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Giornata della Vita: trasmettere la vita è speranza

“Celebriamo la 47ª Giornata Nazionale per la Vita nel contesto del Giubileo: tale coincidenza ci sollecita ad assumere l’orizzonte della speranza, poiché è nel segno della speranza che la Bolla di indizione ‘Spes non confundit’ (SnC) invita tutta la Chiesa a vivere l’anno di grazia del Signore”: questo è l’inizio del messaggio dei vescovi italiani in occasione della 47^ Giornata per la vita, che si celebra domenica 2 febbraio del prossimo anno sul tema ‘Trasmettere la vita, speranza per il mondo. Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita’, tratto dal libro della Sapienza.

Nel messaggio i vescovi affrontano la tematica della speranza: “Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere?

Questa grande ‘strage degli innocenti’, che non può trovare alcuna giustificazione razionale o etica, non solo lascia uno strascico infinito di dolore e di odio, ma induce molti (soprattutto i giovani) a guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli”.

Ed ecco la domanda se è possibile fare a meno di essa: “Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?”

A tali domande ne affiancano altre sul valore della vita, rivendicando il diritto a criticare l’aborto come diritto: “Il riconoscimento del ‘diritto all’aborto’ è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà?  Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e ‘civile’ rimuovere?”

Ugualmente non esiste un diritto al ‘riarmo’: “Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto? La logica del ‘se vuoi la pace prepara la guerra’ riuscirà a produrre equilibri stabili e armonia tra i popoli e tra gli stati, oppure, come spesso è accaduto in passato, le armi accumulate (al servizio di interessi economici e volontà di potenza) finiranno per essere usate e produrre morte e distruzione?

Abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte”.

A questo punto per i vescovi la trasmissione della vita è un segno di speranza: “Una particolare espressione di fiducia nel futuro è la trasmissione della vita, senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani… Tutti condividiamo la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo dinanzi all’energia delle nuove generazioni. Ogni nuova vita è ‘speranza fatta carne’. Per questo siamo vivamente riconoscenti alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della vita e incoraggiamo le giovani coppie a non aver timore di mettere al mondo dei figli.

E’ urgente ‘rianimare la speranza’ in questo particolare campo dell’esistenza umana, tanto decisivo per l’avvenire: ‘il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza’ (SnC 9)”.

Ed ecco la spinosa questione della denatalità: “Nel nostro Paese, come in molti altri dell’occidente e del mondo, si registra da anni un costante calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine; alcune indagini registrano anche un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli.

Altri studi rilevano un preoccupante processo di ‘sostituzione’: l’aumento esponenziale degli animali domestici, che richiedono impegno e risorse economiche, e a volte vengono vissuti come un surrogato affettivo che appare assai riduttivo rispetto al valore incomparabile della relazione con i bambini. Tutto ciò è in primo luogo il risultato di una profonda mancanza di fiducia, che invece costituisce l’ingrediente fondamentale per lo sviluppo della persona e della comunità; esso viene pregiudicato dall’angoscia per il futuro e dalla diffidenza verso le persone e le istituzioni”.

Per questo i vescovi sono preoccupati da alcune interpretazioni della legge del 1978, in cui si tende a considerare l’aborto come diritto: “Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l’obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell’aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un ‘diritto’, mentre ‘la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo’.

Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto. Occorre pertanto ringraziare e incoraggiare quanti si adoperano ‘per rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione volontaria di gravidanza… offrendo gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto’ (L. 194/78, art. 5), come i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini”.

E nemmeno è possibile un figlio come desiderio solo: “Va infine considerato un altro fenomeno sempre più frequente, quello del desiderio di diventare genitori a qualsiasi costo, che interessa coppie o single, cui le tecniche di riproduzione assistita offrono la possibilità di superare qualsiasi limitazione biologica, per ottenere comunque un figlio, al di là di ogni valutazione morale.

Osserviamo innanzitutto che il desiderio di trasmettere la vita rimane misteriosamente presente nel cuore degli uomini e delle donne di oggi. Le persone che avvertono la mancanza di figli vanno accompagnate a una generatività e a una genitorialità non limitate alla procreazione, ma capaci di esprimersi nel prendersi cura degli altri e nell’accogliere soprattutto i piccoli che vengono rifiutati, sono orfani o migranti ‘non accompagnati’.

Questo ambito richiede una più puntuale regolamentazione giuridica, sia per semplificare le procedure di affido e adozione che per impedire forme di mercificazione della vita e di sfruttamento delle donne come “contenitori” di figli altrui”.

Quindi ecco l’appello per un’alleanza per la vita: “Un’alleanza sociale che promuova la cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità, della dignità inalienabile di ogni essere umano e della responsabilità di contribuire al futuro del Paese mediante la generazione e l’educazione di figli; che favorisca l’impegno legislativo degli stati per rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci e stabili nel tempo; che impegni ogni persona di buona volontà ad agire per favorire le nuove nascite e custodirle come bene prezioso per tutti, non solo per i loro genitori.

Tale alleanza può e deve essere inclusiva e non ideologica, mettendo insieme tutte le persone e le realtà sinceramente interessate al futuro del Paese e al bene dei giovani: se la questione della natalità dovesse diventare la bandiera di qualcuno contro qualcun altro, la sua portata ne risulterebbe svilita e le scelte relative sarebbero inevitabilmente instabili, soggette a cambi di maggioranza o agli umori dell’opinione pubblica”.

Il messaggio dei vescovi si chiude con un invito a riscoprire il Dio della vita: “La Scrittura ci presenta un Dio che ama la vita: la desidera e la diffonde con gioia in molteplici e sorprendenti forme nell’universo da lui creato e sostenuto nell’esistenza; ama in modo particolare gli esseri umani, chiamati a condividere la dignità filiale e ad essere partecipi della stessa vita divina. Confidiamo pertanto nella grazia particolare di questo anno giubilare, che porta il dono divino di ‘nuovi inizi’: quelli che il perdono offre a chi è prigioniero del suo peccato; quelli che la giustizia porta a chi è schiacciato dall’iniquità; quelli che la speranza regala a chi è bloccato dalla disillusione e dal cinismo”.

(Foto: Cei)

In Italia meno bambini, ma più poveri

Nello scorso anno l’Italia ha conosciuto un nuovo record negativo per la natalità, con meno di 380.000 nuovi nati, mentre la povertà continua a colpire i minori, i più piccoli in particolare: il 13,4% delle bambine e dei bambini tra 0 e 3 anni è in povertà assoluta, e circa 200.000 bambini di età compresa tra 0 e 5 anni (8,5% del totale) vivono in povertà alimentare, cioè in famiglie che non riescono a garantire almeno un pasto proteico ogni due giorni. Oltre la metà risiede nel Mezzogiorno (Sud e isole), dove la percentuale sale al 12,9%. Quasi un bambino su dieci (9,7%) della stessa fascia d’età ha sperimentato la povertà energetica, cioè ha vissuto in una casa che non era adeguatamente riscaldata in inverno.

Questi dati sono contenuti nella XV edizione dell’Atlante dell’Infanzia a rischio in Italia, dal titolo ‘Un due tre…stella. I primi anni di vita’, pubblicato dall’ong Save the Children, che delinea la fotografia della prima infanzia nell’Italia fragile, con profonde disuguaglianze sociali e territoriali, in cui i nuovi nati sono sempre meno e le opportunità, fin dai primi mille giorni di vita, non sono uguali per tutti, dalla salute all’ambiente, ai servizi educativi.

In Italia, le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono quasi 748.000, che negli ultimi anni hanno dovuto fare i conti anche con l’aumento dei prezzi di alcuni beni e servizi essenziali per la prima infanzia: da un’analisi realizzata con il Centro Studi di Confindustria, emerge infatti che dal 2019 al 2023 una spesa indispensabile, come quella per ‘latte e pappe’ è salita del 19,1% (più dell’aumento dell’inflazione pari al 16,2%), il costo per la frequenza degli asili nido è aumentato dell’11,3%, con riferimento in particolare all’offerta privata, mentre per i posti finanziati dai Comuni l’aumento è pari all’1,5%; inoltre i costi pre-nascita come visite mediche, ecografie, abbigliamento premaman, sono cresciuti del 37%,

aumenti significativi per le famiglie anche nelle spese del primo anno di vita, in particolare per le famiglie con i redditi medio bassi: dal 2021 al 2024 le spese per i pannolini, ad esempio, sono cresciute dell’11% per quanto riguarda i costi minimi, ovvero per i pannolini meno cari (€ 552 annui).

La fotografia restituita dall’Atlante dell’Infanzia mostra ancora troppe disuguaglianze sociali e territoriali nei servizi per la prima infanzia: “E’ necessario un cambiamento radicale delle politiche pubbliche e investire sulla prima infanzia, per il presente e per il futuro del nostro Paese.

Come abbiamo evidenziato nel XV Atlante dell’Infanzia rispetto ai servizi educativi le famiglie incontrano molte difficoltà: meno di un bambino su tre dagli 0 ai 2 anni trova posto in un asilo nido, un servizio che si dimostra fondamentale per combattere le disuguaglianze, con forti disparità territoriali”.

Con i progetti PNRR i posti negli asili nido si stima raggiungeranno la media nazionale del 41,3%, avvicinandosi all’obiettivo europeo del 45% per il 2030, ma molti territori dove la povertà educativa è più forte rischiano di restare indietro: Campania e Sicilia attualmente hanno il tasso di copertura più basso in Italia (rispettivamente del 13,2% e del 13,9%), in base alle stime sui progetti in corso, non riuscirebbero a raggiungere neanche il 33%. Eppure, le due regioni rappresentano la seconda e la terza regione, dopo la Provincia Autonoma di Bolzano, per incidenza dei bambini 0-2 sulla popolazione, con alti tassi di povertà minorile e dispersione scolastica.

L’Atlante sottolinea che i minori in povertà assoluta in Italia sono 1.295.000, pari al 13,8% del totale. Sono i bambini e le bambine ad essere i più poveri a confronto con le altre generazioni: 6,2% degli anziani over 65, del 9,4% dei 35-64enni, e dell’11,8% dei 18-34enni. Nel 2023, l’8,5% del totale delle bambine e dei bambini vivevano in povertà alimentare, una percentuale cresciuta rispetto al 7,7% del 2021. Il 9,7% della stessa fascia d’età ha sperimentato la povertà energetica, cioè ha vissuto in una casa che non era adeguatamente riscaldata.

Per questo nello scorso anno l’Italia ha raggiunto un nuovo record di denatalità, con solo 379.890 nuovi nati. Le bambine e i bambini tra 0 e 2 anni rappresentano attualmente appena il 2% della popolazione nazionale, ma la disparità tra generazioni è destinata ad aumentare in futuro: secondo le previsioni ISTAT, infatti, se oggi bambini e giovani fino a 18 anni sono il 15,3% della popolazione, nel 2050 saranno il 13,5%.

Al contrario, la generazione più anziana (over 65) passerà dall’attuale 24% al 34,5% nel 2050. Anche dal punto di vista territoriale, i dati confermano questa tendenza negativa per la natalità: nel 2023 in 340 Comuni italiani, non è nato nessun bambino e in 72 Comuni non ci sono bambini sotto i 3 anni.

La sanità neonatale italiana è un’eccellenza, eppure anche in questo settore emergono gravi disuguaglianze. In Italia i posti letto nelle terapie intensive pediatriche erano solo 273 nel 2023, con una carenza del 44,4% rispetto agli standard europei e una distribuzione non omogenea: si va dai 128 posti letto al Nord, a fronte di un fabbisogno di 222, ai 55 del Sud e isole, dove ne servirebbero 168, ai 90 del Centro, sotto solo di 2 posti letto.

Punto fondamentale è che i pediatri sono troppo pochi. Nonostante rappresentino una figura indispensabile per le famiglie, nel 2022 il carico medio potenziale per pediatra, cioè il numero di bambini e bambine residenti nell’area in cui opera un medico pediatra, è a livello nazionale di 993 bambini.

Ed anche per quanto riguarda la vivibilità nelle città la situazione non è migliore, perché le aree verdi scarseggiano, le temperature aumentano in maniera esponenziale a causa della crisi climatica e gli spazi pubblici disponibili e fruibili, come le biblioteche, sono pochi: a luglio di quest’anno, 349.000 bambini sono stati esposti a temperature al suolo medie pari o superiori ai 40 gradi. Un trend in forte crescita negli ultimi 5 anni, sia per il mese di luglio che di agosto.

Per quanto riguarda il verde negli oltre 100 capoluoghi di provincia, l’estensione delle aree verdi urbane copre appena il 2,9% dei territori comunali. I giardinetti e i piccoli parchi con aree giochi, sono solo una fetta piccolissima di tutto il verde urbano, pari al 10,9% e, anche in questo caso, con evidenti differenze territoriali. Nel 2022, delle 8.131 biblioteche in Italia, 8 su 10 sono di pubblica lettura. Di queste ultime, il 58,8% ha uno spazio dedicato ai bambini da 0 a 6 anni.

Al termine della presentazione Claudio Tesauro, presidente di Save the Children, ha sottolineato la solitudine delle famiglie che fanno nascere i figli: “Abbiamo voluto dedicare questo XV Atlante dell’Infanzia ai bambini più piccoli, nella consapevolezza che i primi mille giorni di vita sono determinanti per la crescita e lo sviluppo di ciascuno.

Troppi genitori oggi in Italia affrontano la nascita di un bambino in solitudine, senza poter contare su adeguate reti di sostegno. Il supporto alla prima infanzia è un obiettivo da mettere al centro di tutte le scelte della politica: nel campo della salute come in quello dei servizi educativi, nel contrasto alla povertà così come nella tutela dell’ambiente”.

L’Italia non è un Paese per giovani

Il Rapporto Istat 2023 sulla ‘situazione del Paese’presenta numeri su cui occorre fare una seria riflessione per avere certezza del presente/futuro: “Nel 2022 quasi un giovane su due (47,7% dei 10.273.000 tra 18-34enni) mostra almeno un segnale di deprivazione”. Un quadro che preoccupa.

Osservatorio Acli: monoreddito, straniere e residenti al sud, le famiglie a rischio povertà in Italia

Famiglie monoreddito, con dichiarante principale donna, straniere e residenti al sud: è questo l’identikit della famiglia che rischia più delle altre di entrare in povertà relativa, secondo la ricerca ‘Fare i conti con le crisi: famiglie a rischio socio-economico in Italia’, realizzata dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie, in collaborazione con il CAF Acli e l’IREF.

Gli italiani desiderano i figli ma non possono

Per il 64% degli italiani la famiglia è un’unione tra due persone che decidono di convivere per perseguire un progetto di vita comune; quindi un’unione che per 7 su 10 (il 71%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto a due anni fa) dovrebbe essere sancita con il matrimonio e le cui basi affettive sono minacciate, per più di 8 italiani su 10, da egoismo, mancanza di comunicazione, difficoltà ad assumersi responsabilità, incapacità di affrontare sacrifici e di adattarsi all’altro; inoltre quest’unione, per più di 7 italiani su 10, è minacciata dalla denatalità, le cui cause principali sono indicate negli stipendi bassi, nella precarizzazione del lavoro, nella mancanza di sostegni pubblici per i costi da affrontare per crescere i figli, dalla mancanza di servizi diffusi e accessibili a tutti.

Queste, in sintesi, le principali evidenze che sono emerse dal report ‘Famiglia. Percezione, ruolo e fattori di crisi. La sfida della denatalità’, elaborato dall’Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un’analisi condotta su un campione rappresentativo della popolazione.

Un aspetto rilevante sul quale si è concentrata l’analisi di AreaStudi Legacoop e Ipsos è quello della denatalità, uno degli elementi centrali della crisi demografica che investe l’Italia, con effetti negativi, anche in prospettiva, sulla vita economica e sociale: la denatalità è un problema avvertito come urgente dal 74% degli italiani (41% abbastanza urgente, 33% molto urgente) e si scontra con il desiderio di avere figli, manifestato chiaramente anche dai giovani, che ne vorrebbero almeno due.

Le principali cause del problema sono indicate negli stipendi bassi e nell’aumento del costo della vita (70%), nell’instabilità lavorativa e nella precarizzazione del lavoro (63%), nella mancanza di sostegni pubblici per i costi da affrontare per crescere i figli (59%), nella mancanza di servizi per le famiglie diffusi e accessibili a tutti (57%) e dalla paura di perdere il posto di lavoro (56%, il 61% tra le donne).  Il problema è avvertito anche dagli under 30, pur con un livello di urgenza inferiore rispetto alla media del totale (66% rispetto al 74%), ma comunque con un desiderio di avere almeno due figli dichiarato da 7 giovani su 10.

Riguardo alle cause del problema denatalità, anche gli under 30 indicano al primo posto gli stipendi bassi (63%, una percentuale inferiore di 7 punti al dato totale). Al secondo posto, ex aequo, l’instabilità lavorativa e la precarizzazione del lavoro (56%, -7 punti rispetto al dato totale) e la paura di perdere il posto di lavoro (56%, stessa percentuale del totale), seguite, al quarto posto, dalla mancanza di sostegni pubblici per i costi da affrontare per crescere i figli (52%, -7 punti sul totale del campione) e, al quinto posto, dalla mancanza di servizi per le famiglie diffusi e accessibili a tutti (45%, 12 punti in meno rispetto al totale del campione). Quasi l’80% delle donne teme per il proprio lavoro.

Riguardo alle funzioni più importanti della famiglia, il 49% indica l’educazione dei propri figli (55% per gli uomini); il 47% il sostentamento ed il mutuo aiuto tra i suoi componenti e il 44% il supporto psicologico per far sentire i componenti accettati e protetti (53% per le donne). Tra le cause di fragilità dei legami affettivi, ai primi posti si collocano (con percentuali tutte superiori all’80%) egoismo, mancanza di comunicazione, difficoltà ad assumersi le proprie responsabilità, scarso spirito di sacrificio e incapacità di affidarsi all’altro.

Rispetto a due anni fa, cala il peso di difficoltà comunicative, insicurezza, assenza di progettualità, impegni lavorativi e perdita dello status sociale. In crescita il desiderio di nuove esperienze e la maggiore libertà individuale.

In riferimento alle funzioni della famiglia, gli under 30 collocano al primo posto il supporto psicologico ai componenti del nucleo (58%), al secondo l’educazione dei figli (46%) e al terzo posto il sostentamento e il mutuo aiuto (37%). Difficoltà ad assumersi le proprie responsabilità e insicurezza guidano la classifica delle principali fragilità dei legami affettivi per gli under 30 che, rispetto alla media, hanno più paura del tradimento.

A tal proposito Simone Gamberini, presidente di Legacoop, ha evidenziato che la questione demografica è strutturale: “La questione demografica si colloca ai primi posti dell’agenda dei problemi di questo paese. E’ una questione strutturale che ha radici profondissime e tempi di risoluzione lunghi, e per questo deve essere interpretata e attaccata rapidamente e con la massima decisione.

Inoltre, è un problema complesso che non può essere affrontato con le scorciatoie culturali delle ‘sostituzioni etniche’, ma che richiede di comprendere l’intreccio di ragioni economiche, sociali e culturali che muovono la vita e le scelte delle persone e trasformano la società italiana. Per questo abbiamo realizzato una ricerca che cerca di fotografare a tutto tondo le percezioni, le speranze, le paure delle italiane e degli italiani, sui temi della famiglia, della denatalità, dei figli.

E per questo su ognuno di questi argomenti abbiamo dedicato un’attenzione specifica alle sfumature generazionali, alla mentalità della generazione Z. Ne esce uno spaccato coerente e a tratti sorprendente. Per esempio, è evidente che una società laicizzata osservi in modo sempre più pragmatico il tema famiglia, ma colpisce che quasi un quarto dei giovani aspiri ad avere tre o più figli. Allo stesso tempo, emerge con chiarezza tutto il groviglio di vincoli e preoccupazioni che gravano sulle nuove generazioni e specialmente sulle donne, e che si riflettono direttamente all’interno delle famiglie italiane”.

L’Istat fotografa un’Italia sempre più anziana

L’Italia è un Paese sempre più vecchio: lo ha certificato l’Istat nella terza edizione del Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, sottolineando che nel 2021 ha 59.030.133 residenti, in calo dello 0,3% rispetto al 2020 (-206.080 individui), mentre l’età media si è innalzata di tre anni rispetto al 2011 (da 43 a 46 anni); e la Campania continua a essere la regione più giovane (età media di 43,6 anni) mentre la Liguria si conferma quella più anziana (49,4, anni).

I vescovi invitano ad osare la speranza

A conclusione del Consiglio permanente della Cei a Matera, a poche ore dall’apertura del Congresso Eucaristico Nazionale di Matera che domenica sarà concluso da papa Francesco, i vescovi hanno rivolto un appello agli italiani con l’invito all’impegno nella città e ‘sconfiggere gli inverni’.

Papa Francesco: la famiglia è generativa per l’Europa

L’utero in affitto è ‘una pratica disumana’ e la pornografia è ‘una minaccia per la salute pubblica’; mentre la denatalità in Europa è ostacolo a ‘un piano di sostenibilità e alla solidarietà’: questi tre temi sono al centro dell’udienza di papa Francesco alla Federazione della associazioni familiari cattoliche in Europa (Fafce) a pochi giorni dalla celebrazione del X Incontro mondiale delle famiglie, che quest’anno si svolgerà dal 22 al 26 giugno a Roma:

L’Italia non ha più figli

Ancora un record negativo per la natalità: nel 2020 i nati sono 404.892 (-15.000 sul 2019). Il calo (-2,5% nei primi 10 mesi dell’anno) si è accentuato a novembre (-8,3% rispetto allo stesso mese del 2019) e dicembre (-10,7%), mesi in cui si cominciano a contare le nascite concepite all’inizio dell’ondata epidemica: questo è il rilevamento dell’Istat evinto dal bollettino sulla natalità e fecondità della popolazione residente per l’anno 2020.

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