237° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Non c’è pace se non si può crescere i figli in un ambiente sicuro
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.08.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi, nel giorno 237 della pulizia etnica in Artsakh/Nagorno-Karabakh e a 7 giorni dall’inizio del 9° mese, mentre scriviamo, sta avvenendo un secondo genocidio armeno. Le azioni dell’Azerbajgian si sono intensificate, solo perché le barbarie che Ilham Aliyev ha pianificato da 30 anni (per propria ammissione), che ha commesso e che sta commettendo (quello che dice fa), e che continua a commettere per ripulire etnicamente gli Armeni dell’Artsakh, sono rimaste senza risposta da parte della comunità internazionale.
«L’Azerbajgian sta intenzionalmente creando un ambiente invivibile per gli Armeni dell’Artsakh attraverso il loro blocco in corso e continui attacchi di basso livello. Nonostante i migliori sforzi dell’Azerbajgian, tuttavia, gli Armeni restano con aria di sfida dove sono. Il coraggio degli Armeni è ammirevole, ma hanno bisogno dell’aiuto occidentale. Dopotutto, preoccuparsi che tuo figlio possa non sopravvivere al parco giochi, perché i soldati azeri potrebbero sparargli, non dovrebbe mai essere normale» (Siranush Sargsyan – Providencemag.com, 3 agosto 2023).
Luis Moreno Ocampo, il procuratore fondatore della Corte Penale Internazionale, ha definito il blocco azero in corso contro l’Artsakh “il genocidio armeno del 2023”, scrive Uzay Bulut su Moderndiplomacy.eu [QUI]. È un genocidio e un crimine di guerra che si svolge sotto i nostri occhi. “Preoccuparsi” non aiuta, perché è una parola debole e scadente. La soluzione efficace per scongiurare che gli Armeni muoiono di fame in Artsakh è aprire immediatamente il Corridoi di Berdzor (Lachin) per porre fine al #ArtsakhBlockade, affinché il cibo, le medicine, gas, benzina, elettricità e i prodotti di prima necessità possono arrivare liberamente in Artsakh. Una soluzione semplice.
«La negazione intenzionale e illegale dell’assistenza umanitaria può costituire crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Le autorità azere devono immediatamente revocare il blocco del Corridoio di Lachin e consentire il passaggio senza ostacoli e sicuro di civili e merci lungo il corridoio, nonché garantire il libero accesso umanitario in linea con il diritto internazionale e l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia» (GCR2P-Global Centre for the Responsibility to Protect).
«Le dichiarazioni allarmanti dei rappresentanti della comunità dei diritti umani internazionali sulla catastrofica situazione umanitaria in Artsakh e le relative valutazioni della situazione dovrebbero servire come base per intraprendere azioni deterrenti e punitive contro l’Azerbajgian» (Gegham Stepanyan, Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh).
Il governo italiano, con i parlamentari di maggioranza e di opposizioni, che continuano a sostenere il regime autocratico guerrafondaio genocida di Ilham Aliyev non sono meglio di questa troll pagata dallo Stato dell’Azerbajgian, negazionista e armenofoba, che posta fake news con l’emoticon del sorriso. Assolutamente repugnante.
Dalla rubrica La posta dei lettori su Nicolaporro.it del 2 agosto 2023 ci viene segnalata la lettera Caro Porro, il governo mi delude. E ho un incubo su Meloni di Prof. Matteo Bendandi: «Ho quasi quarantadue anni e da quando ho una coscienza politica, quindi dall’epoca del liceo (classico, ça va sans dire!), ho sempre creduto nei valori della destra, in una regione, l’Emilia-Romagna, nella quale chi la pensa così è sempre sbagliato e destinato ad una vita da reietto.
Dopo tanti anni passati a sperare che finalmente un vero governo di destra conservatrice salisse al soglio di Palazzo Chigi, alla notizia della schiacciante vittoria di Giorgia Meloni alle ultime elezioni ho esultato, non senza provare una certa dose di preconcetto scetticismo che, mese dopo mese, si sta purtroppo trasformando in una cocente delusione. Nel frattempo, anche grazie alla “Zuppa di Porro” e alle letture liberali che ne sono conseguite, sono un po’ meno conservatore e un po’ più libertario e avverto come la destra sociale talvolta ragioni come la sinistra socialista.
Ho finalmente capito e trovato una definizione per chi, a destra, ha raggiunto una tale libertà da potersi permettere di ridere di tutto e guardare le questioni politiche con aristocratico distacco. Io definisco questo archetipo “L’anarco-borghese”. E per questo mal digerisco le troppe discussioni su sussidi statali, salario minimo e fantomatiche “card sociali”, le quali, in questi mesi, non hanno fatto che accrescere la mia sempre più forte repulsione per un certo statalismo/dirigismo che da un governo di destra proprio non mi aspettavo. (…)». Prosegue [QUI].
Dai commenti: «… e le simpatie pro-azere (pecunia non olet) mentre il Cristiano, civile, democratico popolo armeno ancora una volta viene minacciato nella sua stessa esistenza dai Turchi di turno? Si bella delusione anche per me» (Giovanni Ricciulli).
Il nonno di questa ragazza è morto durante la prima guerra del Karabakh. Suo zio è morto durante la guerra dei quattro giorni in Nagorno-Karabakh. Suo padre è morto nella guerra dei 44 giorni in Artsakh. La casa di suo padre a Hadrut le è stata portata via dall’Azerbajgian
La tortura è la forza dell’ignoranza
Dopo l’avvio della discussione del disegno di legge del Movimento 5 Stelle per la modifica del reato di tortura, il 4 agosto 2023, in Commissione Giustizia del Senato, è arrivata la congiunzione con il testo di Fratelli d’Italia per l’abolizione del reato. Introdotto nel codice penale italiano solo nel 2017 – in ottemperanza all’obbligo inderogabile che il nostro Paese aveva assunto quasi trent’anni prima con la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura – l’esistenza del reato e la punibilità di questo crimine contro l’umanità sono già messe in discussione, nonostante la necessità della norma per colpire violazioni gravi sia ben visibile nell’uso che ne è stato fatto fin dalla sua entrata in vigore. La proposta a firma Fratelli d’Italia, infatti, intende abolire il reato e derubricarlo ad aggravante comune, ponendo a rischio la punibilità di chi usa la tortura come strumento di sopraffazione. Tuttavia, un esito analogo, allo stato attuale, potrebbe avere anche una semplice modifica “migliorativa” dell’attuale testo di legge, come denunciato anche dal Garante nazionale delle persone private della libertà personale.
Bugie, ammissioni e contraddizioni di un autocrate presidente che si crede padrone del mondo
Iniziativa italiana per l’Artsakh, 4 agosto 2023
Davanti alla giornalista che lo intervista per Euronews (un’intervista in parallelo con il premier armeno Pashinyan, stesse domande) [QUI e QUI], l’autocrate Presidente dell’Azerbajgian non si tira indietro. Non prova a camuffare quella irresistibile voglia di menare le mani che ha da quando è asceso al potere succedendo al padre.
Ilham Aliyev, forte dei successi militari grazie alla montagna di miliardi di dollari spesa in armamenti negli ultimi anni e grazie all’indispensabile aiuto del compare turco Erdoğan, non si nasconde dietro inutili giri di parole anche quando logica e diplomazia imporrebbero di addolcire certe dichiarazioni.
Si contraddice in più di un’occasione ma da bravo padre-padrone del suo Paese non se ne cura, tanto le critiche in patria non arriveranno mai e all’estero il suo gas è troppo prezioso per ridare dignità alla politica internazionale.
Esordisce affermando che l’accordo tripartito del 9 novembre 2020 non è un trattato di pace (e in questo ha ragione) ma un “atto di capitolazione” dell’Armenia alla quale imporre poi le condizioni (ovviamente le sue) per una soluzione definitiva del contezioso.
Dietro ogni sua frase si nasconde un’ostilità latente, una voglia repressa di schiacciare definitivamente il nemico, prendersi tutto e risolvere una volta per tutte il problema. In fondo è quel che volevano i Giovani turchi nel 1915…
Non usa quasi mai l’espressione “Nagorno-Karabakh” (che nel linguaggio azero è stata abolita) ma solo “Karabakh” nonostante il predetto accordo di tre anni fa la riportasse integralmente. Non dà valore a quella firma post-guerra ma poi rivendica che “l’Armenia ha l’obbligo sottoscritto dopo la seconda guerra del Karabakh di consentirci l’accesso alla nostra exclave del Nakhchivan” (in realtà c’è solo una previsione di sblocco delle comunicazioni regionali non un diritto di occupare altra terra armena o di transito…).
“Se vedremo un approccio costruttivo da parte degli Armeni e soprattutto se questi ultimi metteranno da parte tutte le loro aspirazioni a contestare la nostra integrità territoriale allora potremo trovare una soluzione di pace molto preso forse anche entro la fine dell’anno” afferma: ma gli Armeni lo hanno (imprudentemente, forse ora Pashinyan se ne sta pentendo) già fatto chiedendo solo la tutela e la sicurezza dei diritti della popolazione dell’Artsakh. Nel frattempo Aliyev continua a occupare pezzi di Armenia e ad avanzare rivendicazioni sulle “storiche terre azerbajgiane” che già detta così fa ridere per uno Stato nato nel 1918.
Nel suo traporto di certezze il patetico Aliyev si incarta parlando del blocco – a suo dire inesistente – del Corridoio di Lachin: prima dice che sono passati 2000 armeni dal 23 aprile, poi parla di provocazione di Yerevan per il ferimento di un soldato (che, per la cronaca, aveva oltrepassato il ponte Hakari e piantato una bandiera dell’Azerbajgian in territorio dell’Armenia, evidente provocazione) e conferma che Baku ha chiuso la strada, poi ammette che i convogli della Croce Rossa sono stati fermati per “contrabbando” di sigarette, iphone e benzina: ma se il corridoio è aperto quale sarebbe il problema di far arrivare delle merci a Stepanakert?
Ma il meglio del dittatore azero arriva nel finale: alla domanda: “Quale pensa sia la sua missione? Portare una pace duratura o vincere una guerra?”, Aliyev non ha alcuna esitazione: “Vincere la guerra era la mia missione politica”. Un bravo consigliere gli avrebbe suggerito una risposta più diplomatica, meno diretta; ma nessuno si azzarda a contraddire il presidente che non è abituato a domande strane come quella conclusiva quando l’intervistatrice gli chiede cosa vorrebbe dire all’opinione pubblica armena: il sunto della sua risposta è che gli Armeni dell’Armenia si devono fidare di lui e delle sue proposte, anzi condizioni, di pace mentre quelli dell’Artsakh dovrebbero essere contenti di diventare bravi cittadini dell’Azerbajgian (177° su 190 Stati per tutela dei diritti politici e civili…) oppure andarsene.
L’intervista si svolge nella città armena occupata di Shushi e il segnale è inequivocabile: qui ci sono e non me ne vado…
Il reportage di Euronews (in italiano) [QUI]
Sopravvivere all’assedio: la vita dei villaggi dell’Artsakh sotto l’obiettivo dell’Azerbajgian
di Siranush Sargsyan
Providencemag.com, 3 agosto 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Dal 12 dicembre 2022 l’Azerbajgian ha bloccato illegalmente l’Artsakh, un’area storicamente popolata da Armeni ma rivendicata dall’Azerbajgian. Negli ultimi otto mesi, il blocco in corso ha gravemente ostacolato la fornitura di beni vitali, lasciando la popolazione di Artsakh di 120.000 abitanti, tra cui 30.000 bambini, isolata e vulnerabile a varie minacce esistenziali e alla sicurezza.
La catastrofe umanitaria nell’Artsakh peggiora di giorno in giorno. L’intera popolazione è sull’orlo della fame, privata dell’accesso al cibo, ai beni di prima necessità e al carburante, poiché gli aiuti umanitari sono stati completamente bloccati dall’Azerbajgian dal 15 giugno nel tentativo di eliminare la popolazione armena e conquistare la regione.
Le conseguenze del blocco sono state ulteriormente aggravate per gli abitanti dei villaggi rurali. Ora devono affrontare una grave carenza di beni essenziali come semi, fertilizzanti, pesticidi, carburante, pezzi di ricambio e altre necessità. Inoltre, i soldati azeri hanno ripetutamente sparato ai lavoratori agricoli per intimidirli, oltre a rafforzare ulteriormente la loro rete di fame e privazione intorno all’Artsakh.
Robert Movsisyan, padre di quattro figli piccoli, risiede nel villaggio di Chankatagh a qualche centinaio di metri dalle postazioni azere. Fornisce al mondo esterno uno sguardo alla vita quotidiana “normale” della sua famiglia, affermando: “Quando gli Azeri aprono il fuoco, i miei gemelli di tre anni, Mary e Mery, corrono dal parco giochi a casa”.
Chankatagh si trova a circa 67 km da Stepanakert, la capitale dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Gli abitanti del villaggio considerano la chiesa di San Giorgio, costruita all’inizio del XVII secolo e circondata da lapidi khachkar medievali, come la loro salvaguardia spirituale in mezzo alle difficili circostanze che devono affrontare.
Chankatagh e i villaggi circostanti sono presi di mira direttamente dalle forze azere. Il villaggio è costantemente minacciato da bombardamenti, sia civili che militari. Nella notte del 28 giugno, le forze azere hanno aperto il fuoco utilizzando l’artiglieria guidata da UAV, uccidendo quattro militari armeni.
All’indomani della seconda guerra del Nagorno-Karabakh, Chankatagh deve affrontare sfide significative. Secondo Sasun Vanyan, un leader della comunità, la maggior parte della terra arabile del villaggio è passata sotto il controllo dell’Azerbajgian. “Dei 101 ettari di terra coltivabile nella comunità, gli abitanti del villaggio coltivavano solo 13 ettari, e la terra arabile sotto il nostro controllo è sotto la sorveglianza dei soldati azeri”, ha dichiarato Vanyan in un’intervista. Inoltre, agli abitanti del villaggio non solo è vietato seminare, ma anche raccogliere erba come foraggio per gli animali domestici. Inoltre, a causa del blocco, non possono terminare la costruzione dei pozzi artesiani, fondamentali per l’irrigazione e l’approvvigionamento idrico del villaggio. I lavori si sono interrotti a causa della mancanza di carburante e di materiali da costruzione, lasciando gli abitanti del villaggio senza una fonte d’acqua sicura e senza speranza.
La maggior parte degli abitanti del villaggio lavorava precedentemente nella miniera di rame di Kashen. Tuttavia, a causa dell’attacco alla miniera da parte dell’Azerbaigian, le operazioni sono state sospese e 2.000 dipendenti hanno perso il lavoro. Tra i disoccupati c’è Movsisyan che, nonostante le difficoltà, è determinato a trovare mezzi di sostentamento alternativi. Movsisyan coltiva il terreno di proprietà della famiglia con patate, fagioli e pomodori. Tuttavia, coltivare l’orto non è facile nelle condizioni di tiro e mancanza di acqua per l’irrigazione. Armine, la moglie di Robert, racconta i disagi inflitti dal blocco: l’interruzione di gas ed elettricità oltre ai negozi vuoti. L’acqua limitata, che va usata con parsimonia e per scopi domestici, e per irrigare l’orto vicino casa. Nonostante le numerose difficoltà, la giovane coppia non si lamenta. “Tutte le difficoltà possono essere superate, ma è impossibile accettare la realtà che i tuoi figli giocano sotto il fuoco nemico”, dice la madre. Esprimono il loro forte attaccamento al villaggio, affermando: “Dove andremo? Qui è dove è nata la mia famiglia, dove abbiamo costruito la nostra casa. Qui è dove voglio crescere i miei figli”. “Se c’è pace, creeremo tutto da soli, con le nostre mani, nella nostra casa, nella nostra patria”.
A diversi chilometri da Chankatagh si trova il villaggio di Kichan, anch’esso preso di mira dagli azeri. Secondo il sindaco Arto Hakobyan, la maggior parte della terra arabile intorno alla comunità è ora controllata dall’Azerbajgian. Di conseguenza, l’industria un tempo fiorente della zootecnia, che era il principale mezzo di sostentamento per gli abitanti del villaggio, è stata gravemente colpita. “Prima della guerra, avevamo più di 500 capi di bestiame nel villaggio, ora ne sono rimasti solo 16”, ha detto Hakobyan. Il sindaco ha anche commentato: “Il bestiame o passa sotto il controllo dell’Azerbajgian e non fa più ritorno, oppure il nemico lo ruba. Sfortunatamente non ci sono confini per il bestiame, il bestiame non conosce il nemico”.
Irina Baghdasaryan, 38 anni, è madre di cinque figli, rimasta vedova durante la guerra del 2020. Essendo una madre single, affronta sfide immense che sono state solo esacerbate dal costo alle stelle dei beni essenziali durante il blocco. Tuttavia, come nella vicina Chankatagh, la preoccupazione più urgente di Irina è la questione della sicurezza. Gli echi della guerra persistono per Irina e i suoi figli; le sparatorie e le esplosioni nella notte del 28 giugno erano così vicine che si temeva che la guerra fosse ripresa. “Gli spari sono stati così forti che le finestre sono state distrutte dall’onda d’urto. Ho rivissuto la guerra ancora una volta, questa volta senza mio marito”, ha detto con voce tremante.
La sicurezza dei suoi figli è una priorità assoluta per Irina. Sua figlia di 13 anni ha subito un serio intervento chirurgico e richiede un attento controllo medico e un ambiente privo di stress per il recupero. Il pericolo di esplosioni notturne e l’inaccessibilità del carburante hanno reso estremamente difficile raggiungere un ospedale per garantire il recupero di Irina.
“Ci adatteremo e supereremo ogni difficoltà, non mi lamento nemmeno della carestia, ma non posso avere pace senza la possibilità di crescere i miei figli in un ambiente sicuro”.
L’Azerbajgian sta intenzionalmente creando un ambiente invivibile per gli Armeni dell’Artsakh attraverso il loro blocco in corso e continui attacchi di basso livello. Nonostante i migliori sforzi dell’Azerbajgian, tuttavia, gli Armeni restano con aria di sfida dove sono. Il coraggio degli Armeni è ammirevole, ma hanno bisogno dell’aiuto occidentale. Dopotutto, preoccuparsi che tuo figlio possa non sopravvivere al parco giochi, perché i soldati azeri potrebbero sparargli, non dovrebbe mai essere normale.
Trend, un organo di stampa statale azero, afferma che Vagif Khachatryan, l’uomo armeno che l’Azerbajgian ha rapito dal Corridoio di Lachin giorni fa, mentre era in custodia del Comitato Internazionale della Croce Rossa in accordo con le autorità azere, “esprime gratitudine all’Azerbajgian”. Assolutamente ripugnante, come la totalità della propaganda azera e della produzione dei media statali azeri (altri non esistono, peraltro).
Segnaliamo
– Gli Azeri bloccano la Croce Rossa: arrestato un paziente armeno per “crimini di guerra” commessi nel 1991. La cattura di Vagif Khachatryan rappresenta un precedente preoccupante: la maggior parte degli uomini del Nagorno-Karabakh ha combattuto contro l’Azerbajgian – Tempi.it, 4 agosto 2023 [QUI]
– À la frontière arméno-iranienne, un corridor au cœur des convoitises (Al confine armeno-iraniano, un corridoio nel cuore delle avidità) di Astrig Agopian – Le Figaro International, 4 agosto 2023: «Il confine meridionale dell’Armenia con l’Iran è essenziale per entrambi i Paesi, ma Baku e Ankara vogliono sviluppare un “Corridoio di Zangezur”, che accerchi un po’ di più l’Armenia» [QUI].
Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]