Quando il Papa affronterà i temi della morale cristiana

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Papa Francesco, a 12 giorni dalla sua elezione al soglio di Pietro, sembra davvero aver conquistato tutti. Parole, gesti e alcune scelte significative a corredo della veste papale lo hanno immediatamente reso simpatico alla stragrande maggioranza dei credenti e dei non credenti che popolano il nostro pianeta. Istituzioni, rappresentanti delle diverse religioni, governanti, politici e gente comune hanno accolto con unanime entusiasmo il Papa venuto “quasi alla fine del mondo”. Ovviamente ad ogni gesto, parola o scelta pastorale dovrebbe corrispondere un principio di conversione. Se, per esempio, l’obiezione più ricorrente in passato riguardava la croce e l’anello d’oro, le scarpe rosse ecc., ed erano proprio questi dettagli a contenere il desiderio di appartenere a Cristo e alla sua Chiesa, oggi – superato questo primo ostacolo – dovremmo vedere nelle nostre parrocchie una folla di pecorelle smarrite che chiedono di ritornare nel loro gregge. Ma ci vuole tempo, e non è giusto fare premura.

Nel frattempo l’entusiasmo è alle stelle, e chissà se quel gabbiano – posatosi elegantemente sul comignolo della Sistina, il 13 marzo scorso, in attesa della fumata bianca – non covasse davvero qualcosa di nuovo per il futuro della nostra Chiesa! Certamente questo grande, inaspettato e gioioso giro di consensi nei confronti di Papa Francesco non può che farci bene, ma crediamo che la prova del nove – quella che sancirà definitivamente l’esito delle numerose approvazioni – debba ancora arrivare. Quando, infatti, il Pontefice prenderà posizione su alcuni temi che riguardano la dottrina della Chiesa, la morale, il diritto alla vita, la famiglia, l’indissolubilità del matrimonio ecc., sarà interessante verificare se chi fino ad oggi è stato contento delle parole pronunciate da Papa Francesco continuerà ad esserlo anche dopo!

Papa Francesco potrebbe, per esempio, ripetere ciò che scrisse non molto tempo fa, ai monasteri carmelitani della sua diocesi, come Arcivescovo di Buenos Aires, su uno degli argomenti più scottanti del nostro tempo. Il card. Bergoglio diceva, infatti, alle carmelitane dei quattro monasteri di Buenos Aires che il popolo argentino avrebbe dovuto affrontare nelle prossime settimane (lettera inviata il 22 giugno 2010) una situazione il cui esito poteva seriamente ferire la famiglia. “Si tratta – precisava Bergoglio – del disegno di legge che permetterà il matrimonio a persone dello stesso sesso. È in gioco qui l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori”.

L’Arcivescovo di Buenos Aires non esitava a parlare dell’invidia del Demonio “che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra. Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una «mossa» del padre della menzogna che cerca di confondere e d’ingannare i figli di Dio. E Gesù dice che per difenderci da questo accusatore bugiardo ci manderà lo Spirito di Verità”. Bergoglio – chiedendo preghiere e sacrificio (le due armi invincibili di santa Teresina) alle religiose carmelitane – invocava sulla sua Patria l’azione dello Spirito Santo “per difenderci dall’incantamento di tanti sofismi con i quali si cerca a tutti i costi di giustificare questo disegno di legge, e che confondono e ingannano perfino persone di buona volontà”, perché il Signore “mandi il suo Spirito sui senatori che saranno impegnati a votare. Che non lo facciano mossi dall’errore o da situazioni contingenti, ma secondo ciò che la legge naturale e la legge di Dio indicano loro”.

Ovviamente Papa Francesco e quel coraggioso Arcivescovo di Buenos Aires non sono due persone diverse. La sera del 13 marzo scorso, infatti, il cardinale protodiacono, Jean Louis Tauran, nell’annunciare il nuovo papa, anche se in latino, è stato chiaro: “Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio, qui sibi nomen imposuit Franciscum”!

 

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