Comitato Onu: Pechino chieda scusa per Tienanmen
Il governo cinese deve chiedere perdono alle vittime del massacro di piazza Tienanmen del giugno 1989 e compiere ulteriori sforzi per eliminare la pratica della tortura contro attivisti e oppositori. È quanto auspica il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, il quale invita la Cina ad avviare indagini “complete e imparziali” sulla repressione nel sangue della rivolta studentesca.
Il Comitato chiede inoltre a Pechino di “fornire informazioni sulle persone ancora oggi detenute e riferirle ai familiari. Chiedere scusa e offrire un compenso adeguato alle vittime, oltre a perseguire i responsabili che hanno fatto un uso eccessivo della forza o hanno perpetrato crimini e abusi”. Lo scorso anno il governo americano parlava di un numero variabile “fra i 10 e i 200” attivisti di piazza Tiananmen, che ancora oggi è rinchiuso nelle carceri cinesi. A inizio novembre Li Baodong, ambasciatore cinese presso le Nazioni Unite a Ginevra, ha ribadito che il governo mostra “tolleranza zero contro la tortura” e ha compiuto dei progressi nello sradicamento di tale pratica. Una affermazione in parte smentita dal comitato Onu, che riporta denunce di torture e maltrattamenti nelle carceri, in particolare durante gli interrogatori di dissidenti e nei processi penali per estorcere la confessione. Pechino, chiede infine il Comitato, deve anche eliminare qualsiasi tipo di detenzione forzata o reclusione nei campi di lavoro, che avviene in maniera sistematica e il più delle volte senza un regolare processo. Peccato che le Olimpiadi si siano concluse da oltre due mesi, e nulla è stato fatto prima e nulla si farà dopo, nonostante le promesse e le assicurazioni delle autorità cinesi.
Intanto, dall’agenzia AsiaNews si apprende che il governo annuncia nuove misure per sostenere l’economia, nel timore che la crisi e la disoccupazione crescente causino sempre maggiori proteste di piazza. Intanto crescono le proteste economiche. Il ministro della Pubblica sicurezza Meng Jianzhu ha di nuovo ribadito, durante un simposio a Changzhou, che le autorità locali debbono affrontare “a mente fredda” “i molti problemi sociali che minacciano la stabilità”. Specie per il rischio che le sempre minori esportazioni causino una diffusa disoccupazione. A ottobre la crescita economica è stata “solo” dell’8,2%, minimo da 7 anni. Secondo i media cinesi, la Commissione nazionale per la riforma e lo sviluppo programma tagli alle imposte sui redditi e un nuovo “pacchetto” di incentivi, dopo quello di 4mila miliardi di yuan in 2 anni annunciato due settimane fa (il cui utilizzo, peraltro, non è stato ancora indicato nel dettaglio). Si dice ne siano beneficiarie soprattutto le famiglie a basso reddito. Si prevede anche l’iniezione di almeno 400 miliardi di yuan nel mercato azionario, per accrescere la fiducia degli investitori. Da metà settembre la Banca centrale ha già tagliato 3 volte i tassi di interesse. Annunciate anche misure anticorruzione, per evitare che questi fondi extra arricchiscano autorità locali. Nel frattempo in Cina nascono sempre nuove proteste e nuovi scioperi.