i due generali al-Burhan e Dagalo e l’erba è l’intero Sudan. ‘I due cretini’ sospira Walid Ahmed, che sta seduto su un letto, guarda in basso, con una mano si tiene la fronte e con l’altra stringe il polso di sua moglie. Quel giorno al mercato del Darfur è andato a fuoco quasi l’intero raccolto di un territorio grande quanto la Francia… Non è una ‘guerra civile’ poiché non nasce da contrapposizioni ideologiche o da contrasti etnici nel popolo sudanese, ma è una violenza che si è scatenata quando il capo delle forze speciali si è reso conto di poter aumentare il suo potere a Karthoum anche a prezzo del sangue”.

Giornata del Rifugiato: superare l’emergenza

“Circa 100.000.000 uomini, donne e bambini, in tutti i continenti, sono costrette a lasciare le proprie case per trovare protezione contro la persecuzione, gli abusi, le violenze. Il senso di umanità e il rispetto per i più alti valori iscritti nella Costituzione repubblicana impongono di non ignorare il loro dramma. Nel celebrare oggi la Giornata Mondiale del Rifugiato è opportuno ribadire che le iniziative di assistenza a queste persone, e in particolare ai rifugiati che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità, devono essere accompagnate dalla ricerca di un’indispensabile e urgentissima soluzione strutturale di lungo periodo”.

Papa Francesco: in Emilia Romagna disastro impressionante

Papa Francesco ha espresso vicinanza per l’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna con un telegramma inviato al presidente della CEI, card. Matteo Maria Zuppi, assicurando la sua preghiera per le vittime a causa di tale disastro impressionante, che finora ha causato 9 morti e circa 20.000 persone sfollate e ringraziando quanti si stanno adoperando per i soccorsi:

Amref: per 9 italiani su 10 cambiamento climatico è emergenza

9 italiani su 10 concordano sul fatto che il cambiamento climatico sia un’emergenza per la salute globale; mentre 1 italiano su 2 ritiene che prima di tutto bisogna pensare alla ripresa economica, anche se significa intraprendere azioni rischiose per l’ambiente. Inoltre il 49% degli italiani ritiene che sia giusto garantire salute anche ai migranti senza permesso di soggiorno.

Calabria: Terzo Settore ed Azione Cattolica per una sanità che cura

Ci sono 26 obiettivi prioritari  nella la missione affidata dal Governo a Guido Longo, l’ex prefetto di Vibo Valentia e questore di Reggio, nominato commissario per il piano di rientro dal deficit sanitario della Regione Calabria dopo le dimissioni del generale Saverio Cotticelli e una serie di rinunce all’incarico da parte delle persone chiamate a sostituirlo.

Coronavirus, proteste e democrazia: un invito alla responsabilità

Chi soffia sul malessere sociale nelle città? E’ una bella domanda a cui occorre rispondere seriamente in questi giorni di aumento di contagio solo per ‘propaganda ideologica’, che hanno portato alla distruzione di vetrine e di locali, che devono affrontare la chiusura. Violenze inaudite e gratuite, che hanno messo a ‘ferro ed a fuoco’ città, approfittando dello sconforto dei cittadini.

Da Trento un appello a non disperare

La mancata processione per le vie cittadine e la capienza ridotta della cattedrale, conseguenze dell’emergenza sanitaria, non hanno reso meno solenne la festa della Chiesa trentina per il patrono san Vigilio, presieduta da mons. Lauro Tisi, nel cui pontificale ha citato una frase di Alcide De Gasperi, che invitava a non disperare: ‘Non abbiamo diritto di disperare’.

Lega del Filo d’Oro: il coronavirus e l’isolamento assoluto delle persone sordocieche

“Se questo è per tutti noi un momento molto difficile, potete immaginare quanto sia ancora più duro per le persone che non vedono e non sentono, per le quali il contatto è la principale via di comunicazione con il mondo e con gli altri. Stiamo lottando. I nostri cinque Centri Residenziali sono attivi, mentre l’emergenza sanitaria e i relativi decreti governativi ci hanno costretti a diminuire drasticamente le attività offerte dai Servizi Territoriali e a chiudere i Centri Diurni: cerchiamo comunque di continuare ad essere un riferimento per chi vive a casa propria e di dare supporto a distanza alle famiglie”.

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