59ª Udienza del Processo 60SA in Vaticano. Non siamo rimasti zitti e tolleranti dall’inizio con questo processo farsa. Offende la giustizia e non cerca la verità

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.05.2023 – Ivo Pincara] – Ad oggi, 26 maggio 2023 – testimone la meritevole opera di Rassegna Stampa sul “caso Becciu” a cura di Andrea Paganini [QUI], nessuno dei maggiori organi di informazione, comprese le più importanti reti TV (quando non c’è da infangare il Card. Becciu, la cosa non interessa), con l’eccezione dell’agenza Adnkronos, che ha dato resoconto dell’Udienza svoltasi ieri. Abbiamo pubblicato per intero [QUI] la richiesta della difesa del Card. Becciu al Tribunale, di ordinare il Promotore di Giustizia di scoprire le carte e di levare tutti gli omissis sui messaggi che Genoveffa Ciferri, l’amica di Mons. Perlasca, teste chiave del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, aveva inviato al Promotore di Giustizia.

Questo passo della difesa del Card. Becciu era significativo, perché l’ordinanza del Presidente, Giuseppe Pignatone, avrebbe fatto capire – per quanto ne fosse ancora bisogno – cosa guida il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, da lui presieduto: la ricerca della verità o altro.

«Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?» (Sant’Agostino).

Oggi abbiamo ricevuto la risposta definitiva. Con un’articolata ordinanza, sono state rigettate gran parte delle eccezioni di nullità e delle richieste di prova presentate dai legali degli imputati, in particolare la richiesta dei difensori del Cardinal Becciu, che chiedevano fosse ordinato al Promotore di Giustizia il deposito dei messaggi WhatsApp a lui inviate dalla testimone Genoveffa Ciferri, amica di Mons. Alberto Perlasca – considerato il teste chiave – e in gran parte “omissati” dal Promotore di Giustizia stesso, come pure parti degli interrogatori di Mons. Perlasca, già responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, effettuati dall’Ufficio del Promotore prima dell’inizio del processo. Rigetto che il Tribunale ha motivato dal fatto che quegli atti sono parte di altri procedimenti per i quali sono ancora in corso indagini che richiedono segretezza.

Tribunale ha rigettato inoltre la richiesta dell’imputato Gianluigi Torzi, mai presentatosi in aula nel processo, di essere sentito in videocollegamento. “In questi quasi due anni avrebbe potuto e dovuto provvedere diversamente”, ha specificato il Tribunale, che ha parlato così di “volontaria latitanza” dell’imputato. La Corte si è riservata invece sulla richiesta di sentire in aula, in “esame dibattimentale”, i consulenti tecnici e sulle decisioni da prendere riguardo ad altri testimoni che non si sono finora presentati.

I legali di tutte le difese hanno annunciato che impugneranno l’ordinanza.

Accolte invece le richieste di deposito degli atti di polizia giudiziaria sulla cooperativa Simpatia e i contributi da questa ricevuti dalla Segreteria di Stato, e dei messaggi Facebook tra la teste Immacolata Chaouqui (che non è stata più convocata) e il Cardinal Becciu. In tutta questa vicenda, tra le tante cose di “malagiustizia” vaticana che sono emerse in questi anni, colpisce il particolare che lascia sconcertato: l’erogazione di contributi della Segreteria di Stato alla cooperativa Simpatia di Como dove lavora il padre di Mons. Perlasca. Viene considerata un’opera di misericordia, mentre l’erogazione di contributi alla cooperativa Spes di Ozieri, sempre come opera di misericordia, è definita un reato.

I difensori del Cardinal Becciu: la prova mutilata rendi impossibile «ricostruire con maggiore dettaglio la macchinazione ai danni del Cardinale, la cui innocenza il processo ha dimostrato»

Nella Nota dei difensori del Cardinal Becciu si legge:
«Con l’ordinanza di oggi il Tribunale ha preso atto della valutazione dell’Accusa di non mettere a disposizione dei Giudici e delle difese, per esigenze di segretezza investigativa, l’intera chat inoltrata al Promotore e relativa alle genesi e alla progressione delle dichiarazioni rese da Monsignor Perlasca.
Anche per il mancato deposito delle parti omissate degli interrogatori del Monsignore, risalenti a tre anni fa, il Tribunale ha rilevato la scelta del Promotore, ritenendola insindacabile.
Prendiamo atto della decisione, così come del fatto che la scelta del Promotore ci consegna una prova mutilata che, al contrario, ove esibita integralmente, avrebbe consentito di ricostruire con maggiore dettaglio la macchinazione ai danni del Cardinale, la cui innocenza il processo ha dimostrato.
Avv.ti Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo».

Cardinal Becciu: «Contro di me una trama e un piano vendicativo»

Dopo l’Udienza, il Cardinal Becciu ha dichiarato all’ANSA, poi riferito dal pool dei giornalisti ammessi nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani:
«Voglio manifestare la mia amarezza perché il Tribunale non ha accolto le richieste dei miei avvocati, la possibilità di avere in mano le cosiddette chat “omissate”, perché, come ha sottolineato l’Avv. Viglione, la difesa rimane mortificata, non può esercitare completamente il diritto di difesa se non ha tutto il materiale. Poi si è chiesto di far chiarezza su questa vicenda, sulla vicenda di questi tre signori, Monsignor Perlasca, la signora Chaouqui e la signora Ciferri, che hanno detto loro stessi di aver tramato contro di me. È una trama che hanno fatto. Addirittura questa trama ha portato a strumentalizzare il Papa. Si son serviti del Papa per portare avanti un piano vendicativo nei miei riguardi. Non capisco perché non si faccia chiarezza su questo aspetto. I tre sono tranquilli, liberi e io sono da tre anni in questa sofferenza, sotto l’incubo di queste accuse che si stanno rivelando false. Esprimo la mia amarezza perché non si fa chiarezza su questa vicenda, perché è un’offesa allo stesso Santo Padre. Non ci si può servire del Santo Padre per mandare avanti un piano così doloso come la vendetta, cosa che è stata fatta nei miei riguardi. Quindi io continuo a mantenere la mia fiducia nel Tribunale e spero che la verità emerga fino in fondo. Però il non indagare su questa vicenda mi lascia piuttosto perplesso».

Comprensibile «l’amarezza del Card. Becciu perseguitato da accuse false e che ora non può mostrare le prove del complotto ai suoi danni» (Sante Cavalleri in Faro di Roma).

Silere non possum si è occupato in particolare di Francesca Immacolata Chaouqui, «perché è evidente che dietro a tutto l’impianto accusatorio del processo Sloane Avenue c’è la sua ombra». Il Cardinale Angelo Becciu ribadisce, scrive Silere non possum, «che le parole di Francesca Immacolata Chaouqui sono sufficienti per comprendere come è nato questo processo. Ma chi è questa donna che ha creato problemi ovunque è andata? In Vaticano Chaouqui è stata condannata e il Papa non le ha voluto concedere la grazia nonostante lei l’abbia chiesta in ginocchio e pignucolando» [QUI].

Il nuovo interrogatorio di Raffaele Mincione

L’Udienza odierna si è aperta con un nuovo interrogatorio al broker Raffaele Mincione, imputato per i reati di peculato, truffa, abuso d’ufficio, appropriazione indebita e autoriciclaggio, solo sulla nuova accusa di corruzione formulata dal Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, nell’udienza del 30 marzo scorso.

Alle domande del suo legale, Mincione ha risposto di non aver mai offerto, procurato o concesso, personalmente o attraverso società a lui riconducibili a Fabrizio Tirabassi (all’epoca dei fatti funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato accusato per questo anche accusato di autoriciclaggio) ed Enrico Crasso (già consulente finanziario della Segreteria di Stato, accusato ora di corruzione e autoriciclaggio), fondi in denaro o oggetti di valore o viaggi. Ha quindi negato di aver ricevuto da loro sollecitazioni per avere provvigioni, neanche tramite la società Aspigam di Ivan Simetovic.

A proposito dei rapporti con la società Aspigam International di Dubai, Mincione ha spiegato che Simetovic è un procacciatore d’affari e introducer, che ha operato prima per Mediobanca, e per questo dal 2011 al 2017 “ci ha presentato diversi affari, molti non conclusi, altri sì. E mi ha proposto anche l’investimento di 200 milioni di Credit Suisse e Sitom”. Mincione ha dichiarato di aver sempre saputo che l’investitore finale era la Segreteria di Stato, ma anche di non conoscere “nessun contratto che definisca il rapporto tra l’organismo della Santa Sede e la banca svizzera”.

Con il fondo Athena Capital, che ha acquistato le quote del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, Mincione ha confermato di aver versato 2,1 milioni di euro come commissione a Simetovic, che ne vorrebbe altri 1,9, con un contratto di consulenza siglato il 21 aprile 2015. All’inizio si pensava di investire i fondi di Credit Suisse in una società petrolifera in Angola, ma successivamente si è andati sull’acquisto del palazzo di Londra, su consiglio di Mincione stesso.

Rispondendo ad una domanda delle parti civili, Mincione ha dichiarato che solo questo 10 maggio Simetovic, che non si è mai presentato a testimoniare pur convocato dal Tribunale, con una mail gli ha comunicato che nel contratto con Aspigam c’era un sub-introducer che riceveva parte delle commissioni, e che si trattava di Crasso. La difesa di quest’ultimo ha chiesto che la mail venga dichiarata inutilizzabile, e Pignatone ha convenuto.

Mincione ha anche confermato di aver chiesto al suo collaboratore in WRM Capinvest, Gianluigi D’Andria, sentito come teste l’11 maggio scorso, di inviare il 19 dicembre 2018 a Gianluigi Torzi, l’altro broker imputato, per la vicenda del palazzo di Londra, una mail con il rendiconto di tutte le spese sostenute dal Fondo Athena, come le commissioni per l’Aspigam. Era una mail “difensiva”, ha spiegato Mincione, “dalle calunnie che ricevevo da Crasso e Perlasca per le mie richieste. Così le ho giustificate. Sapevo che poi Torzi avrebbe girato a loro il mio rendiconto”. Ha aggiunto che, “vista la forte sfiducia che c’era in Segreteria di Stato” nei suoi confronti, ha fatto vedere i conti a Torzi, “nuovo responsabile della gestione” del palazzo di Londra. Ricordando anche che, durante la sua gestione, ogni mese inviava un Net asset value (Nav), rapporto delle spese correnti, del Fondo Athena.

Il difensore di Mincione gli ha ricordato poi che l’accusa gli contesta di aver compensato Crasso per aver convinto Credit Suisse ad investire nel Fondo Athena, e Mincione ha dichiarato che il consulente finanziario della Segreteria di Stato era solo promotore di Credit Suisse Italia, ma senza ruolo deliberativo. Ha confermato che con lui i rapporti “non erano dei migliori”, dopo un investimento obbligazionario non andato in porto nel 2015.
Al termine dell’interrogatorio, il Promotore di Giustizia ha depositato, come richiesto ad ottobre 2022 dai legali di Cardinal Becciu, il resoconto di tutti i finanziamenti erogati, tra il 2004 e il 2020 dall’Istituto per le Opere di Religione alla Segreteria di Stato.

Il calendario delle prossime Udienze

La prossima Udienza fissata dal Tribunale al 13 giugno, chiuderà la fase istruttoria con l’eventuale ascolto degli ultimi testimoni, se presenti. Il Presidente Pignatone ha fissato poi sei Udienze (18, 19, 20, 24, 25 e 26 luglio) per la requisitoria del Promotore di Giustizia, e altre cinque Udienze (27, 28 e 29 settembre, 5 e 6 ottobre) per le richieste delle parti civili. Da metà ottobre interverranno le dieci difese, in media con tre udienze settimanali. Infine, arriverà la sentenza.

Postscriptum

1. E se la luna non c’è?

Chi sostiene che i processi siano causati dai comportamenti degli imputati presume che quei comportamenti siano fatti veri, assodati a priori: prima dei processi che… hanno causato. E in questo modo uccide il diritto umano alla presunzione di innocenza (fino a prova contraria!). Così si giustifica Caifa, Erode e Pilato, giudici, governatori e legislatori che in tal modo si comportarono: questo è un fatto vero. E si squalifica il motivo stesso dell’esistenza dei processi, ormai inutili, dacché non devono più verificare alcunché: una perdita di tempo, tanto per salvare le apparenze.
Andrea Paganini
25 febbraio 2023

2. Tutto da dimostrare
Può darsi. Forse diranno che mi sono sbagliato. Ma intanto, fino a prova contraria, io credo all’innocenza di ciascuno, perfino alla tua. Preferisco sbagliare difendendo un colpevole creduto innocente, che sbagliare attaccando un innocente creduto colpevole. L’ignavia non sopporto, la pilatesca vile calcolata indifferenza; oltre al gregge degli sciacalli che macabramente si avventano sulla vittima agonizzante. E che mi sia sbagliato sarà tutto da dimostrare.
14 marzo 2023
Andrea Paganini


Indice – Caso 60SA [QUI]

Foto di copertina: con Alice in tribunale nel Paese delle meraviglie di Lewis Carroll: «La Regina di Cuori, da ciò molto indispettita, ordina che prima sia pronunciata la sentenza e poi siano ricostruiti i fatti». Stupore, ilarità, diffidenza e rifiuto per il (mal)funzionamento delle istituzioni giudiziarie vaticani. Lewis Carroll, in tribunale con Alice nel Paese delle meraviglie ci spiega come funziona l’(in)giustizia vaticana. Consigliamo di rileggere al riguardo, trascorsi quasi 2 anni, l’articolo che abbiamo pubblicato l’11 luglio 2021 [QUI], da cui riprendiamo l’incipit:
«Non nascondo che talvolta, vedendo nella vita reale applicato con determinazione e accanimento il metodo giudiziario da Alice nel Paese delle Meraviglie, ci viene lo scoraggio. Perché, vengono fatto uscire dai fascicoli dell’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano (il Pubblico Ministero d’Oltretevere) sempre nuovi fatti e costrutti accusatori, messi alla gogna mediatica, che vengono puntualmente smentiti e smontati… fino alla prossima. Lo scoraggio di fronte a questa alternanza tra bagnomaria e bagno nella pece bollente a cui viene sottoposto il primo accusato per importanza (ma non per la sostanza delle accuse), viene però vinto con l’amore per la misericordia nella giustizia, alla ricerca della verità, da cui attingere la forza per andare avanti. E andiamo avanti soprattutto per sostenere lungo il cammino della metacognizione chi ci legge.
La forza ci viene data anche dai nostri attenti lettori, con i loro commenti pubblici sui social e dai loro messaggi in privato. Oggi citiamo in particolare il commento pubblico ad un post sulla pagina Facebook di Korazym.org: “Penso che i nodi verranno al pettine. Nel senso che al dibattimento dubito che il Cardinal Becciu si rassegnerà al ruolo di vittima sacrificale come a suo tempo fece il maggiordomo papale nel processo Vatileaks. E allora si capirà anche perché Perlasca è rimasto fuori dal novero degli imputati. Oltretutto non si può escludere che, per una volta, il processo non si esaurirà nel primo grado di giudizio. A ogni modo, emergeranno tutti i limiti, come dissi in un precedente post, dei vecchi codici vigenti e pure, e forse soprattutto, della loro concreta applicazione in uno Stato assoluto. A ogni modo, mi piacerebbe leggere l’intero papiro redatto dall’ufficio del promotore di giustizia ma, al momento, non riesco a trovarlo” (G.C.).
Innanzitutto, ecco il papiro, per coloro che vorrebbero leggerlo (sono 488 pagine, quindi non 500 e neanche 487…):
QUI».
Poi, la riflessione indispensabile del giusfilosofo e magistrato Otello Lupacchini, che ha spiegato il 6 agosto 2018 su Ilfattoquotidiano.it, quindi in tempi non sospetti, come funziona la (in)giustizia:
«Girovagando per l’universo letterario di Lewis Carroll, ci si imbatte in alcuni processi che – sol provando a riflettere sulle condizioni degli imputati – si prestano a essere considerati in una prospettiva assai meno superficiale di semplici manifestazioni letterarie dello stupore, dell’ilarità e della diffidenza che il funzionamento delle istituzioni giudiziarie ha sempre e dovunque suscitato tra i profani.
Tra questi c’è quello che si celebra presso la “corte” dei reali di Cuori, lo si trova nell’11esimo e nel 12esimo capitolo dello stesso libro. Imputato è il Fante, accusato di aver rubato dei dolci preparati dalla Regina, la quale è a un tempo parte lesa, coadiutrice del giudice e componente, con il Re stesso, dell’ufficio della pubblica accusa. La giuria è composta da 12 animaletti di varia specie, disorientati e ottusi. Araldo, usciere, cancelliere e in genere maestro di cerimonie è il Coniglio Bianco. Di avvocati difensori, nel testo non vi è traccia. Dopo la solenne lettura del capo d’imputazione, il re invita subito la giuria a pronunciare il verdetto, ma il Coniglio Bianco gli fa presente la necessità di assumere prima di tutto le prove.
Vengono allora sentiti, in veste di testimoni, il Cappellaio Matto, la cuoca della Duchessa e, finalmente, Alice. Esaurita, senza alcun esito apprezzabile, l’escussione dei testimoni, il Re torna a sollecitare il verdetto della giuria; ma è ancora una volta il Coniglio Bianco a impedirlo, segnalando al Re un documento decisivo, che si suppone provenga dall’imputato, quantunque non rechi traccia della sua calligrafia. Il documento, letto con la consueta solennità dal Coniglio Bianco, risulta contenere una poesia nonsense, come tale incomprensibile; ma ciò non impedisce al Re di esultare, fregandosi le mani.
È a questo punto che si accende una vivace disputa ermeneutica fra il Re e la Regina da una parte e dall’altra Alice, erettasi a tutrice del senso comune e indirettamente a difensore del Fante, la quale ribadisce la futilità della prova raccolta, mentre gli altri insistono nel ravvisare nel documento un’inconfutabile dimostrazione di colpevolezza del Fante. Il Re tronca la discussione, invitando per la terza volta la giuria a pronunciare il verdetto. Questo ennesimo sovvertimento delle regole processuali eccede la sopportazione di Alice, che, contestando drammaticamente la serietà e la realtà stessa della corte, pone fine repentinamente sia al processo sia al sogno in cui esso s’inserisce».

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