Il Papa

Papa: nel nostro tempo per i genitori è difficile educare.

Maternità e paternità nelle riflessioni del Papa nell’udienza generale di oggi. Soprattutto maternità e paternità quando la coppia è in crisi. Non usare i figli “come ostaggio contro l’altro coniuge”, ha ammonito Francesco. Anzi, “che sentano invece la mamma parlare bene del papà e il papà parlare bene della mamma, anche se non stanno insieme. E’ molto importante, molto difficile, ma potete farlo”.

Una questione educativa, quella alla base del rapporto tra genitori e figli, da non prendere sotto gamba. Perché c’è una certa difficoltà nell’essere padre e madre. “Anche nelle migliori famiglie – ha auspicato -bisogna sopportarsi, e ci vuole tanta pazienza!”.

Succede sempre più spesso che “molti genitori – ha osservato Papa Bergoglio – sono sequestrati dal lavoro, papà e mamma devono lavorare, e da altre preoccupazioni, imbarazzati dalle nuove esigenze dei figli e dalla complessità della vita attuale, e si trovano come paralizzati dal timore di sbagliare”.

Una vita frenetica che porta alla complessità dell’educazione: “E’ difficile educare per i genitori che vedono i figli solo la sera, quando ritornano a casa stanchi. Ci sono sbagli che solo i genitori sono autorizzati a fare, perchè possono compensarli in un modo che è impossibile a chiunque altro”.

Il Papa ha ricordato – apprezzandola – l’iniziativa della Cei di riflettere sul tema dei cristiani perseguitati in tutte le veglie di Pentecoste d’Italia. E’ un “dramma”, ha detto Francesco: “si ponga fine a questo inaccettabile crimine. Sono dei martiri”.

Poi ha parlato dei cattolici in Cina, che il prossimo 24 maggio pregheranno Maria “aiuto dei cristiani”. “Anche noi chiederemo a Maria di aiutare i cattolici in Cina ad essere sempre testimoni credibili di questo amore misericordioso in mezzo al loro popolo, e a vivere spiritualmente uniti alla roccia di Pietro su cui è costruita la Chiesa”.

Ecumenismo in Europa, vescovi del Mali e polisportiva Lazio nella giornata di Papa Francesco

Rappresentanti del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, insieme a quelli della Conferenza delle Chiese Europee, Visita “ad limina” dei vescovi del Mali e incontro “da stadio” con i 7mila della Polisportiva Lazio: vescovi, capi religiosi e sportivi nella giornata di Papa Francesco.

“Oggi le Chiese e le Comunità ecclesiali in Europa si trovano ad affrontare sfide nuove e decisive, alle quali possono dare risposte efficaci solo parlando con una voce sola”, ha detto Papa Francesco ai vescovi europei e ai rappresentanti ecumenici. Proprio “il movimento ecumenico – ha detto il Papa – ha permesso alle Chiese e Comunità ecclesiali in Europa di compiere grandi passi sulla via della riconciliazione e della pace”.

Una strada difficile, ma “il cammino, con tutte le sue fatiche, è già parte integrante del processo di riconciliazione e di comunione che il Signore ci chiede e ci fa compiere, purché sia vissuto nella carità e nella verità”. Tra le sfide, la libertà religiosa e l’immigrazione; ma sull’ultima questione, nonostante “l’atteggiamento con cui l’Europa sembra affrontare la drammatica e spesso tragica migrazione di migliaia di persone in fuga da guerre, persecuzioni e miseria, le Chiese e le Comunità ecclesiali in Europa hanno il dovere di collaborare per promuovere la solidarietà e l’accoglienza”.

Quindi è stata la volta dei vescovi africani. “Nonostante le difficoltà sulla sua strada – ha detto il Papa – la Chiesa in Mali rimane testimone di speranza e di pace” e per questo è prioritario che i giovani siano “autentici costruttori di pace e di riconciliazione”. Tra i temi affrontati dal Santo Padre, gli sforzi per l’evangelizzazione, la formazione dei sacerdoti, dei laici e la questione della famiglia, con la richiesta di “una testimonianza cristiana” coerente: “nel contesto culturale segnato anche dal divorzio e la poligamia, i cattolici sono chiamati ad annunciare il Vangelo attraverso la loro testimonianza di vita e famiglia”.

Ma il vero bagno di folla è stato nell’Aula Paolo VI, con l’udienza alla Polisportiva Lazio. Presenti atleti, allenatori e familiari, che hanno intonato veri e propri cori da stadio, salutando il Santo Padre con striscioni e maglie personalizzate.

“Un merito della polisportiva Lazio- ha detto Papa Francesco – è quello di avere operato per dare pari dignità a tutti gli sport. In Italia, come anche nel mio Paese, in Argentina, si rischia di parlare sempre del calcio e di trascurare gli altri sport. Invece ogni disciplina sportiva ha un suo valore, non solo fisico o sociale, ma anche morale, in quanto offre la possibilità alle persone, specialmente ai ragazzi e ai giovani, di crescere nell’equilibrio, nell’autocontrollo, nel sacrificio e nella lealtà verso gli altri”.

“Grazie a Dio – ha concluso il Papa – abbiamo degli esempi belli di uomini e donne sportivi, anche grandi campioni, che non hanno mai smesso di vivere la fede e il servizio al prossimo”.

Francesco ad Expo2015: “Non manchi il pane e la dignità del lavoro”

Si collega in video dal Vaticano Papa Francesco, per offrire il suo contributo alla cerimonia di inaugurazione di Expo2015. Sia, dice a chiare lettere, “un’occasione propizia per globalizzare la solidarietà”, da “cogliere con responsabilità”, non senza l’aiuto del Signore: “Ci doni Lui, che è Amore, la vera “energia per la vita” – dice riferendosi al tema -: l’amore per condividere il pane, il “nostro pane quotidiano”, in pace e fraternità. E che non manchi il pane e la dignità del lavoro ad ogni uomo e donna”.

Il Signore, dice, “ci ha insegnato a chiedere a Dio Padre: dacci oggi il nostro pane quotidiano”: l’auspicio è “che nessun pane sia frutto di un lavoro indegno dell’uomo!”; “facciamo in modo che questa Expo sia occasione di un cambiamento di mentalità”.

Papa Francesco si fa “la voce di tanti poveri che fanno parte di questo popolo e con dignità cercano di guadagnarsi il pane col sudore della fronte”:  “vorrei farmi portavoce – dice – di tutti questi nostri fratelli e sorelle, cristiani e anche non cristiani, che Dio ama come figli e per i quali ha dato la vita, ha spezzato il pane che è la carne del suo Figlio fatto uomo”.

Invita ad una lotta serie contro la fame, fa suo il concetto di Giovanni Paolo II del “paradosso dell’abbondanza” e spiega che i poveri sono “volti che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano”. “Vorrei – la richiesta di Francesco – che ogni persona che passerà a visitare la Expo di Milano, attraversando quei meravigliosi padiglioni, possa percepire la presenza di quei volti. Una presenza nascosta, ma che in realtà dev’essere la vera protagonista dell’evento: i volti degli uomini e delle donne che hanno fame, e che si ammalano, e persino muoiono, per un’alimentazione troppo carente o nociva”.

Il papa chiede aiuto ai ricercatori del settore alimentare: “Il Signore conceda ad ognuno di essi saggezza e coraggio, perché è grande la loro responsabilità. Il mio auspicio è che questa esperienza permetta agli imprenditori, ai commercianti, agli studiosi, di sentirsi coinvolti in un grande progetto di solidarietà: quello di nutrire il pianeta nel rispetto di ogni uomo e donna che vi abita e nel rispetto dell’ambiente naturale”.

Infine il grazie a “tutti i lavoratori che hanno faticato per la Expo di Milano”, soprattutto ai più “anonimi” e “nascosti”.

La giornata del Papa. Incontra Ban Ki Moon, saluta i poveri e dispone un aiuto al Nepal

Incontra Ban Ki Moon, Papa Francesco. Con lui parla della prossima enciclica sull’ecologia, conclusa e in fase di traduzione. Nel pomeriggio, poi, invia un videomessaggio ai poveri dei centri Caritas di Roma, protagonisti al “Brancaccio” di Roma dello spettacolo “Se non fosse per te”. Nel frattempo, attraverso il Pontificio Consiglio “Cor Unum” dispone che si inviino 100mila dollari per le prime emergenze del terremoto in Nepal.

Dopo aver celebrato la messa a Santa Marta, la giornata “ufficiale” del Papa comincia poco dopo le nove. Per una mezz’ora, a Casina Pio IV, si intrattiene con il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon. Come ha comunicato in una nota padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, si è trattato di “un breve incontro di saluto in forma privata” in cui il segretario dell’Onu ha espresso al Papa “l’attesa per il discorso” che il Pontefice rivolgerà all’Onu il 25 settembre, e ha illustrato al Pontefice “alcuni punti dell’attuale impegno delle Nazioni unite a  proposito non solo delle questioni ambientali, ma anche dei migranti e delle drammatiche situazioni umanitarie nella aree  del mondo colpite dal conflitti”.

Poi, Ban Ki Moon ha preso la parola in Pontificia Accademia delle Scienze. Di fronte a varie personalità, tra cui il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, Ban Ki Moon ricorda che a dicembre, a Parigi, i governi si incontreranno per “definire un significativo accordo universale sul cambiamento climatico.” “Parigi non è il punto di arrivo, ma deve essere un punto di svolta nel trovare una strada comune nell’affrontare il cambiamento climatico,” ha affermato il Segretario Generale delle Nazioni Unite.

All’ora di pranzo l’annuncio della Santa Sede. 100mila dollari per le emergenze del Terremoto in Nepal, “a nome del Santo Padre”. Si tratta del primissimo stanziamento del Pontificio Consiglio “Cor Unum” inviato alla Chiesa locale “per il soccorso alle popolazioni” e per il “sostegno delle opere di assistenza svolte in favore degli sfollati e dei terremotati”: “vuole essere – spiegano dal Dicastero vaticano – una prima e immediata espressione concreta dei sentimenti di spirituale vicinanza e paterno incoraggiamento nei confronti delle persone e dei territori colpiti, che Papa Francesco ha assicurato nel corso del Regina Coeli di domenica 26 aprile”.

Nel pomeriggio, alle ore 17, viene reso noto il videomessaggio per gli ospiti dei Centri Caritas di Roma, protagonisti di uno spettacolo in serata al “Brancaccio” di Roma. “Quanto vorrei che Roma potesse brillare di “pìetas” per i sofferenti, di accoglienza per chi fugge da guerra e morte, di disponibilità, di sorriso e di magnanimità per chi ha perduto la speranza. Quanto vorrei che la Chiesa di Roma si manifestasse sempre più madre attenta e premurosa verso i deboli”, dice il Papa.

Perché “tutti abbiamo debolezze, tutti ne abbiamo, ciascuno le proprie. Quanto vorrei che le comunità parrocchiali in preghiera, all’ingresso di un povero in chiesa, si inginocchiassero in venerazione allo stesso modo come quando entra il Signore! Quanto vorrei questo, che si toccasse la carne di Cristo presente nei bisognosi di questa città”. Nelle parole di Francesco anche il grazie per gli operatori Caritas: “li sento come le mie mani”.

I vescovi della Bosnia Erzegovina e i reggenti di San Marino nella giornata di Francesco

Vescovi della Bosnia Erzegovina ricevuti per la visita “ad limina” e incontro con i Capitani reggenti della Repubblica di San Marino tra le udienze del Papa di oggi. “Sono ansioso di recarmi nella vostra Patria il prossimo 6 giugno”, ha detto il Papa ai presuli bosniaci ricordando il prossimo viaggio internazione in programma.

 

Francesco ha ricordato il carattere multiculturale della terra balcanica e ha parlato del problema che affligge molti suoi figli, soprattutto giovani, l’emigrazione, che evoca “la difficoltà del ritorno di tanti vostri concittadini, la scarsità di fonti di lavoro, l’instabilità delle famiglie, la lacerazione affettiva e sociale di intere comunità, la precarietà operativa di diverse parrocchie, le memorie ancora vive del conflitto, sia a livello personale che comunitario, con le ferite degli animi ancora doloranti. So bene – ha detto il Papa – che ciò suscita, nel vostro animo di Pastori, amarezza e preoccupazione”.

 

Ecco perché non bisogna “risparmiare” le “energie per sostenere i deboli, aiutare quanti hanno legittimi e onesti desideri di rimanere nella propria terra natale, sovvenire alla fame spirituale di chi crede nei valori indelebili, nati dal Vangelo, che lungo i secoli hanno alimentato la vita delle vostre comunità. Animati dal balsamo della fede, dal vostro esempio e dalla vostra predicazione, essi potranno rafforzare la propria determinazione al bene”.

 

Il Papa ha chiesto ai vescovi di “essere padri di tutti, pur nelle ristrettezze materiali e nella crisi in cui vi trovate ad agire. Il vostro cuore sia sempre largo ad accogliere ognuno, come il cuore di Cristo.   Ogni comunità cristiana – ha aggiunto – sa di essere chiamata ad aprirsi, a riflettere nel mondo la luce del Vangelo; non può rimanere chiusa soltanto nell’ambito delle proprie pur nobili tradizioni. Essa esce dal proprio ‘recinto’, salda nella fede, sostenuta dalla preghiera e incoraggiata dai propri pastori, per vivere e annunciare la vita nuova di cui è depositaria, quella di Cristo, Salvatore di ogni uomo. In tale prospettiva, incoraggio le iniziative che possono allargare la presenza della Chiesa al di là del perimetro liturgico, assumendo con fantasia ogni altra azione che possa incidere nella società apportandovi il fresco spirito del Vangelo”.

 

Serve perciò “promuovere una solida pastorale sociale nei confronti dei fedeli, specie i giovani, per far sì che si formino coscienze disposte a rimanere nei propri territori da protagonisti e responsabili della ricostruzione e della crescita del vostro Paese, dal quale non possono aspettarsi solo di ricevere. In questo lavoro educativo-pastorale, la dottrina sociale della Chiesa è di valido aiuto”.

 

“Il Papa e la Chiesa – ha detto Francesco – sono con voi con la preghiera e il fattivo sostegno dei vostri programmi a favore di quanti abitano i vostri territori, senza alcuna distinzione”. Per questo, ha detto poi, bisogna continuare nel lavoro ecumenico, partendo prima di tutto dall’unità della Chiesa: “Mi sono note – ha chiarito – le vicende storiche che rendono diversa la Bosnia dall’Erzegovina in molti ambiti. E tuttavia voi siete un corpo unico: siete i Vescovi cattolici in comunione col Successore di Pietro, in un luogo di frontiera. Pur se talvolta imperfetta, tale comunione va perseguita con vigore a tutti i livelli. Occorre agire in base all’appartenenza al medesimo Collegio Apostolico; altre considerazioni passano in secondo piano e vanno analizzate alla luce della cattolicità della vostra fede e del vostro ministero”.

 

Francesco ha inoltre incontrato i Capitani reggenti della Serenissima Repubblica di San Marino, Giancarlo Terenzi e Guerrino Zanotti, che poi hanno, come di consueto, avuto un incontro con il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin. Secondo quanto riferisce la Sala Stampa della Santa Sede, “durante i cordiali colloqui è stato espresso vivo compiacimento per i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica di San Marino, ed è stata sottolineata la fattiva collaborazione delle istituzioni pubbliche e della Chiesa in campo sociale. Infine, è stata sottolineata la proficua cooperazione fra la Santa Sede e la Repubblica di San Marino a livello bilaterale e nel contesto della comunità internazionale”.

Joseph Ratzinger, un teologo fedele al Magistero dei Papi

Era il 1972, il Concilio Vaticano II era stato appena concluso. Ed aveva aperto molte porte. Un Concilio pastorale certo, ma che dalla pastorale aveva investito molte questioni dottrinali. Che erano rimaste aperte. E non solo sul dialogo ecumenico o interreligioso, sulla libertà religiosa o sulla dottrina sociale, ma anche su temi più quotidiani come la famiglia.

Papa Francesco: non è ilpotere che ha costruito la Chiesa, ma il martirio

La confessione di Pietro non è per le sue capacità umane “ma perché era stato conquistato dalla grazia che Gesù sprigionava, dall’amore che sentiva nelle sue parole e vedeva nei suoi gesti: Gesù era l’amore di Dio in persona!” E così Paolo “capì che Gesù non era morto, ma vivo, e amava anche lui, che era suo nemico! Ecco l’esperienza della misericordia, del perdono di Dio in Gesù Cristo: questa è la Buona Notizia, il Vangelo che Pietro e Paolo hanno sperimentato in se stessi e per il quale hanno dato la vita. Misericordia, perdono!” E dice il Papa: “che gioia credere in un Dio che è tutto amore, tutto grazia!” Pietro, Paolo, e Andrea che “incontrò Gesù prima di Simone, e subito ne parlò al fratello e lo portò da Gesù” e oggi la tradizione di Andrea è a Roma grazie alla Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che ha come Patrono proprio l’Apostolo Andrea. Una preghiera speciale il Papa l’ha chiesta anche per gli arcivescovi che hanno ricevuto il Pallio questa mattina “simbolo di comunione e di unità.”

Oggi è stata pubblicata anche lettera con la quale il Papa invia il cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, come suo Inviato Speciale alla celebrazione conclusiva del IV centenario dell’arrivo dell’icona della Beata Vergine Maria a Budslau in Bielorussia il 5 e 6 luglio 2013. Il Cardinale Inviato Speciale sarà accompagnato da una Missione con P. Viktar Burlaka, O.F.M., parroco della parrocchia dell’Assunta a Budslau e custode del Santuario Mariano nazionale di Budslau e Don Uladzislau Zavalniuk, parroco della parrocchia dei Santi Simone ed Elena a Minsk.

Fede, amore, unità: Papa Francesco spiega ai vescovi il loro compito nella festa di San Pietro e Paolo

Poi la conferma nell’amore, che è l’unica arma della “battaglia” del cristiano. Non si tratta di armi umane ma è la battaglia del martirio. E l’arma del cristiano è “il messaggio di Cristo e il dono di tutta la sua vita per Cristo e per gli altri. Ed è proprio l’esporsi in prima persona, il lasciarsi consumare per il Vangelo, il farsi tutto a tutti, senza risparmiarsi, che lo ha reso credibile e ha edificato la Chiesa. Il Vescovo di Roma è chiamato a vivere e confermare in questo amore verso Cristo e verso tutti senza distinzioni, limiti e barriere.” Infine l’unità, che è comunione. “E la vostra presenza oggi, cari Confratelli, è il segno che la comunione della Chiesa non significa uniformità” spiega il Papa rileggendo i testi del Concilio. “Nella Chiesa- ricorda il Papa- la varietà, che è una grande ricchezza, si fonde sempre nell’armonia dell’unità, come un grande mosaico in cui tutte le tessere concorrono a formare l’unico grande disegno di Dio” e dice, dobbiamo andare verso la sinodalità e unirsi nelle differenze. “E questo deve spingere a superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa. Uniti nelle differenze: questa è la strada di Gesù!” Il Pallio è segno della comunione nella Chiesa e con Pietro, il vescovo di Roma, con la Chiesa universale, “è anche un impegno per ciascuno di voi ad essere strumenti di comunione.” Conclude il Papa: “Confessare il Signore lasciandosi istruire da Dio; consumarsi per amore di Cristo e del suo Vangelo; essere servitori dell’unità. Queste, cari Confratelli nell’episcopato, le consegne che i Santi Apostoli Pietro e Paolo affidano a ciascuno di noi, perché siano vissute da ogni cristiano.”

La lana del Palio è quella degli agnelli che vengono presentati al Papa il giorni di Sant’ Agnese il 21 gennaio. Il Pallio è un’insegna liturgica d’onore e di giurisdizione che viene indossata dal Papa e dagli Arcivescovi Metropoliti nelle loro Chiese e in quelle delle loro Province. Il Pallio destinato agli Arcivescovi metropoliti è costituito da una stretta fascia di stoffa, tessuta in lana bianca, decorata da sei croci in seta nera. La liturgia è stata particolarmente solenne, il Papa ha usato la ferula di Benedetto XVI e il Vangelo è stato cantato in latino, come tutto il rito della imposizione del Pallio all’inizio della celebrazione. Al termine della messa il Papa e il Patriarca sono scesi davanti alla nicchia che corrisponde alla tomba di San Pietro.

Particolare la partecipazione del Thomanerchor, il Coro della Thomaskirche di Lipsia – la chiesa di Bach – che ha animato la Liturgia e che costituisce un’ulteriore presenza ecumenica, ha ricordato il Papa. Ieri sera il coro insieme a quello della Cappella Sistina ha tenuto un concerto alla presenza del Cardinale Bertone che ha salutato così l’evento: “Ciò che nel cristianesimo è stato separato per vicende storico-politiche e per diverse comprensioni della Rivelazione ha in fondo mantenuto profonda unità nell’arte e può continuamente trovare anche oggi punti di incontro fecondi nell’intelligente frequentazione delle fonti comuni.”


Il Papa: il dialogo con la Chiesa Ortodossa non si basa sul “minimalismo teologico”

C’è chi dice che l’ecumenismo si fa anche a tavola, e la cosa deve piacere a Papa Francesco che oggi, dopo l’udienza di rito, ha invitato a pranzo la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, giunta come da tradizione a Roma in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Ioannis (Zizioulas), Metropolita di Pergamo, co-presidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, il Vescovo di Sinope Athenagoras (Peckstadt), assistente del Metropolita di Belgio, e l’Archimandrita Padre Prodromos Xenakis, vice segretario del Santo Sinodo Eparchiale della Chiesa di Creta avevano incontrato il Papa per lo scambio dei discorsi. “Di Sua Santità Bartolomeo I – ha detto il Papa- ricordo con fraterno affetto anche il gesto di squisita attenzione nei miei confronti, quando ha voluto onorarmi con la sua presenza nella Celebrazione di inizio del mio ministero di Vescovo di Roma.”

La prima enciclica di Francesco, l’enciclica dei “due Papi”

La Chiesa attende la prima storica Enciclica scritta da due papi “ancora viventi”. Un evento davvero eccezionale che apre nuove frontiere nel panorama della cultura ecclesiale del terzo millennio. Fidem servavi, “Ho conservato la fede”, probabilmente si chiamerà così la quarta enciclica di Benedetto XVI e la prima di Papa Francesco, che molto probabilmente dovrebbe essere pubblicata il prossimo autunno. “Dicono che sia scritta a quattro mani, – ha spiegato Papa Francesco durante una pubblica udienza – ma Benedetto me l’ha consegnata. È un documento forte e io scriverò solo che ho ricevuto questo grande lavoro. Spiegherò che lui l’ha fatto e io l’ho portato avanti”. Grande umiltà in Benedetto XVI, Pontefice emerito, nel consegnare il testo alla Chiesa senza pretenderne il patrocinio o un riconoscimento ufficiale (e chi ama scrivere può comprendere bene il gesto di gratuità espresso da Ratzinger), ma nello stesso tempo viene fuori anche l’umiltà di Papa Francesco, che sceglie con altrettanta semplicità di riconoscere i meriti del suo predecessore – come lui stesso dichiara – il giorno in cui verrà pubblicata l’Enciclica.

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