Da difensore canonico e portavoce di Zanchetta a “investigatore previo” per “notitia criminis ricevuta”, sempre ad Orán “per altra causa”… Come (non) si risolve un problema come Zanchetta
Il caso di Mons. Gustavo Óscar Zanchetta ha preso una brutta piega, da diversi punti di vista. Una settimana fa, Silvia Noviasky ha twittato: «Quando pensi di aver visto tutto con il caso del Vescovo Zanchetta, c’è di più. È inaudito!». Poi, citando la copertura del caso al di fuori dell’Argentina (menzionando in particolare Nico Spuntoni su La Nuova Bussola Quotidiana e Inés San Martin su Crux): «E come sempre nel caso di Mons. Zanchetta, partono gli outsider perché qui, i media nazionali quasi senza battere ciglio davanti a questo “dettaglio”: il difensore canonico del vescovo condannato per abusi, ora è investigatore in “altra causa”».
La giornalista d’inchiesta Silvia Noviasky fece scoppiare il caso Zanchetta, con tre articoli tra il 25 dicembre 2018 e il 4 gennaio 2019 su El Tribuno di salta, con cui ha rotto l’omertà sullo “strano caso Zanchetta”, di cui era “proibito scrivere” a Salta [QUI]. Tre anno dopo l’ormai ex-Vescovo di Orán è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Orán ad una pena detentiva di quattro anni e sei mesi di reclusione per abuso sessuale semplice continuato e aggravato dall’essere stato commesso da un ministro religioso, nei confronti di due ex seminaristi [QUI].
Però, di carcere ha visto poco fino ad oggi. Già il trattamento di rispetto di cui godeva dopo la condanna, a confronto di detenuti “comuni”, era stato motivo di indignazione e protesta popolare nella regione più cattolica dell’Argentina [QUI], a cui si è aggiunto il suo ricovero in una clinica privata. «Sta male, ha problemi di ipertensione e di reni», ha detto alcune settimane fa il suo nuovo avvocato argentino Darío Palmier, che cura la difesa di Zanchetta insieme al suo collega Juan José Valdez Aguilar, a Pagina/12 [QUI]: «È una malattia legata al suo sistema venoso, che gli è stata diagnosticata a Roma. La verità è che può avere un collasso in qualsiasi momento. Il servizio medico del tribunale lo sta analizzando. C’è una commissione medica composta da cardiologi e specialisti dei reni», ha detto Palmier. In attesa della risoluzione della Corte d’Appello in merito al ricorso presentato contro la sentenza, che lo ha condannato in primo grado, Zanchetta ha chiesto di scontare la pena ai domiciliari, presso il Monastero di Nostra Signora della Valle delle monache francescane dell’Ordine dell’Immacolata.
Un ex seminarista ha detto a Salta/12 che l’autorizzazione ad allestire uno spazio che accolga Zanchetta nel monastero proveniva dal Vescovo di Orán, Mons. Luis Scozzina, e che riteneva fossero ordini anche di Papa Francesco. Ha sottolineato che di conseguenza «il permesso del Papa di permettergli di abitare lì, è ciò che offre indizi, che nulla accadrà con il processo ecclesiastico. La pena massima sarebbe quella di dimissione dallo stato clericale, che non lo permetterebbe di essere ospitato dalla Chiesa, ma è ancora vescovo».
Come si risolve un problema come Zanchetta?
(Non così)
Poi, la scorsa settimana diverse testate locali hanno riferito che il sacerdote spagnolo Javier Belda Iniesta, il chiacchierato avvocato canonico che ha difeso (difende?) Zanchetta durante il suo processo canonico a Roma – un processo ecclesiastico segreto, i cui risultati non sono mai stati rivelati, se è concluso o ancora in corso – era ad Orán nella veste di “investigatore previo”, per indagare su sacerdoti, diaconi e ex-seminaristi che hanno testimoniato nel processo civile a carico di Zanchetta. Sul caso riportiamo in chiusura un “pro memoria” e un “riassunto” a firma di Cristoforo R. Altieri per Catholic World Report del 26 giugno 2022: Come si risolve un problema come Zanchetta? (Non così).
Va ricordato – come riportato da diversi organi di stampa, come Religión Confidencial, Infovaticana e La Nuova Bussola Quotidiana e abbiamo riferito il 17 febbraio 2022 [QUI] – che il 27 maggio 2021 dalla Spagna era emersa la destituzione dalla carica di Preside della Facoltà di Scienze Umane e Religiose dell’Università Cattolica di Sant’Antonio di Murcia (UCAM) del sacerdote spagnolo Javier Belda Iniesta (nato a Murcia l’8 agosto 1979), che secondo il quotidiano spagnolo La Verdad [QUI], non sarebbe stato in grado di dimostrare due delle lauree dichiarate nel suo Curriculum Vitae. Mentre lui cercava di difendersi, il Cardinale Carlos Osoro Sierra, Arcivescovo metropolita di Madrid aveva aperto un’indagine interna. Oltre al caso delle fondazioni di Madrid e al suo ruolo nel caso Zanchetta presso la Santa Sede e in Argentina (accompagnandolo durante tutte le fasi del procedimento penale civile, presentandosi in qualità di suo avvocato canonico nonché portavoce), Belda Iniesta era noto per essere un consigliere chiave del rifondato Pontificio Istituto Teologico “Giovanni Paolo II” per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia. E questo Belda Iniesta è al centro della nuova polemica in Argentina, coinvolto il Papa argentino.
Belda Iniesta si fece già sentire, dopo aver conosciuto la sentenza di Zanchetta in primo grado, quando ha dichiarato che «ovviamente rispettiamo le decisioni giudiziarie, ma non le condividiamo perché riteniamo che non solo non ci siano prove ma che i fatti non siano accaduti e riteniamo anche che ci sono una serie di contraddizioni dei testimoni». Poi, era rimasto a Orán e continuava ad insistere sulla teoria del complotto dei sacerdoti (denuncianti nel processo canonico presso la Santa Sede) e dell’innocenza di Zanchetta, “sulla base delle testimonianze canoniche” (segretate).
Inoltre, va ricordato che, da quando è stato eletto, Papa Francesco non è mai tornato a visitare il suo Paese natale, come fecero invece Giovanni Paolo II in Polonia e Benedetto XVI in Germania. Fatto è che l’Argentina ha provocato più di un grattacapo al primo Papa sudamericano della storia. E l’ultimo grattacapo in ordine di tempo viene da questa notizia di cui parliamo oggi. Un fatto che ha del clamoroso, come d’altronde tutto nello “strano caso Zanchetta”. Anche perché sarebbe stato Papa Francesco stesso, che avrebbe affidato una investigatio previa tra il clero di Orán al difensore canonico del suo amico Zanchetta, una delle sue prime nomine episcopali appena eletto. E fino ad oggi, nonostante sia stato riconosciuto colpevole di abusi sessuali da un tribunale argentino, Zanchetta non è stato ridotto dallo stato clericale. Certamente “in attesa della sentenza civile passato in giudicato”, ma nel frattempo il silenzio della Santa Sede è assordante [QUI]. Il silenzio dice tutto. “Il silenzio uccide, il silenzio è un comportamento mafioso”, affermava Antonio Di Pietro.
Persone che hanno testimoniato al processo Zanchetta, sono state convocate, apparentemente nell’ambito di una causa canonica diverso, da Belda Iniesta, agendo questa volta in veste di “investigatore previo” e non di difensore o portavoce di Zanchetta. L’ha rivelato il 21 giugno 2022 su El Tribuno di Salta Silvia Noviasky: «Javier Belda Iniesta: da avvocato difensore di Zanchetta a “investigatore preliminare”». L’incarico – scrive Noviasky – gli sarebbe stato affidato con un decreto della Santa Sede, mentre ha ricevute conferma che è stato nominato dello stesso Papa Francesco. Una rivelazione fino ad ora senza conferme e probabilmente destinata a far discutere. Inoltre, Noviasky ha rilevato che si teme tra il clero oranense che ci saranno rappresaglie contro i testimoni nel processo a carico di Zanchetta. “Si tratta di un’indagine preliminare proprio per non infangare la buona reputazione di qualcuno. Non è possibile rivelare di cosa si tratta e di chi, poiché si cerca solo di verificare se quanto riportato è plausibile e riconducibile a qualcuno”, ha detto Belda Iniesta a El Tribuno.
Dalle citazioni canoniche si apprende che il “Dr. D. Javier Belda Iniesta”, l’avvocato canonico che difese Mons. Gustavo Zanchetta e il suo portavoce anche nel caso penale davanti al Tribunale di Orán, sempre per volere di Papa Francesco, ha convocato i testimoni che avevano partecipato al processo contro l’ex Vescovo di Orán. Belda Iniesta ha affermato che è stato nominato investigatore preliminare con un decreto della Santa Sede. L’avvocato canonico ha precisato a El Tribuno, che l’”indagine previo” che sta svolgendo è nell’ambito di un’altra causa e non ha nulla a che vedere con l’ex-Vescovo di Orán; ha come scopo di verificare se la “notitia criminis ricevuta”, «è plausibile e imputabile a qualcuno». Le citazioni in data 20 giugno 2022 sono firmate, in alcuni casi dalla Segretaria Cancelliere del Vescovado di Orán, Lic. Elma Gabriela Carral, mentre in altri casi dal Notaio, Dr. D. Francesco De Angelis, socio di Belda Iniesta nella difesa canonica di Zanchetta. Negli atti, emessi a nome di Belda Iniesta come “Delegado de la investigatio praevia ex can. 1717 CIC” [*], si precisa che lo scopo della citazione è “poter raccogliere le informazioni necessarie sulle circostanze e sull’imputabilità della notitia criminis ricevuta”. Le prime chiamate erano per il giorno successivo alla citazione, dalle ore 10.00 e fino alle 18.00 del 21 giugno 2022 presso la Parrocchia di San Antonio, che era uno dei luoghi in cui, secondo le accuse di uno dei due seminaristi, sarebbero avvenuti nel 2016 gli abusi da parte dell’allora Vescovo di Oràn. Non tutti coloro che hanno testimoniato contro Zanchetta nel processo civile sono stati citati, poiché almeno uno di loro, un diacono, ha detto a Nuevo Diario di non essere stato (ancora) chiamato.
Proprio il fatto che Belda Iniesta era il difensore canonico e il portavoce di Zanchetta, che ha partecipato a tutte le udienze al Tribunale di Orán, ha suscitato i sospetti tra il clero oranense, poiché molti si sono chiesti: come può essere che l’uomo che ha difeso Zanchetta ora indaghi su molti che furono testimoni del caso dell’ex-Vescovo di Orán. A questo proposito Belda Iniesta ha precisato: «Non ha nulla a che vedere con il caso dell’ex-Vescovo di Orán. Un’altra cosa è che se alcuni dei citati si sono spaventati, sapranno perché, e hanno già creato un’immagine che non ha nulla a che fare con la realtà. Per di più, finora tutti quelli citati hanno dichiarato tranne uno. E non sono i testimoni del caso Zanchetta; d’accordo alcuni lo sono perché il clero oranense non è numeroso, ma i fatti sono diversi». E ha aggiunto: «Una volta conclusa l’indagine, verrà avanzata una richiesta di archiviare o di aprire un processo canonico. Ma questo viene dopo”.
Mentre i dubbi rimangono, molti testimoni hanno già testimoniato, mentre altri non lo hanno (ancora) fatto. El Tribuno si è chiesto: «Ma perché Javier Belda Iniesta è quello che conduce le indagini e chi lo ha nominato? L’avvocato canonico al riguardo è stato molto chiaro nel sottolineare che il suo attuale incarico non ha nulla a che vedere con Zanchetta. «Se [tu, il giornalista] non sai cosa si sta indagando, come puoi dire che abbia come oggetto la stessa persona. Per quanto si dica che sia per la causa Zanchetta, non ha niente a che fare con lui, questi sono fatti estranei a lui». Inoltre, Belda Iniesta non ha voluto fornire dettagli sulla sua nomina: «Questo fa parte della discrezionalità che deve accompagnare le indagini», ha detto. Tuttavia, El Tribuno ha appreso che è stato lo stesso papa Francesco a prendere la decisione, dopo averlo confermato con il Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico dell’Arcidiocesi di Salta, Mons. Loyola Pinto y de Sancristóval, che ha parlato di “imprudenza” a proposito di questa nomina di Belda Iniesta.
«In virtù di preservare la buona reputazione delle persone – ha affermato Belda Iniesta -, non posso dire se colpisce o meno qualcuno che ha testimoniato», nel caso dell’ex-Vescovo di Orán. «Sebbene il 40 per cento del clero o dei parenti abbia dichiarato, questo non significa nulla», ha aggiunto. «Sono state citate molte persone, molte non hanno testimoniato nel caso [Zanchetta] e non tutti sono ecclesiastici. Ribadisco: è un’indagine su alcuni fatti riportati, per stabilire se sono plausibili e riconducibili a qualcuno e in base al fatto che una decisione viene presa o meno», ha spiegato.
Segretezza o riservatezza che sia, la sensazione tra il clero oranense è di mistero e di dubbio. In merito al fatto che è passato dal ruolo di difensore canonico/portavoce di Zanchetta al quello di inquirente nella veste di “investigatore previo”, che indaga su coloro che hanno testimoniato contro il suo assistito, Belda Iniesta ha affermato di ritenere che non vi è alcun conflitto di interessi, bontà sua: «Svolgo incarichi di difensore in alcuni casi, e in altri svolgo il ruolo di investigatore, notaio o addirittura giudice. Non c’è niente di strano. In questo caso conoscevo già il posto». «Non posso né confermare né negare di essere imparentata con alcun testimone, quello che posso dirti è che in quel caso non avrebbe nulla a che fare con il fatto di essere stata testimone in un altro caso», ha detto Belda Iniesta a Salta12. «Capiamo che qualcuno può essere testimone in un processo ed essere accusato in un altro. Ma non stiamo nemmeno parlando di imputati o cose del genere, stiamo solo conducendo un’indagine preliminare per stabilire se alcuni fatti sono plausibili e imputabili a qualcuno. Ma comprendiamo che non tutti i possibili crimini canonici commessi nella regione devono essere collegati al caso di Monsignor Zanchetta», ha detto, tentando di smontare le preoccupazioni che si tratti di una caccia alle streghe, come affermato da molti di coloro citati in giudizio da lui.
[*] CODICE DI DIRITTO CANONICO – LIBRO VII. I PROCESSI – PARTE IV. IL PROCESSO PENALE – CAPITOLO I. L’INDAGINE PREVIA
Can. 1717 – §1. Ogni qualvolta l’Ordinario abbia notizia, almeno probabile, di un delitto, indaghi con prudenza, personalmente o tramite persona idonea, sui fatti, le circostanze e sull’imputabilità, a meno che questa investigazione non sembri assolutamente superflua.
§2. Si deve provvedere che con questa indagine non sia messa in pericolo la buona fama di alcuno.
§3. Chi fa l’indagine ha gli stessi poteri ed obblighi che ha l’uditore nel processo; lo stesso non può, se in seguito sia avviato un procedimento giudiziario, fare da giudice in esso.
Can. 1718 – §1. Qualora gli elementi raccolti sembrino bastare l’Ordinario decida:
1) se si possa avviare il processo per infliggere la pena o dichiararla;
2) se ciò, atteso il can. 1341, sia conveniente;
3) se si debba ricorrere al processo giudiziario, oppure, a meno che la legge non lo vieti, si debba procedere con decreto extragiudiziale.
§2. L’Ordinario revochi o modifichi il decreto di cui nel §1, ogniqualvolta da elementi nuovi gli sembri di dover disporre diversamente.
§3. Nell’emanare i decreti di cui nei §§1 e 2, l’Ordinario, se prudentemente lo ritiene opportuno, ascolti due giudici e altri esperti in diritto.
§4. Prima di decidere a norma del §1, l’Ordinario consideri se non sia conveniente, per evitare giudizi inutili, che egli stesso o l’investigatore, consenzienti le parti, dirima la questione dei danni secondo il giusto e l’onesto.
Can. 1719 – Gli atti dell’indagine e i decreti dell’Ordinario, con i quali l’indagine ha inizio o si conclude e tutto ciò che precede l’indagine, se non sono necessari al processo penale, si conservino nell’archivio segreto della curia.
Come si risolve un problema come Zanchetta? (Non così)
di Cristoforo R. Altieri
Catholic World Report, 26 giugno 2022
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
[Papa Francesco ha inviato il giurista canonico, che rappresentava l’amico ed ex-Vescovo di Orán, Mons. Gustavo Zanchetta] per indagare su alcuni degli stessi chierici che denunciarono alla Santa Sede il loro ex-vescovo e testimoniarono contro di lui nel processo penale secolare che lo vide condannato per reati sessuali ai danni di seminaristi e condannato a quattro anni e mezzo di reclusione. La Santa Sede ha avviato l’indagine su condotte sospette (supposte o presunte?) di alcuni personaggi ecclesiastici a Orán, in Argentina, come “normale amministrazione”, ma i giornali locali non lo mangiano. A sentire l’avvocato dirlo, l’una – qualunque essa sia o possa essere – non ha nulla a che fare con l’altra cosa.
Belda Iniesta ha anche confermato ai media locali che il processo canonico contro il Vescovo Zanchetta “è ancora aperto” (que sigue abierto). Quindi, colui che rappresenta un vescovo (uno già condannato per reati sessuali in un tribunale secolare) in un processo canonico “ancora aperto” che si occupa delle stesse accuse, sta anche conducendo un’indagine non definita su possibile non specificata cattiva condotta forse commessa da alcune delle stesse persone che hanno denunciato detto vescovo – suo cliente – e sono state testimoni contro detto vescovo, suo cliente, sia nella giurisdizione ecclesiastica che civile.
“Chiunque si comporti rettamente ha poco da temere”, ha detto Belda. Ragazzo, ciao. Gli informatori senza dubbio si sentono già meglio. Nota per gli ecclesiastici: fu Lavrentiy Beria a dire: “Mostrami l’uomo e ti mostrerò il crimine”. Non era un tipo rinomato per la sua coltivazione della giustizia. Inoltre, “Il Processo” di Kafka non è un vademecum delle migliori pratiche nella conduzione dei processi giudiziari. Chiunque abbia una vaga conoscenza degli strumenti investigativi e delle procure, sia in ambito civile che ecclesiastico sa che incarichi del genere possono andare a chiunque, e talvolta anche al peggior compagno possibile, se si considera l'”ottica” dell’affare. Quindi, non sarebbe necessariamente che qualcuno pensasse che fosse una buona idea, ma solo che nessuno si rendesse conto di quanto fosse terribile l’idea di dare questo incarico a questo tipo. A sentirlo dire dal giudice ecclesiastico, però, questo incarico è arrivato direttamente da Papa Francesco. “La nomina [di Belda Iniesta]”, ha detto il giudice Loyola Pinto y Sancristóval, “è arrivata direttamente dal Santo Padre”. Beh, ecco qua. A volte, la domanda non è: “Chi ha pensato che fosse una buona idea?”. A volte, la domanda è: “Chi non si è reso conto che questa era un’idea terribile?”. In questo caso, sembra che il capo dell’uomo pensasse che fosse un’idea dandy, quindi non importava affatto cosa qualcun altro avesse pensato o meno.
Papa Francesco ha già falsificato ciò che sapeva del vescovo Zanchetta e quando lo sapeva.
Papa Francesco ha lasciato che Zanchetta si dimettesse con il pretesto di cattiva salute piuttosto che affrontare indagini e rimozione.
Papa Francesco ha creato una sinecura per Zanchetta nella banca centrale vaticana [Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica-APSA] nonostante il sospetto che Zanchetta fosse coinvolto in scorrettezze finanziarie.
Papa Francesco ha sospeso Zanchetta dal suo incarico in Vaticano e poi lo ha invitato in ritiro spirituale con il resto della Curia romana.
Papa Francesco ha lasciato che il suo capo di stato maggiore dicesse a un tribunale penale argentino che Zanchetta era necessario in Vaticano “per svolgere i suoi compiti quotidiani” nonostante la presunta sospensione di Zanchetta dai suoi doveri d’ufficio vaticano.
Si può perdonare l’impressione che Papa Francesco consideri inadeguati i suoi sforzi fino ad ora in favore del Vescovo Zanchetta. Del resto Francesco diede a Zanchetta la sua mitra, il suo anello e la sua sede, poco dopo che fu eletto.
Si suppone che Papa Francesco non sia realmente intenzionato a rovinare la salute psicologica e spirituale del clero di Orán, in Argentina.
Si suppone che Francesco non si preoccupi di distruggere quella poca fiducia nella propria guida che potrebbe essere rimasta tra i fedeli di quel luogo.
Si suppone che Francesco non intenda prendere in giro la legge, il governo e il buon senso.
Si suppone tutto ciò, sopra e contro gran parte di ciò che sappiamo sulla condotta di Papa Francesco nel caso del Vescovo Zanchetta, inspiegabilmente emerito di Orán in Argentina.
Postscriptum
Il 17 febbraio 2022 abbiamo concluso l’articolo [QUI] con questa frase: «Da molto tempo aspettiamo Gustavo al varco, con quel bel faccione paffuto e sorridente, che attraversava via delle Fondamenta a piedi in direzione Domus Sancta Marthae, impavido e arrogante come nulla fosse accaduto».
Atteggiamento di quei boss mafiosi che si sentono “Dio in terra” e sanno che la faranno sempre franca.
Continuiamo ha aspettare Gustavo al varco della giustizia secolare argentina, con la sentenza passata in giudicato.
Continuiamo ha aspettare Gustavo al varco della giustizia ecclesiastica, con la decisione canonica di una sospensione a divinis e riduzione dallo stato clericale. Opportuna e doverosa.
Qui siamo alla follia organizzata da folli calcolatori cinici e sprezzanti del valore della vita altrui.
Come per tutti noi, anche per Zanchetta e Bergoglio arriverà un giorno il giudizio di Dio.
Di questo ne siamo certi.
Poi, ripetiamo quanto scritto nello stesso articolo del 17 febbraio 2022:
«Una premessa, prima di proseguire
Parlando di Zanchetta, amico stretto del Papa regnante, inevitabilmente arriverà l’accusa che si tratta di un “attacco a Papa Francesco”. Fatto è che la narrazione costruita attorno alla personalizzazione del Pontificato ha portato alla polarizzazione della comunicazione. Lo ha osservato Andrea Gagliarducci in modo magistrale nel suo articolo Papa Francesco, tra comunicazione giusta e polarizzazione ingiusta del 4 febbraio 2019 sul suo sito Monday Vatican: “Dicendo che c’è un complotto contro il Papa, il Papato è ridotto a una persona. La verità è che l’abuso sessuale da parte del clero è stata la ragione principale degli attacchi contro la Chiesa. I casi reali sono stati mescolati con casi esagerati o falsi. La strategia implicava la preventiva denigrazione dei preti prima che venisse fuori la vera sentenza di colpevolezza (o di non colpevolezza). Questo non fa parte di un complotto contro Papa Francesco. Questa è un complotto più ampia contro la Chiesa come istituzione.
Agendo come interprete ufficiale del pensiero del Papa, come parte della sua posizione di Direttore editoriale che si presta a quella di un portavoce ombra, Tornielli in qualche modo legittima il fenomeno della personalizzazione. Pur ammettendo che l’atteggiamento anti-papale non è legato al pontificato, l’esito finale della sua logica sembra essere: chi critica il Papa ha una sorta di rancore verso il Papa. Non c’è via d’uscita da questa conseguenza. Tuttavia, è difficile stabilire chi sia effettivamente in linea con il pensiero di Papa Francesco e chi no.
La spinta per una corretta narrazione sul pontificato non si trasforma semplicemente in propaganda, ma anche in un’ulteriore polarizzazione della discussione.
La personalizzazione del pontificato sta portando a una polarizzazione della comunicazione. La narrazione costruita attorno al Pontificato viene quindi messa in discussione. Questa narrazione classifica le persone come buone e cattive, e ogni voce critica sollevata è considerata parte dell’opposizione o un seminatore di odio.
È ovvio, legittimo e sacrosanto che il Papa chiama accanto a sé collaboratori di cui si fida e che tiene in grande considerazione. Ed è legittimo avere un cambio generazionale. È, tuttavia, difficile accettare il cambio generazionale quando si svolge in modo traumatico, senza considerare i risultati del passato e con il designo percepito per distruggere tutto ciò che è stato costruito nel passato.
Questi sono i frutti della polarizzazione della discussione e della personalizzazione su Papa Francesco.
Se l’istituzione della Santa Sede continua ad indebolire le sue fondamenta come risultato di alcune delle disposizioni che si dice siano in vista, è privata della possibilità di difendersi e obbligata a portare la croce anche quando le accuse contro di essa non sono vere.
L’immagine di Papa Francesco è così rafforzata. L’immagine dell’istituzione è indebolita. E molti, all’interno della Santa Sede, nel “Vaticano nascosto” che lavorano per l’istituzione, si stanno arrendendo” [QUI].
Si consiglia anche di rileggere I Pastori possono sbagliare, possono essere criticati? Una risposta alla luce del “favor veritatis et salus animarum suprema lex” – 7 febbraio 2022 [QUI]».
Foto di copertina: Don Javier Belda Iniesta (Foto di Nacho García/AGM).