Un giro di vite. Crisi, rilancio o declino?
Come ogni lunedì condividiamo di seguito la nostra traduzione italiana dell’articolo dell’amico e collega Andrea Gagliarducci pubblicato sul suo sito Monday Vatican. La lettura di quanto scrive il Vatican Analyst per Catholic News Agency/EWTN e vaticanista di ACI Stampa (che gestisce il sito in inglese Monday Vatican e in italiano Vatican Reporting) è d’obbligo per chi segue le vicende della Santa Sede.
Oggi, Gagliarducci ha scritto delle ultime decisioni di Papa Francesco in un’analisi dal titolo Papa Francesco, un giro di vite?: «Ora il Papa ha cominciato a prendere decisioni improvvise, evitando ogni contenzioso interno e affidandosi invece al suo essere Papa. Papa Francesco è un Papa che regna. Ma sembra quasi che non voglia che venga detto. (…) Nessuno sa cosa ne pensi il Papa, ma è evidente come reagisce alle situazioni che non gli piacciono».
Riportiamo anche l’editoriale de Il Sismografo, dal titolo: I due Papi: Papa Francesco e Papa Bergoglio. Crisi, rilancio o declino?, pubblicato il 1° marzo 2023, in cui l’aggregatore para-vaticano – anche questo sito è lettura obbligata per chi segue le attività della Santa Sede – pone una serie di domande su alcuni temi di cui ci siamo già occupato in modo esaustivo in passato: «Come fare un bilancio dei dieci anni di un Pontefice spesso illeggibile e indecifrabile? Come interpretare i tanti silenzi e ambiguità fuori dal circuito mediatico? Da dove partire per non smarrire la strada della massima verità possibile come insegna la dottrina cattolica?».
Infine, seguono due articoli di cronaca, da Duc in altum a firma di Aldo Maria Valli e da Caminante Wanderer.
Condividendo questi quattro contributi, risulta opportuno – repetita iuvant – ricordare ancora una volta, come già a più occasioni in passato, che su questo Blog dell’Editore non ci occupiamo di “attacchi” al Papa. Quindi, quanto segue non è un “attacco” al Papa, non è un “attacco” a Papa Francesco, non è un “attacco” al Papato, non è un “attacco” al Pontificato. E meno ancora rappresenta un “attacco” alla Chiesa di Cristo, anzi. L’abbiamo spiegato in modo coerente l’anno scorso in un articolo, offerto come pro memoria delle fonti su quanto scritto nel titolo e come sussidio per la riflessione sul tema indicato: I Pastori possono sbagliare, possono essere criticati? Una risposta alla luce del “favor veritatis et salus animarum suprema lex” [QUI]. Ovviamente, se qualcuno vuole considerare quanto segue come “anti-papale” – e sacrificarci su quello che Papa Francesco ha chiamato “altare dell’ipocrisia” – è libero a farlo, ma non con la pigrizia di un’accusa fake di essere “anti-papale”. Comunque, sottolineiamo che troviamo molto triste leggere quanto segue, perché si tratta del Vicario di Cristo, anche se a lui questo titolo non piace [QUI], perché è suo primo e sostanziale titolo.
Papa Francesco, un giro di vite?
di Andrea Gagliarducci
Monday Vatican, 6 marzo 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Con l’avvicinarsi del decimo anniversario del suo pontificato, Papa Francesco ha eseguito un altro giro di vite su quello che considera un “sistema” vaticano. Con un rescritto [*], un documento scritto dopo un’udienza con il Papa, ha bloccato sia gli appartamenti gratuiti ad uso ufficio, sia gli appartamenti a prezzi agevolati per i capi dicastero [QUI]. Insomma, niente più privilegi, o almeno un fine a quello che Papa Francesco considera privilegi.
Inizialmente nemmeno diffuso attraverso i media ma solo affisso all’interno del Vaticano, il provvedimento è solo l’ultimo di una serie di misure improvvise, secondo la tecnica shock e soggezione che caratterizza Papa Francesco. Poco prima era arrivato un altro rescritto, restringendo ulteriormente le concessioni sulla Messa tradizionale [QUI], sebbene il rescritto contenesse contraddizioni che introduceva nuove condizioni non previste prima.
E prima ancora, l’improvvisa nomina del nuovo Prefetto del Dicastero per i Vescovi, Mons. Prevost, tanto attesa ma tenuta in attesa per quasi due anni. E la decisione di ribadire che i beni della Santa Sede appartengono solo alla Santa Sede, mettendo al sicuro le sue riforme da ogni possibile eccezione data dal fatto che alcune amministrazioni vaticane avevano autonomia nella gestione dei propri beni.
In questo decimo anno di pontificato, Papa Francesco sta dando al sistema vaticano l’ultimo giro di vite. Ha aspettato pazientemente, ponendo alcuni capi dipartimento a scadenza, rimuovendo altri quando lo riteneva opportuno e cacciando delle persone ogni volta che perdeva fiducia. Ora il Papa ha cominciato a prendere decisioni improvvise, evitando ogni contenzioso interno e affidandosi invece al suo essere Papa.
Papa Francesco è un Papa che regna. Ma sembra quasi che non voglia che venga detto. Mentre la sua attività di governo si fa sempre più inarrestabile, Papa Francesco si concede interviste e libri-intervista. Costruisce la narrazione su se stesso, cercando di accantonare alcune critiche. Di conseguenza, tutte le lamentele di Papa Francesco diventano ideologiche. Non è mai successo che il Papa abbia ammesso un errore di valutazione. Invece, sono gli altri che sbagliano.
Alle innumerevoli interviste degli ultimi tempi si è aggiunta una nuova biografia, Il Pastore, di Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, in cui Papa Francesco racconta i suoi anni di pontificato, il suo modo di leggere quanto è accaduto negli ultimi anni, la sua visione del mondo.
Le anticipazioni raccontano di un Papa che parla della necessità di un impegno politico perché questo è Cristiano. Eppure sorprendentemente, non si fa menzione di ispirare la politica, mentre si considera la parte più puramente secolare della storia.
Le anticipazioni aggiungono che il Papa ha parlato di scandali finanziari, dicendo che ci sono laici che ne hanno approfittato e che li ha subito bloccati quando ha saputo che l’investimento della Segreteria di Stato in un immobile di lusso a Londra era qualcosa di opaco. Il Papa, però, omette di dire che era stato nella stanza delle trattative e che, quindi, ne era stato informato personalmente. E omette di dire che è vero che tutto nasce da un’azione interna. La denuncia nasce originariamente dal rifiuto di un organo statale, cioè lo IOR, di soddisfare la richiesta di un organo governativo, cioè la Segreteria di Stato della Santa Sede.
E ancora, le anticipazioni dicono che il Papa dice di aver rifiutato per ben due volte la nomina episcopale e che il superiore dei gesuiti, all’epoca Hans Kolvenbach, ha subito approvato la sua nomina ad ausiliare di Buenos Aires. Eppure, in nessuna ricostruzione, non è mai emerso che al Papa fosse stata offerta ripetutamente la nomina né che Kolvenbach fosse d’accordo.
Così, Papa Francesco costruisce intorno a sé la narrazione, mentre il suo modo di governare assume caratteristiche sempre più accentratrici.
Come vanno lette tutte queste circostanze?
Prima di tutto, il modo facile. Papa Francesco tiene all’opinione pubblica, ha costruito un pontificato sulla sua immagine pubblica, e quindi la costruzione della narrazione diventa cruciale. Certo, è una narrazione costruita negando la responsabilità – ad esempio, ha negato di aver mai sentito parlare delle accuse di abusi contro Padre Marko Rupnik, anche se la scomunica latae sententiae che era stata imposta al gesuita richiedeva la notifica al Papa. Ma è soprattutto una narrazione che non mira a definire le criticità, non affronta i problemi di governance ma li scavalca al punto che sembrano diventare secondari.
Tuttavia, i problemi di governance non sono secondari. Infatti, Papa Francesco si sbarazza rapidamente delle persone di cui non si fida più. È successo di recente, anche a persone in primo piano, e succederà ancora.
Il secondo punto è che Papa Francesco ha fretta di imporre la sua visione del mondo. È come se il Papa si fosse accorto di essere arrivato a un vicolo cieco, che le sue parole non sono più ascoltate. Allora, appena vede qualcuno prendersi delle libertà, il Papa ribadisce la sua linea, anche brutalmente.
Il rescritto del 13 febbraio scorso è un esempio di ciò. Non considera l’altra faccia della storia: gli appartamenti a canone agevolato facevano parte di un sistema vaticano istituito per permettere a tutti di lavorare in Vaticano. Lo stipendio non è alto, anche se esentasse (da 1.300 a 2.400 euro, secondo 10 livelli di retribuzione, anche se a volte possono arrivare a 3.000 in caso di 10° livello). Comunque, i dipendenti vaticani hanno un distributore di carburante esentasse [benzina e gasolio a 30 centesimi sotto al prezzo che viene erogato nei distributori di Roma], un supermercato a prezzi convenienti [esentasse, ma non super-conveniente] e uno Stato che li aiuta a vivere. Ora, chi potrà lavorare in Vaticano, soprattutto come capo dei dicasteri vaticani, è chi è già benestante per affittare l’appartamento o chi riceve donazioni personali e dipenderà da esse. Oppure, vivranno fuori dal Vaticano e gli appartamenti vaticani rimarranno non affittati. Questo è il rovescio della medaglia che il Papa non ha visto.
Il terzo punto è che Papa Francesco è arrivato a un punto del suo pontificato in cui sente di poter tenere tutto sotto controllo. Dunque, il tempo della prudenza è finita, ed è cominciata quello dell’azione. Questo è un passaggio obbligato, considerando che le sue condizioni di salute non sono eccellenti, e anche il prossimo viaggio in Ungheria è stato programmato in modo da avere meno spostamenti possibili.
Nessuno sa cosa ne pensi il Papa, ma è evidente come reagisce alle situazioni che non gli piacciono. Purtroppo, questa situazione ha creato anche una leggera stasi nella Curia, incerta sulle parole del Papa e quindi sospesa nelle sue azioni.
Papa Francesco, però, va avanti imperterrito. Vuole andare a fondo delle sue riforme, e pensa che il vecchio Vaticano fosse solo un retaggio del Rinascimento. È vero solo in parte, ma questo Papa Francesco non lo sa o fa finta di non saperlo.
I due Papi: Papa Francesco e Papa Bergoglio. Crisi, rilancio o declino?
L.B. e R.C.
Il Sismografo, 1° marzo 2023
Fare un bilancio dei 10 anni del pontificato, ricorrenza prossima (lunedì 13 marzo), è una sfida impegnativa perché in primo luogo si deve fare una sintesi di innumerevoli, migliaia di eventi, testi e gesti, molto complessi e contradditori. Ora si parla solo di ciò che è pubblico e verificabile. Un giorno, lontano nel tempo, emergeranno eventi e testi del magistero che oggi si ignorano. Saranno dunque gli storici a svolgere questo compito molto impegnativo. Oggi possiamo fare solo cronaca, narrazione, di un magistero pontificio vissuto da vicino esperimentando molte novità, sorprese ma anche non poche perplessità e dubbi.
Tra la Chiesa del 2013 e quella di oggi c’è differenza ma per la maggior parte queste differenze riguardano l’esercizio del ministero petrino. Ecco la vera novità di questo decennio poiché per il resto i problemi e i limiti, le aspettative e le incognite che c’erano già al momento della rinuncia di Benedetto XVI stanno ancora tutti lì, come prima. Anzi, nel frattempo sono sorti nuovi problemi, alcuni delicatissimi, al punto di far vedere un orizzonte della Chiesa pieno di incognite, a volte molto oscuro. Questi dieci anni non sono facili da leggere. In molti passaggi il papato è illeggibile. In Argentina dicono di Papa Francesco, con riferimento a questa difficoltà, che l’Arcivescovo emerito di Buenos Aires “mette la freccia a sinistra ma gira a destra e viceversa”. A Roma, in Curia, si dice con parole meno taglienti: “È una persona molto imprevedibile”.
La fine dell’incantesimo
A dieci anni dall’inizio del pontificato la Chiesa è chiaramente davanti a due Papi: da una parte Papa Francesco e dall’altra Papa Bergoglio. Qualsiasi bilancio, severo e veritiero, non celebrativo, non propagandistico, il più equilibrato possibile, deve fare i conti con questa complessa realtà che negli ultimi cinque anni ha scosso duramente il governo della Chiesa Cattolica.
Il Pontefice ha riproposto per il vertice della Chiesa un ferreo modello monarchico e anche nelle cose minuscole ha fatto scivolare il suo personale profilo autoritario, decisionista e perentorio, conosciuto già decine di anni fa.
Perché abbiamo detto “ultimi cinque anni”? Perché la rottura dell’incantesimo bergogliano cominciò in Cile, nel gennaio 2018, nel corso di un viaggio devastante. Trovò un Paese che non era come pensava avendo scelto di credere ai suoi più alti informatori sul terreno. E quindi perciò sbagliò clamorosamente il suo approccio al dramma della pedofilia al punto di arrivare a chiedere pubblicamente alle vittime di “presentare le prove”. Dopo la visita in Cile, ma anche in altre nazioni latinoamericane, tutto si complicò terribilmente per il Papa al punto di non tornare più nella regione tranne che per la GMG/2019 in Panama.
Il Papa mediatico e il Papa sovrano
In questi cinque anni, ogni giorno, si è fatto sempre più evidente la cesura del pontificato, la coabitazione di due Papi: Francesco e Bergoglio.
– Il primo è un Papa mediatico, molto inflazionato da una certa stampa e specifici circoli giornalistici, ma sempre un grande leader popolare, con un rilevante carisma di piazza, seppure al servizio del Vangelo orgoglioso di fare politica. In quest’ambito, qualsiasi bilancio anche dei cosiddetti anti-Bergoglio, necessariamente sarà strepitoso. Ed è vero.
– Il secondo è un Papa sovrano, governante per eccellenza, titolare di ogni potere, molto disponibile alla ragion di stato, autoreferenziale e in permanente difesa dai lupi che assediano il trono e dai complotti dei cortigiani. Dalla sua fortezza di Santa Marta controlla tutto mentre in Vaticano non si muove una foglia senza il suo consenso.
Non sono realtà del tutto sovrapponibili. A volte coincidono. Spesso invece sono diverse, anzi una figura finisce per smentire l’altra proprio perché il Pontefice Francesco non sempre è in linea con il Pontefice Bergoglio. La dolcezza, l’affabilità e il genio comunicativo di Francesco non sempre corrispondono al modo di agire, di legiferare, di dare ordini e di usare gli strumenti del potere.
Un bilancio serio e onesto di questi 10 anni dovrebbe affrontare questa doppia realtà altrimenti non sarebbe possibile afferrare l’intero pontificato con equilibrio nella verità.
Su Bergoglio alla guerra degli affitti
di Aldo Maria Valli
Duc in altrum, 1° marzo 2023
All’interno della curia romana Francesco è ormai sopportato come un’orticaria o un mal di denti, ma finora i sofferenti si sono limitati al mugugno. Non sarebbe strano però se adesso, toccati sul vivo, e cioè sulla casa, passassero dal mugugno alla ribellione.
Il rescriptum secondo cui tutti gli inquilini delle case degli enti vaticani devono cominciare a pagare affitti adeguati potrebbe essere la classica goccia che fa traboccare il classico vaso.
Bergoglio, con il suo solito stile misericordioso, è stato chiaro: o incominciate a pagare oppure, cari signori cardinali, capi dicastero, presidenti, dirigenti e uditori della Sacra Rota, dovrete lasciare gli appartamenti alla scadenza del contratto. Non ci sono santi che tengano.
“Evviva, il Papa mette fine ai privilegi!” esclama qualche pasdaran bergogliano. Ma i più commentano: “La solita demagogia. E ora il Papa userà anche questa storia degli affitti per tenere in pugno prelati e funzionari vari, perché sarà lui in persona a decidere chi dovrà pagare e chi no”.
Bergoglio non ha mai sopportato la curia. Non solo: la disprezza apertamente. E così eccolo nei panni dell’economo livoroso, un ruolo che gli si attaglia a pennello, impegnato non tanto a organizzare, ma a punire. Premiando, nel contempo, i suoi amici.
Il clima è da basso impero, con tutte le conseguenze del caso. Il pontificato che avrebbe dovuto rivivificare la Chiesa si sta consumando giorno dopo giorno in mezzo a beghe curiali. Per completare il quadro manca solo la congiura di palazzo.
Tristezze romane
Caminante Wanderer, 2 marzo 2023
(Traduzione italiana dall’inglese a cura di Valentina Lazzari per Duc in altum [QUI])
Una cosa è sentirselo dire, un’altra è vederlo. Negli ultimi giorni ho provato una certa tristezza nel verificare questa verità. Alcuni amici romani spesso mi raccontano ciò che accade all’interno delle mura vaticane, e anche Specola, che è molto ben informata, ci riferisce quotidianamente questo tipo di notizie. Ma è ben altra cosa toccare con mano i fatti personalmente e confermare la conclusione che tutti conosciamo: Papa Francesco non è amato da nessuno, né dai vescovi, né dai sacerdoti, né dai fedeli, ovunque essi siano. Ma al di là del fatto che non amiamo particolarmente il romano pontefice, è molto triste vedere il profondo rifiuto della sua figura, perché, che ci piaccia o no, egli è il Vicario di Cristo.
Nelle ultime settimane ho avuto modo di parlare con sacerdoti di tutti i tipi. Non c’è bisogno di esporre qui le opinioni dei conservatori e dei tradizionalisti. Tutti le conoscono. Ciò che mi ha colpito è che i sacerdoti più progressisti, che di solito sono anche i più anziani, nutrono verso Bergoglio la stessa antipatia dei loro confratelli più giovani. Non si tratta più di una questione dottrinale che contrappone tradizionalisti e progressisti: è qualcosa di più elementare ed ha a che fare con l’umano e l’istituzionale. I preti non riescono a capire, ad esempio, la costante aggressività del papa nei loro confronti. Da entrambe le parti c’è stupore per il fatto che ogni volta che si riferisce ai sacerdoti il papa lo fa in termini fortemente negativi: li accusa di essere carrieristi, avidi, scontrosi, proselitisti, criminali, di guardare la pornografia, di avere problemi psichiatrici, e così via. Mai una parola di incoraggiamento, mai un’espressione benevola. È come se a parlare fosse il nemico, e non il padre che dovrebbe confermarli nella fede. Qualcuno, più malvagio o forse più acuto, mi ha fatto notare che questo è un tipico caso di proiezione: Bergoglio proietta sui sacerdoti – e lui stesso lo è – le caratteristiche che inconsciamente sa di possedere e detesta. In altre parole, rifiuta gli altri perché si rispecchia in loro.
Nella Curia romana vivono nel terrore. Un’espressione che si sente con una certa frequenza tra le sacre mura è questa: “Il cretino gloriosamente regnante”. Ma la parola più ricorrente è, appunto, terrore. A causa del regime che il Papa argentino vi ha instaurato.
Nessuno sa quanto egli resterà in carica ma, peggio ancora, nessuno sa chi spia chi, perché questo è un altro dei metodi bergogliani: spiare per scoprire cosa pensa e dice ciascuno dei prelati che girano per il sacro palazzo. Lo stesso metodo, del resto, fu da lui applicato in Argentina quando era arcivescovo di Buenos Aires e gestiva spie in tutte le diocesi e le congregazioni religiose. Ma a Roma Bergoglio si fida ciecamente di quello che gli dicono i suoi informatori, e così ci sono diversi curiali che dopo aver ricevuto il fatidico messaggio – “Il Santo Padre vuole parlarti” – nel giro di mezz’ora si sono ritrovati per la strada, privati di tutto.
Un’altra circostanza che lascia perplessi e fa infuriare tutti è ciò che Bergoglio sta facendo con il collegio cardinalizio e il collegio episcopale. Insisto: questi commenti non provengono da settori conservatori, ma, al contrario, dai progressisti. Perché qui non è in gioco lo schieramento, ma è una questione istituzionale. Non è possibile, mi hanno detto alcuni sacerdoti italiani, che le sedi più antiche e prestigiose del Paese, come Milano, Napoli, Venezia, Palermo o Torino, non abbiano cardinali e che, invece, le sedi nuove e insignificanti ne abbiano. Questo fa infuriare non solo i titolari di queste sedi, che rimangono senza berretta, ma anche i fedeli, che si sentono comprensibilmente feriti di fronte a un pontefice che nega loro un privilegio che possiedono da secoli.
Quello che vediamo in Argentina con le nomine episcopali sta accadendo in tutto il mondo. Nel nostro Paese, Francesco ha nominato uno sciame di vescovi scelti tra i sacerdoti meno preparati e qualificati per il ministero episcopale, e le conseguenze di tali decisioni si vedranno nel corso degli anni. Lo stesso vale in gran parte del mondo. Persone che lo conoscono molto bene e da molti anni mi hanno detto che il vescovo Robert Prevost, che poche settimane fa è stato nominato prefetto del Dicastero dei vescovi, una delle posizioni più importanti e potenti della Chiesa, è una nullità. Non è che sia progressista o conservatore: è insignificante, uno preso dal mucchio, limitato, scarso. E sarà questo bravo signore a nominare i vescovi di tutto il mondo!
Infine, un gruppo di sacerdoti nordamericani, moderati e per nulla tradizionalisti, mi ha raccontato dell’enorme disagio causato in California dalla nomina cardinalizia del Vescovo di San Diego, una piccola diocesi suffraganea, mentre non ha la berretta l’arcivescovo di Los Angeles, il suo metropolita. E il problema non è solo chi indossa la porpora; il problema è che il Cardinale Robert Mc Elroy di San Diego è estremamente progressista, troppo progressista persino per la sua gente.
In definitiva, Papa Francesco non sarà pianto da nessuno. Solo i suoi compari, quelli che con la sua morte perderanno le loro ignobili cariche e funzioni, saranno tristi.
[*] RESCRIPTUM EX AUDIENTIA SS.MI del 13 febbraio 2023
reso noto dal sito MiL-Messainlatino.it il 28 febbraio 2023 [QUI]
Nell’udienza concessa al sottoscritto Maximino Caballero Ledo, Prefetto della Segreteria per l’Economia, in data 13 febbraio 2023, il Santo Padre, per far fronte agli impegni crescenti che l’adempimento al servizio alla Chiesa Universale e ai bisognosi richiede in un contesto economico quale quello attuale, di particolare gravità, mi ha manifestato la necessità che tutti facciano un sacrificio straordinario per destinare maggiori risorse alla missione della Santa Sede, anche incrementando i ricavi della gestione del patrimonio immobiliare.
Dopo essersi con me consultato sul miglior modo di procedere a tal fine
il SANTO PADRE
ha disposto
(a) l’abrogazione di tutte le disposizioni, da chiunque ed in qualunque tempo emanate, che consentano o dispongano il godimento ai Cardinali, Capi Dicastero, Presidenti, Segretari, Sotto Segretari, Dirigenti ed equiparati, ivi inclusi gli Uditori, ed equiparati, del Tribunale della Rota Romana, degli immobili di proprietà delle Istituzioni Curiali e degli Enti che fanno riferimento alla Santa Sede inclusi nella lista allegata allo Statuto del Consiglio per l’Economia, comprese le Domus, gratuitamente o a condizioni di particolare favore;
(b) il divieto per tutti gli Enti di erogare ai medesimi soggetti di cui al punto precedente o alle Domus, il c.d. “contributo alloggio” ovvero contributi aventi la medesima finalità;
(c) il divieto per tutti gli Enti di erogare ai medesimi soggetti di cui al punto (a) o ai proprietari degli immobili in cui essi alloggiano, siano essi altri enti della Santa Sede o terzi, contributi, di qualunque entità e forma, aventi finalità di compartecipazione dell’Ente al canone di locazione o, in generale, alle spese per l’alloggio;
Gli Enti proprietari degli immobili dovranno pertanto praticare al soggetto di cui sopra i prezzi normalmente applicati nei confronti di quanti siano privi di incarichi di qualsiasi tipo nella Santa Sede e nello Stato della Città del Vaticano.
Le Domus dovranno applicare ai medesimi soggetti le ordinarie tariffe stabilità dal proprio orano amministrativo.
Il presento provvedimento non ha effetto sulle agevolazioni già concesse alla data della sua entrata in vigore e, pertanto, i contratti già stipulati prima dell’entrata in vigore di quella disposizione proseguono fino alla naturale scadenza, ma possono essere prorogati o rinnovati solo nel rispetto di quanto sopra stabilito. Sono fatti salvi i rinnovi obbligatori stabiliti dalla legge o dal contratto.
Il Santo Padre ha infine disposto che:
– qualsiasi eccezione alla presente normativa dovrà essere da Egli direttamente autorizzata;
– le richieste di contributo alloggio e similari, di immobili a canone agevolato o a titolo gratuito presentate successivamente al 31 dicembre 2022 che non siano state ancora concesse o in relazione alle quali non sia stato sottoscritto da entrambe le parti il relativo contratto, siano trattate secondo la presente normativa;
– il presente Rescritto abbia stabile ed immediata efficacia e dello stesso sia data pubblicazione negli Acta Apostolicae Sedis e mediante affissione nel Cortile di San Damaso.
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