Papa Benedetto XVI ed il suo rapporto con l’Eucarestia

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Qualche tempo fa riordinando le mie ‘carte’ ho ritrovato un testo, dal titolo ‘Eucarestia come genesi della missione’, pronunciato il 25 settembre 1997 al Congresso Eucaristico Nazionale, svoltosi a Bologna, dal card. Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, a cui, forse inconsapevolmente in quanto all’ultimo minuto avevo deciso di partecipare più per sentire cantare e suonare Bob Dylan e Michel Petrucciani (imperdibili!), ho assistito.  Fu quello la prima volta in cui ho partecipato al Congresso Eucaristico; evento al quale ho partecipato nel 2011, per la seconda volta,  in quanto si svolgeva ad Ancona, e papa Benedetto XVI celebrava la messa conclusiva. In entrambe le occasioni affermava il rapporto stretto dell’Eucarestia con la vita del cristiano, nella città e nel mondo.

 

Riproponendo la prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi il card. Ratzinger ha sottolineato il valore eucaristico della morte in croce di Gesù: “Se quindi cerchiamo di cogliere il legame fra Eucaristia e fede secondo Paolo,vi è innanzitutto l’interpretazione della morte in croce di Cristo con categorie cultuali, che costituisce il presupposto interiore di ogni teologia eucaristica. Solo a fatica percepiamo ancora la grandezza di questa intuizione. Un evento in sé profano, l’esecuzione di un uomo nel più crudele dei modi possibili, viene descritto come liturgia cosmica, come apertura del cielo serrato, come l’avvenimento, nel quale ciò che in tutti i culti è ultimamente inteso e invano cercato, finalmente diventa realtà… Stando così le cose, si può dire che la teologia della croce è teologia eucaristica e viceversa. Senza la croce l’Eucaristia rimarrebbe vuoto rituale, senza l’Eucaristia la croce sarebbe soltanto un crudele evento profano”.

 

Quindi l’Eucarestia è una realtà da cui trae la forza vitale il cristiano: “Se l’agnello rappresenta innanzitutto Cristo, di conseguenza il pane diviene simbolo dell’esistenza cristiana. Il pane azzimo diventa segno di un nuovo inizio: essere cristiani viene presentato come continua festa a partire dalla nuova vita. L’Eucaristia stessa… traspare in realtà come il permanente fondamento della vita dei cristiani, come la forza che informa la loro esistenza… L’Eucaristia è molto di più che una liturgia e un rito, ma d’altra parte fa vedere anche che la vita cristiana è più di un impegno morale… Il vero e più profondo fine della creazione e a sua volta dell’essere umano voluto dal creatore è proprio questo divenire una cosa sola, ‘Dio tutto in tutti’. L’eros della creatura viene assunto dall’agape del creatore e diviene così quel santo beatificante abbraccio, di cui parla sant’Agostino… L’Eucaristia non offre nessuna certezza quasi magica della salvezza. Essa esige sempre la nostra libertà. E pertanto rimane anche sempre il pericolo della perdita della salvezza, rimane necessario lo sguardo sul giudizio futuro”.

Riprendendo il racconto paolino dell’istituzione eucaristica il card. Ratzinger aveva ribadito che l’Incarnazione è un evento storico: “Nella dottrina dell’Eucaristia e nel messaggio della risurrezione Paolo si inserisce con grande decisione nell’obbedienza della tradizione, che vincola fino alle singole parole, perché in essa la realtà più santa e quindi quella che veramente sostiene giunge a noi. Paolo, lo spirito impetuoso, creatore, che a partire dal suo incontro con il risorto e dalla esperienza della sua fede e del suo ministero ha aperto al cristianesimo nuovi orizzonti, nell’ambito centrale della fede è in verità il fedele amministratore, che non ‘adultera’ la parola, ma la trasmette come prezioso dono di Dio, che è sottratto al nostro arbitrio e proprio così ci arricchisce tutti…  L’incarnazione non è un’idea filosofica, ma un evento storico, che proprio nella sua singolarità e verità è il punto di inserzione di Dio nella storia e il luogo del nostro contatto con lui.

Se la si considera, così come la Bibbia esige, non come principio, ma come evento, allora la conseguenza è esattamente il contrario: Dio ha legato sé stesso a un ben determinato punto storico con tutte le sue limitazioni e vuole che la sua umiltà divenga la nostra. Lasciarsi congiungere con l’incarnazione significa accogliere questo autovincolamento di Dio: proprio questi doni estranei agli altri ambienti culturali, anche a quello germanico, divengono per noi il segno del suo agire unico e singolare, della sua unica figura storica. Essi sono il segno della sua venuta fra di noi, di colui che per noi è lo straniero e che per mezzo dei suoi doni ci rende vicini… La fede non rafforza l’alterigia della coscienza addormentata, l’autosufficienza di coloro che dichiarano norma della loro vita i loro propri desideri e riducono la grazia in tal modo a una svalutazione di Dio e dell’uomo, perché Dio comunque non potrebbe e non sarebbe in grado che dire di sì a tutto”.

Il tema eucaristico, come spazio essenziale alla nostra esistenza, è stato il cuore anche dell’omelia di papa Benedetto XVI alla celebrazione eucaristica conclusiva di domenica 11 settembre 2011 che terminava il 25^ Congresso Eucaristico Nazionale: “Davanti al discorso di Gesù sul pane della vita, nella Sinagoga di Cafarnao, la reazione dei discepoli, molti dei quali abbandonarono Gesù, non è molto lontana dalle nostre resistenze davanti al dono totale che Egli fa di se stesso… L’uomo è incapace di darsi la vita da se stesso, egli si comprende solo a partire da Dio: è la relazione con Lui a dare consistenza alla nostra umanità e a rendere buona e giusta la nostra vita. Nel Padre nostro chiediamo che sia santificato il Suo nome, che venga il Suo regno, che si compia la Sua volontà. E’ anzitutto il primato di Dio che dobbiamo recuperare nel nostro mondo e nella nostra vita, perché è questo primato a permetterci di ritrovare la verità di ciò che siamo, ed è nel conoscere e seguire la volontà di Dio che troviamo il nostro vero bene. Dare tempo e spazio a Dio, perché sia il centro vitale della nostra esistenza”.

Quindi Dio, tramite suo Figlio, è diventato dono attraverso la comunione eucaristica, che ci apre alla città ed al mondo: “Nutrirsi di Cristo è la via per non restare estranei o indifferenti alle sorti dei fratelli, ma entrare nella stessa logica di amore e di dono del sacrificio della Croce; chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, chi riceve il corpo del Signore non può non essere attento, nella trama ordinaria dei giorni, alle situazioni indegne dell’uomo, e sa piegarsi in prima persona sul bisognoso, sa spezzare il proprio pane con l’affamato, condividere l’acqua con l’assetato, rivestire chi è nudo, visitare l’ammalato e il carcerato… Una spiritualità eucaristica è via per restituire dignità ai giorni dell’uomo e quindi al suo lavoro, nella ricerca della sua conciliazione con i tempi della festa e della famiglia e nell’impegno a superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione. Una spiritualità eucaristica ci aiuterà anche ad accostare le diverse forme di fragilità umana consapevoli che esse non offuscano il valore della persona, ma richiedono prossimità, accoglienza e aiuto. Dal Pane della vita trarrà vigore una rinnovata capacità educativa, attenta a testimoniare i valori fondamentali dell’esistenza, del sapere, del patrimonio spirituale e culturale; la sua vitalità ci farà abitare la città degli uomini con la disponibilità a spenderci nell’orizzonte del bene comune per la costruzione di una società più equa e fraterna”.

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