Angelo Bagnasco e la Chiesa della carità e della sollecitudine

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Quando diffonde i dati della ripartizione e assegnazione delle somme dell’8 per mille, Angelo Bagnasco ci tiene a precisare: “Abbiamo fatto dei tagli alle esigenze di culto e pastorale, passate dai quasi 480 milioni di euro dello scorso anno ai 420 milioni e rotti di quest’anno. Ma non vi fate ingannare dalla cifra complessiva degli interventi caritativi. Nel consuntivo, si nota che si è passati da una somma di 255 milioni a una somma di 240 milioni. In realtà, stiamo stanziando sempre la stessa cifra. I 15 milioni mancanti sono quelli destinati all’acquisto degli edifici dove sono ora gli uffici della Caritas, di Migrantes, e di altri uffici della Cei. Erano tre rate da 15 milioni. Abbiamo semplicemente finito di pagare”.

Ci tiene, il cardinale, a sottolinearlo nella conferenza stampa che conclude l’annuale assemblea generale dei vescovi italiani. Il rischio è che una vasta opinione pubblica si scagli contro la Chiesa cattolica, rea di non praticare la carità, cui destina solo il 25 per cento dell’8 per mille (i dati sono tutti sul sito 8xmille.it, e tutto viene rendicontato pubblicamente). Addirittura, è stato in qualche modo fuorviato un passaggio di una delle omelie che Papa Francesco ha tenuto nella Domus Sanctae Martae di fronte ai membri di Caritas Internationalis. Francesco aveva detto “Magari potessimo vendere le chiese” per risolvere i problemi della povertà (l’interiezione usata, in spagnolo, era ojalà, magari): vi è stata vista una richiesta a vendere le chiese. Bagnasco però su questo punto è tranquillo: “Chi le comprerebbe le chiese? E quale guadagno si potrebbe fare?”

Meglio essere concreti, guardare al lavoro pastorale sul campo, che porta molti frutti. Il prossimo convegno ecclesiale (nel 2015 a Firenze) avrà come titolo “In Gesù Cristo, un nuovo umanesimo”, e sottolinea la volontà puntare sul Vangelo e sull’educazione, il centro di questo decennio di programmazione della Conferenza Episcopale Italiana. In fondo, era il programma di don Pino Puglisi, che sarà beatificato domani. “Ed è chiaro – dice Bagnasco – che don Puglisi è stato ucciso in odium fidei, in odio alla sua fede”. Il lavoro che faceva, come raccontano tutti, era semplicemente quello di un sacerdote. Come lo era quello di don Andrea Gallo, di cui Angelo Bagnasco celebrerà i funerali sabato pomeriggio come fa “immancabilmente quando un suo sacerdote parte verso il Padre. Lo sento come un dovere personale”. E di certo, Bagnasco loda le attività in favore degli ultimi di don Gallo, quella comunità di San Benedetto al Porto che “radunava ad assisteva gli ultimi”, afferma che “è falso” che don Gallo sia stato emarginato nella diocesi, nemmeno dal cardinale Siri, che lo destinò proprio alla parrocchia di san Benedetto, e sottolinea il “rapporto paterno che avevo con don Gallo, che mi ricambiava con affetto fraterno”.

Anche Papa Francesco sollecita molto i sacerdoti perché  vadano verso le periferie esistenziali e accolgano gli ultimi. Ieri, il Papa ha incontrato i vescovi italiani (emozionatissimi perché al termine della liturgia li ha salutati uno per uno), ha rinnovato con loro la professione di fede, ha tenuto una meditazione in cui li ha esortati a non essere “chierici di Stato” e a “prendersi cura dei propri sacerdoti”. “Siamo molto grati a Papa Francesco per le parole che dice – afferma Bagnasco – punta all’essenziale, il che significa che dice le cose in modo semplice e diretto, e si vede che la gente lo apprezza. Noi prendiamo i suoi appelli come uno stimolo. Ma questa è da sempre la nostra direzione”.

Parlando a braccio prima della Liturgia della Parola, Papa Francesco ha sottolineato anche il lavoro del comitato della Cei chiamato a verificare lo stato delle diocesi in Italia, in vista di un’eventuale riduzione. “C’è stata una commissione apposita – dice il presidente Bagnasco – che ha fatto le sue osservazioni, tenendo conto della storia delle diocesi e della storia dell’Italia. Abbiamo 226 diocesi, sono molte per un territorio come quello italiano, ma non direi che sono troppe, vengono da una storia precisa. Le conclusioni di questa commissione su una eventuale nuova razionalizzazione del territorio sono state depositate presso la Congregazione dei vescovi già un anno fa. Spetterà alla Congregazione stabilire se accorpare qualche diocesi o mantenere intatte le cose”.

Un’altra questione è stata sollevata da Papa Francesco, ed è quella dei rapporti della Cei con il mondo politico, oltre che con quello sociale e culturale. Nel 2007, una lettera del cardinal Bertone, segretario di Stato, all’allora neo-nominato presidente della Cei sottolineava in qualche modo la “titolarità” della Segreteria di Stato vaticana nei rapporti con l’Italia. Le parole di Papa Francesco sono state lette come un modo di chiudere la questione.

Bagnasco un po’ minimizza, sottolinea che il Papa non ha fatto altro che ribadire le cose come sono definite dal motu proprio “Apostolos Suos”, promulgato da Giovanni Paolo II nel 1998. Di certo – sferza – “quello del cardinal Bertone era un auspicio e una disponibilità”.

I vescovi sono particolarmente preoccupati per l’economia italiana, lo stesso Bagnasco vive in prima persona il dramma della sua Genova, città industriale in crisi, dove persino Fincantieri ha rischiato di chiudere. “I più grandi gioielli di famiglia del nostro Paese sono in difficoltà e il timore è che per risanare i buchi possano essere venduti”, afferma il presidente della Cei. E poi aggiunge: “Non sta certo a noi decidere su questi temi, ma un approccio esclusivamente finanziario al problema industriale che obiettivamente esiste sarebbe un approccio assolutamente limitato. Serve una duplice sensibilità, industriale e finanziaria, che non sia contrapposta. Non solo, dunque, la preoccupazione di sanare i debiti ma anche quella di varare un piano di sviluppo industriale. Il lavoro resta la priorità assoluta e perdere pezzi potrebbe avere conseguenze anche molto gravi”.

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