Si fermi il genocidio nel Nagorno-Karabakh

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Oltre 4.000 civili sono entrati in Armenia dal Nagorno-Karabakh, dopo l’offensiva militare azera delle scorse settimane che ha provocato centinaia di vittime, feriti e dispersi. Lunghe code di macchine sono cominciate ad affluire dal corridoio di Lachin (che connette la regione contesa al territorio armeno) riaperto dalle autorità di Baku dopo un anno di chiusura.

In seguito alla ripresa del controllo sulla regione, abitata da circa 120.000 persone di etnia armena, il governo azero ha dichiarato di voler reintegrare i residenti della zona come ‘cittadini paritari’, ma l’Armenia ha messo in guardia da quella che potrebbe configurarsi come una pulizia etnica.

La resa delle unità paramilitari del Karabakh (determinata dal non-intervento dell’Armenia di fronte all’offensiva azera) sembra aver escluso lo scenario di una nuova possibile guerra tra Yerevan e Baku. Ma la decisione del primo ministro armeno Nikol Pashinyan, che ha espresso il desiderio di tenere il suo paese lontano da un nuovo conflitto, è fortemente contestata da una parte dell’opinione pubblica che lo accusa di aver sacrificato il Nagorno-Karabakh sull’altare di una pace illusoria con l’Azerbaigian.

Per l’Azerbaigian, l’uscita degli armeni dal Karabakh è una vittoria importante che sembra mettere la parola ’fine’ ad un conflitto che si trascina da oltre 35 anni. La soddisfazione a Baku è palpabile e il presidente Ilham Aliyev ha affermato di aver ‘consegnato alla storia l’idea di un Karabakh armeno e indipendente’ e che la regione ‘sarà trasformata presto in un ‘paradiso’ come parte dell’Azerbaigian.

Dichiarazioni rese al fianco del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, arrivato lunedì scorso nell’exclave di Nakhchivan in Azerbaigian per incontrare il suo omologo. L’incontro testimonia la solidità del sostegno del leader turco, per cui l’offensiva azera della scorsa settimana ‘ha aperto una finestra di opportunità per la normalizzazione nella regione’.

Erdogan ha detto anche di sperare che l’Armenia faccia ‘passi sinceri’ per cogliere questa opportunità di stabilità. Sebbene la visita fosse stata organizzata ufficialmente per avviare la costruzione di un gasdotto, i due presidenti parleranno anche dello status del corridoio Zangezur, una striscia di territorio armeno che separa Nakhichevan dal resto dell’Azerbaigian. Nakhichevan confina anche con la Turchia e l’Iran.

Ma sul conflitto pesa anche il diniego da parte dell’Armenia di schierarsi con Putin nell’invasione dell’Ucraina, schieratasi con le tesi occidentali: secondo una ricostruzione dei fatti di Luca Geronico di Avvenire, “il portavoce Peskov è quasi un ben servito a Erevan: la decisione dell’Armenia di aderire allo Statuto di Roma, che ha dato vita alla Corte penale internazionale, è un atto ‘estremamente ostile’.

Una telefonata del ministro degli Esteri turco Fidan al collega armeno Mirzoyan è un primo contatto dopo gli anni e forse l’avvio di una mediazione. Gli Usa fanno sapere di lavorare per una missione internazionale di monitoraggio. Intanto a migliaia anche questa notte saluteranno Stepanakert”.

In un video messaggio videomessaggio, il segretario generale del WCC, Rev. Prof. Dr. Jerry Pillay, si è trovato vicino al ponte che collega il corridoio di Lachin al Nagorno-Karabakh (Artsakh):

“Solo poche ore fa, ci sono state alcune sparatorie e ci è stato detto che alcuni soldati sono stati uccisi, quindi ci è stato impedito di proseguire”, ha detto Pillay. “Abbiamo deciso di non procedere perché è un rischio, e quindi almeno siamo qui, e possiamo vedere in parte alcune cose, e sappiamo che l’intero posto è bloccato”.

Pillay ha detto di aver potuto vedere chiaramente che, per quanto riguarda il corridoio di Lachin, le strade non sono aperte o libere per nessuno, e non c’è sicuramente alcun passaggio per il trasporto di merci a meno che non venga concesso il permesso:

“E’ una situazione triste, ma siamo qui, Siamo arrivati al massimo delle nostre possibilità. Non possiamo andare oltre e ci rendiamo conto che i soldati e la Chiesa considerano altamente rischioso per noi procedere, quindi non procederemo”.

La delegazione ha visitato l’Armenia per esprimere la solidarietà della comunità mondiale, studiare la situazione, stabilire i fatti e valutare con i leader locali e la popolazione cosa può fare il WCC per affrontare la situazione: “La restrizione di movimento è totale, e questo ovviamente descrive la situazione della gente…

Siamo abbastanza sicuri che non siano arrivate molte merci e che quindi sia negato loro l’accesso al supporto umanitario, a meno che non sia consentito e vogliamo condividere con tutti la situazione che stiamo vivendo nel corridoio di Lachin”.

Il corridoio è bloccato da oltre nove mesi, con gravi ripercussioni sulla vita e sulle condizioni di vita di 120.000 persone, compresi i bambini.

Sua Eminenza mons. Vicken Aykazian, vice moderatore del Comitato centrale del WCC, ha affermato che è in corso una guerra: “Mentre abbiamo visto molte difficoltà nella nostra storia, abbiamo avuto uno dei peggiori genocidi.

Il mio messaggio ai leader mondiali e agli esseri umani è: non supervisionate un altro genocidio.  Mi rivolgo ai presidenti e ai primi ministri dei principali Paesi: Non supervisionate un genocidio che sta avendo luogo proprio ora”.

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