Che bisogno c’era…

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.12.2023 – Vik van Brantegem] – … di un documento, oltre che essere eretico, zeppo pieno di errori teologici, liturgici e pastorali? Dopo la pubblicazione della dichiarazione Fiducia supplicans [QUI] “sul senso pastorale delle benedizioni” del Dicastero per la Dottrina della Fede del 18 dicembre 2023, la regina delle domande è: che bisogno c’era di promulgare un tale documento, che peraltro pullula di errori teologici, liturgici e pastorali, che sono già stati evidenziati da diversi teologi seri.

«Le benedizioni per le coppie gay sono blasfeme»

Ieri, il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha preso una posizione netta, di critica radicale, con un documento pubblicato in esclusiva per l’Italia da La Nuova Bussola Quotidiana [QUI].

«Il problema a cui risponde Fiducia supplicans non esiste»

In un post su Facebook, Costanza Miriano ha scritto: «Mi sono ricordata solo ora che qualche giorno fa due uomini che stanno insieme da anni – li vedo spesso nel quartiere – erano a messa. Hanno partecipato pienamente a tutta la liturgia, tranne il fatto che non hanno preso il corpo di Gesù fisicamente, e non perché qualcuno glielo abbia impedito. Semplicemente, si sono seduti al momento della comunione. Sono rimasti fino alla fine pregando con tutta la comunità. Al termine della Messa hanno preso la benedizione, esattamente come tutti gli altri presenti. Io non sapevo che fossero cattolici e mi ha commosso il loro essere lì, e con un atteggiamento davvero consapevole (lo vedi se uno è alla Messa scocciato oppure distratto come a volte capita a me). Se il punto della benedizione in questione è l’incoraggiamento e l’aiuto nella vita e nella fede, quello tutte le persone – anche che vivono in uno stato di peccato – possono già averlo dalla Chiesa, che è una madre accogliente, sempre, con tutti i peccatori che non pretendano approvazione del peccato. Il problema a cui risponde il pronunciamento semplicemente non esiste».

Dopo i contributi i Miguel Cuartero [QUI], Roberto de Mattei [QUI] e Don Davide Pagliarani [QUI], oggi riportiamo le valutazioni teologiche di Guy Fawkeslein, nell’articolo La dichiarazione Fiducia supplicans. Alcune considerazioni, pubblicato sul sito Desde mi campanario.

Il punto cruciale della questione è, che un Papa può avere tutto il potere che si vuole, ma ci sono cose per cui non ha l’autorità di farle, per esempio eliminare un comandamento. Perché, di fatto, la dichiarazione Fiducia supplicans elimina il sesto comandamento dal Decalogo: non c’è più alcun peccato che possa essere sanzionato, dal momento che ogni pratica sessuale merita di essere benedetta.

E il colmo è, che lo fa proprio il 18 dicembre 2023, quando nella liturgia del Rito romano si canta l’antifona O Adonai (O Signore), che è la seconda delle Antifone maggiori dell’Avvento, dette anche Grandi Antifone. È usata nel secondo giorno della seconda parte dell’Avvento, come Antifona al Magnificat nei Vespri e come Canto al Vangelo nella Messa:

Alleluia, alleluia.
O Adonai,
et dux domus Israël,
qui Moyse in igne flammae rubi apparuisti,
et ei in Sina legem dedisti:
veni ad redimendum nos in brachio extento.

[O Signore,
guida della casa d’Israele,
che hai dato la Legge a Mosè sul monte Sinai:
vieni a liberarci con braccio potente]
Alleluia.

La dichiarazione Fiducia supplicans
Alcune considerazioni
di Guy Fawkeslein
Desde mi campanario, 18 dicembre 2023

(Nostra traduzione italiana dallo spagnolo)

È stato pubblicato oggi un documento della Santa Sede, con la categoria di Dichiarazione autorizzata e firmata dal Papa, dal titolo Fiducia supplicans.

Questo documento ha suscitato – non senza motivo – un malcontento generale tra i Cattolici (pastori e laici) che amano la Chiesa di Cristo, Una, Santa, Cattolica e Apostolica.

Sul medesimo tema, Fiducia supplicans ha il suo antecedente più immediato in un responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede del 22 febbraio 2021 scritto dal Cardinal Ladaria e firmato da Papa Francesco. Alla domanda “La Chiesa ha il potere di impartire la benedizione alle unioni di persone dello stesso sesso?” La risposta data è stata NEGATIVA. Ed è seguita da una nota esplicativa che motiva il suddetto diniego.

Ora, troviamo un documento che amplia la possibilità di impartire la benedizione non solo alle persone con tendenze omosessuali ma anche agli adulteri impenitenti.

Di questo documento sono recuperabili solo i primi 11 numeri, che raccolgono “suo modo” la dottrina tradizionale del matrimonio e dei riti liturgici che esso comporta. Tuttavia, dal numero 12 in poi comincia a verificarsi una cascata di imprecisioni, ambiguità ed emotività che rasentano l’eresia, se non ad un certo punto la superano.

Prima di entrare nel contenuto di Fiducia supplicans è necessario chiarire alcune domande sulla teologia della benedizione e della supplica:

1. Ci collochiamo nel campo dei sacramentali, che sono un’azione liturgica che si costruisce nello stile e nell’imitazione dei sacramenti istituiti dalla Chiesa e ricevono la loro efficacia dalla fede e dalla preghiera della Chiesa.

2. Un sacramentale può avere o meno un proprio rituale, poiché la sua efficacia proviene dalla preghiera della Chiesa ed è stato da essa istituito, non sempre è necessario un rito espresso al quale sia legata l’efficacia sacramentale. Ecco perché, indipendentemente dal fatto che si abbia un rituale o meno a portata di mano, una benedizione di una persona o una benedizione di un oggetto, purché siano invocazioni, saranno sempre valide.

3. Tra i diversi sacramentali spiccano le benedizioni che possono essere invocative o costitutive:
a) per benedizione invocativa si intendono quelle che chiedono una grazia a Dio su una persona o un oggetto senza volerne alterare la natura o l’essenza (ad esempio la benedizione di una casa o la benedizione di un bambino);
b) per benedizione costitutiva si intende l’invocazione a Dio affinché effonda la grazia su una persona o su un oggetto per alterarne l’essenza, la natura o il significato (ad esempio, professione religiosa o benedizione dell’altare).

4. Quindi, la differenza fondamentale riguardo all’efficacia del sacramentale è che esso richiede la fede e la buona disposizione del soggetto o l’idoneità dell’oggetto che viene benedetto e la fede del ministro che celebra l’azione sacramentale poiché si tratta di un’azione efficace ex opere operantis e non ex opere operato propria dei sette sacramenti.

Ciò detto, nel numero 12 si legge: «ci porterebbe a pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali che si chiedono per la ricezione dei sacramenti».
Qui sta il primo errore, poiché le benedizioni richiedono disposizioni personali che non sono richieste per i sacramenti in vista dell’efficacia sacramentale. Ad esempio, per battezzare un bambino non è necessaria né la fede del bambino né la coscienza del bambino. Mentre per benedire una persona è necessaria la fede di chi sta per essere benedetto.

Nel numero 23 si legge: «Quando queste espressioni di fede vengono considerate al di fuori di un quadro liturgico, ci si trova in un ambito di maggiore spontaneità e libertà».
Questo è un altro errore: non esiste benedizione al di fuori di un quadro liturgico perché ogni benedizione è un sacramentale della Chiesa, una actio liturgica.

E quindi questo numero porta ad un secondo errore che ritroviamo nel numero 24: «Considerate dal punto di vista della pastorale popolare, le benedizioni vanno valutate come atti di devozione che «trovano il loro spazio al di fuori della celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti».
L’errore, ancora, è considerare le benedizioni come un gesto di pietà popolare e non per quello che realmente sono: azione liturgica, azione sacra anche quando la loro esigenza è posta dalla pietà popolare e semplice di un laico o dalla superstizione (in questo caso sarà il ministro a dover giudicare e reindirizzare l’intenzione del laico).

I numeri 25 e 35 raccolgono i temi tipici di questo pontificato: «La Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari» (25) e «Perciò, la sensibilità pastorale dei ministri ordinati dovrebbe essere educata anche ad eseguire spontaneamente benedizioni che non si trovano nel Benedizionale» (35).
Insomma, per evitare la rigidità (fedeltà) bisogna cadere nel liberalismo liturgico e nella disobbedienza condannata da Sacrosantum Concilium. Ricordando che nel caso in cui non si abbia a disposizione un rito per impartire la benedizione dell’invocazione, sarà valida qualsiasi formula che non contraddica la fede della Chiesa.

Nel numero 26 viene manipolata la nota dottrinale del 2021 già citata. E nel numero 28 si sostiene, utilizzando la benedizione degli anziani come giustificazione, che le persone possono essere benedette affinché non si sentano escluse. È un’argomentazione forzata e fuori luogo.

I numeri 30 e 33 sono un deleterio veleno relativistico e sentimentale: «la prudenza e la saggezza pastorale possono suggerire che, evitando forme gravi di scandalo o confusione fra ai fedeli, il ministro ordinato si unisca alla preghiera di quelle persone che, pur in una unione che in nessun modo può essere paragonata al matrimonio, desiderano affidarsi al Signore e alla sua misericordia» (30) e prosegue nel numero 33: «È questa una benedizione che, benché non inserita in un rito liturgico [errore teologico già segnalato], unisce la preghiera di intercessione all’invocazione dell’aiuto di Dio di coloro che si rivolgono umilmente a lui».

Ma sarà proprio nel numero 31 che culminerà la prevista apertura: «Nell’orizzonte qui delineato si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio. In questi casi, si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo».

Questo paragrafo è il pozzo di tutte le errori sopra menzionati:
a) Una benedizione invocativa non necessita di un rituale.
b) Ogni benedizione è un atto liturgico.
c) Dio non può benedire una situazione di peccato.
d) Da una situazione moralmente cattiva o innaturale non può derivare nulla di buono.

Se si vuole far sì che queste relazioni extraconiugali “possano maturare e crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre maggiore dell’amore divino”, esse devono essere accompagnate alla SACRAMENTO DELLA PENITENZA, che è quello che è stato istituito da Nostro Signore per rimediare e guarire questi casi, siete feriti dell’anima.

Nel numero 38 leggiamo: «Per questa ragione non si deve né promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare, ma non si deve neppure impedire o proibire la vicinanza della Chiesa ad ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una semplice benedizione. Nella breve preghiera che può precedere questa benedizione spontanea, il ministro ordinato potrebbe chiedere per costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo ed aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà».

Troviamo ora una contraddizione: da un lato non esiste un rituale con formule fisse (abbiamo già detto che in un’invocazione non era necessaria la benedizione) ma dall’altro si insinua che debbano esserci parole e gesti (verba gestaque) gli elementi propri di ogni azione liturgica e sacramentale. E ciò che dovrebbe essere richiesto in quella “breve preghiera che possa precedere questa benedizione spontanea” sono cose che possono essere richieste da chiunque senza ulteriori indugi. Quando ciò di cui queste persone hanno veramente bisogno è la grazia di Dio che fa loro vedere la loro situazione di peccato e ispira loro una contrizione perfetta che li porta a cambiare vita (ma questo non è più richiesto, non è moderno).

Nel numero 39 leggiamo: «proprio per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso».

In sostanza, questo paragrafo scredita l’intero documento, sia nei contenuti che nelle intenzioni, e riduce le situazioni irregolari a qualcosa di vergognoso ma condonato perché non c’è altra scelta (poverini).

Il documento parte, come siamo abituati, dallo iato tra teologia e pastorale, da un positivismo giuridico di fronte alla legge naturale. Il che lo rende povera e ingiusta perché non aiuta le anime a convertirsi e a vivere l’amore di Dio e dell’amore di Dio. Ammette il peccato come status quo permanente e si arrende all’impossibilità di uscirne. La grazia di Dio viene annullata o tutt’al più viene presentata come auto-aiuto all’uomo peccatore condannato a vivere nel suo peccato senza possibilità di ribaltare la situazione.

Errori teologici, liturgici e pastorali di cui vedremo gli effetti dannosi a breve termine.

Dio perdoni i suoi autori e il suo firmatario.

«I capricci di un Prefetto vanesio
stanno facendo perdere l’Africa
a Papa Francesco»
(Matteo Matzuzzi).

La Chiesa Cattolica celebra il 3 giugno la memoria dei Santi Carlo Lwanga e 12 compagni, martiri ugandesi, tra i quattordici e i trent’anni di età, che vennero uccisi in maniera atroce nel 1886 a Namugongo in Uganda. Furono martirizzati non tanto perché Cristiani ma perché il rifiutarono, in quanto Cristiani, di accondiscendere ai desideri omosessuali del Re di Buganda, Mwanga II.

Foto di copertina: «Ha santificato le nozze di Cana con la Sua presenza…».

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