Verso il Natale. L’Avvento è il grido dei giusti che vogliono resistere al male

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La speranza cristiana dell’Avvento non è fuga dalla realtà, i cristiani non aspettano il Signore come una decorazione su un mondo già salvo, ma coma unica liberazione da un pericolo mortale. L’Avvento diventa così un “grido di tutti coloro che vogliono resistere al male, alle seduzioni di un benessere iniquo, di piaceri offensivi della dignità umana e della condizione dei poveri”. 

Nella solenne cornice della basilica vaticana anche quest’ anno il papa celebra l’inizio dell’ Avvento con la nuova tradizione della recita dei primi vespri. Un appuntamento voluto d Benedetto XVI nel quale il papa ricorda ai fedeli di tutto il mondo il significato del periodo che prepara e accompagna al Natale i cristiani.

Inizia un nuovo anno liturgico, ha spiegato il papa nella sua omelia, e riprende le parole di san Paolo che usa per primo la parola “adventus” . Non “un punto futuro del tempo, un luogo spirituale in cui camminare già nel presente, durante l’attesa, e dentro il quale appunto essere custoditi perfettamente in ogni dimensione personale.” Celebrare la liturgia significa attualizzare il mistero per camminare verso la sua piena Realizzazione. “La parola che riassume questo particolare stato, in cui si attende qualcosa che deve manifestarsi, ma che al tempo stesso si intravede e si pregusta, è “speranza”. L’Avvento è per eccellenza la stagione spirituale della speranza, e in esso la Chiesa intera è chiamata a diventare speranza, per se stessa e per il mondo.” Ha spiegato papa Benedetto. La celebrazione, in latino guidata dalla schola della Cappella Sistina diretta da monsignor Giuseppe Liberto, ha seguito il modello della liturgia romana e si è conclusa con il canto dell’ Alma Redemptoris Mater. Il papa ha partecipato nella sede a lato dell’ altare sotto la statua della Veronica in vistosi paramenti porpora e oro assistito dal Maestro delle Celebrazioni monsignor Guido Marini.

In che modo, si chiede Benedetto XVI Dio ci chiama ad andarli incontro? Con la preghiera, forma universale dell’ attesa e della speranza. Benedetto XVI rilegge i due salmi della liturgia di oggi: il 141 e il 142, secondo la numerazione ebraica. Il grido della “Chiesa fra le molteplici insidie che la circondano, che minacciano la sua santità, quell’integrità irreprensibile di cui parla l’apostolo Paolo, che deve invece essere conservata per la venuta del Signore. E in questa invocazione risuona anche il grido di tutti i giusti, di tutti coloro che vogliono resistere al male, alle seduzioni di un benessere iniquo, di piaceri offensivi della dignità umana e della condizione dei poveri. “ Un grido che sale a Dio “come incenso”. E aggiunge: “Nella Chiesa non si offrono più sacrifici materiali, come avveniva anche nel tempio di Gerusalemme, ma si eleva l’offerta spirituale della preghiera, in unione a quella di Gesù Cristo, che è al tempo stesso Sacrificio e Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza. Nel grido del Corpo mistico, riconosciamo la voce stessa del Capo: il Figlio di Dio che ha preso su di sé le nostre prove e le nostre tentazioni, per donarci la grazia della sua vittoria.”

Dio “naturalmente non ha condiviso il peccato, ma per la nostra salvezza ne ha patito tutte le conseguenze.” Ha detto ancora il papa ed ha aggiunto: “Il grido di speranza dell’Avvento esprime allora, fin dall’inizio e nel modo più forte, tutta la gravità del nostro stato, il nostro estremo bisogno di salvezza. Come dire: noi aspettiamo il Signore non alla stregua di una bella decorazione su un mondo già salvo, ma come unica via di liberazione da un pericolo mortale. E noi sappiamo che Lui stesso, il Liberatore, ha dovuto patire e morire per farci uscire da questa prigione .” Ecco perché la speranza del cristiano non è una “tentazione di evasione e di fuga dalla realtà” Le parole di questi due salmi “ci preservano da una falsa speranza, che forse vorrebbe entrare nell’Avvento e andare verso il Natale dimenticando la drammaticità della nostra esistenza personale e collettiva.” E, ha concluso il papa, “una speranza affidabile, non ingannevole, non può che essere una speranza “pasquale”.

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