In quale misura Papa Francesco è coinvolto nel procedimento penale vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato?

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L’undicesima udienza del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato ha riportato all’attenzione una questione cruciale: quanto sapeva il Papa dell’investimento della Segreteria di Stato, e in che misura è stato coinvolto nelle operazioni [Mons. Carlino riporta il Papa al centro del processo penale vaticano, solleva domande sul ruolo del “testimone chiave” contro Becciu e perché funzionari siano stati incriminati e loro superiori no
30 marzo 2022
]?

Il Procedimento penale n. 45/2019 RGP davanti al Tribunale vaticano si concentra sull’investimento della Segreteria di Stato in un edificio di lusso al numero 60 di Sloane Avenue a Londra. Tuttavia, include anche molti altri reati, tanto che è probabile che si terranno tre processi separati. Nel calderone dei dieci imputati e delle quattro società, ad esempio, le vicende del finanziamento, da parte della Segreteria di Stato, di una Caritas in Sardegna – un evento che vede coinvolti il Cardinale Becciu nel suo precedente incarico di Sostituto della Segreteria di Stato [Cardinal Becciu al Convegno della Caritas di Ozieri: «Sì, ho aiutato la diocesi ma dove sta lo scandalo? Fiero di avervi dato una mano. Io, voi e la mia famiglia ricoperti di calunnie» – 14 novembre 2021 e Il Vescovo Corrado Melis risponde all’accanimento giudiziario del Promotore di Giustizia vaticano contro la Diocesi sarda di Ozieri – 1° aprile 2022]. E anche la presunta truffa ai danni della Segreteria di Stato da parte di un consulente, un caso per cui finisce anche sul banco degli imputatati il Cardinale Becciu [Marogna: non fu arresto ma sequestro persona. Becciu: scuse dovute per attacco mediatico montato sul nulla. Faro di Roma: scambio email Marogna-Parolin – 6 febbraio 2021].

Il centro di tutto, però, è proprio l’investimento nell’immobile di Londra, che la Segreteria di Stato affida prima a un intermediario, Raffaele Mincione, e poi a un altro, Gianluigi Torzi, al quale vende mille azioni dell’immobile che sono comunque gli unici aventi diritto di voto. Per salvare l’investimento, la Segreteria di Stato decide di rilevare le azioni di Torzi e di assumere il controllo completo dell’edificio. Dopo una lunga trattativa, non esente da momenti di tensione, ci riesce, il che porta a pagare a Torzi un’indennità di 15 milioni euro.

L’accusa sostiene che Torzi abbia compiuto un’estorsione al Vaticano; che i funzionari coinvolti sarebbero stati infedeli perché avrebbero coinvolto intermediari che si erano arricchiti a spese della Santa Sede; che gli stessi mediatori hanno commesso un delitto per aver ingannato la Santa Sede; e che altre Istituzioni della Santa Sede ne avrebbero perso le tracce o avrebbero lasciato che tutto come fosse.

Una ricostruzione da dimostrare, in un processo che non è entrato nel vivo per quasi un anno a causa di una serie di eccezioni dei difensori, che hanno anche chiesto il pieno accesso a tutti i documenti per difendere al meglio i propri assistiti.

L’udienza del 30 marzo 2022 ha visto la testimonianza di Monsignor Mauro Carlino [QUI]. Era stato Segretario del Sostituto, sia quando lo era l’allora Arcivescovo Angelo Becciu, sia quando lo divenne l’Arcivescovo Edgar Peña Parra.

Carlino ha spiegato che Peña Parra lo ha chiamato per occuparsi della vicenda proprio perché era stato commesso “un grave errore”. Questo errore è stato il contratto che ha concesso a Torzi le uniche azioni (mille) che controllavano l’edificio londinese. Tale contratto sarebbe stato firmato dall’allora Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, Monsignor Alberto Perlasca, senza l’autorizzazione dei superiori; e il contratto era stato ratificato. Tuttavia, Peña Parra voleva costruire la sua squadra di fiducia per risolvere la vicenda.

Tuttavia, nell’interrogatorio di Monsignor Carlino, sono emersi alcuni dettagli rilevanti.

Primo: il Papa era sempre stato informato di ogni passo, voleva salvare l’investimento a tutti i costi, e quindi le trattative con Torzi furono approvate ai massimi livelli. Il Papa ne fu talmente soddisfatto che alla fine pagò, tramite Peña Parra, una cena per il Sostituto stesso e per i suoi collaboratori per celebrare la risoluzione dell’affare.

La seconda: una volta venuto in possesso dell’immobile, è stato necessario rifinanziare il prestito utilizzato per ristrutturare l’immobile ed eventualmente affittarlo. È noto che la Segreteria di Stato aveva chiesto un anticipo allo IOR e che lo IOR aveva ufficialmente accettato di anticipare il denaro, che sarebbe stato restituito con gli interessi. Improvvisamente, lo IOR ha cambiato idea, e il Direttore Generale dello IOR, Gianfranco Mammì, ne informa il Revisore Generale, che ha portato alle indagini, aprendo la stagione processuale. Resta da sapere perché lo IOR abbia cambiato idea. Monsignor Carlino ha però fatto sapere che lo stesso Peña Parra aveva avviato una sorta di indagine informale su Gianfranco Mammì, proprio perché non aveva compreso l’improvviso cambio dietrofront dell’istituto sui finanziamenti alla Segreteria di Stato.

Terzo: Peña Parra non si fidava nemmeno di G.M., Capo della cooperativa OSA e amico del Papa in Argentina, e aveva chiesto di tenerlo d’occhio. Il Papa aveva chiamato G.M. per negoziare un TFR con Torzi, e la trattativa si era svolta alla Domus Sanctae Marthae intorno a Natale 2018. In quell’occasione il Papa si fa vivo, saluta Torzi, si fa una foto con lui, circostanza confermata, tra l’altro dal Tribunale Vaticano in una risposta ufficiale a The Associated Press.

Sandro Magister (Settimo Cielo): il processo del secolo chiama in giudizio il Papa. Che rischia anche un incidente con la Cina – 3 gennaio 2022.
Qui è riportato il testo della Nota informativa del 13 aprile 2021 dell’Arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto della Segretario di Stato. In questo documento si fa riferimento a tre incontri di Gianluigi Torni con Papa Francesco e vengono riportati i fatti come testimoniato da Mons. Mauro Carlino nell’undicesima udienza del 30 marzo 2022.

Perché Peña Parra non si fidava di lui? Perché dopo che G.M. aveva lasciato la trattativa, la trattativa con Torzi si era improvvisamente arenata. Aveva avuto il sospetto – fortunatamente poi rivelatosi infondato – che G.M. avesse un accordo con Torzi e volesse verificare se si sarebbe recato a Londra per parlare con l’intermediario.

Tre dettagli che lasciano sullo sfondo una domanda: quanto ne sapeva il Papa?

Papa Francesco aveva chiesto a G.M. di negoziare con Torzi e di chiudere la questione “con il giusto compenso” – queste sono le parole di G.M., registrate, al programma televisivo Report [Il caso Report, tra mezze verità, mistificazioni, mancanza di contradditorio ed errori di lettura – 27 aprile 2021].

Allo stesso modo, Papa Francesco è sempre stato informato di tutte le fasi dell’operazione. Eppure si fida subito di una denuncia fatta da Mammì, mettendo in discussione un’operazione da milioni di euro, che ha seguito nei minimi dettagli. Come mai? E il Papa sapeva che Mammì non godeva della fiducia di Peña Parra?

Alla fine, Papa Francesco sembra di aver sposato una tesi esatta quando, però, per almeno due anni, si era comportato facendo il contrario. Il Papa, infatti, aveva condiviso la volontà di non avviare un procedimento legale formale per tutelare la reputazione della Santa Sede.

A questo punto è necessario porsi altre domande. Perché la Segreteria di Stato appare come parte civile se tutto ciò che ha fatto è stato difendere l’investimento? Perché l’APSA è parte civile, considerando che la gestione dei fondi le è stata trasferita solo dopo questi ben noti eventi? Perché a queste parti civili è stata aggiunta l’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria (ASIF)? Piuttosto, quest’ultima ha sofferto quando i suoi vertici sono stati decapitati, non quando ha bloccato prima l’operazione della Segreteria di Stato e poi ha consigliato come muoversi per concludere la procedura rimanendo nei limiti della legalità.

Chissà se Peña Parra alla fine accetterà di testimoniare. Ma, naturalmente, il processo è diventato qualcosa di diverso, più un attacco a un vecchio mondo vaticano che una volontà di rendere giustizia. Papa Francesco è intervenuto personalmente nel processo con quattro rescritti, quattro leggi di emergenza per conferire pieni poteri alla magistratura vaticana [Papa Francesco a rischio nel processo vaticano sull’affare di Londra? – 10 gennaio 2022].

Perché, alla fine, il Papa è stato così coinvolto in questo procedimento?

Queste sono domande in pentola mentre il procedimento lentamente procede. Queste domande si riflettono anche sul pontificato. Nella misura il Papa non lo sapesse, si sottrae a ogni responsabilità. Ma, da un punto di vista giuridico, se il Papa sapesse tutto, non potrebbe esserci reato. Quindi anche questo è spunto di riflessione.

Questo articolo è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

Ulteriori documenti depositati presso il Tribunale da molti difensori narrano tutt’altra storia di quella surreale riportata dall’accusa. Il Cardinal Becciu non compare mai da nessuna parte. E quindi?

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