Il Papa: ci sono due tipi di povertà, quella materiale e quella spirituale

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“Attraverso voi incontro i vostri popoli, e così posso, in un certo senso, raggiungere ciascuno dei vostri concittadini, con le sue gioie, i suoi drammi, le sue attese, i suoi desideri.” Il Pontefice saluta così gli ambasciatori che lo incontrano all’inizio del suo ministero petrino. Un discorso in italiano semplice e diretto quello di Francesco che definisce i rapporti diplomatici “un’occasione di bene per l’umanità.” Poi, dopo aver ringraziato i paesi che pur non avendo rapporti diplomatici con la Santa Sede hanno inviato una delegazione alla messa di inizio pontificato, ancora una volta spiega il perché del suo nome: “ Uno dei primi è l’amore che Francesco aveva per i poveri. Quanti poveri ci sono ancora nel mondo! E quanta sofferenza incontrano queste persone! Sull’esempio di Francesco d’Assisi, la Chiesa ha sempre cercato di avere cura, di custodire, in ogni angolo della Terra, chi soffre per l’indigenza e penso che in molti dei vostri Paesi possiate constatare la generosa opera di quei cristiani che si adoperano per aiutare i malati, gli orfani, i senzatetto e tutti coloro che sono emarginati, e che così lavorano per edificare società più umane e più giuste. Ma c’è anche un’altra povertà! È la povertà spirituale dei nostri giorni, che riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi. E’ quanto il mio Predecessore, il caro e venerato Benedetto XVI, chiama la “dittatura del relativismo”, che lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini.

E così giungo ad una seconda ragione del mio nome. Francesco d’Assisi ci dice: lavorate per edificare la pace! Ma non vi è vera pace senza verità! Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accomuna ogni essere umano su questa terra.” Due tipi di povertà quindi come hanno detto i Pontefici dell’ ultimo secolo. Poi spiega il senso del titolo “pontifex”. “Desidero- dice il Papa in italiano agli ambasciatori rompendo la tradizione che vuole nel francese la lingua della diplomazia- proprio che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti fra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere ed abbracciare!” Poi riprende il tema della presenza di Dio nella società: “Non si possono, infatti, costruire ponti tra gli uomini, dimenticando Dio. Ma vale anche il contrario: non si possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri. Per questo è importante intensificare il dialogo fra le varie religioni, penso anzitutto a quello con l’Islam, e ho molto apprezzato la presenza, durante la Messa d’inizio del mio ministero, di tante Autorità civili e religiose del mondo islamico. Ed è pure importante intensificare il confronto con i non credenti, affinché non prevalgano mai le differenze che separano e feriscono, ma, pur nella diversità, vinca il desiderio di costruire legami veri di amicizia tra tutti i popoli.”

Povertà materiale e spirituale quindi e ancora una attenzione al creato, non un vuoto ecologismo, piuttosto: “Anche in questo caso mi è di aiuto pensare al nome di Francesco, che insegna un profondo rispetto per tutto il creato, il custodire questo nostro ambiente, che troppo spesso non usiamo per il bene, ma sfruttiamo avidamente a danno l’uno dell’altro.” Lo stile di Francesco è semplice e diretto come al solito. Ancora una volta ha deciso di non indossare la mozzetta e anche la Sala Regia del Palazzo Apostolico, dove si svolge l’incontro come di abitudine, era molto disadorna. Le parole semplici del Papa hanno toccato il cuore dei diplomatici. Nel saluto personale alcuni di loro si sono soffermati più a lungo di altri. Qualcuno ha portato delle immaginette da benedire. Al fianco del Papa il capo del Protocollo monsignor José Avelino Bettencourt nominato in questo incarico il 14 novembre scorso da Papa Benedetto. Il compito del Capo del Protocollo è quello di ricevere gli ambasciatori che arrivano in Vaticano per accreditarsi presso la Santa Sede, è lui che prepara i dossier che il Papa legge per poter scrivere il discorso che viene consegnato al momento dell’ accreditamento. La Santa Sede intrattiene rapporti diplomatici, con modalità diverse, con 180 Nazioni.

L’ultimo Paese con il quale sono state stabiliti rapporti diplomatici, il 22 febbraio 2013, è il Sud Sudan. La Santa Sede inoltre mantiene rapporti diplomatici “di natura speciale” con differenti Organizzazioni e Organismi Intergovernativi e Programmi Internazionali, con l’Unione Europea, con il Sovrano Ordine Militare di Malta e con O.L.P. (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Fra i Paesi europei quelli che intrattengono rapporti diplomatici da più tempo sono la Spagna (XV° secolo), Paesi Bassi 1829, Monaco 1875 e Lussemburgo 1891. Sono i Paesi latinoamericani quelli che mantengo questi rapporti con il Vaticano da più tempo. Dal 1877: Argentina, Uruguay, Paraguay, Perù e Bolivia. Dal 1929 il Brasile. Il Venezuela e la Repubblica Dominicana dal 1881. Nicaragua dal 1908, Panamà dal 1923 e Cuba dal 1935.

A conclusione dell’ udienza poi la consueta foto di gruppo nella Sala Ducale.

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