Hombre solitario y final

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.12.2023 – Vik van Brantegem] – Ieri, dopo la giornata infausta del 16 dicembre con la condanna di un’innocente al Tribunale vaticano, è stato dato un altro pessimo annuncio: l’aggregatore para vaticano Il Sismografo, ha chiuso. La decisione è stata comunicata dal Direttore Luis Badilla, con una Postilla, che abbiamo riportato ieri [QUI]. La reazione del mondo della comunicazione vaticanista è unanime: si tratta veramente di una grande perdita, perché tutti abbiamo beneficiato dal lavoro svolto da Il Sismografo, dalla sua redazione e dal suo Direttore in particolare.

Oggi, anche l’amico e collega Marco Tosatti – con cui siamo quasi coetanei di Luis Badilla e «di cui comprendiamo perfettamente le ragioni» – ne scrive: «Possiamo dire che si tratta veramente di una grande perdita, perché al di là di valutazioni talvolta contrastanti – in particolare sulla figura e l’operato del Pontefice regnante, anche se ci sembra di cogliere in qualche frase una maggiore vicinanza di un tempo alle posizioni critiche di cui Stilum Curiae è latore rispetto alla gestione della Chiesa e del potere operati da Bergoglio – Il Sismografo ha dimostrato grade libertà in molte occasioni. A Luis (…) un grande grazie per il lavoro svolto (…) e un abbraccio. Da ieri ci sentiamo più soli, in questa battaglia».

Della chiusura de Il Sismografo ha scritto ieri anche Franca Giansoldati in un articolo su Il Messaggero, che riportiamo di seguito, insieme di due contributi di altri due firme di peso, Andrea Gagliarducci su Monday Vatican e Lucetta Scaraffia su La Stampa.

«Nel caso del Cardinal Becciu non si è arrivati al principio giuridico In dubio pro reo [Nel dubbio, [si giudica] in favore dell’imputato]. È bastato Si insinuationis contra reum [Se insinuazione, (si giudica] contro l’imputato]» (Andrea Paganini).

  • Da umile gesuita a papa-re della Chiesa. La parabola di Francesco finto innovatore di Lucetta Scaraffia su La Stampa, 18 dicembre 2023
  • Papa Francesco, un compleanno che sa di bilanci di Andrea Gagliarducci su Monday Vatican, 18 dicembre 2023
  • Chiude Il Sismografo, voce critica del pontificato di Francesco. Ha evidenziato limiti e criticità per il futuro di Franca Giansoldati su Il Messaggero, 17 dicembre 2023
Papa Francesco festeggia il suo 87° compleanno dopo l’Angelus Domini, 17 dicembre 2023.

Papa Francesco, un compleanno che sa di bilanci
di Andrea Gagliarducci
Monday Vatican, 18 dicembre 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Papa Francesco si sta affrettando a consolidare la sua eredità. Almeno, sembra avere sempre più fretta di lasciare un’eredità. È già annunciato un grande libro in molte lingue sulla sua vita e sugli avvenimenti storici che la caratterizzarono, con una spinta di marketing davvero senza precedenti per un Papa. Francesco ha anche fatto sapere – nell’ennesima intervista all’emittente messicana Televisa [QUI] – che modificherà i riti funebri dei pontefici e ha già provveduto alla sua sepoltura nella basilica romana e papale di Santa Maria Maggiore. Non solo.

Questa stessa settimana è stata resa nota una lettera del papa ai dipendenti della Segreteria per l’Economia, nella quale ribadiva la validità delle riforme economiche e metteva in risalto le linee guida per gli investimenti [QUI]. Quella lettera del Papa è stata pubblicata quasi contemporaneamente a un’altra lettera, questa volta del Cardinale Pietro Parolin, che – con un altro atto di ingerenza senza precedenti – ha ribadito al Promotore di Giustizia vaticano il suo desiderio di vedere il processo vaticano concludersi con la condanna dei colpevoli. La suddetta lettera del Segretario di Stato è talmente irregolare, che può essere spiegata solo come una risposta alla volontà del Papa, o almeno a quella che il Cardinale Segretario di Stato riteneva fosse la volontà del Papa.

Queste notizie della scorsa settimana segnalano un’ulteriore accelerazione nella volontà del Papa di “confezionare” il lavoro svolto e tenerlo al sicuro. C’è l’intenzione di indicare un percorso e renderlo permanente.

In definitiva, rispondono a questa logica anche le frequenti risposte del Dicastero per la Dottrina della Fede sui temi più disparati. Il Cardinale Víctor Manuel Fernández collega costantemente le sue decisioni con riferimento non solo al magistero ordinario di Papa Francesco ma anche alle passate dichiarazioni del Cardinale Jorge Mario Bergoglio. L’ultimo di questi documenti, sull’accesso alla comunione per le madri single, chiarisce davvero il punto [QUI].

Papa Francesco, che ha festeggiato il suo 87° compleanno il 17 dicembre, è uno dei Papi più anziani della storia.

Papa Francesco è anche un Papa che ha legato strettamente il suo insegnamento alla sua persona e alle sue decisioni personali. Non è del tutto corretto dire che il suo pontificato sia stato anti-dottrinale. Nessuno dei suoi insegnamenti è stato contrario all’insegnamento stabilito – certamente non a parole – e tutti sono suscettibili di costruzione ortodossa.

Papa Francesco ha invece condotto un pontificato personalista. Tutte le sue decisioni si riferiscono alla sua esperienza di se stesso, al suo modo di essere e al suo punto di vista. Con Papa Francesco, la Chiesa e i suoi insegnamenti sembrano essere messi in secondo piano. Tutto si riferisce, inevitabilmente, a lui. Si tratta infatti di un approccio diverso.

Inoltre, Papa Francesco collega le riforme alle sue decisioni personali, che poi giustifica dicendo che aveva avuto un mandato e che rispetta la volontà di chi gli ha affidato il mandato. La riforma della Curia romana, ad esempio, sarebbe un desiderio emerso durante gli incontri pre-conclave. Ma si trattava di una riforma della Curia? Si è trattato di una riforma della Curia ancora più audace? Era l’idea di mettere da parte la Curia, come ha fatto Papa Francesco, tagliando fuori tutti i corpi intermedi?

La riforma della Curia romana mirava a dare meno peso al governo centrale. Il primo sacrificio su questo altare della Segreteria di Stato – sempre più emarginata dal Papa – va di pari passo con il tema della sinodalità, subito sviluppato anche da Papa Francesco. Siamo ormai su un grande cammino sinodale voluto dal Papa, eppure lo stesso Papa Francesco ha affermato che la richiesta di riflettere sul percorso sinodale era solo al secondo posto nei sondaggi che chiedevano quale tema scegliere per l’Assemblea sinodale.

Il sospetto è che il Papa utilizzi questi temi per giustificare la sua condotta di governo, e non viceversa. Ha un modus procedendi, ma non ha una visione strategica. Le riforme avvengono per tentativi ed errori, con passi avanti e passi indietro e grande confusione da parte di chi deve applicare la riforma o addirittura capirla.

Papa Francesco probabilmente sa che quello che ha lasciato è tutt’al più provvisorio – qualcosa di nucleare – un’idea da cui partire in qualche modo. Anche la riforma della Curia è stata ad interim, ed è già stata più volte modificata da leggi speciali, a soli due anni dalla sua pubblicazione. Nel modo di fare di Francesco, le riforme strutturali sono temporanee. Li cambia frequentemente, spesso attraverso Motu proprio e Lettere apostoliche. Anche molti insegnamenti del Papa sono provvisori, a cominciare dal rispetto del Concilio Vaticano II, che può essere interpretato e applicato in vari modi.

È fondamentale, tuttavia, riconoscere che la recente accelerazione fa seguito a una conclusione durata molti anni. Potrebbe essere diventato inequivocabilmente evidente con la morte di Benedetto XVI, ma non è iniziato lì. La morte di Benedetto XVI ha permesso di completare un ricambio generazionale. Ancora, il Motu proprio Traditionis custodes, che di fatto ha abolito la liberalizzazione del rito tradizionale voluta da Benedetto XVI, ha preceduto la morte del Papa emerito. Papa Francesco ha inviato il Motu proprio, ne ha dato un’interpretazione univoca e ha costretto tutti ad adeguarsi, anche quelle diocesi che hanno dato grandi frutti dopo la liberalizzazione del rito tradizionale.

Con il processo vaticano giunto alla conclusione, mentre tutti dubitavano sia della solidità delle riforme economiche del Papa sia della giustizia fondamentale dell’apparato giudiziario istituito da Francesco allo scopo di portare il Cardinal Becciu, e altri, al processo in un tribunale penale dello Stato della Città del Vaticano, ecco qualcosa che mette queste riforme nero su bianco.

Un altro esempio del desiderio del Papa di guidare il dibattito è, che è intervenuto all’Assemblea sinodale, nel suo spagnolo nativo, offrendo assicurazioni sulla qualità del processo, mettendo di fatto a tacere tutte le voci contrarie o comunque perplesse sul percorso sinodale.

Papa Francesco ora ha deciso di fare un passo ulteriore. Cambiare i riti funebri del Papa significa mettere mano ad una tradizione cresciuta nei millenni. Il rito funebre del Papa non è per la magnificenza del Papa, ma per permettere alle persone di rendere omaggio a Pietro e mettere tutta la Chiesa in preghiera per l’elezione del successore di Pietro. Semplificare il rito significa considerare il rito come un modo per mostrare un privilegio. Questo non è certamente il caso.

Papa Francesco ha utilizzato un’intervista televisiva per annunciare la sua decisione di cambiare il rito funebre e la decisione di essere sepolto a Santa Maria Maggiore. Si può perdonare l’impressione che sia attraverso le interviste – sempre più frequenti – che Francesco voglia essere presente nel dibattito. Francesco vuole che si parli di lui. Vuole anche dire quello che pensa da una piattaforma estranea al mondo ecclesiastico. Forse perché pensa che una simile piattaforma lo proteggerà dalle accuse che arrivano dall’interno, dove le sue manovre intra-ecclesiastiche sono meglio comprese. Il risultato, però, è la storia di una Chiesa che esiste solo in situazioni estreme.

Viene da chiedersi se le madri single si sentano scoraggiate dal ricevere la comunione a causa della rigidità di alcuni pastori e fedeli. Questo può essere vero in alcuni casi, ma la verità è che nelle piccole comunità la comunione praticamente non viene mai negata, a meno che non ci sia uno scandalo grave.

Viene da chiedersi se tutti i sacerdoti siano malati di rigidità, se ci siano tanti sacerdoti arretrati, e se basti ammettere che ci sono tanti sacerdoti buoni, così da non offendere i pastori che da anni sono presenti sul territorio.

Viene da chiedersi se la Chiesa contro cui Papa Francesco si batte non sia la struttura attuale ma l’idea che il Papa ha della struttura, nozione anch’essa che in alcuni casi non corrisponde alla realtà. Il Papa risolve il problema alla radice, accentrando tutto su di sé.

Siamo, del resto, nella statio orbis del 27 aprile 2020, quando il Papa salì da solo sul sagrato della Basilica di San Pietro, nel pieno della pandemia. Il Papa era lì, hombre solitario y final. Mancava la Chiesa.

La domanda fondamentale è: l’eredità del Papa sarà salvaguardata in questo modo? O è solo messo più in dubbio?

Da umile gesuita a papa-re della Chiesa
La parabola di Francesco finto innovatore
di Lucetta Scaraffia
La Stampa, 18 dicembre 2023

  • La condanna di Becciu è il successo del Pontefice che ha cambiato le regole in corsa pur di vincere. Ma sono tante le contraddizioni di Bergoglio che ha deciso di comandare come un re della Chiesa
  • Si è costruito l’immagine pubblica del riformatore grazie all’aiuto dei media e sfruttando la crescente ignoranza della tradizione religiosa
  • Ha dichiarato che bisogna dare la comunione alle ragazze madri. Ma mi chiedo, chi mai gliel’aveva tolta?

Non c’è dubbio che per papa Francesco il più bel regalo di compleanno sia stata la sentenza che condanna il cardinale Becciu. Tre anni fa l’aveva dichiarato colpevole in base alle accuse di un settimanale, togliendogli le cariche che aveva e le prerogative cardinalizie, sicché per Bergoglio sarebbe stato veramente grave se il lungo e tormentato processo che ne è seguito si fosse concluso con un’assoluzione. In realtà il rischio c’era, ed era forte, perché Becciu è stato condannato per colpe sulle quali a giudizio di quasi tutti gli osservatori presenti alle lunghe sedute processuali , il dibattimento ha gettato molti dubbi decisivi: e questo nonostante il papa stesso sia intervenuto ben quattro volte durante il processo a cambiarne le regole per renderle più utilizzabili a danno dell’imputato. Tutti sanno che in uno stato di diritto cambiamenti di questo tipo non sono ammissibili a procedimenti già in corso, ma in Vaticano il papa re ha sempre ragione e lo stato di diritto è evidentemente una merce sconosciuta.

Quanto appare diverso, oggi, Jorge Mario Bergoglio dal pontefice eletto dieci anni fa: quando per la prima volta saliva al soglio di Pietro un gesuita, proveniente da un continente non europeo, l’America latina. Egli si presentò inizialmente quasi come un modesto prete di città, che non riusciva ad abituarsi al lusso del Vaticano, all’isolamento dal mondo comune a cui lo destinava l’altissima carica. Scelse di abitare in un albergo, di muoversi con un’auto modesta, di viaggiare portando a mano in una vecchia borsa il suo bagaglio di carte varie. Tutte scelte che stupirono e in generale piacquero molto, tranne che in Vaticano dove non mancarono di creare molte complicazioni cerimoniali nonché molti problemi relativi alla sicurezza del pontefice. Così cominciò subito la sua contrapposizione al mondo curiale, che Bergoglio stesso ha provveduto ad esacerbare con atti di riforma confusi e spesso contraddittori. In sostanza un papa che in pubblico parla tanto di spirito sinodale all’interno del suo piccolo Stato ha avviato pratiche di comando da papa re, ignorando gli organi tradizionali che avrebbero dovuto condividere le sue scelte – in primis la Segreteria di Stato – per sostituirli con persone scelte personalmente, spesso al di fuori delle gerarchie ecclesiastiche e spesso dopo un breve lasso di tempo licenziate.

Ma l’effetto di questo modo autocratico di governare si è visto solo con il passare del tempo.

Nei primi anni una serie di interventi imprevisti e felici – come la partenza per Pantelleria subito dopo il naufragio costato la vita a tanti migranti – gli hanno assicurato la simpatia del pubblico e disposto gli animi a molte speranze. Un papa con il cuore in mano, intenzionato a riformare la chiesa, ad aprirla ai nuovi tempi e a rimediare a molti errori del passato: questa è stata nei primi anni l’immagine pubblica di Bergoglio. Costruita anche con molte abili interviste, con presenze televisive in programmi di successo non necessariamente religiosi, con un susseguirsi di libri di facile lettura.

La sua enciclica più nuova e importante è stata senza dubbio la Laudato sì, in cui il Papa ha abbracciato il progetto della lotta ambientalista, accettandone in modo un po’ acritico le tesi, ma operando una innovazione importante. Francesco infatti ha messo davanti agli occhi di tutto il mondo una realtà nascosta: cioè che a pagare i costi dell’inquinamento non erano i paesi ricchi, dove si alzavano le voci di allarme, ma i poveri che tacevano perché non avevano la forza e i mezzi per ribellarsi. Questa è stata senza dubbio la sua stagione più felice. Anche se già allora emerse quella che è diventata poi la consueta reazione ai suoi interventi: Francesco piace di più ai non credenti che ai cattolici, non credenti che peraltro non per questo sembrano minimamente attratti dalla religione cattolica. Perlomeno in Europa le chiese infatti si svuotano sempre più in fretta, e la Chiesa assume sempre più l’aspetto di una istituzione alla deriva.

Certo, si tratta di una crisi in cui di sicuro c’entra non poco lo scandalo degli abusi sessuali su minori e su religiose emersi in numero sempre crescente. Rispetto a questo problema, Bergoglio ha scelto una strategia si direbbe a lui familiare: a parole condanne durissime, nella realtà appoggio sostanziale e perfino dichiarazioni di solidarietà quando gli abusatori sono suoi amici. Proprio come succede con le donne: solenni dichiarazioni sulla loro importanza nella vita della Chiesa, sulla necessità di aprire loro ruoli importanti, ma poi nella pratica assegnazione ad esse di cariche non troppo influenti, e le designate scelte sempre per la loro obbedienza. Mai ha pensato neppure lontanamente, ad esempio, di aprirsi all’ascolto delle associazioni di religiose combattive e piene di idee che potrebbero dare un vero contributo alla Chiesa. Con le donne Bergoglio ha spesso anche applicato un metodo usato per altri temi: proclamare come aperture innovative fondamentali trasformazioni che in realtà sono già in atto da anni, come ad esempio la nomina delle donne al lettorato. La stessa cosa è accaduta anche a proposito della possibilità di battezzare i trans: quando mai infatti un cristiano ha rifiutato il battesimo a una persona che voleva cambiare vita accettando la morale cattolica? Ancora: ha proclamato che bisogna dare la comunione alle ragazze madri: ma mi chiedo, chi mai gliela aveva tolta? Il fatto è che la crescente ignoranza della tradizione religiosa da un lato e una stampa molto compiacente dall’altro, gli permettono abitualmente di celebrare ognuna delle dichiarazioni suddette come altrettante aperture innovative.

In politica estera, infine, dove si è impegnato molto spesso, ha avuto successo, direi, solo la felice definizione del Papa di “terza guerra mondiale a pezzi”, mentre i suoi tentativi di mediazione hanno rivelato la sua difficoltà a nutrite prospettive diverse da quella tipiche di un argentino imbevuto di pregiudizi antiamericani.

In realtà Francesco è stato molto abile ad evitare temi che suscitano polemiche, come quelli relativi alla bioetica, sui quali infatti si è pronunciato assai raramente e sempre in modo rigorosamente tradizionale. Solo la sua consolidata immagine pubblica di innovatore ha fatto sì che i media lasciassero ogni volta cadere nell’ombra queste affermazioni, così come è avvenuto per esempio per quelle contro l’aborto.

Dopo quasi undici anni, insomma, i nodi di un pontificato spesso contraddittorio, che ha liquidato una tradizione curiale che pure qualche merito forse lo aveva se la Chiesa esiste da duemila anni, stanno venendo tutti al pettine. E purtroppo rendono più difficili questi anni a un uomo ormai anziano e ammalato, al quale comunque non si può che augurare di riuscire a non lasciare troppi problemi aperti al suo successore.

Chiude Il Sismografo, voce critica del pontificato di Francesco
Ha evidenziato limiti e criticità per il futuro
di Franca Giansoldati
Il Messaggero, 17 dicembre 2023


L’ultima postilla, precisa come un laser, Luis Badilla, il direttore, l’ha firmata stamattina per chiudere il blog para-vaticano più informato e attento della Chiesa di Papa Bergoglio: Il Sismografo, la sua creatura, certamente verrà ricordata come la voce più libera e fuori dal mainstream ecclesiastico che ci sia mai stata negli ultimi tempi, lontana anni luce dalle letture paludate e di comodo. Per più di dieci anni il blog para vaticano era un punto di riferimento del mondo diplomatico, curiale e giornalistico, consultato anche a livello internazionale. Una occhiata al rullo e dalle norizie raccolte sul web provenienti da diocesi, media, cardinali, vescovi era possibile avere un quadro di riferimento di quello che bolliva in pentola in quel momento.

Lo stop al Sismografo è stato dettato da varie ragioni: la malattia, l’età del direttore, l’assenza di fondi. Tuttavia avanza anche il sospetto che vi siano anche state, dietro le quinte, pressioni curiali per silenziarlo. Perché ad un certo punto Il Sismografo era divenuto decisamente scomodo, una sorta di contraltare, visto che con pignoleria indicava le falle del pontificato con notizie verificate e commenti pertinenti.

«Il Sismografo si ferma qui – scrive Badilla – Abbiamo preso questa decisione già qualche settimana fa ma abbiamo voluto aspettare fino al momento delle prime notizie attendibili sulla sentenza del processo che coinvolge il cardinale Angelo Becciu. Questa vicenda dolorosa iniziata ben oltre due anni fa, per noi, per i nostri lettori, nonché per la Chiesa tutta, è stata ed è uno spartiacque dirimente perché denuda una modalità singolare dell’esercizio del potere da parte di Papa Francesco (…) A tutti rivolgo un ringraziamento gigantesco condividendo ancora una volta ciò che ci ha sempre uniti: si ama la Chiesa solo con la verità e non con la menzogna.  Alla fine di questa avventura possiamo dirci fieri di ciò che abbiamo fatto, soprattutto perché non abbiamo mai ceduto alla perniciosa abitudine – ecclesiastica ed ecclesiale –  di giustificare le menzogne per non danneggiare – si dice – l’immagine della Chiesa. La sola storia della pedofilia nel clero dimostra il contrario».

Per Badilla, cattolicissimo, una Chiesa sempre più identificata con Cristo «si sostiene solo con la potenza della verità e ogni volta che invece lo farà usando il potere della menzogna tradirà il suo Fondatore».

Critica

Per anni Il Sismografo ha offerto ai naviganti elementi importanti per avere una lettura complessa del pontificato, senza escludere quelle zone d’ombra o di ambiguità che talvolta emergevano in vari terreni cruciali: la lotta alla pedofilia, le gaffe, le nomine errate, i problemi diplomatici che si sono accavallati in diversi momenti, la protezione fornita ad alcuni vescovi amici come Zanchetta o dell’ex gesuita, Padre Rupnik responsabili di abusi, i testa coda su diverse tematiche, la lotta inspiegabile contro la risicata minoranza dei cultori della Messa in latino. La lista è lunga.

Non a caso Badilla, nell’ultimo editoriale, scrive che «il modo, lo stile e i metodi – nonché il discorso narrativo – con cui Papa Bergoglio ha esercitato il suo supremo ministero di Pastore universale, in quanto Vescovo di Roma e Successore dell’Apostolo Pietro, hanno evidenziato che un uomo solo al comando nella Chiesa di Cristo – per di più sovrano assoluto vita natural durante – è una forma di governo ormai gravemente inadeguata, carente e rischiosa. Questa è una storia che si trascina da decenni e che il cardinale Bergoglio sottolineò molto negli incontri pre-Conclave del marzo 2013. Ora però con Papa Francesco questa crisi si è seriamente acuita e gli eccessi e arbitrarietà hanno raggiunto limiti intollerabili che danneggiano la credibilità e l’autorevolezza della Santa Sede».

Naturalmente non è in discussione la natura e la missione del Successore di colui al quale Cristo affidò il timone della sua Chiesa, il punto, secondo Badilla, è un altro: «fino a quando, nel XXI secolo e ancora dopo, il governo dell’assemblea dei fedeli cattolici composto da quasi un miliardo e 400 milioni di persone potrà essere affidato ad un’unica persona senza il cui consenso non si muove una sola foglia? Perché ogni decisione, importante e dirimente, viene affidata al segreto più ermetico possibile senza vera trasparenza al punto di non disporre quasi mai neanche di briciole di verità?»

A Papa Francesco va il merito di aver suonato il campanello d’allarme per il futuro della Chiesa e per il prossimo Conclave. «Papa Francesco in questi quasi undici anni di pontificato ha commesso molti errori, come tutti i Papi, ma un suo specifico modo di essere lo ha impantanato in errori gravissimi come la poca trasparenza, l’opacità autoritaria e una relazione disinvolta con la verità. Il prossimo Vescovo di Roma dovrebbe essere, un uomo di legge; un pastore capace di leggere il mondo e l’intera umanità – e il suo tempo – con categorie del pensiero religioso e spirituale; un pensatore capace di setacciare con la fede le realtà  e le sfide socioeconomiche e politiche-geostrategiche e non il contrario».

Biografia

Badilla, 78 anni, definito un personaggio centrale nella storia della comunicazione vaticana dalla storica Lucetta Scaraffia che a lui ha dedicato recentemente un articolo biografico pubblicato sul Foglio, ha avuto in passato un percorso politico nel Cile di Allende, fino ad approdare come rifugiato politico in Italia e inizialmente, ai tempi di Paolo VI, trovare lavoro alla Radio Vaticana come collaboratore per la sezione spagnola.

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