Alla porta delle chiese

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Koffi e Souradji, due giovani togolesi, uno cristiano, l’altro musulmano, non passano qui inosservati. Toccata terra, in dicembre scorso, a Lampedusa, in realtà, sono sbarcati nel Veneto. Dopo alcuni mesi, eccoli già in un’attività di volontariato originale, che incuriosisce le nostre parrocchie. Il loro sorriso africano, largo, aperto, si fa contagioso.

Il loro modo di presentarsi semplice, curato. Il giovane musulmano, poi, vi sorprenderà nel parlarvi. Come una bella giaculatoria, vi ripeterà spesso, come intercalare, un dolcissimo ‘Dio ti benedica!’

Così è nel suo villaggio. E ciò fa restare interdetta la gente che incontra e si affolla attorno a loro con familiarità. Gradevolmente. Sono, forse, le parole abituali sulla bocca di un prete, ma su quella di un musulmano, a dir la verità… non pare vero!

Alla domenica mattina, già dalla prima messa ve li trovate sulla porta della chiesa, con un tavolo sistemato all’africana, a Camponogara, a Mira, a Calcroci… Vi offrono liberamente un libro missionario ‘Dio attende alla frontiera’.

Sì direbbe fatto apposta per loro! In verità, non è un libro. E’ un invito forte – nei racconti da Parigi al Sahara di un missionario veneto – a coltivare compassione, dialogo, empatia, apertura di mente e di cuore, così necessarie ai tempi d’oggi. Ma essenziali domani, con le sfide che ci attendono.

L’offerta che riceveranno dai fedeli serve loro per l’acquisto di riso, pasta, olio… per i coetanei africani del ‘campo’ dove vivono, una settantina. Là il cibo è di una scarsità straziante, per dei giovani che, come si dice dalle nostre parti, ‘mangerebbero il mondo’!

D’altronde, pare che in queste cooperative per migranti il ritornello sia sempre lo stesso: la penuria di cibo. Poveri ragazzi! Sognavano il mondo, si trovano rinchiusi in un ghetto, con fame… A volte, può essere il parroco stesso, come don Alberto, che va a prenderli e riportarli al loro alloggio collettivo.

Semmai, verso la fine della messa avranno pure la possibilità di aprire bocca. In un italiano stentato, allora, ma con il sorriso di chi si sente ormai in salvo, vi parleranno del loro villaggio, del loro coraggio e delle loro famiglie laggiù. Se non sono affogati in mare, sono per loro degli eroi. Sono la loro speranza. La loro forza di domani. Laggiù assieme ai familiari non è rimasta che povertà, fame e santa rassegnazione. Sì, perchè è Dio che ha scritto così nel loro destino…

In agosto, a Dolo, alla grande sagra di San Rocco, i due giovani con altri erano in parrocchia a offrire il loro tempo di volontariato. E non mancava all’appuntamento il loro formidabile entusiasmo, tutto africano.

Guardandoli, vi sembra, così, di tornare nel Veneto dell’800. Quando miseria, pellagra, fame, infezioni erano diffuse abbondantemente nelle nostre campagne. Si vendeva casa e campi per acquistarsi il biglietto del maledetto piroscafo a Genova, con il ‘sogno dell’America’.

Partivano incoscienti all’arrembaggio, a migliaia, a milioni (da fine Ottocento alla Prima Guerra mondiale circa 5.000.000). Sogni impossibili: diventavano, appena sbarcati, dei veri incubi. Illusioni che andavano subito in frantumi. Ricominciava, allora, la vita daccapo con le fatiche, il pianto e i soprusi. Un’avventura nuova, a cominciare dalla lingua straniera… Sì, una vera ‘via crucis’, in vista di una redenzione, un giorno che verrà!

Così Souradij e Koffi ci ricordano oggi la nostra storia di ieri. Silenziosamente, ci rinfacciano il nostro oblio… Erano volti dei nostri nonni, dei cugini, dei bisnonni, che ancora oggi, forse, sono appesi ai nostri muri. Gente coraggiosa di altri tempi, che si nutriva di sacrificio, di solidarietà e di fede. Ma ha reso grandi altri popoli. ‘Dio li benedica!’ aggiungerebbe volentieri Souradji. Ora, purtroppo, tocca a loro!

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