A 50 anni dalla morte la Chiesa ricorda papa Giovanni XXIII

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Oggi pomeriggio anche il Papa parteciperà in San Pietro alla messa celebrata dal vescovo di Bergamo Francesco Beschi nella ricorrenza dei cinquanta anni dalla morte di papa Giovanni XXIII. Infatti il 3 giugno 1963 moriva papa Giovanni XXIII. Tutti lo ricordano come ‘il papa buono’ ma Giovanni XXIII fu anche altro: testimone e protagonista di un mondo in rapida trasformazione. Il Papa che ha indetto il Concilio, ha intuito che anche la Chiesa cattolica doveva accettare la sfida del cambiamento, al suo interno e su scala internazionale. In questo senso Roncalli è stato il primo Papa di un mondo globalizzato in cui si incrinavano le antiche frontiere e si aprivano nuove strade di dialogo con il mondo. In occasione della ricorrenza durante il programma ‘La storia siamo noi’, RaiTre propone in questo giorno, alle ore 10.00, il documentario ‘Giovanni XXIII: la vita è un pellegrinaggio’ di Paolo Naso e Ai Nagasawa, racconto biografico su Angelo Giuseppe Roncalli; mentre nel pomeriggio, alle ore 17.00, a Venezia nella cattedrale di San Marco, si svolge un atto accademico, che prevede l’introduzione di mons. Brian Edwin Ferme, preside della facoltà di Diritto canonico del Marcianum, e la riflessione di mons. Agostino Marchetto, l’arcivescovo vicentino che ha dedicato numerosi studi e pubblicazioni al Concilio Vaticano II, su ‘Papa Giovanni e il Concilio’. Intanto a Sotto il Monte, sua città natale, nel fine settimana appena conclusa è andato in scena il primo musical dedicatogli, ‘Joannes XXIII – Il Musical’, uno spettacolo inedito scritto e diretto da Umberto Zanoletti con musiche di Carlo Biglioli e Valerio Baggio: “Oggetti comuni, che ne raccontino la storia, che parlino di lui, che lo facciano conoscere”.

Ma fu, soprattutto, un papa ‘eucaristico’ come lo ha dipinto in tanti incontri il suo segretario, mons. Loris Capovilla: “La vita di Angelo Giuseppe Roncalli è stata ininterrotta e fervida celebrazione eucaristica. Dall’età di cinque anni, la messa quotidiana accanto al prozio Saverio, un contadino vissuto in casa e nei campi come un monaco, povero casto e obbediente, zelatore delle devozioni più alte, il Cuore e il Sangue di Cristo. La Prima Comunione a sette anni e tre mesi, caso più unico che raro a quei tempi. La peregrinazione a Milano ad anni 14 al Terzo Congresso Eucaristico nazionale italiano. II suo primo discorso ai seminaristi di Bergamo, seminarista egli pure di anni 18: Maria nel Cenacolo. A Roma nel giugno 1905 al XVI Congresso Eucaristico internazionale, di cui il Vescovo Radini Tedeschi fu uno dei promotori. La preghiera intensa e silenziosa al Cenacolo di Gerusalemme nel 1906. Trentenne, pellegrino a Vienna per il XXIII Congresso Eucaristico internazionale. L’iscrizione sin da giovane prete a vari sodalizi di adorazione diurna e notturna…

 

Sì, tutta la vita nella luce dell’Eucaristia. Quando nel 1914 gli morì tra le braccia quell’illustre pastore che fu il suo vescovo Radini Tedeschi egli ne raccolse il testamento, lo custodì e lo onorò: l’Eucaristia, la Madonna, il Papa. La sua prima omelia come vescovo di Roma, il 23 novembre 1958, fu tutta incentrata sulla messa: il Libro e il Calice, col richiamo alle devozioni più atte ad incrementare il culto eucaristico: il Nome, il Cuore, il Sangue di Gesù. Io che l’assistevo alla messa nella cappella dell’appartamento papale so cosa significasse per lui quella sacra mensa, ed anche quando mi accadeva di coricarmi alle due di notte, alle sette ero pronto al mio servizio, perché non volevo rinunciare al privilegio di quel rito paradisiaco… Alla messa si preparava piamente e la coronava con prolungato ringraziamento. La viveva durante tutto il giorno in modo trasparente, come confidò al clero romano nell’illustrare l’esigenza che il prete, abilitato a perdonare le colpe e ad offrire doni e sacrifici per i peccati, ne fosse totalmente impregnato”.

Eppoi mons. Capovilla non può dimenticare il suo ultimo ricordo del papa: “Ricordo la sua pena, trasparente dai suoi occhi dal colore maturo dell’autunno, quando, a fine maggio 1963 il medico gli chiese di non celebrare, di sottrarsi a quella fatica. Ed egli commentò con finezza sacerdotale: ‘Non alla fatica lei mi sottrae, ma alla mia delizia quotidiana’. E poi la sua confidenza al fratello laico agostiniano che lo assisteva nelle lunghe notti insonni: ‘Fra’ Federico , quanto mi dispiace non celebrare la messa domattina’. E il fraticello a lui: ‘Ma questo letto, Santo Padre, è un altare’. ‘Quanto sono grato a Fra’ Federico di avermi trasmesso il messaggio celeste che attendevo. Questo letto è un altare. L’altare vuole le vittima. Eccomi pronto. Non ho paura di partire fosse pure stanotte festa dell’Ascensione’. Niente di meglio posso suggerire a chi mi chiede di parlare di Giovanni XXIII, homo eucaristicus, se non segnalargli la preghiera che il piissimo papa, le braccia aperte dal Colonnato Berniniano declamò al conchiudersi della processione del Corpus Domini, il 21 giugno 1962, l’ultima della sua vita, preludio dell’itinerario conciliare ed altresì dell’ingresso nella terra dei viventi”.

Infatti a conclusione del XVI Congresso Eucaristico nazionale italiano celebrato a Catania nel 1959 papa Giovanni XXIII pregò così: “O Gesù, re delle genti e dei secoli, accogliete gli atti di adorazione e di lode che noi, vostri fratelli di adozione, umilmente vi tributiamo. Voi siete ‘il Pane vivo disceso dal cielo, che dà la vita al mondo’; sommo sacerdote e vittima, vi immolaste sulla croce in sacrificio cruento di espiazione all’Eterno Padre per la redenzione del genere umano, ed ora vi offrite quotidianamente sui nostri altari per le mani dei vostri ministri, a fine di instaurare in ogni cuore il vostro ‘regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace’. O ‘Re della gloria’, venga dunque il vostro regno! Regnate, dal vostro «trono di grazia», nei cuori dei fanciulli, perché conservino immacolato il candido giglio dell’innocenza battesimale. Regnate nei cuori dei giovani, affinché crescano sani e puri, docili alla voce di coloro che vi rappresentano nella famiglia, nella scuola, nella chiesa.

Regnate nel focolare domestico, affinché genitori e figli vivano concordi nella osservanza della vostra santa legge. Regnate nella nostra patria, affinché tutti i cittadini, nell’ordine e nell’armonia delle classi sociali, si sentano figli di uno stesso Padre celeste, chiamati a cooperare al comune bene temporale, felici di appartenere all’unico corpo mistico, di cui il vostro sacramento è insieme simbolo e imperitura sorgente. Regnate, infine, o Re dei re e ‘Signore dei signori’, su tutte le nazioni della terra ed illuminate i reggitori di ciascuna affinché, ispirandosi al vostro esempio, nutrano ‘pensieri di pace e non di afflizione’. O Gesù Eucaristico, fate che tutti i popoli servano liberamente a voi, consapevoli che servire a Dio è regnare”.

E nella festa del Sacro Cuore di Gesù, papa Giovanni XXIII ricorda i benefici di questa devozione: “La devozione al Sacro Cuore ha apportato incalcolabili benefici alla Chiesa e all’umanità. Possono ben dirlo i nostri tempi che, su quelli in cui visse la Santa, hanno il vantaggio di più sentita comprensione e di maggior slancio. Ciò non significa che ora la tentazione dell’antico avversario sia sminuita o che il fascino del mondo sia meno insidioso. Tutt’altro. Nondimeno i fedeli conoscono bene le vie della grazia, gli aiuti inesauribili largiti dal Redentore, la bellezza e soavità del costante ricorso alla potentissima intercessione di Maria, la madre nostra, che tiene sempre aperte per noi le sue braccia, ci conforta e consola e ottiene per noi tutti, dal suo Divino Figlio, i doni più validi e preziosi”.

 

 

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