Osservatorio Acli: monoreddito, straniere e residenti al sud, le famiglie a rischio povertà in Italia

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Famiglie monoreddito, con dichiarante principale donna, straniere e residenti al sud: è questo l’identikit della famiglia che rischia più delle altre di entrare in povertà relativa, secondo la ricerca ‘Fare i conti con le crisi: famiglie a rischio socio-economico in Italia’, realizzata dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie, in collaborazione con il CAF Acli e l’IREF.

La ricerca si basa su un panel di circa 1.000.000 di famiglie da cui è stato estrapolato un campione di 668.107 nuclei familiari che hanno presentato la dichiarazione dei redditi, in forma anonima, presso il CAF Acli negli anni dal 2020 al 2022, come ha sottolineato Stefano Parisi, presidente CAF Acli, durante la presentazione della ricerca: “I nostri sono dati fiscali oggettivi che ci aiutano a capire sempre meglio quale è la situazione delle famiglie fiscali seguite per tre anni dal Caf Acli”.

Le famiglie sono state suddivise per stato civile (celebri e nubili, single, mono genitoriali, coniugati, separati divorziati, vedovi), per carichi di famiglia (con o senza carichi) e per fonti di reddito (monoreddito, bireddito). In particolare, il reddito medio familiare equivalente delle famiglie bireddito senza carichi ha superato nel 2021 la soglia di € 32.000, mentre quello delle famiglie monoreddito con carichi si è attestato su € 13.500.

Mentre Gianfranco Zucca, coordinatore ricerche dell’Iref, ha sottolineato l’aumento delle famiglie che vivono sotto la soglia della povertà: “Le famiglie che si sono rivolte al Caf Acli e che vivono al di sotto della soglia di povertà sono state l’8,8% nel 2019, il 7,1% nel 2020 e il 7,6% nel 2021…

Tra il 2019 e il 2021 quasi 13.000 nuove famiglie del panel Caf Acli sono entrate in soglia di povertà, a fronte di 21 mila che ne sono uscite, con un saldo positivo di 8.000 famiglie. In totale, quasi 51.000 famiglie del panel, pari al 7,6% del panel di famiglie, sono sotto la soglia di povertà”.

La fascia d’età più a rischio è quella fino ai 29 anni (3,5 di probabilità rispetto agli over 60 che ne hanno 1), mentre vivere al nord diminuisce la probabilità di essere poveri, rispetto al sud dove la probabilità è di 2,8. Inoltre sono state effettuati ulteriori approfondimenti su alcune spese di natura familiare e sociale inserite nel modello 730: spese sanitarie, spese per la scuola, per l’università e infine spese per gli interessi sul mutuo abitativo.

Ciò che è emerso è la forte differenza di incidenza di tali spese rispetto al reddito tra il quintile delle famiglie più povere e il quintile delle famiglie benestanti; e tra le famiglie monoreddito con carichi e le famiglie bireddito senza carichi o in situazione di vedovanza. In particolare, l’incidenza delle spese mediche sul reddito di famiglie sotto la soglia di povertà relativa è del 5,7% (mediana) e del 2,9% (mediana) sopra la soglia di povertà relativa.

Nel dibattito Lidia Borzì, delegata nazionale Acli per ‘Famiglia e Stili di vita’, ha commentato i dati dell’Osservatorio: “In questo tempo le famiglie sono messe a dura prova dai postumi della pandemia, dal lavoro povero, dall’inflazione, dal caro bollette.

Sono difficoltà che ostacolano anche la formazione di altre famiglie. Se c’è crisi di famiglia, c’è crisi di speranza. E’ questo il contesto in cui si colloca il nostro impegno per un ascolto competente dei bisogni: è una scelta politica che ci pone a fianco dei soggetti più fragili o a rischio di esclusione”.

Ed ha ricordato la Giornata internazionale della Famiglia voluta dall’ONU, sottolineando che la famiglia deve essere sostenuta: “In questo senso pensiamo che la denatalità, al centro del dibattito nazionale nei giorni scorsi, che emerge come fenomeno ormai stabilmente evidente nel nostro saldo negativo demografico, sia un indice non puramente statistico e numerico, ma un indicatore antropologico e culturale che ha complesse ragioni (economiche, sociali, esistenziali) che vanno anzitutto ascoltate, interpretate e comprese, per essere poi combattute con opportune e adeguate politiche di contrasto: alla sfiducia, al rischio di povertà, alla precarietà dei percorsi di vita e di lavoro”.

Mentre Adriano Bordignon, nuovo presidente del Forum delle Famiglie, ha rilevato il rischio di una povertà femminile: “I dati dell’Osservatorio Acli sono importanti perché ci danno uno spaccato dello stato di salute delle famiglie.

La probabilità di scivolare nella povertà delle donne è 4 volte a 1 rispetto agli uomini. Per i giovani è 3, 5 rispetto agli over 60. Questo mette in discussione la possibilità di realizzare la propria storia e di dare il proprio contributo alla società. Giovani e donne devono essere realmente protagonisti di questo Paese”.

Antonio Russo, vicepresidente nazionale Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà, ha precisato come la situazione delle famiglie italiane sia peggiorata: “La linea di confine tra povertà relativa e povertà assoluta si sta assottigliando.

Dieci anni fa i poveri assoluti erano 2.000.000, ora solo 6.000.000. Ci sono 50.000 famiglie a rischio di povertà. Non si può risolvere il problema ignorandolo. Siamo preoccupati per alcune riforme che il Governo ha già avviato, in particolare la riforma del reddito di cittadinanza e il regionalismo differenziato”.

Ha concluso l’incontro Emiliano Manfredonia, presidente nazionale Acli, con la richiesta di un welfare familiare: “I nostri servizi ci danno la possibilità di incontrare 3.000.000 di persone all’anno. Credo sia fondamentale agire subito partendo da una riforma fiscale che sia attenta alle famiglie.

Parlare di famiglia vuol dire parlare di lavoro e welfare. Oggi c’è un lavoro povero che deriva dalla struttura del mercato attuale e da figure professionali che vivono il ricatto del ‘meglio poco lavoro che niente’. Le persone, e in particolare i giovani, hanno diritto ad avere una piattaforma stabile su cui progettare un futuro e a riscopre il gusto di crearsi una famiglia”.

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