Medio Oriente, i cristiani muoiono ancora

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L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) stima che più della metà della popolazione cristiana ha lasciato la città di Mosul, in Iraq, nell’ultima settimana. L’Unhcr “sta aiutando migliaia di cristiani iracheni che nelle ultime due settimane sono fuggiti dalla città di Mosul, nel nord, verso altri villaggi nella provincia di Ninewa, ma anche di quei 400 che hanno attraversato il confine con la Siria” fa sapere l’agenzia dell’Onu in un comunicato.

L’Unhcr stima che più di 2.200 famiglie, circa 13mila persone, abbiano lasciato Mosul dalla settimana scorsa, la maggior parte dirette verso aree più sicure a nord e ad est della città. Si tratta di più della metà della popolazione cristiana di Mosul. Si sono anche rifugiate nei vicini governatorati di Dahuk, Erbil e Kirkuk. L’ufficio dell’UNHCR in Iraq ed i suoi partner hanno fornito aiuti ad almeno 1.725 famiglie sfollate in circa 20 zone dell’Iraq settentrionale. Intanto in Siria il rappresentante dell’UNHCR Laurens Jolles ha riferito che molti cristiani di Mosul sono stati presi di mira e non si sentono più al sicuro lì. L’Unhcr darà aiuto agli iracheni che cercano rifugio nei paesi confinanti e apprezza che la Siria continui ad accogliere i rifugiati. La Siria ospita già almeno 1.200.000 iracheni.

L’Unhcr Siria ha effettuato immediatamente la registrazione dei rifugiati cristiani di Mosul che si sono rivolti ai suoi uffici nelle città di Damasco e di Aleppo. Inoltre un team di operatori sul campo dell’UNHCR si è recato nell’area di Qamishli, vicino all’Iraq, dove sono arrivati alcuni iracheni. In seguito alla registrazione, si identificano le famiglie con difficoltà finanziarie a cui vengono dati una somma per le emergenze e scorte alimentari. Negli ultimi giorni gli operatori sul campo hanno incontrato 20 famiglie di Mosul nell’area di Qamishli, mentre più di 20 famiglie di iracheni cristiani hanno chiesto l’aiuto dell’UNHCR ad Aleppo.

Tutti gli intervistati hanno raccontato storie simili riguardo all’improvvisa fuga da Mosul. Molti sono fuggiti con pochissimi soldi e hanno bisogno di aiuto per ottenere il visto per la Siria. Tutti hanno espresso la speranza di poter tornare presto nelle loro case nella città irachena. Una donna ha detto di esser fuggita da Mosul con sua madre all’inizio della scorsa settimana, due giorni dopo che qualcuno aveva chiamato una sua collega al lavoro avvisandola che tutti i cristiani dovevano lasciare subito la città o sarebbero stati uccisi. Un’infermiera, fuggita da Mosul circa due settimane fa, ha riferito che le minacce sono cominciate mesi fa con telefonate, lettere e messaggi lasciati sulle porte. Ha detto di essere rimasta a Mosul fino al 10 ottobre quando ha ricevuto una nuova minaccia. Ed è immediatamente fuggita con sua madre.

Dinnanzi a queste sequenze di uccisioni di cristiani i Patriarchi e gli arcivescovi maggiori cattolici dell’Oriente, partecipanti all’assemblea del Sinodo dei vescovi, appena conclusosi, hanno rivolto un appello a papa Benedetto XVI, chiedendo “Pace nella giustizia” per la Terra Santa, il Libano, l’Iraq e l’India: “Esprimiamo profonda riconoscenza al Papa per avere sempre prontamente e instancabilmente elevato la supplica a Dio e la voce in favore dei fratelli e delle sorelle dell’Oriente. Sul suo esempio, anche noi rinnoviamo l’implorazione a Dio e facciamo appello a tutti perché sia confermato ogni intento per favorire ovunque la pace nella libertà, nella verità e nell’amore”.

Nei cuori, si legge nell’appello, “avvertiamo un fremito per le sofferenze di tanti nostri figli e figlie dell’Oriente: bambini e giovani; persone in difficoltà estrema per età, salute ed essenziali necessità spirituali e materiali; famiglie sempre più tentate dallo sconforto per il presente e per il futuro. E sentiamo il dovere di farci interpreti delle loro giustificate attese perché una vita dignitosa sia presto garantita a ciascuno in una proficua convivenza sociale. Opera della giustizia è la pace! È un imperativo al quale non possiamo e non vogliamo sottrarci. Chiediamo, perciò, in particolare per la Terra Santa, per il Libano, l’Iraq e l’India, la pace nella giustizia, di cui è garanzia una reale libertà religiosa”. Davanti al Papa e ai padri sinodali, ‘incoraggiati dalla loro fraternità’, i Patriarchi e gli arcivescovi hanno presentato “una vibrante richiesta: ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà perché pratichino il rispetto e l’accoglienza dell’altro nella vita quotidiana, facendosi prossimo di quanti sono nel bisogno, vicini e lontani; ai pastori e ai responsabili religiosi di predicare e favorire tale atteggiamento, appoggiando e moltiplicando le iniziative di mutua conoscenza, di dialogo e di soccorso; alla comunità internazionale e agli uomini di governo perché garantiscano a livello legislativo la vera libertà religiosa nel superamento di ogni discriminazione e l’aiuto a quanti sono costretti a lasciare la propria terra per motivi religiosi”.

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