“Prega per noi”
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.01.2023 – Vik van Brantegem] – Lunedì 10 marzo 2013, un giorno prima dell’inizio del Conclave che avrebbe eletto il Cardinale Jorge Mario Bergoglio come successore di Benedetto XVI, Robert Moynihan, Fondatore-Direttore della rivista Inside the Vatican, vicino al Vaticano salutò un anziano cardinale. Consapevole che non avrebbe risposto a nessuna domanda sul Conclave che stava per iniziare, si era limitato a salutarlo e a dire che ha amato tanto Benedetto XVI.
Al che, l’anziano cardinale, con espressione di tristezza e preoccupazione – come ha ricordato Moynihan nella Lettera N. 41 dal titolo Prega per noi del The Moynihan Letters [QUI] – ha risposto: «L’ho fatto anch’io, e lo amo. E così sono stato turbato e un po’ sbilanciato dall’11 febbraio. Anch’io lo amo, ma questo non doveva accadere. Non avrebbe mai dovuto lasciare il suo ufficio. È come un uomo e una donna, un marito e una moglie, una madre e un padre in relazione ai loro figli. Cosa dicono? Dicono, “finché morte non ci separi!”. Stanno sempre insieme».
Questo episodio raccontato da Moynihan dieci anni fa, è probabilmente quello che meglio riflette l’atmosfera in Vaticano tra febbraio e marzo 2013, dopo aver appreso della rinuncia di Benedetto XVI. Lo riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana dall’inglese.
“Prega per noi”
Guidando lungo una strada vicino al Vaticano circa due ore fa, nel tardo pomeriggio di lunedì, mentre le ombre avevano appena iniziato ad allungarsi, ho visto qualcuno che ho riconosciuto, in piedi accanto a una luce, in attesa di attraversare la strada. Un cardinale. Lo conoscevo. Avevamo parlato insieme in passato.
“Scendo e vado da lui – mi sono detto -. Forse parlerà con me. No – mi sono detto -, lo lascio in pace. Ha diritto alla sua privacy. Domani entrerà in Conclave, non c’è bisogno di perseguitarlo. Gli lascerò fare la sua ultima passeggiata da solo tranquilla prima del Conclave. No – mi sono detto -, c’è una ragione per cui è proprio qui all’angolo, aspettando solo che la luce cambi, proprio come sono qui…”. “Va bene – mi sono detto -, ma non gli chiederò niente, gli dirò solo una cosa. Solo una cosa, tutto qui. Dirò che ho amato Papa Benedetto”.
Ho preso la mia decisione. Ho girato forte il volante, ho accostato l’auto al marciapiede, ho spento la chiave, sono saltato fuori dall’auto, ho sbattuto la portiera, ho premuto la chiave per bloccare il veicolo e sono corso dall’altra parte della strada per poter incontrarlo. Una motocicletta mi ha quasi investito mentre correvo.
Raggiunto l’altro lato mi sono volto e ho guardato indietro. Il cardinale era ancora in silenzio dall’altra parte della strada. Attorno a lui ora c’era un piccolo gruppo di ragazzi che stavano visitando Roma in quella che sembrava essere una gita scolastica. Si fermò in mezzo a loro. Non lo hanno riconosciuto. Era vestito come un semplice sacerdote.
“Hmmm – ho pensato -, ora che ci penso, non sono sicuro se abbia più di 80 o meno di 80 anni, quindi domani andrà a votare o forse no. Forse posso chiederglielo”.
La luce del semaforo è scattata e tutto il gruppo, una ventina di ragazzi con un anziano in mezzo, con un po’ di spazio ai lati, ha cominciato ad attraversare la strada. Circa a metà strada, mi ha visto, ha visto che lo stavo guardando. Ho cercato di valutare se fosse in qualche modo disturbato nel vedermi, se stesse evitando di incontrare i miei occhi, per segnalare che voleva solo essere lasciato in pace. Ma ha incontrato i miei occhi, direttamente.
“Mi riconosce – ho pensato -. Non significa che discuterà del Conclave con me – ovviamente, manterrà il segreto – ma mi saluterà”. Così ho fatto tre passi in strada e ho allungato la mano. Mi chiedevo ancora se sarebbe stato freddo nei miei confronti e non sarebbe stato disposto nemmeno a iniziare una conversazione. Ma sono rimasto sorpreso. Ha allungato la mano.
“Eminenza”, ho detto. Nei suoi occhi mi stava dicendo che non poteva rispondere a nessuna domanda. Ma non escludeva ogni conversazione. E così ho osato… “Volevo solo dirti una cosa – ho detto -. Che ho amato Papa Benedetto”.
Rimase fermo. “L’ho fatto anch’io, e lo amo”, ha detto il cardinale. “E così sono stato turbato e un po’ sbilanciato dall’11 febbraio”, ha aggiunto. E poi, come pervaso da un’emozione improvvisa, ho visto il volto del cardinale diventare cupo e triste, e lui ha detto, con forza: “Anch’io lo amo, ma questo non doveva accadere. Non avrebbe mai dovuto lasciare il suo ufficio”.
Sono rimasto in silenzio.
“È come un uomo e una donna, un marito e una moglie, una madre e un padre in relazione ai loro figli”, ha detto. “Cosa dicono?” Sembrava che stesse facendo a me la domanda. Sono rimasto in silenzio. “Dicono, ‘finché morte non ci separi!’ Stanno sempre insieme”.
Quindi, ho capito che stava dicendo che sentiva che un successore di Pietro non doveva dimettersi dal trono, non importa quanto stanco, ma continuare fino alla morte. Ho sentito che le parole che stava pronunciando erano le parole di un argomento che poteva essere usato anche tra i cardinali, ma ovviamente poteva anche non essere così. Ma mi sembrava di intravedere come almeno un cardinale stava pensando alla rinuncia del Papa.
«Eminenza – ho detto -, me ne sono dimenticato. Ha già più di 80 anni o no?”. “Non ho ancora 80 anni”, mi ha risposto. “Quindi voterà domani”. Lui annuì e nei suoi occhi passò uno sguardo che sembrava pieno di ombre e preoccupazioni. Sono rimasto sorpreso dalla sua intensità. Sono rimasto sorpreso dall’intera conversazione.
Mi ha stretto la mano. “C’è qualcos’altro che posso fare?”, ho chiesto. “Prega per noi – ha detto -. Prega per noi”. Si voltò come se avesse bisogno di andare. “Devo andare”. Si allontanò di un passo da me, poi si voltò di nuovo. “È un momento pericoloso. Prega per noi”.
Penso che dovremmo fare come ha chiesto. E, a Dio piacendo, questa sera potrò inviare un’altra riflessione sul significato di questo Conclave in questo momento.
Robert Moynihan
Lunedì, 10 marzo 2013
Indice – La morte di Benedetto XVI [QUI]