Giovanni Paolo II contro la pedofilia – Parte 4 – Padre Żak chiede una discussione seria sulle azioni di Giovanni Paolo II
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.12.2022 – Vik van Brantegem] – Assistiamo sempre di più a tentativi di minare l’autorità di San Giovanni Paolo II, una sorta di “de-santificazione” per mezzo stampa. L’arma che viene usata più spesso, è l’accusa che Giovanni Paolo II non abbia fatto quasi nulla per prevenire gli abusi sessuali su minori o persone vulnerabili nella Chiesa e abbia cercato di insabbiare il problema con una congiura del silenzio. Nel frattempo, è un fatto indiscutibile che Giovanni Paolo II sia stato un Papa che ha intrapreso una lotta decisiva contro i casi di pedofilia e di abusi sessuali, e che ha introdotto standard ecclesiali radicali per affrontare questo tipo di crimini nella Chiesa, sottolineando che “nel sacerdozio e nella vita religiosa c’è non c’è posto per chi farebbe del male ai giovani”. Ha iniziato il processo di purificazione della Chiesa, che è molto importante, è proseguito dopo e continua ancora oggi.
Padre Żak chiede una discussione seria sulle azioni di Giovanni Paolo II
di Anna Wojtas
Ekai.pl, 6 dicembre 2022
(Nostra traduzione italiana dal polacco)
Giovanni Paolo II si è evoluto in termini di reazione e comprensione del problema degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa. Nel corso di diversi anni ha imparato molto, perché le decisioni che ha preso in seguito si rivelano decisioni chiave per la purificazione della Chiesa fino ad oggi. Lo afferma Padre Adam Żak, S.I., Direttore del Centro per la Protezione dell’Infanzia dell’Università Ignatianum di Cracovia, dal 2013 Coordinatore Coordinatore per la Tutela dei Minori della Conferenza Episcopale Polacca. In un Webinar del 13 gennaio 2021 sulla protezione contro gli abusi ai minori, indirizzato principalmente ai media polacchi, allo scopo di informare sulle iniziative intraprese in merito dalla Chiesa in Polonia, Padre Żak ha affermato che attualmente la Chiesa è l’unica Istituzione in Polonia che pensa in modo completo alla protezione dei minori. Ha aggiunto che non esiste ancora una strategia nazionale per la loro protezione.
Nell’intervista che segue, l’esperto auspica una discussione seria e basata sulle fonti in Polonia sulle azioni di San Giovanni Paolo II in riferimento a questo argomento. “Mi dispiace, ma non vedo alcuna discussione. La discussione sarebbe possibile se ci fosse il desiderio di capire la persona di Giovanni Paolo con i suoi condizionamenti e i suoi errori, ma anche con i suoi successi e la sua grandezza”, aggiunge.
Anna Wojtas: Hai letto “Bielmo” di Marcin Gutowski [1]?
Padre Adam Żak, S.I.: Sì. Non metto in dubbio il dolore o i fatti di cui l’autore ha sentito parlare da persone che ha incontrato durante il suo viaggio in America, ma le sue emozioni danno il tono a questo libro. Per me, che da diversi anni mi occupo di questa materia, non basta certo per rendere giustizia a Giovanni Paolo II.
Cosa significa?
Le emozioni sono il “nervo” di questo libro – dalla drammatica conversazione dell’autore con sua madre, nell’introduzione, alle emozioni delle vittime. Conoscevo i fatti presentati nel libro prima, perché sono stati analizzati molte volte e sono disponibili sulla stampa e su Internet, anche per i giornalisti. Intendo, ad esempio, quelle riguardanti il caso di Don Gilbert Gauthe, che fa da sfondo a una relazione di 42 pagine del domenicano Thomas Doyle, inviata tramite la Nunziatura Apostolica in Vaticano, del quale Papa Giovanni Paolo II probabilmente ebbe conoscenza.
Per una riflessione più ampia su questo rapporto, Doyle, insieme all’Avv. Ray Mouton e allo psichiatra Don Michael Peterson ha consegnato 95 pagine di dattiloscritto ai vescovi americani. Dovevano discuterne in un’assemblea. In esso, si è concentrato su casi “ipotetici” (!) divulgati e trattati dai tribunali americani. All’inizio si trattava di casi isolati. Macabre, perché riguardavano per lo più figure preferenziali, che, come già sappiamo, di solito danneggiano molti bambini o giovani, a seconda della loro preferenza sessuale disturbata. Quando negli Stati Uniti si sono verificati questi drammatici eventi, Doyle e i coautori del rapporto hanno presentato la situazione ai vescovi americani in modo molto pratico, ma senza descrivere le conseguenze per le vittime di questi crimini. Ha preso atto dei fatti e hanno tratto conclusioni, sebbene riguardino principalmente gli autori e… le spese legali e di risarcimento a carico delle diocesi. A Doyle non è stato permesso di entrare nell’aula dell’assemblea dei vescovi americani e il testo loro consegnato è stato riservato.
Capisco che il lettore polacco potrebbe non conoscere la maggior parte di questi fatti, ma hanno il loro contesto, ripetutamente analizzato nella letteratura professionale che si è occupata di questo argomento. Se l’autore mette il lettore di fronte alle proprie emozioni e a quelle dei suoi interlocutori, senza delineare un contesto adeguato, non basta certo proporre una tesi, una domanda drammatica: cosa sapeva il Papa e cosa non sapeva? Questo non ci avvicina alla risposta, e al massimo fa sospettare la conoscenza di Giovanni Paolo II.
Va inoltre ricordato che le rivelazioni nella sfera pubblica negli Stati Uniti risalgono all’inizio degli anni ’80 e la conoscenza delle conseguenze di questi crimini nella vita delle persone che sono state danneggiate per la loro psiche era solo nelle sue fasi iniziali. Del rapporto di Doyle, Giovanni Paolo II non ne poteva sapere!
Meno di 10 anni prima, un importante studio era stato presentato dal Dott. Henry Kempe al Congresso dei pediatrici americani del 1977. Per la prima volta, venivano esaminati gli effetti dell’abuso sessuale. In precedenza, nel 1967, il Dott. Kempe aveva pubblicato un rapporto sulla violenza contro i bambini nella famiglia americana. Questo fu l’inizio della ricerca scientifica su questi fenomeni sociali.
Vuoi dire che era un’epoca completamente diversa da quella di oggi?
La conoscenza dell’abuso sessuale e dei suoi effetti era solo all’inizio. Varrebbe la pena che l’autore di Bielma ricordasse questo contesto. Non per discutere se e cosa Wojtyła poteva sapere. Ciò che è più importante è quali conclusioni potrebbe trarre per la Chiesa negli anni ’80 e quali contromisure potrebbe trovare. Ricordiamo che a quel tempo erano noti solo singoli casi di sacerdoti che danneggiavano bambini, ma l’entità di questo danno era assolutamente sconosciuta. Sam Doyle, in una delle interviste per autori polacchi e pubblicate in polacco, si è irritato quando i giornalisti gli hanno chiesto dell’entità di allora: “Nessuno sapeva ancora nulla dell’entità”. Non solo nella Chiesa, ma anche nella società. Gli effetti dell’abuso sessuale iniziarono a essere studiati negli anni ’70. Il rapporto del 1985 di Doyle e coautori li copre in 2 pagine!
Nello studio di Doyle e coautori troviamo le prime riflessioni sui preti autori di abusi sessuali su minori fatte sulla base di segnalazioni mediatiche. Gli autori hanno messo in guardia su come hanno agito gli autori con un disturbo della preferenza sessuale sotto forma di pedofilia e su come prepararsi per l’ulteriore sviluppo delle divulgazioni. Già allora credevano che ciò potesse accadere e che la loro portata sarebbe stata ampia e proposero di istituire una struttura interdisciplinare che monitorasse costantemente l’evoluzione della situazione.
Le misure che raccomandavano ai vescovi non erano prevenzione nel senso odierno. Hanno consigliato ai vescovi di costruire una polizza assicurativa che protegga le diocesi contro il risarcimento, per preparare la diagnostica dei candidati al sacerdozio, in modo che le persone con disturbi della preferenza sessuale non vengano ordinate sacerdoti. Questo era l’orizzonte in cui si muovevano.
Quando nel 2002 la portata di questi crimini si è rivelata molto ampia, si è scoperto che il principale fattore di rischio e causa individuale di questi atti è l’immaturità psicosessuale dell’autore, e non il disturbo della preferenza sessuale, come si poteva ancora pensare nei primi anni ’80.
I fatti sono stati schiaccianti, questo è certo, ma la domanda drammatica: “Cosa sapeva Giovanni Paolo II?”, riferendosi ai fatti dei primi anni ’80, senza questo contesto del problema del mondo e della Chiesa con l’assimilazione del sapere che si stava appena sviluppando, non basta.
Tornando al libro [Bielma], dici che il lettore si trova di fronte a emozioni, fatti… E cosa manca?
Anche le emozioni dell’autore sono un dato di fatto e comunicano molto, ma il lettore polacco, senza dargli il contesto della conoscenza, può giustamente sentirsi manipolato dalle stesse emozioni dell’autore e perché è un po’ abbandonato di fronte ai fatti presentati. L’autore lascia i suoi lettori senza una chiave. Senza cercare di capire questa epoca. Non entra nel contesto di ciò che all’epoca si sapeva del fenomeno degli abusi sessuali.
Il Papa non aveva una conoscenza “infusa”, ma agiva sulla base della conoscenza che era disponibile in quel momento. E fino alla pubblicazione dell’American DSM Diagnostic Manual nel 1985, si credeva che la pedofilia fosse un disturbo curabile. Le cure sono state offerte da psichiatri e psicoterapeuti, che hanno poi certificato ai vescovi che qualcuno era guarito e non rappresentava più una minaccia. Sulla base di ciò, i vescovi hanno restituito questi sacerdoti al ministero. Sfortunatamente, questo si basava su una grande ignoranza di come operano gli autori. Solo ulteriori ricerche scientifiche hanno portato alla comprensione che questo disturbo delle preferenze sessuali non può essere curato. L’autore [di Bielma] dovrebbe includerlo nel suo resoconto.
Se avesse una minima idea di come avviene l’istituzionalizzazione di un problema sociale, capirebbe che i problemi sociali difficili hanno le loro fasi: dalla fase della negazione, attraverso l’impotenza, alla fase dell’azione.
A seconda della gravità del problema, le fasi possono essere prolungate. A volte possono durare anche per anni, fino a quando non ci sarà una massa critica che affronterà questo problema e troverà la conoscenza per uscire dalla negazione e l’energia per superare i limiti legati all’impotenza di fronte al problema.
Forse allora l’autore di Bielma vedrebbe quanto velocemente si è sviluppato Giovanni Paolo II in termini di reazione e comprensione del problema. Vedrebbe che nel corso di diversi anni ha imparato molto, perché le decisioni che ha preso in seguito si rivelano decisioni chiave per la purificazione della Chiesa fino ad oggi.
Se i vescovi americani avessero recepito lo spunto dalla relazione di Doyle e coautori allora, negli anni ’80, il processo di riconoscimento del problema degli abusi sessuali come problema dell’intera comunità ecclesiale, non solo statunitense, probabilmente sarebbe stato molto più veloce.
Purtroppo non lo era. Quando si legge, ad esempio su Bielma, come funzionavano le strutture della Diocesi di Buffalo, come veniva conservata la documentazione dei colpevoli, è difficile non indignarsi.
Questo libro può dire molto al lettore polacco su come funzionavano le diocesi americane e i vescovi locali. Quanto a Buffalo [1], possiamo vedere quale ruolo vi hanno svolto le pubbliche relazioni e il tentativo di ricostruire l’immagine della Chiesa nella società, che è stata “rifinita” non con l’aiuto di mezzi evangelici come lo stare nella verità e nella conversione, ma la verità è stata nascosto e “spazzato sotto il tappeto”. La Diocesi di Buffalo ha rivelato pubblicamente i nomi degli autori e si è drammaticamente dissociata da loro, e poi si è scoperto che si trattava di operazioni di pubbliche relazioni che coprivano la portata del problema. Sulla base di questo esempio, è facile immaginare come non “chiaro” potesse apparire agli occhi di Giovanni Paolo II, ma “lavare gli occhi” al Papa e all’opinione pubblica da parte di alcuni vescovi.
Per il quale sono stati spesi molti soldi!
Ammetto che questa conoscenza può essere nuova per molte persone, anche in Polonia. Aggiungerei ancora di più, perché è già noto come da più di 20 anni – dai primi anni ’80 al 2002 e a quella grande ondata di rivelazioni che seguì la pubblicazione dei reportage Spotlight sul Boston Globe – che tutto questo tempo fu un tempo perso. Era occupato principalmente di attività di pubbliche relazioni e il nascondimento della verità. Giovanni Paolo II fece questa diagnosi molto chiaramente nel suo discorso dell’aprile 2002 ai cardinali americani, dicendo che “molti si sentono feriti da questo, quando scoprono come hanno agito i capi della Chiesa”.
È importante riconoscere il fatto che il clero ha commesso tali atti, ma è anche importante come hanno agito i loro superiori nella Chiesa. Questa è una lezione anche per noi.
Giovanni Paolo II ha cercato di indirizzare i vescovi americani ad andare in questa direzione per il bene della Chiesa. Tuttavia, dopo la loro visita ad limina a Roma nel 1993, scrisse una lettera [2] in cui affermava, anche se un po’ diplomaticamente, che il problema era che non fu applica la legge e fu offuscato il concetto della differenza tra il bene e il male, che è necessaria per la vita in ogni comunità, e ancor più nella vita della Chiesa. Le cattive azioni vengono neutralizzate dalle pubbliche relazioni e nessuno ne è ritenuto responsabile.
Penso che Giovanni Paolo II abbia imparato abbastanza in fretta. Probabilmente più veloce di tanti funzionari curiali che dovevano fare i conti con le informazioni che arrivavano alla Segreteria di Stato della Santa Sede.
In base a cosa pensi che Giovanni Paolo II abbia imparato a reagire più velocemente di altri?
Vediamo la dinamica di quanto è accaduto dopo il 1994. Nel 1994, Giovanni Paolo II ha emesso un indulto, cioè ha cambiato la legge universale – per la Chiesa americana e ha esteso a 18 anni l’età della protezione legale delle persone quando si tratta di abusi sessuali. Ha esteso il termine di prescrizione per questi casi a 10 anni dopo che la vittima ha compiuto 18 anni. Questo è stato un cambiamento significativo rispetto a ciò che c’era nel diritto canonico, e nella lettera ha ricordato ai vescovi americani che avevano questo diritto da applicare.
Lo ha ricordati molto chiaramente. Chiunque legga i documenti vaticani senza pregiudizi lo vede. Il Vaticano usa tali parole per non scoraggiare il destinatario della lettera dal prendere in mano la questione, non per sentirsi attaccato, ma per vedere il problema.
Due anni dopo, nel 1996, abbiamo un simile indulto per l’Irlanda. L’analisi che Giovanni Paolo II ha fatto ai vescovi americani dicendo “non state applicando la legge” è stata infatti la prima affermazione che Benedetto XVI ha poi fatto pubblicamente, quando ha scritto una lettera alla Chiesa in Irlanda nel 2010. In cui ha usato, curiosamente, la frase “legge non applicata”. Non ha detto agli Irlandesi “non avete applicato la legge”, ma ha sottolineato che la legge generalmente non è stata applicata. Ha anche nominato le conseguenze: la mancata applicazione della legge perpetua la minimizzazione del male.
E poi arriviamo al 2001, quando Giovanni Paolo II riserva tutti questi casi mondiali alla giurisdizione della Santa Sede, contro la linea decentralista che si era già radicata dopo il Concilio Vaticano II e che ha trovato espressione nel Codice di diritto canonico del 1983. Questo è uno sviluppo velocissimo.
Nel 2001 è stata pubblicata la Lettera apostolica in forma di Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela [La tutela della santità dei sacramenti [3]]. Non ero ancora a Roma, ma quando sono arrivato nel 2003 e ho iniziato a lavorare nella Curia generalizza dei gesuiti [fino al 2012, dal 2008 come Assistente generale per i Paesi dell’Europa centro-orientale], il tema delle rivelazioni americane era ancora ad un livello alto. Allo stesso tempo, era evidente che questo Motu proprio, insieme alle norme “de delictis gravioribus”[circa i delitti più gravi [4]], non copriva tutti gli aspetti del problema degli abusi sessuali sui minori. Immediatamente sono sorte domande, ad esempio “come affrontare i casi di crimini commessi da monaci religiosi?”, che non sono esplicitamente contemplate da questa legge. Stiamo vedendo la stessa cosa oggi. Francesco ha emanato il Motu proprio Vos estis lux mundi [(Voi siete la luce del mondo) [QUI]], ma subito dopo ha visto di persona che avrebbe dovuto essere emendato.
E questo significa che Giovanni Paolo II ha intuito che occorreva agire più velocemente e subito, anche se non sapeva, perché allora nessuno lo aveva, che si trattava di un problema globale e non solo americano e irlandese, o più in generale anglosassone. Il Motu proprio doveva essere preparato in tempi relativamente brevi, ma senza un ampio accordo tra i dicasteri della Santa Sede, ad esempio la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, con la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Segreteria di Stato o altri dicasteri, come le Congregazioni per i Vescovi e per il Clero. Ciò avvenne successivamente, dunque, tra la promulgazione del Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela e la pubblicazione delle norme “de gravioribus delictis”, che ne fanno parte, trascorsero diversi mesi.
Subito dopo il Motu proprio, in Vaticano sono iniziati i preparativi per il primo congresso internazionale dal tema Gli abusi sessuali su bambini e giovani da parte di sacerdoti e religiosi. Il congresso si è svolto nell’aprile 2003, organizzato sotto gli auspici della Pontificia Accademia per la Vita [5]. Alla preparazione e allo svolgimento del congresso hanno partecipato esperti di altissimo livello, otto professori non cattolici. Già il patrocinio della Pontificia Accademia per la Vita dimostra che questo altissimo evento scientifico ha concretizzato l’intenzione di Giovanni Paolo II di portare all’attenzione non solo della curia pontificia la necessità di fondare la risposta della Chiesa agli abusi sessuali sui minori sulla solida base della ricerca scientifica. Un anno dopo il congresso è stato pubblicato un volume con gli atti edito dalla Libreria Editrice Vaticana, Gli abusi sessuali nella Chiesa cattolica. Prospettive scientifiche e giuridiche.
Pertanto, la dinamica dell’azione di Giovanni Paolo II è la seguente: dalla reazione riguardante gli USA all’Irlanda sono trascorsi 2 anni, dall’Irlanda all’emanazione del Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela insieme alle norme “de gravioribus delictis” ci vogliono solo 5 anni. Nonostante il deterioramento della sua salute, il Papa indica alla Chiesa fino in fondo, non la via del panico morale, ma quella dell’affrontare il problema con coraggio.
È veloce?
Per la Santa Sede il riconoscimento del problema e l’azione è rapidissima. Giovanni Paolo II ha preso queste decisioni quando era già malato e bisognoso di cure. Ricordiamo la sua condizione quando venne in Polonia nel 2002. Fu allora, dopo i tentativi di influenzare le Chiese locali negli anni ’90, che fu presa la strada dell’uso degli strumenti legali, che furono prese le decisioni più importanti che diedero un orientamento alla Chiesa.
Quindi cosa sapeva? Doveva sapere molto, perché non avrebbe fatto passi così audaci, ma aveva questa conoscenza più ponderata rispetto agli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, basata maggiormente su scoperte scientifiche, e quella che poteva provenire da vari resoconti di Nunziature Apostoliche o di visite ad limina e incontri con i vescovi. Il Papa era uno che imparava in fretta. Allora come avrebbe potuto spiegare qualcuno come Maciel Degollado le sue ali intorno a lui?
Quanto al truffatore, bigamo e molestatore sessuale seriale Marcial Maciel Degollado, operante all’ombra di San Pietro, abbiamo due approcci alla conoscenza di lui nell’ambiente di Giovanni Paolo II, che sono stati svelati in un aneddoto raccontato da Papa Francesco nel 2019 sull’aereo di ritorno da Abu Dhabi a Roma. Giovanni Paolo II ordinò che fosse convocato un consiglio per concordare una posizione comune tra i due punti di vista, e poi durante il consiglio “vinse l’altra parte”, avrebbe detto Ratzinger a qualcuno della sua Congregazione quando ordinò che il fascicolo fosse spostati negli archivi [6].
Più tardi, Francesco ha spiegato in un’intervista alla televisione messicana che si trattava di una riunione dei capi di curia, di vari dicasteri, per esaminare il caso di Maciel [7]. Sono convinto che in quel momento le opinioni decisamente glorificanti di Degollado si scontrassero con quanto affermato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, cioè il Cardinal Ratzinger. Queste differenze di opinione devono essere state grandi.
Maciel era cittadino del Messico, un Paese la cui statualità aveva tratti decisamente anti-cattolici. Anche nella seconda metà degli anni ’20 i preti cattolici furono fucilati. Durante il primo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in questo Paese, fu governato dallo stesso partito responsabile della sanguinosa persecuzione dei cattolici. Ricordo che prima del pellegrinaggio papale in Messico, i media si chiedevano se la polizia messicana avrebbe multato il papa, perché indossare una tonaca era punibile.
Ed è lì che è iniziata la strada del successo dei Legionari di Cristo, che dal Messico si sono diffusi in altri Paesi. Questo ha fatto una grande impressione su molti, e non è certo passato inosservato alle autorità, che avrebbero voluto screditare Maciel.
È la mia timida teoria privata. Allora penso in polacco, proprio come Wojtyła poteva pensare che è possibile che siano i servizi segreti a preparare queste storie e accuse contro il fondatore dei Legionari. In seguito si è scoperto che non si trattava di manipolazioni dei servizi segreti, ma di divergenze di opinione così radicali come quella tra il Cardinale Joseph Ratzinger e il Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Cardinale Martinez Somalo, o la sempre cauta Segreteria di Stato. Si può presumere che tutte le ipotesi siano state prese in considerazione. Forse la Santa Sede avrebbe potuto avere informazioni da varie fonti, perché è successo che vari governi hanno cercato di manipolare la Santa Sede.
Ora immaginiamo che nel 1998 una delegazione venga in Vaticano a testimoniare. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha l’autorità per avviare un’inchiesta e lo sta facendo. Nel 1999, quando sembrava che l’inchiesta stesse per concludersi e Maciel sarebbe stato incriminato, allora si tiene la riunione di diversi dicasteri della Curia romana interessati, citata da Papa Francesco, per concordare una posizione. Poi le voci di coloro di cui il Cardinal Ratzinger ha detto: “Ha vinto l’altra parte”. Giovanni Paolo II non ha risolto la controversia.
Quanto devono essere state fortemente divisivi le opinioni su Maciel, ce ne rendiamo conto durante la consueta Santa Messa a 30 giorni dalla sua morte, all’inizio del 2008, cioè dopo il verdetto di Papa Benedetto XVI, il Cardinale che ha celebrato lo ha definito nell’omelia “il nuovo Mosè”.
Ma si noti che durante la vita di Giovanni Paolo II, poco prima della sua morte, alla fine del 2004, questa indagine è stata ripresa. Certo, questo non poteva avvenire senza il consenso del Papa, perché era una questione molto importante, anche per Wojtyła. Il Cardinal Ratzinger ha riaperto l’inchiesta perché quella che si era già conclusa nel 1999 non si era chiusa con un verdetto che “non è successo niente”. Fu sospeso.
Quando sono venuti alla luce fatti nuovi, il Cardinal Ratzinger invia negli USA e in Messico il Promotore di Giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, Mons. Charles Scicluna, per indagare su Maciel in loco. Durante questa visita muore Giovanni Paolo II, ma il Cardinal Ratzinger permette a un collega di proseguire le indagini. Scicluna dovrebbe tornare a Roma con i risultati. La dinamica di questi eventi mostra che il Papa [Giovanni Paolo II] potrebbe aver agito lentamente, ma comunque. Non puoi dire che non gli importasse.
E come è stato il caso del Cardinal Groër?
Le dinamiche erano simili. L’Arcivescovo di Vienna, Cardinale Hans Hermann Groër, è stato accusato nel 1995 dal settimanale austriaco di grande tiratura Profil di aver molestato seminaristi prima di diventare metropolita di Vienna. Sebbene abbia raggiunto l’età pensionabile nel 1994 (75 per i vescovi), ha continuato a ricoprire la carica mentre il Papa [Giovanni Paolo II] ha esteso il suo mandato. Tuttavia, quando Profile ha pubblicato articoli sui presunti reati del Cardinal Groër, il Papa due o tre mesi dopo – cosa molto veloce per la Santa Sede – nomina un Coadiutore con diritto di successione perché Groër possa dimettersi. L’Arcivescovo di Vienna non approfitta di questa occasione, si chiude nel silenzio.
Anche i vescovi austriaci conducono le loro indagini e giungono alla conclusione che le accuse sono vere. Poi il Papa ancora una volta spinge Groër a dimettersi. Groër se ne va, ma per come parla, si difende e nega le accuse contro di lui, la situazione interna della Chiesa in Austria è rimasta tesa.
Il Papa probabilmente ha ascoltato Groër, ma non sappiamo se abbia creduto alle sue smentite. In ogni caso, gli ordinò di lasciare l’Austria e di rinchiudersi in qualche monastero a meditare sulla propria vita fino alla morte.
Per le consuetudini della Santa Sede, queste azioni furono relativamente rapide, specialmente la nomina di un coadiutore. Sono convinto che quando è scoppiato il caso, la Santa Sede non aveva preparato in anticipo una candidatura per l’Arcidiocesi di Vienna. Tutto ciò che si sapeva era che il successore doveva essere annunciato rapidamente e doveva avere autorità. In caso contrario, la perdita dell’autorità della Chiesa in Austria sarebbe ancora maggiore.
La Santa Sede ha anche reagito in tempi relativamente brevi allo scandalo nella Diocesi austriaca di Sankt Pölten nel 2004, dove il Vescovo Kurt Krenn è stato sostituito con un nuovo vescovo che avrebbe dovuto riformare il seminario che ha causato grande scandalo, dopo che si è rivelato essere un ambiente omosessuale. Il Vescovo Krenn non è stato in grado di risolverlo o di affrontare questo problema, anche se in un certo senso lo ha causato lui stesso, accettando al suo seminario candidati che non erano ammessi ai seminari di altre diocesi austriache o di altri Paesi di lingua tedesca. Ha persino accettato un Polacco che è stato arrestato e condannato per possesso di video di abusi sessuali su minori durante questa crisi.
Giovanni Paolo II si fidava delle procedure della Chiesa e delle persone deputate a realizzarle, ma la relazione sul caso del Cardinal McCarrick ha rivelato quanto il ministero pontificio fosse ed è esposto a manipolazioni da parte di persone disoneste, compresi collaboratori che testimoniano il falso. E oggi come lo commenterà?
Nella prospettiva odierna, va detto che il rapporto su McCarrick dimostra che Giovanni Paolo II è stato manipolato. Naturalmente, il Papa poteva chiedersi e probabilmente si chiedeva, come faceva McCarrick a sapere di essere candidato per l’Arcidiocesi di Washington. Probabilmente non lo sapremo mai. McCarrick, sapendo che c’erano accuse contro di lui, ha dato la sua parola al Papa che erano false.
Tuttavia, Giovanni Paolo II non ha fondato la sua decisione di nominare McCarrick solo sulla sua parola, poiché ha commissionato un’indagine sulla questione. In primo luogo, ordinò che il suo nome fosse “cancellato” dalla lista dei candidati, perché il parere dell’Arcivescovo di New York, sebbene contenesse solo sospetti, avvertiva il Papa che se i sospetti rivelati fossero stati confermati dai fatti, questa nomina avrebbe causato un grande scandalo.
In un’inchiesta che il Papa ha ordinato alla Nunziatura Apostolica di Washington, McCarrick è stato dichiarato non colpevole di nulla. Si basava sulle affermazioni di quattro vescovi che lo conoscevano, indicati dal Nunzio Apostolico. Le risposte dei vescovi sono state positive per McCarrick, e questo ha aperto la strada alla sua nomina. Il Papa non ha ricevuto alcuna prova dei sospetti, quindi ha reintegrato il suo nome nella lista dei candidati per l’Arcidiocesi di Washington.
Non mi piace – e non si tratta solo del libro di Marcin Gutowski – fare di Papa Giovanni Paolo II un uomo ingenuo che sapeva poco delle persone. Sì, aveva fiducia, e persino una grande fiducia nelle persone, e possiamo immaginare che vari circoli intorno a lui cercassero di influenzare con lodi o intrighi in una direzione o nell’altra, quando si trattava, ad esempio, di candidature di persone.
Non ho fatti, ma è possibile che le persone nell’entourage potessero aver usato non solo il modo istituzionale, ma anche la sua prospettiva umana sull’uomo. Si fidava di chi lo informava. Credeva che stessero dicendo la verità, non mentendo. Apparteneva a una generazione come uno dei miei fratelli religiosi, che, tra altro, era provinciale quando a Berlino erano attivi delle pesone che sfruttavano gli studenti del collegio dei gesuiti. Quando scoppiò lo scandalo, dopo che le vittime denunciarono questi crimini e iniziò la grande ondata di denunce in Germania, disse: “Non avrei mai immaginato che qualcuno, un confratello, potesse essere capace di atti del genere”. Non era nel suo orizzonte di vedute.
Anche Giovanni Paolo II vedeva il lato buono nell’uomo, ma credo che negli anni abbia imparato che potesse essere ingannato, o almeno non potesse ricevere tutte le informazioni ed essere fuorviato. Penso che fosse capace di tale riflessione. Mi baso su alcuni fatti minori legati al mio contatto diretto con il Papa. Non frequente, perché non posso paragonarlo ai contatti con Giovanni Paolo II del Prof. Karol Tarnowski o di Anna Karoń-Ostrowska.
Durante questi pochi incontri, non mi parve un uomo ingenuo, ma un uomo che ascoltava molto attentamente. E ascoltò con gentilezza. Non era acritico, sapeva fare domande. Poteva anche chiedere: “Per favore, mandami quello che mi hai detto per iscritto in modo che io possa studiarlo”. Non si trattava di segnalazioni, ma di riflessioni che esprimevano punti di vista importanti per il Papa, e diversi da altre voci. Era in grado di apprezzare che potevano essere diversi anche dalle sue convinzioni o idee precedenti.
Si dice però che Giovanni Paolo II non ascoltava e non capiva le vittime.
È vero che Giovanni Paolo II non li ha incontrati sistematicamente, come ha fatto Benedetto XVI o ancor più Papa Francesco, che li incontra spesso e molto discretamente. Tuttavia, non si può dire che Giovanni Paolo II non abbia ascoltato.
Se Bielma descrive la storia di Wes-Wiesław Walawender, un ex religioso polacco negli Stati Uniti, e l’autore ha fatto di tutto per recuperare la registrazione del breve momento in cui Wes incontrò il Papa durante un’udienza pubblica, e conclude che non si capisce se Giovanni Paolo II abbia incontrato o meno vittime di abusi sessuali, si tratta semplicemente di un’interpretazione eccessiva.
Vi consiglio di leggere la testimonianza di Daniel Pittet nel libro Padre, ti perdono, pubblicato in polacco nel 2018 con il sottotitolo La voce della vittima nella discussione sulla pedofilia nella Chiesa. Pittet, che fu autista durante il pellegrinaggio papale in Svizzera nel 1984, incontrò Giovanni Paolo II in circostanze insolite. Nelle pagine del suo libro lo descrive così: «Sulle scale di un monastero di Einsiedeln mi trovo faccia a faccia con il Papa. Sono molto sorpreso. Mi guarda negli occhi e mi chiede: “Daniel, hai sofferto?” Confermo. Sono fortunato perché ho mantenuto la mia fede. Mi sorride e mi risponde che raramente si conserva la fede dopo l’uscita dal convento. Mi guarda intensamente, mi prende il braccio e dice: “Il Signore ti protegge perché hai fede”». «Il fatto di essere stato davanti a Giovanni Paolo II mi ha salvato», scrive Pittet, «ho sentito che mi prestava un’attenzione speciale, che riconosceva in me una persona ferita. La preghiera con il Papa mi ha dato energia vitale. Il suo riconoscimento mi ha dato nuova forza». Ciò dimostra che Giovanni Paolo II non era solo sensibile, ma comprendeva anche i torti. La testimonianza di Pittet dimostra chiaramente l’apertura del Papa e la sua straordinaria memoria.
La già citata Anna Karoń-Ostrowska racconta all’autore di Bielma, che Giovanni Paolo II “ha trasferito situazioni difficili in una dimensione spirituale”. Nel libro suona un po’ come un’accusa che si tratta di una reazione insufficiente.
Non lo considererei un rimprovero. Probabilmente, anche Giovanni Paolo II ha avvertito intorno a sé la lotta tra il bene e il male, lo scontro di posizioni diverse, unilaterali o ideologiche o addirittura dannose per l’unità della Chiesa. Ha anche vissuto queste cose spiritualmente, e non mi sorprende affatto.
Direi, mutatis mutandis, non facciamo lo stesso di fronte ad aspetti della realtà che ci feriscono e per i quali non abbiamo risposte? Non gridiamo dal profondo della nostra anima come San Pietro: “Signore salvami!”?
La dimensione spirituale non contraddice né la gestione razionale né la riflessione sui problemi. Dipende dalla nitidezza del vedere gli opposti, dall’accumulo di fattori dannosi o negativi.
Quando di recente abbiamo condotti indagini statistici e visto l’entità degli abusi sessuali in Polonia, nessuno di noi l’ha vissuta alla leggera: ecco i risultati! Tutti coloro che hanno studiato questi dati seriamente, avevano molte domande e interiormente gridavano a Dio con un senso di impotenza di fronte ai fattori che ostacolano la purificazione della Chiesa.
Secondo me, con la profondità di fede e la sensibilità ai valori e alla bellezza, ogni bruttezza e ogni male dovevano essere per di Giovanni Paolo II una grande sfida, per la sua preghiera, per la sua domanda: cosa posso fare? Sono sicuro che è così che ha funzionato.
E questo non significava ignorarlo?
No. Penso che probabilmente Anna Karoń-Ostrowska lo capisca molto meglio di me, perché conosce il Santo Padre in modo molto personale. Non considererei le sue affermazioni una critica, ma qualcosa che richiederebbe un approfondimento.
Ho anche una domanda per l’autore di Bielma: ha pensato a come lui con la sua sensibilità, che è anche grande, perché lo ha mobilitato a cercare risposte a domande difficili, come lo affronta internamente, per continuare e cercare la verità. Penso che anche lui sia su questa strada. Per il momento, ha trasmesso emozioni e punti interrogativi al lettore del suo libro o agli spettatori dei suoi reportage. Dubbi che ha una persona sensibile e di cui bisogna tener conto nella sua ricerca, anche spirituale. Nel libro stesso, tuttavia, non trovo tracce di un simile percorso. Forse è ancora davanti a lui.
E come valuta la discussione che si sta svolgendo in Polonia attorno al libro di Gutowski, ovvero attorno alla “colpa di Giovanni Paolo II di aver nascosto la pedofilia nella Chiesa”?
Mi dispiace, ma non vedo alcuna discussione in Polonia. La discussione sarebbe possibile se ci fosse il desiderio di comprendere la persona di Giovanni Paolo II con i suoi condizionamenti ed errori, ma anche con le sue realizzazioni e grandezze. Se ci fosse un tale desiderio, i vari istituti che portano il nome di Giovanni Paolo II, istituiti per studiare e comprendere il suo pontificato, non sarebbero sorpresi nemmeno dall’autore Gutowski con i suoi documentari o il suo libro. Forse allora Gutowski non dovrebbe volare oltreoceano per copiare le semplificazioni locali sul Papa polacco, perché qui troverebbe studi sulla storia della crisi della Chiesa nel contesto dei mutamenti culturali e morali delle società. Qui troverebbe analisi di report creati negli Stati Uniti e nelle isole britanniche, nel continente europeo e in Australia. Avrebbe trovato partner qui.
Se ci fosse il desiderio di capire come Karol Wojtyła ha agito da Arcivescovo metropolita di Cracovia, allora gli storici della Chiesa non tarderebbero a sviluppare i materiali, che due giornalisti consapevoli recentemente hanno resi pubblici, su due sacerdoti che hanno commesso reati sessuali a danno di bambini nell’Arcidiocesi di Cracovia, quando l’Arcivescovo metropolita di Cracovia era Karol Wojty¡a [i giornalisti di Rzeczpospolita, Tomasz Krzyżak e Piotr Litka [QUI]].
Gli storici possono ancora rimediare e pubblicare la verità in lingue straniere sulla base di documenti dell’Arcidiocesi di Cracovia, che rivelano come il Cardinal Wojtyła ha gestito i casi di abuso sessuale, perché c’erano annunci di pubblicazioni fuori dalla Polonia, che, sebbene non ancora scritti, già affermano che Karol Wojtyła ha coperto la pedofilia quando era Arcivescovo metropolita di Cracovia.
Indipendentemente dal Paese – che si tratti di Stati Uniti, Francia o Polonia, continuano a tornare domande su errori e omissioni dei superiori ecclesiastici. Perché in molti casi la reazione, o meglio la mancanza di reazione, dei vescovi è ancora più scioccante dell’atto criminale commesso dal sacerdote?
La mancanza di reazione o reazione sotto forma di seppellire la testa sotto la sabbia non è solo scioccante. Ferisce coloro che sono già stati feriti dall’autore del reato. Fa male anche al popolo di Dio. Come Arcivescovo metropolita, Karol Wojtyła è stato così umile da scrivere in una lettera ad un sacerdote, con l’ordine di restrizione preventiva nel ministero dopo che aveva scontato una pena detentiva, che “ogni crimine dovrebbe essere punito”. Penso che ci siano molte ragioni per la mancanza di risposta. Credo che uno dei motivi più importanti sia la mancanza di ascolto delle vittime e delle comunità in cui è stato commesso il crimine. I feriti non sono nostri nemici! Proprio come ogni crimine richiede una punizione, ogni persona offesa ha bisogno di giustizia, senza la quale difficilmente guarirà le proprie ferite. Dietro l’ascolto c’è l’umiltà che apre le orecchie. C’è orgoglio e ignoranza dietro il non ascoltare i feriti.
[1] Bielmo. Co wiedział Jan Paweł II (Endosperma. Quello che sapeva Giovanni Paolo II), ebook di Marcin Gutowski, pubblicato il 26 ottobre 2022.
Dalla presentazione editoriale: «Le informazioni su pedofili e predatori sessuali in tonaca fluivano in Vaticano in un ampio flusso, ma i criminali avevano libero accesso al Papa. Perché Giovanni Paolo II non ha reagito? Cosa non poteva sapere e cosa preferiva non sapere? Come conciliare l’immagine del Papa, che ha cambiato il volto della Chiesa, affascinato le folle di tutto il mondo, contribuito alla caduta del comunismo, con il fatto di non essersi mai chinato sulle vittime di abusi sessuali da parte del clero? Possibile che gli mancasse il cuore per i più feriti dai rappresentanti dell’istituzione che dirigeva? La fretta che ha accompagnato la beatificazione e la canonizzazione di Giovanni Paolo II ha fatto sì che le accuse di insabbiamento di crimini sessuali nella Chiesa non fossero prese abbastanza sul serio. O forse avevano fretta di dichiarare santo Karol Wojtyła prima che ci fossero forti accuse? Queste domande non lasciano indifferente chi prende sul serio Giovanni Paolo II. Marcin Gutowski ha percorso migliaia di chilometri, ha parlato con oltre cento persone: vittime di sacerdoti, vescovi e cardinali; persone che hanno avuto il coraggio di difenderli; informatori che hanno scritto e si sono recati in Vaticano per allertare il Papa; esponenti dell’apparato di potere della Chiesa che hanno osato rompere la congiura del silenzio; stretti collaboratori del Papa polacco; con i suoi amici di tanti anni, che oggi, per la prima volta apertamente, condividono i loro dubbi sul suo atteggiamento, e ammettono anche che forse non hanno mai conosciuto il vero volto del Santo Padre. L’autore ha anche ricostruito il modo in cui operava l’apparato di potere vaticano durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Ha esaminato cosa, come e a chi è stato inviato, qual era il sistema di flusso dei documenti, i centri di influenza e le relazioni tra di loro. E infine: chi ha ascoltato il Papa – il monarca assoluto – e chi no».
Bielmo è anche una serie di sei servizi televisivi realizzati da Marcin Gutowski “che dimostrano i meccanismi di insabbiamento dei crimini sessuali nella Chiesa cattolica”, trasmessi su TVN24 nel programma Nero su bianco.
Il reportage Don Stanislao. L’altra faccia del Cardinale Stanisław Dziwisz [QUI], trasmesso il 9 novembre 2020 aveva provocato una valanga di commenti, “che hanno mostrato quanto sia importante un tema socialmente importante la pratica di nascondere e insabbiare i crimini dei pedofili nella Chiesa cattolica”. Ecco perché Gutowski ha seguito questa pista e ha creato la serie Bielmo.
L’ultimo servizio, “Paura della verità” – Cosa sapeva Giovanni Paolo II della pedofilia nella Chiesa?, andato in onda il 24 ottobre 2022, si basa sulle conversazioni di Gutowski con tre persone: Karol Tarnowski, Professore di filosofia che conobbe Karol Wojtyła negli anni Cinquanta; Anna Karoń-Ostrowska, che strinse amicizia con il Papa mentre scriveva su di lui la tesi il dottorato; e Padre Prof. Andrzej Szostek, MIC, che ha conseguito nel 1969 un master in filosofia cristiana con una tesi sotto la supervisione del Cardinale Karol Wojtyła. Il servizio include anche un frammento di un’intervista con James Grein, che è stato abusato sessualmente dal Cardinale Theodore McCarrick. Grein racconta il suo incontro con Giovanni Paolo II e la sua reazione alle notizie sui crimini di McCarrick.
Un servizio della serie è dedicato a “Abisso di bugie” – Un meccanismo per coprire la pedofilia nella Diocesi di Buffalo: «La Diocesi di Buffalo è il primo luogo negli Stati Uniti visitato da Giovanni Paolo II, sempre come Karol Wojtyła. In seguito, quando era già Papa, vi tornò molte volte. Ancora oggi ospita la camera della sua memoria. Ma Buffalo è ora la diocesi moralmente e finanziariamente al collasso. Padre Ryszard Biernat ha avuto accesso a documenti, nascosti per anni, riguardanti gli abusi sessuali di sacerdoti in questa diocesi. Sebbene, grazie al coraggio di persone come lui, alcune di esse siano state rese pubbliche, i gerarchi ecclesiastici responsabili della creazione del sistema di insabbiamento della pedofilia non hanno subito alcuna conseguenza. Sono stati portati da sacerdoti la cui coscienza non ha permesso loro di tacere. “I vescovi mentono e mentono da anni”, racconta Marcin Gutowski».
L’autore, Marcin Gutowski è nato nel 1983. Laureato all’Università Cardinal Stefan Wyszyński di Varsavia. Giornalista e autore di libri, tra cui Terra Santa. Una storia da Israele e Palestina, Don Stanislao. L’altra faccia del Cardinal Dziwisz. Nel 2006-2007 ha collaborato con il Programma III della Radio Polacca, dove ha condotto i propri programmi ed è stato corrispondente estero in Medio Oriente, Spagna, Austria, Gran Bretagna, Italia e Norvegia. Ha seguito ad esempio i Viaggi Apostolici di Giovanni Paolo II in Polonia e in Terra Santa, la visita di Barack Obama in Israele. Ha pubblicato sulla rivista Więź e sul mensile W Drodze. Nel 2012 è stato nominato per il premio giornalistico MediaTory. Dal 2017 è reporter per la rubrica Czarno na Białej su TVN24.
[2] Quando la lettera di Giovanni Paolo II ai vescovi degli Stati Uniti d’America dell’11 giugno 1993 [QUI] fu reso noto, chi poteva immaginare allora come si sarebbe espansa questa macchia di inchiostro nero?
«Ogni peccatore che segue la via del pentimento, della conversione e del perdono può invocare la misericordia di Dio, e voi in particolare dovete incoraggiare e assistere coloro che si sono smarriti, affinché si riconcilino e trovino la pace della coscienza. Esiste anche il problema degli strumenti umani per affrontare questo male. Le pene canoniche previste per certe offese e che danno espressione sociale alla disapprovazione per il male sono pienamente giustificate. Esse contribuiscono a mantenere chiara la distinzione fra bene e male, e promuovono il comportamento morale così come il formarsi di una giusta consapevolezza della gravità del male. Come sapete è già stata istituita una commissione di esperti della Santa Sede e della Conferenza Episcopale al fine di studiare come applicare le norme canoniche universali alla situazione particolare degli Stati Uniti nel miglior modo possibile. (…) vi trovate di fronte a una duplice grave responsabilità: verso gli ecclesiastici da cui proviene lo scandalo e le loro vittime innocenti, ma anche verso l’intera società sistematicamente minacciata da scandali e responsabile di essi. È necessario compiere un grande sforzo per fermare la banalizzazione delle grandi opere di Dio e dell’uomo. (…)».
La lettera conteneva anche un avvertimento relativo al pericolo della ricerca del sensazionale da parte dei media: «Vorrei richiamare la vostra attenzione su un altro aspetto dell’intera questione. Pur riconoscendo il diritto alla dovuta libertà di informazione, non bisogna consentire che il male morale divenga occasione di sensazionalismo. L’opinione pubblica spesso si nutre di sensazionalismo e in questo i mezzi di comunicazione sociale rivestono un ruolo particolare. Infatti, la ricerca del sensazionale conduce alla perdita di qualcosa che è essenziale per la moralità della società. Viene leso il diritto fondamentale degli individui a non essere facilmente esposti all’irrisione dell’opinione pubblica; inoltre, si crea un’immagine distorta della vita umana. Rendendo l’offesa morale oggetto di sensazionalismo, senza preoccuparsi della dignità della coscienza umana, si agisce in modo radicalmente opposto alla ricerca del bene morale. Vi sono sufficienti prove del fatto che il prevalere della violenza e della scorrettezza nei mezzi di comunicazione sociale è divenuto sorgente di scandalo. Il male può essere sensazionale, ma il sensazionalismo che lo circonda è sempre pericoloso per la condotta morale».
[3] Lettera apostolica in forma di Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela (La tutela della santità dei sacramenti) del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II con la quale vengono promulgate le norme circa i delitti più gravi riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede del 30 aprile 2001 [QUI].
[4] Ad exsequendam ecclesiasticam legem (Per l’applicazione della legge ecclesiastica), Lettera inviata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede ai Vescovi e altri Ordinari e Gerarchi della Chiesa Cattolica interessati circa i delitti più gravi riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, a firma del Prefetto, Cardinale Joseph Ratzinger del 18 maggio 2001, che aggiorna l’elenco dei delitti secondo il diritto canonico, per i quali la Congregazione per la Dottrina della Fede si riserva l’ultima parola rispetto alle chiese locali. Tali delitti, scelti per la loro particolare gravità, riguardano sia la celebrazione dei sacramenti sia la morale cattolica [QUI].
[5] Il congresso si è svolto dal 2 al 5 aprile 2003 nel Palazzo Apostolico. Erano presenti tutte le autorità della Curia romana, che avevano a che fare con il problema. Alcuni esitavano e furono “motivati” personalmente dal Cardinale Joseph Ratzinger a venire. Fu un congresso molto denso, con domande estremamente franche da parte dei rappresentanti della Santa Sede e risposte altrettanto disinvolte da parte degli esperti internazionali, tutti non cattolici. Questi ultimi hanno sostenuto che i colpevoli dovrebbero essere controllati, ma non semplicemente buttati fuori, altrimenti, in assenza di prospettiva sociale, potrebbero diventare piuttosto un pericolo per la società. Durante una cena, alcuni esperti hanno cercato di convincere il Cardinal Ratzinger di questa idea, ma lui si oppose, dicendo che l’abuso era una cosa così terribile, che non si poteva semplicemente lasciare che tali perpetratori continuassero a lavorare come preti.
[6] Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco negli Emirati Arabi Uniti (3-5 febbraio 2019)
Incontro del Santo Padre con i giornalisti ammessi al Volo Papale duranti il volo di ritorno da Abu Dhabi
Martedì, 5 febbraio 2019
Dalla risposta di Papa Francesco ad una domanda di Nicole Winfield (Associated Press): «(…) Abbiamo sospeso qualche chierico, mandato via, per questo. E anche – non so se è finito il processo – abbiamo dovuto sciogliere qualche congregazione religiosa femminile che era molto legata a questo, una forma di corruzione. Non posso dire: “A casa mia questo non c’è…”. È vero. Si deve fare qualcosa di più? Sì. Abbiamo la volontà di farlo? Sì. Ma è un cammino che viene da lontano. Papa Benedetto ha avuto il coraggio di sciogliere una congregazione di un certo livello, perché vi era entrata una forma di manipolazione delle donne, persino una manipolazione sessuale [come spiegato dal direttore ad interim della Sala Stampa, il Santo Padre, usando il termine schiavitù, intendeva “manipolazione” una forma di abuso di potere che si riflette anche in un abuso sessuale”] da parte dei chierici o del fondatore. A volte il fondatore toglie la libertà, svuota di libertà le suore, e può arrivare a questo. Su Papa Benedetto vorrei sottolineare che è un uomo che ha avuto il coraggio di fare tante cose su questo. C’è un aneddoto: lui aveva tutte le carte, tutti i documenti, su una organizzazione religiosa che aveva corruzione al suo interno, sessuale ed economica. Lui [da Cardinale] andava e c’erano dei filtri, e non poteva arrivare. Alla fine il Papa [San Giovanni Paolo II], con l’intento di capire la verità, ha fatto una riunione, e Joseph Ratzinger è andato lì con la cartella e tutte le sue carte. E quando è tornato ha detto al suo segretario: “Mettila nell’archivio, ha vinto l’altra parte”. Noi non dobbiamo scandalizzarci per questo, sono passi di un processo. Ma poi, diventato Papa, la prima cosa che ha detto è stata: “Portami dall’archivio quelle carte”, e ha incominciato… Il folklore su Papa Benedetto lo fa vedere come tanto buono, sì, perché è buono, buono, un pezzo di pane è più cattivo di lui, è buono! Ma lo fa vedere anche come debole, e invece di debole non ha niente! È stato un uomo forte, un uomo conseguente nelle cose. Lui ha incominciato… E lì, in quella congregazione, c’era questo problema che Lei dice. Preghi perché possiamo andare avanti. Io voglio andare avanti… Ci sono dei casi, in alcune congregazioni, specialmente nuove, e in alcune regioni più che in altre. Sì, è questa la cosa. Stiamo lavorando».
[7] Dall’intervista a Papa Francesca di Valentina Alazraki, trasmessa il 28 maggio 2019 dall’emittente messicana Televisa.
Valentina Alazraki: Ha appena menzionato Giovanni Paolo II. C’era una domanda, che avevo in mente, che ha suscitato certi dubbi. Lei in aereo, in uno dei suoi ultimi viaggi, ha riportato un aneddoto, si ricorda? Tutti hanno capito che si stava riferendo al caso Maciel. Sembra che il cardinale Ratzinger sia andato con i suoi documenti a una riunione, per esporre le accuse contro il fondatore dei Legionari di Cristo, e che sia uscito da lì e abbia detto al suo segretario: “ha vinto l’altro partito”. Alcuni giornalisti l’hanno interpretato dicendo che Giovanni Paolo II era a quella riunione e che aveva ostacolato…
Papa Francesco: No, no. Giovanni Paolo II non era lì. Era ad una riunione dei responsabili della Curia, di diversi dicasteri, per vedere il caso di Maciel. Anche Giovanni Paolo II a volte è stato ingannato, è certo. Lo è stato nel caso dell’Austria, per esempio, del primate di Vienna, quel monaco benedettino che sembrava in un modo e poi si è scoperchiata la pentola…
Quattro anni fa lei mi ha addirittura detto che le risultava che avessero autorizzato il Cardinal Ratzinger a investigare su Maciel, alla fine della sua vita.
Sì, sì. In questo Ratzinger è stato coraggioso. E anche Giovanni Paolo II. Bisogna capire certi atteggiamenti di Giovanni Paolo II perché veniva da un mondo chiuso, dalla cortina di ferro, dove ancora vigeva tutto il comunismo. E c’era una mentalità difensiva. Dobbiamo comprendere bene, nessuno può dubitare della santità di questo uomo e della sua buona volontà. È stato un grande, è stato un grande.
Articoli precedenti
La Conferenza Episcopale Polacca pubblica la “Posizione sulle attività di Giovanni Paolo II circa i reati sessuali con minori” – 19 novembre 2022
Parte 1 – Le accuse sul operato del Cardinal Wojtyła antistoriche, non obiettive e interessate- 6 dicembre 2022 [QUI]
Parte 2 – Prof. Buttiglione sulla pedofilia nella Chiesa: non strumentalizziamo la storia – 7 dicembre 2022 [QUI]
Parte 3 – Mons. Oder: accusare Giovanni Paolo II di aver nascosto la pedofilia sotto il tappeto contraddice i fatti – 8 dicembre 2022 [QUI]