I Cubisti al Vittoriano di Roma
L’esposizione intitolata “Cubisti. Cubismo” si potrà visitare al Complesso del Vittoriano fino al prossimo 23 giugno. In visione circa duecento opere del movimento artistico creato da Pablo Picasso e Georges Braque tra il 1907 e il 1914. Ma, oltre ai dipinti a olio, troviamo disegni, sculture, oggetti di design e di architettura e filmati, costumi, partiture musicali, libri e documenti. Si tratta di una mostra storica sulle origini del Cubismo inserita nell’epoca delle trasformazioni della percezione e del gusto dei primi decenni del Novecento. Oltre alle opere degli stessi Picasso e Braque, la rassegna presenta opere di altri esponenti del movimento Cubista, come Juan Gris, Fernand Léger, Albert Gleizes, Francis Picabia, Jean Metzinger, Natalia Goncharova, Vanessa Bell, fino a giungere – a riprova del carattere epocale e internazionale del Cubismo – agli italiani Gino Severini e Ardengo Soffici.
Una impaginazione di tipo museale, ma a forte impianto storico (e didattico), che si ritrovava anche nelle mostre su Dalì e su Guttuso, sempre al Complesso del Vittoriano. Come ha evidenziato la curatrice della mostra Charlotte N. Eyerman il Cubismo, nelle sue diverse manifestazioni, ha incarnato un’idea di movimento, dinamismo e simultaneità che si rifaceva al mutamento della percettività sia nelle grandi città che sui fronti della prima Guerra Mondiale. Gertrud Stein scrisse nel suo libro su Picasso che l’angolo prospettico del pittore cubista era quello dell’aviatore che guardava verso il suolo da migliaia di metri di altezza. Quindi visionarità cubista in Letteratura, Musica, Cinema, Architettura, Teatro, Moda, Arti applicate. Il principio base del Cubismo era quello fondativo dell’avanguardia storica: allontanarsi dalle forme artistiche ed estetiche ottocentesche per rimanere comunque nello spazio dell’arte.
Anche le innovazioni tecniche del cinema, della meccanizzazione, della scienza potevano concorrere ad innovare i linguaggi artistici. Il Cubista – in musica, pittura, poesia … – vuole invitare il pubblico a modificare la sua nozione dell’arte attingendo al modo nuovo di percepire la realtà sociale e naturale, ma sublimandolo in un linguaggio espressivo rigoroso e tecnicamente organizzato. Questo resta, a mio avviso, il messaggio più importante delle Avanguardie storiche: la modificazione del paradigma estetico non si traduce immediatamente in una proiezione della percezione di massa nel territorio dell’arte (come sarebbe accaduto con la Pop-Art degli anni ’60), ma richiede l’elaborazione specifica di nuovi sistemi linguistici delle arti. Una istanza culturale e creativa che la mostra del Vittoriano illustra molto bene.