Con san Francesco il presepe è promessa di pace

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Quanto avvenuto a Greccio nella notte di Natale del 1223 è stato narrato, raffigurato e persino cantato più volte. Molto significative risultano le diverse letture e interpretazioni e tra queste si distingue quella dell’allora cardinal Joseph Ratzinger – che nel 2005 sarà eletto papa assumendo il nome pontificio di Benedetto XVI – dal significativo titolo Il bue e l’asino del presepe:

A Natale ci auguriamo di cuore che in mezzo a tutta la frenesia del presente questo tempo di festa ci porti in dono un pò di riflessione e di gioia, di contatto con la bontà del nostro Dio e quindi nuovo coraggio per andare avanti. 

All’inizio di una piccola riflessione su quello che la festa ci può dire oggi, un breve sguardo all’origine della celebrazione natalizia può esserci di grande aiuto. L’anno liturgico della Chiesa innanzitutto non si è sviluppato guardando alla nascita di Cristo, ma dalla fede nella sua risurrezione. Per questo la festa più antica della cristianità non è il Natale, ma la Pasqua. In effetti solo la risurrezione del Signore ha fondato la fede cristiana e ha così dato origine alla Chiesa.

Per questo già Ignazio di Antiochia (morto al più tardi verso il 117 d.C.) definisce i cristiani come “coloro che non osservano più il sabato, ma vivono secondo il giorno del Signore”: essere cristiani significa vivere in maniera pasquale, in virtù della risurrezione, che viene celebrata settimanalmente nella festa pasquale della domenica.

Il primo ad affermare con certezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma nel suo commento a Daniele, scritto verso il 204; Bo Reicke, già professore di esegesi a Basilea, ha inoltre richiamato l’attenzione sul calendario festivo, secondo il quale nel vangelo di Luca i racconti della nascita del Battista e della nascita di Gesù sono legati fra loro.

Se ne potrebbe dedurre che Luca presuppone già nel suo vangelo la data del 25 dicembre come giorno della nascita di Gesù. Allora in quel giorno si celebrava la festa della dedicazione del tempio istituita da Giuda Maccabeo nel 164 a.C. La data della nascita di Gesù verrebbe allora a simbolizzare che con lui, apparso come luce di Dio nella notte invernale, si realizzava veramente la consacrazione del tempio – l’avvento di Dio su questa terra.

Comunque stiano le cose, la festa del Natale ha assunto una fisionomia chiara nella cristianità solo nel secolo IV, allorché essa prese il posto della festa romana del ‘Sol invictus’ e insegnò a concepire la nascita di Cristo come la vittoria della vera luce; il materiale raccolto da Bo Reicke ha dimostrato che questa trasformazione di una festa pagana in solennità cristiana ha fatto tesoro di un’antica tradizione giudeo-cristiana.

Tuttavia il calore umano particolare, che tanto ci commuove nella festa di Natale fino al punto d’aver sopravanzato nel cuore della cristianità la Pasqua, si è sviluppato soltanto nel Medioevo, allorché Francesco d’Assisi, profondamente innamorato dell’uomo Gesù, del Dio-con-noi, introdusse questo nuovo elemento. Il suo primo biografo, Tommaso da Celano, racconta così nella Vita Seconda:

“Più di qualsiasi altra festa Francesco celebrava con una gioia indescrivibile il Natale. Diceva che questa era la festa delle feste, perché in questo giorno Dio è diventato un bambinello e ha succhiato il latte come tutti gli altri bambini. Abbracciava con tenerezza e trasporto le immagini che rappresentavano Gesù Bambino e pronunciava pieno di compassione parole dolci come i pargoli. Sulle sue labbra il nome di Gesù era dolce come il miele”.

Da questa sensibilità scaturì poi la famosa celebrazione del Natale a Greccio, forse ispirata a Francesco dal suo pellegrinaggio in Terra Santa e al presepio di Santa Maria Maggiore in Roma. Egli fu spinto dalla sua sete di vicinanza, di realtà, dal suo desiderio di rivivere in maniera quanto mai attuale Betlemme, di sperimentare direttamente la gioia della nascita del Bambino Gesù e di trasmetterla a tutti i suoi amici.

Nella sua prima biografia Celano parla della notte del presepio in un modo che rimane sempre toccante per la gente e che ha dato un contributo decisivo alla diffusione della più bella delle usanze natalizie, quella del presepio. A buon diritto possiamo dunque dire che la notte di Greccio ha ridonato alla cristianità la festa del Natale, così che il suo messaggio più autentico, il suo particolare calore e la sua umanità, l’umanità del nostro Dio, ha potuto comunicarsi alle anime e donare alla fede una nuova dimensione.

La festa della risurrezione aveva concentrato lo sguardo sulla potenza di Dio che vince la morte e ci insegna a sperare nel mondo che verrà. Ma ora veniva messo in evidenza l’amore inerme di Dio, la sua umiltà e la sua bontà che si manifesta in questo mondo in mezzo a noi e si propone di insegnarci un nuovo modo di vivere e di amare. Forse può essere utile fermarci ancora un attimo su questo punto e chiedere: dove si trova questa Greccio, che si è caricata di un significato tanto grande per la storia della fede?

Si tratta di una piccola località nella valle retina, in Umbria [!], situata a non troppa distanza da Roma, a nord est della città. Laghi e montagne hanno conferito a questo paese il suo particolare fascino e la sua silenziosa bellezza, che riesce a commuoverci ancor oggi, tanto più che non è quasi stato toccato dalla confusione del turismo di massa.

Il convento di Greccio, situato a 638 metri di altezza, ha conservato qualcosa della semplicità delle origini; è rimasto modesto, come il paesello ai suoi piedi. La foresta lo circonda come ai tempi del Poverello e ci invita a sostare e a riflettere.

Celano ricorda che Francesco aveva una particolare predilezione per gli abitanti di questa località, proprio per la loro povertà e semplicità; egli sarebbe quindi venuto spesso da quelle parti per riposarsi , attratto anche da una cella estremamente povera e isolata, in cui poteva dedicarsi indisturbato alla contemplazione delle cose celesti.

Povertà, semplicità, silenzio dell’uomo e parlare della creazione: erano certo queste le impressioni che per il Santo di Assisi si legavano a questo luogo. Esso divenne così la sua Betlemme e potè inscrivere nuovamente il mistero di Betlemme nella geografia delle anime.

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