Carlo Cardia ad Avvenire: il passo della Santa Sede «atto che tutela tutti i cittadini» a prescindere dal Concordato

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Ieri, la Sala Stampa della Santa Sede ha confermato che la Nota verbale della Segreteria di Stato di Sua Santità in riferimento al Ddl Zan, anticipato dal Corriere della Sera era concordato con il Papa (come è logico) e fu consegnato il 17 giugno scorso alle autorità italiane. Va tenuto presente che questa Nota verbale (che nella prassi diplomatica è una comunicazione informale, che non viene firmata per esteso, ma siglata da un diplomatico, in questo caso dal Segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, l’Arcivescovo Paul Richard Gallagher) non va ridotta a una “mera questione concordataria”. Lo scrive il vaticanista Mimmo Muolo su Avvenire di oggi [QUI], intervistando il Professore Carlo Cardia, esperto di Diritto ecclesiastico, già membro della Commissione paritetica sulla revisione del Concordato.

Va ricordato, agli “influencer” Fedez e compagni di merenda, che la Revisione fu firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana e dal Cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato di Sua Santità. «Ma che ne sa Fedez del Concordato lateranense del 1929 e la sua Revisione del 1984 e che ne sa sempre Fedez da chi furono firmati!? Provvediamo a mandarlo… ad un corso accelerato di Storia ovviamente non serale, sennò siamo punto e a capo. Stendiamo un velo pietoso su questo ragazzotto e su chi, a spizzichi e bocconi, lo ha indottrinato, sovrapponendo gli argomenti appunto per camuffare un’ignoranza stratosferica» (Valentina Villano).

Poi, Concordato e Revisione furono ratificato dal Parlamento italiano, a buona pace di Fico, che ha dichiarato: “Non accettiamo ingerenze, il parlamento è sovrano”.

Invece, l’Articolo 1 della Costituzione italiana recita: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Il #brancodibalordi che ci “governa” non solo rende la Repubblica sempre meno democrati, sempre più fondata sull’assistenza e concessioni, adesso Fico si appropria pure della sovranità, in modo anticostituzionale. Inoltre, ignora i Patti lateranensi recepiti dalla Costituzione, per poter decretare “ingerenze”, influenzato dall’influencer Fedez, che poco o niente sa di niente.

«Il Parlamento è talmente sovrano che il Presidente della Repubblica, se vuole, lo manda a casa “sentiti i Presidenti delle due camere”» (Massimo Campostrini).

«Che un Presidente della Camera, in risposta alla nota della Santa Sede, parli di “ingerenza” e si richiami alla sovranità del Parlamento bene esprime il livello culturale e istituzionale che caratterizza la classe politica che rappresenta lo Stato italiano. Manca l’abc della conoscenza del diritto costituzionale, ecclesiastico e internazionale. Sul livello del clero che con questi e altri figuri commercia influenze e visibilità a sostegno di una fragile autostima stendiamo un velo pietoso. Anzi, no: un velo misericordioso» (A.C.).

«Ingerenze? Agli articoli 4 e 7 il Ddl Zan lede il diritto alla libertà di espressione (Art.21 della Costituzione), lede il diritto alla libertà di insegnamento dei docenti (Art. 33 della Costituzione), lede la libertà di scelta educativa propria dei genitori (Art. 30 della Costituzione). Ciao Fico, ciao» (Valentina Villano).

Il Prof. Cardia ricorda, che “il Concordato non è stato inserito nella Costituzione per difendere solo la libertà dei cattolici. Esso va visto nel quadro più ampio del nostro ordinamento costituzionale, nel quale la libertà di religione e di manifestazione del pensiero c’è a prescindere dal Concordato”.

Quindi, il Prof. Cardia sottolinea che è in gioco il diritto a esprimersi liberamente, per quanto il Concordato sia di fondamentale importanza. Quell’atto richiama infatti problemi di natura ben più ampia, che travalicano un eventuale “conflitto” tra cattolici e non, per porsi come nodi di vera e propria costituzionalità.

Questo parere raccolto dall’amico e collega Mimmo Muolo viene da uno degli studiosi più autorevoli di Diritto ecclesiastico (la branca giuridica che studia i rapporti tra Stato e Chiesa), ordinario all’Università Roma Tre e membro (per parte statale) della Commissione paritetica che portò alla Revisione del Concordato nel 1984. L’esperto perciò, mentre sul piano personale approva la mossa della Santa Sede, nell’intervista a Mimmo Muolo su Avvenire, di cui riportiamo di seguito il testo integrale, invita comunque a evitare pericolosi «riduzionismi».

Che cosa intende dire, professore?
Innanzitutto che di fronte a questo atto dobbiamo evitare la tentazione di ridurre tutto a una mera difesa degli interessi cattolici da parte della Santa Sede. Ovvio che c’è anche questo. Ma vedo nella nota qualcosa di più, che interessa tutti i cittadini italiani e dunque ha portata generale. In termini più giuridici direi una portata costituzionale.

In che cosa consiste il «di più» al quale accennava?
Le obiezioni che si intravedono nella nota della Santa Sede rimandano alla libertà di espressione del pensiero. E questa non è solo una questione che investe i cattolici, ma tutti gli italiani, tutte le persone che abitano nel nostro Paese, tutte le organizzazioni e le associazioni di qualunque orientamento. Per questo dico che siamo di fronte a un richiamo molto puntuale e severo affinché il testo legislativo fin qui elaborato venga profondamente rivisto, per superare alcune criticità davvero importanti.

A che cosa si riferisce in particolare?
Parlo della questione del gender, trattata in maniera abbastanza generica e perciò alla fine ambigua. Parlo della promozione di certe iniziative cui si obbligherebbero – uso il condizionale – anche le scuole pubbliche non statali o comunque strutture riconducibili al mondo religioso. Ora queste obiezioni, che ritengo giuste, riguardano l’Italia intera e tutti i diversi raggruppamenti sociali. Non solo – lo ripeto – gli ambienti cattolici.

A giudicare dalle prime reazioni, però, non sono in molti a pensarla in questo modo.
E allora mi lasci dire una cosa in base alla mia esperienza di studioso del diritto ecclesiastico. Con la difesa del Concordato in realtà si difende un principio di carattere generale, perché il Concordato non è stato inserito nella Costituzione per difendere solo la libertà dei cattolici. Esso va visto nel quadro più ampio del nostro ordinamento costituzionale, nel quale la libertà di religione e di manifestazione del pensiero c’è a prescindere dal Concordato. Ovviamente il Concordato le conferma, ci mancherebbe altro. Ma qui il richiamo al Concordato viene fatto per evocare principi che valgono per tutti. Anche per le altre confessioni religiose.

Si spieghi meglio.
Il sistema costituzionale che fa leva sugli articoli 7 e 8 della Carta – quelli in cui si parla di concordato per la Chiesa cattolica e intese per le altre confessioni – e sull’articolo 19 della Costituzione («tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume»), è un sistema complesso e completo, valido per la generalità dei cittadini. Dunque le leggi ordinarie non possono andare oltre questi limiti.

Sta dicendo che il ddl Zan, così come è scritto ora, presenta profili di incostituzionalità?
A mio avviso sì. E ci sono gli strumenti per evitare l’incostituzionalità, prima di tutto attraverso le modifiche in parlamento, come già si sta facendo, e poi a livello ordinamentale. E alla fine è questo ciò che più conta. Perché qui sono in discussione le libertà di tutti, non solo dei cattolici.

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