Alla Gmg di Rio, Papa Francesco chiede alla classe dirigente: “Favorite l’incontro, agite con responsabilità, fate scelte etiche”

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“Quando i leader dei diversi settori mi chiedono un consiglio, la mia risposta è sempre la stessa: dialogo, dialogo, dialogo”. Papa Francesco incontra la classe dirigente di un Brasile la cui popolazione non ha più fiducia nella classe politica, considerata “corrotta”, tanto che questo senso comune generalizzato ha alimentato le proteste di giugno che hanno avuto luogo da San Paolo a Rio de Janeiro. E se ai giovani aveva chiesto di “fare casino”, alla classe dirigente Papa Francesco propone quella “cultura dell’incontro” citata dal Papa anche nella Messa con seminaristi e sacerdoti di Rio al mattino. In fondo, la cultura dell’incontro  è così tanto la cifra del pensiero di Papa Francesco che la frase viene inserita su sua richiesta praticamente in ogni comunicato che segue un incontro ufficiale con un esponente del mondo politico.

Il Papa arriva al Teatro Municipale, dove si tiene l’incontro, dopo un lungo tragitto nella Papamobile in genere utilizzata in piazza San Pietro e viene accolto da un’esecuzione di due brani da parte dell’orchestra, molto epiche. Il secondo brano, però, è interrotto dagli appalausi scroscianti all’ingresso del Papa.  L’arcivescovo Tempesta sottolinea, introducendo l’incontro: “La Chiesa, nella sua marcia storica, senza rinunciare alla sua missione evangelizzatrice, prova a dialogare con tutt la società per contribuire alla costruzione di un mondo più giusto e fraterno”.

E Waldyr Junior, rappresentante della pastorale della Gioventù di Rio che abita in una favela, racconta la sua difficile storia, dall’uso delle droghe alla conversione, passando per gli studi nella Facoltà di Storia. “L’amore è fuori moda: l’affermazione è una sfida. Io ho perso mio padre e mia madre, ma ho avuto l’amore delle persone. L’amore non era fuori moda”.

Di fronte a oltre 2 mila rappresentanti della classe dirigente del Brasile (diplomatici, rappresentanti delle religioni, leader politici), con a fianco a sé Waldyr Junior e l’arcivescovo di Rio Orani Tempesta, Papa Francesco presenta (in spagnolo, scusandosi di non saper parlare portoghese) un discorso diviso in tre parti, secondo il suo consueto stile, quello di Papa Francesco. Ma di queste tre parti, l’ultima è pienamente sua, nella semplicità del linguaggio, nel modo di porre i problemi, nel suo insistere sulla necessità del “dialogo tra le generazioni, il dialogo con il popolo, la capacità di dare e ricevere, rimanendo aperti alla verità”. Perché si deve guardare il futuro con “lo sguardo calmo di chi sa vedere la verità”, afferma il Papa citando il pensatore brasiliano Alceu Amoroso Lima. Una citazione importante: Alceu è stato il rappresentante laico brasiliano al Concilio Vaticano II e ha fondato il movimento cristiano democratico in Brasile, lottando con forza contro la dittatura militare.

E questo sguardo calmo si snoda secondo il Papa in tre aspetti: l’originalità di una tradizione culturale; la responsabilità solidale per costruire il futuro; il dialogo costruttivo, per affrontare il presente.

Quella del Brasile è una storia cristiana, la sua “visione del’uomo e della vita così come è propria del popolo brasiliano ha ricevuto molto dalla linfa del Vangelo, attraverso la Chiesa Cattolica”. Ma è una linfa che “deve essere valorizzata”, perché “può fecondare un processo culturale fedele all’identità brasiliana e costruttore di un futuro migliore per tutti”. Era già la preoccupazione di Benedetto XVI, che venne in Brasile nel 2007, presenziando alla V conferenza generale dell’Episcopato Latino-Americano ad Aparecida. Papa Benedetto volle che il sottotitolo della conferenza “perché tutti abbiano la vita” terminasse con “in Lui” proprio perché fosse riaffermata la centralità di Cristo nella Chiesa e poi anche nella storia del Brasile a partire da quella conferenza. E Papa Francesco, che ad Aparecida fu uno dei relatori, riprende per intero, e cita, il ragionamento del suo predecessore.

“Far crescere l’umanizzazione integrale  la cultura dell’incontro e della relazione – afferma Papa Francesco –  è il modo cristiano di promuovere il bene comune, la gioia di vivere. E qui convergono fede e ragione, la dimensione religiosa con i diversi aspetti della cultura umana”. Perché “il cristianesimo unisce trascendenza e incarnazione, rivitalizza sempre il pensiero e la vita, di fronte alla delusione e al disincanto che invadono i cuori e si diffondono nelle strade”.

Viene facile da pensare alle proteste in Brasile, nate dall’aumento del prezzo dei biglietti dei mezzi pubblici a San Paolo. La rapida diffusione dei cortei di protesta in tutte le capitali del Paese  è sintomo di un disagio più ampio che arrivava proprio alla contestazione nei confronti della classe dirigente. Tanto che le proteste si erano indirizzate anche sul progetto di legge Pec37, che toglieva ai pubblici ministeri la facoltà di indagare sui politici per darlo alla polizia. Una mossa impopolare in Brasile, dove i pubblici ministeri sono visti come i paladini che hanno fatto condannare per corruzione moltissimi esponenti del mondo politico, mente la polizia è considerata corrotta.

E viene anche da pensare all’impegno cristiano delle Ficha Limpa, una iniziativa popolare nata nell’ambito della Conferenza Episcopale del Brasile che aveva portato nel 2011 ad una legge nazionale in cui venivano definiti i criteri di eleggibilità dei candidati. Una legge che ebbe non poco ostruzionismo in Brasile.

Dove in realtà il mondo cattolico c’è, ed è vivo. Anche se quasi sovrastato dalle chiese evangeliche, che rosicchiano fedeli promettendo il Paradiso in terra ma non promuovendo una agenda sociale che migliori concretamente e strutturalmente le condizioni.

Il mondo cattolico punta molto sulla responsabilità sociale, e non a caso è il secondo punto toccato da Papa Francesco. Perché questa “richiede un certo tipo di paradigma culturale e conseguentemente di politica. Siamo responsabili della formazione delle nuove generazioni, capaci nell’economia e nella politica e ferme sui lavori etici”. Il Papa insiste sull’umanesimo integrale, su una politica che “realizzi sempre più e meglio la partecipazione della gente, eviti gli elitarismi e sradichi la povertà”. È la visione cristiana della democrazia, un tema sul quale la diplomazia vaticana ha particolarmente insistito negli ultimi tempi, specialmente commentando gli sviluppi della Primavera Araba.

La strada è quella che “a tutti sia assicurata dignità, fratellanza e solidarietà”. Perché dal profeta Amos in poi “le grida che chiedono giustizia continuano ancora oggi”.

Di fronte alla disillusione, all’amarezza e all’indifferenza che arrivano in caso le aspirazioni non si avverano, ci si deve rivolgere, per Papa Francesco, alla speranza, anche questa una virtù tutta cristiana. “La leadership – afferma Papa Francesco – sa scegliere la più giusta delle opzioni dopo averle considerate partendo dalla propria responsabilità e dall’interessa per il bene comune; questa è la forma per andare al centro dei mali di una società e vincerli anche con l’audacia di azioni coraggiose e libere”. Decisioni che devono essere prese “allargando lo sguardo al futuro, riflettendo sulle conseguenze delle decisioni”. Perché “chi agisce responsabilmente colloca la propria azione davanti ai diritti degli altri e davanti al giudizio di Dio”. E “questo senso etico appare oggi come una sfida storica senza precedenti”.

Ma per raggiungere questo obiettivo ci vuole dialogo, la terza opzione sempre preferibile ai poli dell’indifferenza egoista e della protesta violenta. “Un Paese – afferma Papa Francesco – cresce quando dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: cultura popolare, cultura universitaria, cultura giovanile, cultura artistica e tecnologica, cultura economica e cultura familiare e cultura dei media”. Ed è “fondamentale il contributo della grandi tradizioni religiose, che svolgono un fecondo ruolo di lievito nella vita sociale e di animazione della democrazia”.

Papa Francesco esalta la laicità dello Stato, che “senza assumere come propria nessuna posizione confessionale, rispetta e valorizza la presenza del fattore religioso nella società, favorendone le sue espressioni concrete”.

Questo, ovviamente, quando c’è una sana laicità dello Stato. Nell’Argentina di Papa Francesco, il laicismo del governo (dal cardinal Bergoglio strenuamente combattuto)  ha portato in un solo anno a un sovvertimento anche dello stesso istituto famigliare, attraverso quella che il rapporto dell’Osservatorio Van Thuan sulla Dottrina Sociale del mondo ha definito la “colonizzazione dell’essere umano”.

Per Papa Francesco, la risposta è soprattutto il dialogo, perché “l’altro ha sempre qualcosa da darmi, se sappiamo avvicinarci a lui con atteggiamento aperto e disponibile. (…) Oggi o si scommette sulla cultura dell’incontro, o tutti perdono: percorrere la strada giusta rende il cammino fecondo e sicuro”.

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