Il 50° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Kenya. La terra dei baobab, l’albero cresciuto al contrario

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Il 1° marzo 2022 abbiamo dato notizia [QUI] dell’inizio del 50° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Kenya, con il Report 50/1 di Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami. Poi, il 4 marzo abbiamo proseguito con il reportage di Mercoledì delle Ceneri, il Report 50/2 Benedict la pazza e tre magnifici gemellini [QUI]. Oggi presentiamo il Report 50/3 da Madogo, 6 km ad est di Garissa, La terra dei baobab, l’albero cresciuto al contrario, in cui si parla di bambine genitalmente mutilate, come il baobab donne cresciute al contrario.

La mutilazione genitale femminile viene praticata principalmente in circa 30 paesi dell’Africa e del Medio Oriente, ma anche in alcuni Paesi dell’Asia e dell’America Latina e tra comunità provenienti da queste regioni. Le mutilazioni genitali femminili sono praticate principalmente su ragazze tra l’infanzia e i 15 anni. Le motivazioni sono collegate a una serie di ragioni culturali e sociali come la pressione sociale e la tradizione, insieme all’idea che sia una pratica sostenuta dalla religione e collegata a ideali di bellezza e purezza – ma in realtà la mutilazione genitale femminile precede la diffusione dell’Islam e riflette la profonde disuguaglianze tra i sessi.

La parola a Don Gigi (come di consueto abbiamo fatto solo un editing leggero del suo racconto).

Sono seduto sotto un enorme baobab nel villaggio di Madogo, in compagnia di Awa una donna mutilata genitalmente. La donna è velata ma si ribella alla pratica inumana della mutilazione genitale femminile. Ha dei grandi occhi neri. Il tramonto caldo colora il cielo di Africa di rosso. Lontano gracchiano delle gazze. Dico ad Awa che mi piacciono moltissimo i baobab e con la mano tocco la corteccia della grande pianta accarezzandola lentamente.

Awa inizia il nostro incontro con un racconto: “Devi sapere che Dio diede ad ogni animale un seme di un albero da piantare ed alla iena diede proprio il seme di questo baobab. Quella sventurata creatura pianto il suo seme al contrario e così questo albero è nato al contrario, con le radici fuori e i rami sotto terra. Quando la iena vide cosa aveva fatto iniziò a ridere e per punizione Dio ha conservato alla iena il suo stupido sorriso. Ecco, io sono come questo bellissimo baobab: una pianta storta e come me, perché mutilate genitalmente, tutte le dieci bambine, che oggi vorrai adottare a distanza”.

La guardo in silenzio. È vero, le donne mutilate genitalmente sono piante magnifiche, ma storte che non è facile e spesso impossibile raddrizzare. Ogni volta che torno a Madogo, mi vengono i brividi. Tutte le donne del villaggio hanno subito la mutilazione genitale. Forse appare un argomento scabroso, che un prete non dovrebbe nemmeno conoscere. Eppure, la nostra associazione da alcuni anni è impegnata concretamente a lottare contro questa piaga, che investe molti paesi rurali dell’Africa. Sul tema con Fatma Naib, giornalista di al Jazeera, ho scritto un primo libretto dal titolo Esha [QUI]. Poi ho interrogato la mia piccola Asma nel 2020 e ho scritto un altro libro [QUI]. Ora non scrivo un nuovo libro, ma vengo a Madogo con la ferma determinazione di raddoppiare il nostro programma di adozione a distanza e di portare il numero delle bambine a 10.

Abbiamo fatto una piccola verifica con Esha e con Sour Josephine. Il programma della durata di tre anni, che si conclude a settembre, è andato molto bene.

Si deve entrare in capanne musulmane in punta di piedi, senza mai parlare di mutilazione genitale femminile, ma parlando solo di povertà. In effetti le dieci splendide bambine sono in grande miseria e i genitori non hanno nessun lavoro. Attraverso la loro fame e povertà entriamo nelle case e tentiamo di educare le bambine perché una volta adulte non compiano più questo orrendo crimine e scempio sulle loro figlie.

Vedere il corpo delle bambine mutilate dalle labbra vaginali mi disgusta. La pratica poi è associata al dolore, ad un dolore stupido, tremendo e pericoloso. Talvolta usano una lametta o un coltello poco più che affilato e poi usano sale per sanare la stupida deturpazione. Awa mi racconta della sua mutilazione e del trauma di quel giorno. Io rabbrividisco e chiedo a lei ma come è possibile? Awa è una ragazza di 28 anni molto intelligente: “In questa terra di baobab non vi è molta educazione. In questa bellissima insanguinata terra dei baobab, la cultura ha solo due matrici. Vi sono alcune tribù che coltivano la terra: sono gli agricoltori, i contadini; poi vi sono invece alcune tribù di pastori. Ed è la natura che spesso li mette in conflitto”.

Vuoi dire che esiste guerra tra contadini e pastori? “Sì, sono guerre fatte di dispetti, di soprusi ed occasionalmente di morti. Sono soprusi e dispetti che ricevono e che non si dimenticano, che si accumulano e crescono nel cuore e preparano gesti più grossi come la bastonata, la coltellata e… la morte. La guerra da queste parti nasce nel cuore e quando è pronta esplode. Ti porto un esempio di questi mesi. Sono mesi di siccità a Madogo. Le bestie non trovano il verde da brucare, gli animali muoiono e il pastore disperato cosa fa? Invia il suo gregge nel campo irrigato a fatica dal contadino. Ti immagini il contadino padre? Con fatica porta la poca acqua che scarseggia al suo campo. E quando le verdi piantine crescono arriva il pastore che con il gregge mangia quanto hai piantato. Nel suo cuore si accumula risentimento profondo che si trasforma in odio, che fa il contadino? Gli ammazza una pecora, il pastore risponde. Iniziano le bastonate, poi il coltello, poi la coltellata letale e ci scappa il morto. Un pastore o un contadino muoia e sprofondiamo in risentimento profondo e duro che si cristallizza in un conflitto continuo e latente. In questa cultura, come puoi pensare di eradicare la mutilazione genitale femminile semplicemente dichiarandola illegale?”.

Hai ragione Awa, quello che tentiamo di fare è cercare di capire, non di condannare, ma di formare le piccole bambine che oggi Esha ci presenterà.

Awa prosegue il suo racconto: “Ricordo ancora quella mattina all’alba, qui a pochi chilometri sulle rive del fiume Tana, due mie zie mi tenevano il dorso per terra una per le braccia e l’altra per le gambe aperte. La vecchiaccia tira il labbro sinistro della mia vagina forte forte, sembra volerlo pizzicare e poi con una lametta da barba già usata per un’altra bambina taglia lentamente e io sprofondò in un vortice di dolore atroce e forte, poi la manciata di sale, che mi manda il cervello alla pazzia per il dolore”.

Le lacrime scendono copiose dai suoi bellissimi e grandi occhi neri. E io inghiotto amaro e scrivo con il disgusto queste righe per chi legge, soprattutto per la ragazza o la donna adulta e che ben può capire cosa significhi mutilazione genitale femminile. Chi paragona la mutilazione genitale femminile alla circoncisione maschile è un idiota, qui si parla di labbra vaginali, di clitoride. Si parla di organo sessuale femminile e forse sarebbe meglio paragonare al fatto che ad un uomo venga tagliata una palla. Scusate se scrivo in modo rude e volgare ma forse così riesco a rendere l’idea ai maschietti che leggono questo report impastato di polvere e arsura.

Esha arriva e saluto Awa con una carezza. Awa mi regala un sorriso dolcissimo. Mentre sorride la giovane donna africana si toglie lentamente dal collo una collanina, me la gira attorno al collo due volte e mi dice: “Guardando questo mio piccolo regalo prendi forza e combatti contro la mutilazione genitale femminile”. Sono commosso, infrango il protocollo e le donò un grande bacio in fronte. La donna arrossisce e sorride contenta del gesto di tenerezza ricevuta e che da queste parti appare come un crimine.

Esha ha regalato a noi la sua storia e ci sta aiutando con il progetto della mutilazione genitale femminile. A settembre 2022 terminerà il primo programma e inizieremo così prossimamente un nuovo programma di tre anni, con 10 nuove bambine. Siamo in bui momenti per la guerra in Europa e per la pandemia, ma sono certo che questi due fatti non impediranno a noi di fare del bene. Sono a chiedervi 300 euro all’anno per ogni bambina di cui ora vi parlerò. Raccolti 3.000 euro per 10 bambine, invieremo i soldi alla Diocesi di Garissa e Suor Josephine mensilmente comprerà per le famiglie delle 10 bambine del cibo per 25 euro al mese (in Kenya con 50 euro vive bene una famiglia di 7 persone). Esha si incaricherà di portare nelle capanne di Madogo i sacchi di farina, di fagioli e di riso e mensilmente invieranno gli scontrini della spesa, con le foto degli alimenti e delle bambine. Apriremo come per le altre adozioni a distanza una chat in WhatApp nella quale ci sarò io, Suor Josephine, Esha, Jimmy e tutti i genitori adottivi, con l’impegno di incontrarci una volta al mese e parlare ogni mese di una bambina. Sono convinto che ci aiuterete.

Camminando lentamente entriamo nel villaggio. Un primo gruppetto di cinque bambine mutilate ci attende sotto un altro albero di baobab. Sono sedute per terra su una grande stuoia e per me hanno preparato una sedia. Anche Suor Josephine mi sta aspettando per tradurre dal swahili all’inglese. Jambo (ciao), così mi salutano le cinque piccoline con grande dolcezza e un sorrisone bellissimo, che mostra i loro splendidi denti bianchi sul nero della carnagione.

Le loro storie sono bellissime e ora sotto questo baobab vi metto alcune indicazioni sulla loro vita, giusto per invogliarvi a conoscerle meglio quando deciderete per l’adozione. Ecco allora l’elenco, che vi invio dai confini tra Kenya e Somalia dal villaggio pieno di polvere e arbusti di Madogo, un villaggio totalmente musulmano. Ecco le prime cinque bambine:

1. MUNIRA è nata il 4 aprile 2010, dunque presto compirà dodici anni. Lei mi dice che è stata tagliata quattro anni fa, dunque all’ età di otto anni. Notate bene che non stiamo parlando del medioevo, ma di soli 4 anni fa. La sua mamma si chiama Rukia, ha 44 anni e svolge lavori casalinghi. Il padre si chiama Mahmud, ha 48 anni e svolge lavori occasionali. Hanno 2 maschi e 4 femmine, tutte mutilate.

2. IQRA è nata il 12 agosto 2012, dunque ha 10 anni ed è stata tagliata tre anni fa, quando aveva sette anni. La mamma si chiama Asha, ha 40 anni e fa la fruttivendola. Il padre si chiama Abubakar, ha 45 anni e svolge lavori occasionali. Hanno 2 maschi e 3 femmine, tutte mutilate. Mentre mi dicono questo sento una grande pesantezza sullo stomaco siamo al secondo caso è già conto 9 casi di bimbe tagliate, se includiamo le sorelline di queste due bambine.

3. MARIAM è nata il 10 dicembre 2010, dunque ha 12 anni. La mamma si chiama Awa, ha 44 anni e ha 4 maschi e 4 femmine tutte tagliate. Saliamo a 13 bimbe tagliate nel nostro racconto, contando le sorelle che non adottiamo a distanza. Qui si entra nella cultura poligamica. Il primo marito si chiamava Omar e il secondo si chiama Mussa. Era sposa di entrambi. Ora Omar è morto ed è rimasto Mussa che ha 67 anni, ma che non è il padre di Mariam. Entrambi i genitori svolgono lavori occasionali. La bambina è stata mutilata cinque anni fa quando aveva 7 anni.

4. HAMINA è nata nel 2009 (non ricorda la data di nascita) ed ha dunque 13 anni. È stata tagliata quando aveva 8 anni. La mamma si chiama Zeinab, ha 53 anni, ha 2 maschi e 4 femmine, tutte tagliate. Il padre si chiama Hussein, entrambi i genitori vivono nella più nera povertà svolgendo lavori occasionali. Il nostro numero di bimbe tagliate arriva così a 17.

5. KATRA è nata il 10 settembre 2010, ha 12 anni ed è stata tagliata all’età di cinque anni. La sua mamma si chiama Saumu, ha 27 anni, svolge lavori occasionali e anche tre maschi. Il padre si chiama Abdulai, ha 35 anni, non ha lavoro e la famiglia versa in profonda miseria.

Le bambine piano piano ci salutano e con Esha ci spostiamo sotto un altro baobab dove ci attendono altre cinque bimbe. Eccovi allora la storia delle altre cinque piccoline che vogliamo adottare a distanza.

6. HAMIDA è nata il 12 dicembre 2010, ha 12 anni ed è stata tagliata quando aveva 4 anni. La sua mamma si chiama Nasino, ha 38 anni e ha quattro figlie, tutte tagliate. Il marito si chiama Mahmud, entrambi non hanno lavoro e svolgono lavori occasionali. Il numero delle bambine tagliate è salito ancora mostrando la potenza del nostro programma, siamo arrivati a 21 bambine mutilate genitalmente, che una volta al mese incontreremo con la scusa del cibo dato a 6 bambine e avremo la possibilità di gettare semi di educazione.

7. BAHATI è nata il 4 luglio 2012 ed ha 10 anni. La mamma si chiama Halima, ha 40 anni, svolge lavori occasionali e ha otto figli, gli altri figli sono tutti maschi. Il padre si chiama Kulisa, ha 52 anni e anche lui svolge lavori occasionali. La ragazzina è stata tagliata tre anni fa quando aveva 9 anni.

8. SAKINA è nata il 2 dicembre 2011, dunque ha 11 anni. La storia di questa bambina è per me penosa. Sua madre si chiama Bahati e ha 32 anni. Il padre si chiamava Sualeè ma è morto all’eta di 42 anni e la madre è scappata con un altro uomo, lasciando alla nonna Halima, madre di Sualeè, la piccola Sakina e altri tre fratellini. Halima ha 65 anni e il marito è gravemente malato, così la donna svolge lavori occasionali che devono coprire anche le medicine del nonno. La bambina è stata mutilata quando aveva 7 anni.

9. FATUMA è nata nel 2009, ha 13 anni ed è stata mutilata quando aveva 8 anni. Asha è il nome della zia che accudisce la bambina, perché alla morte del padre Ali la donna è scappata ed i figli sono stati divisi tra i parenti. Asha segue Fatuma con il marito Yussef che è insegnante in una madrasa. Asha fa la fruttivendola.

10. SADIA è nata nel 2013, ha 9 anni ed è la più piccola del gruppo. La mamma si chiama Fatuma, ha 55 anni. Il padre si chiama youssuf e ha 68 anni. I genitori hanno solo lavori casuali. La bambina è stata mutilata tre anni fa quando aveva sei anni. È l’ultima di 9 figli, 6 maschi e 3 femmine, tutte mutilate e questo porta il numero di bambine che direttamente o indirettamente incontreremo in questo anno a 24, se la stanchezza non mi ha offuscato il cervello.

Sto finendo di scrivere questo report e in cielo si sono accese le prime incantevoli stelle, che sempre qui in Africa hanno il potere di bruciare il cuore. Guardo al baobab, la pianta cresciuta al contrario e ricordo con affetto le dieci bambine che stanno crescendo al contrario per una tradizione stupida e contro natura. Lontano una perfida iena ride ricordandomi la storia di Awa con la quale ho iniziato il report. Tocco la collanina che mi ha regalato e prego per lei. Ed ora dalla lontana Africa affido a voi la lettura attenta di questi fatti che purtroppo ancora oggi, e non anni fa, esistono.

Il Vescovo emerito di Garissa, Mons. Joseph Alessandro, OFM Cap e il Vescovo di Garissa, Mons. George Muthaka, OFM Cap, ringraziano il Vescovo di Bergamo, Mons. Francesco Beschi per l’aiuto dato in Kenya.
Al lavoro a Bura Tana (100 km a sud di Garissa) nel giorno dell’anniversario della Fondazione Santina, pitturando i banchi della scuola.
L’importanza di impedire ai baobab di crescere nel nostro cuore
«C’erano dei terribili semi sul pianeta del piccolo principe: erano i semi dei baobab. Il suolo ne era infestato. Ora, un baobab, se si arriva troppo tardi, non si riesce più a sbarazzarsene. Ingombra tutto il pianeta. Lo trapassa con le sue radici. E se il pianeta è troppo piccolo e i baobab troppo numerosi, lo fanno scoppiare» (Il Piccolo Principe).
Qualcuno vede nella metafora del baobab usata nel Piccolo Principe qualcosa di più. Per qualcuno, i semi del baobab oltre a rappresentare le nostre paure, rappresenterebbero i germi della nostra cattiveria. Questa forza distruttiva che danneggia il cuore e rende l’uomo capace di commettere le peggiori azioni, dando vita a catastrofici scenari di violenza e distruzione. Scenari che tutti noi abbiamo nella nostra memoria collettiva. Insomma, i semi di baobab sono sempre stati, e sempre saranno, presenti nel nostro Io interiore. L’unica cosa che possiamo fare è scegliere se coltivarli o sradicarli, perché proprio come accadeva sul pianeta del Piccolo Principe, anche in noi ci sono semi buoni e semi cattivi. A permettere che questi semi germoglino e piantino le radici possono essere vari fattori: l’educazione e l’istruzione ricevute, le esperienze di vita, ecc.

Foto di copertina: a Madogo sul confine tra Kenya e Somalia. Don Gigi è con Esha nella sua casa, una capanna molto povera. Esha ha subito la mutilazione genitale femminile. Una pratica che esiste ancora: oggi nel mondo ci sono oltre 200 milioni di donne e ragazze che sono state vittime di pratiche di mutilazione genitale. Esha è la responsabile delle 10 bambine mutilati genitalmente 2/3 anni fa, che la Fondazione Santina ha preso per l’adozione in distanza.

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