Benedetto XVI quest’anno non incontra i suoi ex allievi. Ma indica loro la strada
Ci sarà anche quest’anno il Ratzinger Schuelerkreis. Ma per la prima volta, non ci sarà Benedetto XVI, che preferisce rimanere nel suo convento, nascosto al mondo come aveva promesso. L’appuntamento è a Castel Gandolfo, dal 29 agosto al 2 settembre, e la notizia è stata lanciata dalla CNS. La riflessione sarà sulla “questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione”. E l’ospite d’onore sarà Remi Brague, teorico francese premiato l’anno scorso con il premio Ratzinger per la Teologia.
Il Papa emerito non solo sta “bene e vive come un monaco” – come aveva detto al giornalista tedesco Manfred Luetz e al cardinal Paul Cordes, che erano andati a trovarlo nei giorni scorsi – ma continua la sua attività intellettuale. Non si muove dal Mater Ecclesiae, ma riceve gli amici. Come il salvatoriano Stephan Otto Horn, presidente del Ratzinger Schulerkreis, che ha detto alla CNS di averlo incontrato all’inizio di giugno.
Horn ha visto Ratzinger fisicamente fragile (“ha 86 anni ora, e a quell’età non sei più tanto forte”), ma allo stesso tempo intellettualmente vivace. “La sua memoria è ‘fresca’ – ha detto – e i suoi occhi sono vivi e gioiosi”.
Il Papa ha confermato a padre Horn che non avrebbe preso parte all’incontro di quest’anno. E questo nonostante Papa Francesco – avrebbe confessato il Papa emerito ad Horn – gli abbia chiesto più volte di “andare in vacanza a Castel Gandolfo, dato che lui non ci sarebbe potuto andare per lungo tempo e ci sarebbe andato al limite per il 15 agosto, la festa dell’Assunzione, che il Papa generalmente trascorre con le persone di Castel Gandolfo”.
Benedetto XVI resterà nel suo convento, ma ha indicato il tema dell’incontro tra i suoi ex studenti (e del circolo allargato ai giovani) e l’ospite d’onore, Remi Brague.
È dal 1977 che il Papa emerito dà luogo a questi incontri con i suoi ex allievi, e sarà la prima volta che lui non sarà presente. I suoi ex allievi pensavano avesse interrotto gli incontri una volta che Ratzinger era stato eletto Papa, già nel 2005. Ratzinger rispose che invece avrebbe avuto piacere di continuarli. E così è stato.
Diamo una scorsa ai partecipanti abituali dello Schuelerkreis, seguendo la presentazione che ne era stata fatta lo scorso anno da korazym.org.
Arriva dalla Tanzania l’unico italiano, padre Cornelio del Zotto. Ha studiato con Ratzinger in Germania, con il quale ha scritto una tesi sulla teologia dell’immagine in San Bonaventura, oggetto di studio anche da parte del Ratzinger studente. Pubblicato nel 1977, il libro di del Zotto meritato la prestigiosa prefazione del card. Ratzinger.
Tra gli ex allievi del Papa, prende posto anche Cristoph Schoenborn, cardinale arcivescovo di Vienna. Definito sempre tra gli ex allievi di Ratzinger, proprio in ragione della sua partecipazione alla Schulerkreis, in realtà Schoenborn viene invitato agli incontri di ex allievi da quando ha fatto parte per la commissione della stesura del Catechismo.
Sono generalmente presenti anche il vescovo ausiliare di Amburgo, Hans-Jochen Jaschke, il segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, monsignor Barthélémy Adoukonou, insieme con docenti, parroci, religiosi, religiose e laici. E poi, fanno parte del circolo di allievi monsignori passati per la Curia romana, come Helmut Moll (curatore del martirologio tedesco del XX secolo) e ecumenisti come Vinzenz Pfnür; parroci tedeschi come Martin Trimpe e religiosi come il passionista Martin Bialas.
E poi – scorrendo nella lista di oltre cinquanta nomi – troviamo anche il redentorista Rèal Tremblay – docente di teologia morale presso la Pontificia Accademia Alfonsiana –, il teologo moralista Vincent Twomey – che fece la proposta di azzerare i settori di episcopato irlandese generazionalmente coinvolti negli scandali di abusi sessuali del clero – e la coreana Jung-Hi Victoria Kim, che negli anni di studio a Regensburg realizzò sotto la guida di Ratzinger una tesi più che originale sul confronto tra la caritas in Tommaso d’Aquino e lo jen, concetto centrale del confucianesimo. Ci sarebbe anche padre Joseph Fessio, gesuita, editore con la sua casa Ignatius Press, che si laureò a Ratisbona con Ratzinger nel 1975, con una tesi sull’ “Ecclesiologia di von Balthasar”.
Il tema scelto quest’anno è particolarmente “ratzingeriano”: la “Questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione”. Una sfida che sembra essere molto sentita anche da Papa Francesco, che l’ha sottolineata ieri nel discorso ai rappresentanti dell’International Jewish Committe for Interreligious Consultations. Il relatore, Remi Brague, è diventato famoso grazie all’opera Europe, la voie romaine, tradotta in diverse lingue. Un’opera che voleva sottolineare il contributo di Roma e della romanità alla fioritura della civiltà europea. Ma in quel libro, inserì anche un neologismo: quello dei cristianisti, da non confondere con i cristiani. Un neologismo di successo.
Spiegava lo stesso Remi Brague tempo fa in una intervista a 30 Giorni che “la parola “cristianista” forse non è molto carina. Ma non mi dispiace averla proposta. Prima di tutto perché è divertente. E poi perché spinge le persone a riflettere su ciò che vogliono veramente. Quelli che difendono il valore del cristianesimo e il suo ruolo positivo nella storia mi sono di certo più simpatici di quelli che lo negano. Io non intendo certo scoraggiarli. Mi piacerebbe persino che in Francia fossero più numerosi. E questo non perché costoro siano degli “alleati oggettivi”. Ma soltanto perché quello che dicono è vero. Dunque, grazie ai “cristianisti”. Soltanto, io vorrei ricordare loro che il cristianesimo non si interessa a sé stesso. S’interessa a Cristo. E anche Cristo stesso non s’interessa del proprio io: Lui s’interessa a Dio, che chiama in un modo unico, «Padre». E all’uomo, a cui propone un nuovo accesso a Dio”.
(nella foto: una seduta dello Schuelerkreis 2012)