“Singularem celebrandi”. Dopo le dimissioni del Cardinale Robert Sarah, Papa Franceso dispone un’ispezione nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
La cronaca di cui ci occuperemo qui, è iniziata nella nebbia dell’insolita determinazione di Papa Francesco di non nominare contestualmente un successore al momento del licenziamento del Cardinale Sarah per limiti di età (peraltro cosa che non avviene sempre e in automatico e quindi la fabbrica del “così dicono” e “pare” si era messo subito in attività). In riferimento a questa decisione del Papa, c’è chi parlava di una “visita apostolica”, chi di una “ispezione”, chi di una “semplice consultazione” nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti per la scelta del successore del Cardinale Sarah a nuovo Prefetto del Dicastero.
Per capire cosa c’è dietro possiamo iniziamo da un fatto certo, la scelta per questo “incarico” di Mons. Claudio Maniago, Vescovo di Castellaneta, mentre non sappiamo quali sono i parametri dell’incarico che avrebbe ricevuto dal Papa e non sappiamo neanche come chiamarlo, “visitatore”, “ispettore”, “consultore”? Il condizionale e l’incertezza sono motivati dal fatto che della nomina e dell’incarico non c’è traccia sul Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede. Questa non informazione da parte della comunicazione istituzionale della Santa Sede è ormai una caratteristica consolidata di questo Pontificato. E questa rende anche palese la non (più) rilevanza della Segreteria di Stato in materia della comunicazione istituzionale.
Poi, quello che in un primo momento era solo una supposizione, che il Papa avrebbe voluto vederci chiaro all’interno della Congregazione, ha trovato conferma in una email riservata interna, fatta uscire su Vatican Insider. Con questa comunicazione riservata il Reggente del Dicastero, l’Arcivescovo Arthur Roche comunicava internamente che “il Santo Padre ha deciso, prima di fare nomine in Congregazione, che ci sia una visita al Dicastero da parte di un suo rappresentante”. Roche specifica che il visitatore papale, durante la sua visita, “vorrà conoscere il lavoro della Congregazione e incontrare ciascuno singolarmente”. Roche aggiunge: “Ho già espresso al Santo Padre la nostra apertura a questa visita e la nostra sicura e sincera accoglienza a Monsignor Maniago”. E ancora: “Non c’è nulla di cui allarmarsi in questo. Come sapete questo stile di visita sta diventando ormai un fatto regolare in occasione del termine del mandato dei capi Dicastero o nel momento di un cambiamento significativo”. Infine, Roche paragona la “visita” di Maniago “alle consultazioni che un vescovo diocesano avrebbe con il suo vicario generale e altri quando nomina un nuovo parroco. In tal caso, l’idea è di conoscere le esigenze della parrocchia, la situazione attuale, oltre ad avere un occhio alla sua direzione futura”.
Quindi, mentre in questo Pontificato ci siamo abituati a veder ostracizzare il modo come si è fatto sempre (Papa Francesco esorta di abbandonare “la logica velenosa del ‘si è sempre fatto così’), qui si vuole far passare a tutti i costi un fatto insolito e inconsueto, di cui non si è mai avuta notizia in passato, come un “fatto regolare”. La vera notizia però sta nel nominativo, non oggetto di formale nomina papale pubblicato in modo consueto e rituale sul Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede e fatto trapelata dai corridoi (e la stanza della macchinetta del cafè) dei Sacri Palazzi. In questo modo è conosciuto il nome del “visitatore”, “ispettore”, “consultore”, che sia. Chissà, chiamarlo “commissario straordinario” (termine comune nei tempora currunt) potrebbe essere un servizio alla trasparenza nell’opacità … Almeno fino a quando con trasparenza la Santa Sede non si degna di informare il Popolo di Dio sulle questioni che stanno al centro della nostra Fede: la Santa Eucaristia e i Sacramenti.
Intanto, ai bordi dell’autostrada pontificia è spuntata la traccia dell”occhio” per guidarci in modo sicuro nella nebbia: il nominativo di colui che si sta muovendo per conto dell’Uomo che Veste di Bianco all’interno della Congregazione. Mettendo sotto la lente il curriculum di Mons. Claudio Maniago si comprendono tante cose e soprattutto pare evidente che la mossa della sua nomina a “commissario straordinario” era in preparazione de tempo.
Claudio Maniago è nato a Firenze l’8 febbraio 1959. Dopo la maturità classica entra nel seminario maggiore, frequentando lo studio teologico fiorentino. Alunno dell’Almo collegio Capranica, consegue la licenza in liturgia presso il Pontificio ateneo Sant’Anselmo. Il 19 aprile 1984 è ordinato presbitero dall’Arcivescovo metropolita di Firenze, Mons. Silvano Piovanelli (poi cardinale). Dal 1987 al 1994 è Rettore del Seminario minore, Direttore del Centro diocesano per le vocazioni, Membro del Consiglio pastorale diocesano e Assistente ecclesiastico del Serra Club. Nel 1988 è nominato Cerimoniere dell’Arcivescovo metropolita di Firenze e inizia ad insegnare liturgia presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale. Nel 1991 è nominato Direttore dell’Ufficio liturgico diocesano e Membro della commissione ordinandi. Nel 1994 è nominato Pro-Vicario generale dell’Arcidiocesi metropolitana di Firenze, Moderatore della Curia arcivescovile e Canonico onorario della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Nel 2001 è nominato Vicario generale. Papa Giovanni Paolo II il 18 luglio 2003 lo ha eletto Vescovo titolare di Satafi e nominato Vescovo ausiliare di Firenze. L’8 settembre successivo riceve l’ordinazione episcopale, nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, dal Cardinale Silvano Piovanelli, co-consacranti l’Arcivescovo Ennio Antonelli (poi cardinale) ed il Vescovo Gualtiero Bassetti (poi Arcivescovo e Cardinale). Al momento della nomina episcopale, ad appena 44 anni, era il vescovo più giovane d’Italia.
A Firenze è al centro di polemiche, chiamato in causa nella vicenda di Don Lelio Cantini dalle vittime che lo hanno accusato di avere sottostimato, ignorato il caso e tentato di insabbiare le vicende di pedofilia dello stesso sacerdote, suo padre spirituale, ed essere intervenuto dopo la condanna della Curia arcivescovile. Le accuse si rivelano infondate e, pertanto, non è mai stato sottoposto ad indagini [Don Cantini ha tradito la fiducia – Corriere Fiorentino, 18 ottobre 2004]. Nel 2007 è accusato da un giovane omosessuale, Paolo Chiassoni, di aver preso parte, insieme ad altri sacerdoti, a festini a luci rosse di carattere omosessuale [Firenze, bufera sul vescovo: “È lui quello dei festini”, Guido Ruotolo – La Stampa, 18 settembre 2007 e Festini e minacce a Firenze. L’indagine porta alla Curia, Fiorenza Sarzanini – Corriere della Sera, 19 settembre 2007). Nel 2008 il nuovo Arcivescovo metropolita di Firenze, Mons. Giuseppe Betori lo conferma Vicario generale dell’Arcidiocesi metropolitana.
Papa Francesco il 12 luglio 2014 lo nomina Vescovo di Castellaneta. Il 21 maggio 2015 è eletto dall’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Presidente della Commissione episcopale per la liturgia e il 3 ottobre 2015 è nominato dal Consiglio Episcopale Permanente della CEI, Presidente del Centro di Azione Liturgica. Papa Francesco il 28 ottobre 2016 lo nomina Membro della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Certamente, come osserva anche Marco Mancini su ACI Stampa [*], la scelta di Maniago è per niente casuale, visto il suo curriculum, aggiungiamo noi.
Sullo sfondo delle vicende al Dicastero sembra esserci la questione della Forma Straordinaria del Rito Romano, “liberata” con la Lettera apostolica di Sua Santità Benedetto XVI “Motu proprio data” Summorum pontificum promulgata il 7 luglio 2007, mai abrogata e quindi valida in toto, nonostante gli attacchi che continua a subire.
La nomina pontificia – ripetiamo, mai ufficializzata nella rituale forma istituzionale ma fatta trapelare attraverso un organo di stampa para-vaticano – secondo questa “interpretazione semi-autentica” non dovrebbe essere un commissariamento, anche se è molto assomigliante. Secondo le fonti vicine alla Santa Sede, sarebbe il metodo usato da Papa Francesco per nominare dopo una visitazione “il migliore successore possibile”. Magari, per trovare il miglior liquidatore per la definitiva archiviazione della “liberazione” della Forma Straordinaria del Rito Romano saggiamente operata dal suo venerato predecessore.
Questo pensiero trova sostegno in alcune questioni liturgiche che vedevano Papa Francesco e Cardinale Sarah in contrasto (che niente toglieva alla stima che Papa Francesco ha sempre avuto per la persona del Cardinale Sarah, che da canto suo ha sempre negato di essere un “oppositore” o addirittura un “nemico” del Papa). Come esempio citiamo la questione dell’orientamento degli altari verso Oriente, che Cardinale Sarah avrebbe voluto ripristinare, secondo il “vetus ordo missae”, la Forma Straordinaria del Rito Romano, che vede il celebrante sempre rivolto a Cristo e non verso il popolo, come accade nella celebrazione secondo il “novus ordo missae”, la Forma Ordinaria del Rito Romano. Il Papa ha poi inviato una “Correctio paternalis” al Cardinale Sarah, per chiedergli di correggere le interpretazioni restrittive riguardanti il Motu proprio Magnum principium, che egli aveva espresso.
Si è arrivato anche a pensare alla possibilità che la “visita” di Mons. Maniago potesse avere come scopo un indagine per capire – tra altro – la posizione personale degli ufficiali del Dicastero per la liturgia e i sacramenti in riferimento al Summorum pontificum, ovvero sulla questione della Forma Ordinaria e Straordinaria del Rito Romano. In particolare la frase “il Santo Padre ha deciso, prima di fare nomine in Congregazione, che ci sia una visita al Dicastero da parte di un suo rappresentante”, spinge il pensiero in questa direzione.
Va ricordata anche la inconsueta Nota del 12 marzo 2021 con cui la Segreteria di Stato, incompetente in materia, ha emanato per la Basilica di San Pietro direttive contrarie alla disciplina della Chiesa universale e di cui il Cardinale Burke ha chiesto la revoca immediata, di cui abbiamo riferito il 13 marzo 2021 [QUI]. La Prima Sezione della Segreteria di Stato, guidata dal Sostituto per gli Affari Generali, l’Arcivescovo Edgar Peña Parra con questa Nota ha disposto (come abbiamo rivelato per ordine del Papa, nella forma e nel modo, rendendo le disposizioni valide anche non legittime), che dal 22 marzo 2021 non sarà più permesso di celebrare delle Sante Messe individuali nella basilica di San Pietro, celebrate da un prete da solo (“singularem celebrandi”), senza fedeli, e la drastica riduzione, con la limitazione ad un solo altare, nella cripta della Basilica, per le Sante Messe nella Forma Straordinaria del Rito Romano.
“Salva tamen semper sit cuique sacerdoti facultas Missam singularem celebrandi” (Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, paragrafo 57, parte 2, punto 2) [Resti sempre però ad ogni sacerdote la facoltà di celebrare la messa individualmente]. Sacrosanctum Concilium è il documento del Concilio Vaticano II che stabilisce i parametri generali e formula alcune linee guida specifiche, su come celebrare la Santa Messa per renderla spiritualmente più efficace e feconda per la vita del Popolo di Dio. Fu il primo documento in assoluto promulgata dal Concilio Vaticano II, al termine della seconda sessione nell’autunno del 1963. Dopo essere stata votata favorevolmente dai Padri conciliari, la Costituzione fu promulgata da Papa Paolo VI il 4 dicembre 1963. Pertanto, sulla base di questo punto, si può sostenere che i Padri conciliari hanno espressamente stabilito che un prete cattolico ha e sempre dovrebbe avere il diritto di celebrare la Santa Messa individualmente, senza la necessità che qualcun altro fosse presente e anche senza la necessità di avere altri sacerdoti presenti per concelebrare. Questo sembra un elemento importante da tenere presente quando si cerca oggi, quasi 60 anni dopo, lo “spirito conciliare” su tali questioni liturgiche, ignorando la “parola conciliare”.
Valutando tutto questo, è legittimo pensare che la Nota del 12 marzo, voluta e ordinata nella forma e modalità dal Sommo Pontefice in persona, aveva come scopo di eliminare dalla basilica papale di San Pietro la celebrazione della Santa Messa nella Forma Straordinaria del Rito Romano (permettendo solo concelebrazioni, mentre il “vetus ordo” permette solo celebrazioni individuali (singularem celebrandi), relegandole nelle catacombe (la cripta di San Pietro in una cappella con massimo 4 celebrazioni al giorno).
Un caso esemplare di quando “Roma locuta causa finita” è di nuovo cosa buona e giusta per i medesimi ambienti che sono “arrabbiati” (per usare l’espressione del Vescovo di Antwerpen) per il no del Papa alla benedizione delle coppie omosessuali [La Santa Sede dice no alla benedizione di unioni omosessuali: non ordinati al disegno del Creatore. La Chiesa benedice il peccatore, non il peccato – 15 marzo 2021]. Per non lasciare la porta aperta ad un equivoco, serve evidenziare il caso del Vescovo di Antwerpen, Mons. Johan Bonny [già direttore spirituale del Seminario di Brugge, ufficiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità Cristiana e Rettore del Pontificio Collegio a Rome] da anni raggiunge i titoli nei media, spingendo per il riconoscimento ecclesiastico e la benedizione delle relazioni tra omosessuali. Con la sua chiamata a dare alle relazioni omosessuali un posto strutturale all’interno della Chiesa Cattolica Romana, Mons. Bonny da anni sposta una nuova frontiera, non per la decenza, ma per la dottrina e la morale cattolica. In primo luogo, crea l’immagine che gli omosessuali non hanno un posto nella Chiesa Cattolica Romana. Ciò è manifestamente errato. Dopo tutto, ogni persona è chiamata da Cristo a diventare un membro della sua Chiesa universale. Questa Chiesa ha le sue regole, strutture e tradizioni, uguali per tutti e, contrariamente a quanto si sospetta, ancora molto conosciute. L’orientamento sessuale non è affatto un criterio per essere cattolici o meno. La Chiesa di Cristo, unica via per la salvezza per la Vita eterna, è aperta ad ogni persona, indipendentemente dalle sue origini, dai suoi talenti, dal suo orientamento sessuale, dai suoi problemi. Anche per gli omosessuali, come se fosse ancora necessario dirlo. Tutti sono benvenuti. Ma le regole della moralità si applicano universalmente, ad ogni cattolico, in ogni luogo e in ogni momento. Questo è cattolicità. Un vescovo che si dice “arrabbiato” perché il Papa ripete la sacrosanta verità cattolica che la Chiesa benedice i peccatori ma non può benedire il peccato, non è più un vescovo cattolico.
Tornando alla scelta del “visitatore papale”, è significativo che Mons. Maniago è stato il principale supervisore della discussa nuova traduzione italiana della terza edizione del Messale Romano (editio typica tertia). La revisione italiana del Messale Romano scaturito dal Concilio Vaticano II è arrivata diciotto anni dalla terza edizione tipica latina varata dalla Santa Sede nel 2002. La complessa operazione, coordinata dalla Commissione episcopale per la liturgia della Conferenza Episcopale Italiana è iniziata nel 2002 fino a giungere nel novembre 2018 all’approvazione del testo definitivo da parte dell’Assemblea Generale della CEI. Poi, dopo il “via libera” di Papa Francesco, il Presidente della CEI, Gualtiero Altiero Bassetti ha promulgato il libro l’8 settembre 2019 e presentato la prima copia a Papa Francesco il 29 agosto 2020. Molte diocesi o regioni ecclesiastiche hanno deciso di adottare la nuova traduzione dalla prima domenica d’Avvento, il 29 novembre 2020, all’inizio del nuovo anno liturgico, mentre l’utilizzo della nuova traduzione sarà obbligatorio in Italia a partire dalla domenica di Pasqua, il 4 aprile 2021.
Dell’annoso caso della nuova traduzione italiana della terza edizione del Messale Romano ha parlato anche Aldo Maria Valli alcuni giorni fa sul suo blog Duc in altum, pubblicando il commento di un suo lettore sacerdote Lettera / Il nuovo messale? “Brutto, infelice, scorretto. Non si potrebbe tornare indietro?” https://www.aldomariavalli.it/2021/03/15/lettera-il-nuovo-messale-brutto-infelice-scorretto-non-si-potrebbe-tornare-indietro/, di cui segue il testo integrale, in cui esprime tutto il suo sconcerto per i cambiamenti, definiti da Mons. Maniago “non così stravolgenti”.
Inoltre, facciamo seguire un articolo Cosa cambia col nuovo Messale Romano (tutte le info sul nuovo testo) di Miguel Cuartero, pubblicato il 28 settembre 2020 sul suo blog Testa del Serpente.
Lettera di un sacerdote ad Aldo Maria Valli sulla nuova traduzione del Messale Romano
Caro dottor Valli, sono un sacerdote di una diocesi della Liguria.
Ieri ho iniziato a celebrare con il nuovo messale. E confesso che, purtroppo, ho peccato. Perché delusione e rabbia affioravano (e me ne dolgo) a mano a mano che procedevo nel rito.
Ho trovato formule involute se non scorrete. Basterebbe leggere la preghiera sulle offerte della IV domenica di Quaresima. Mi domando se hanno commissionato questo lavoro a persone competenti a livello prima teologico e poi linguistico. Ne dubito.
Le formule in certi casi sono smussate all’inverosimile, inaccettabili dal punto di vista sia teologico sia liturgico.
Qualche esempio. Nella preghiera eucaristica della riconciliazione prima si diceva “eravamo morti al peccato”, adesso si dice “eravamo perduti”. Prima si diceva “liberati dalla corruzione della morte”, ora “guariti dalla ferita della colpa”. C’è una bella differenza.
E che dire della barocca nuova formula “prese il calice colmo del frutto della vite” al posto di “prese il calice del vino”?
Fortuna che il nuovo messale è stato voluto per venire incontro al linguaggio comune dell’uomo di oggi! Infatti, tutti noi quando viene un amico gli chiediamo se desidera un bicchiere colmo del frutto della vite! E lasciamo stare la rugiada.
“Ma mi faccia il piacere!” direbbe Totò.
Mi vien da dire che questi egregi novatori sono veramente egregi nel senso etimologico della parola: sono “fuori dal gregge”, senza legami con il popolo fedele. Mi chiedo: ma quali criteri scombussolati e contraddittori hanno usato se dopo anni di lavoro hanno partorito un tale obbrobrio?
Aggiungo, come ulteriore segno di incompetenza, la scelta del formato della pagina e del carattere. Il formato tipografico è tale che, data l’età media dei sacerdoti in Italia, molti preti saranno costretti a riprendere in mano i messali precedenti, che almeno si lasciavano leggere.
Dulcis in fundo (ma qui le critiche sono già abbondantemente piovute): le illustrazioni! A dir poco allucinanti. Le ho fatte vedere alla mia gente. Risultato: prima hanno detto che più brutte di così era difficile trovarne, poi hanno chiesto: ma che significano? Domanda alla quale parecchi preti non sanno neppure loro come rispondere.
C’è modo di ottenere un ripensamento di questa nuova edizione del messale brutta, infelice e scorretta?
Siamo messi proprio male. Eccoci al cambiamento per il cambiamento, in base all’ideologia secondo cui che quel che viene dopo è sempre migliore di quel che c’era prima.
Del resto, sappiamo che ormai l’importante è “avviare processi” (Bergoglio dixit). Anche se non si capisce per andare dove.
Lettera firmata
Cosa cambia col nuovo Messale Romano (tutte le info sul nuovo testo)
di Miguel Cuartero
Testa del Serpente, 28 settembre 2020
Da questa settimana è in vendita la nuova edizione del Messale Romano in lingua italiana. Si tratta della traduzione della terza edizione del Messale latino (editio typica tertia). L’utilizzo del nuovo Messale sarà obbligatorio in Italia a partire dalla domenica di Pasqua, il 4 aprile 2021, ma sarà possibile utilizzarlo da subito (seguendo le eventuali indicazioni del vescovo in caso che voglia stabilire un’unica data per l’utilizzo in tutta la diocesi).
Ecco alcune brevi e informazioni per capire il motivo della nuova pubblicazione e i cambiamenti che vi si trovano rispetto all’edizione fin’ora in vigore.
FORMATO E PREZZO
A differenza della vecchia edizione che si presentava in due diversi formati (quello grande e quello piccolo) il nuovo Messale è disponibile in un solo formato (19x27cm) e due versioni: quella normale e quella “speciale” o “lusso”, ossia col taglio (bordo) oro. Il volume viene distribuito dalla Libreria Editrice Vaticana che lo farà arrivare nelle librerie e nelle parrocchie. Il prezzo dell’edizione normale è di 110,00 euro mentre l’edizione speciale ha un costo di 130,00 euro (20 in meno dei 150 euro preventivati qualche mese fa). La recente legge “13 febbraio 2020, n. 15” (entrata in vigore il 25 marzo 2020) permette, anche per le piattaforme online, un massimo di sconto del 5% sui libri. Sarà dunque possibile acquistare i messali ai prezzi scontati di €104,50 per l’edizione normale e €123,50 per quella con taglio oro.
LE IMMAGINI
Dopo le discusse e discutibili immagini scelte dalle CEI per i Lezionari del 2017, commissionate a diversi artisti contemporanei (c’è chi dopo aver comprato i lezionari le ha tolte e poi ri-rilegato i volumi senza di esse), questa volta ad occuparsi dell’iconografia del Messale è un solo autore, a quanto pare, di fama internazionale: Mimmo Paladino, esponente di spicco della “trans-avanguardia”. Basti questa informazione per chiarire che nessuna scuola elementare (come qualcuno ha inizialmente creduto guardando le immagini) è stata coinvolta nella illustrazione del nuovo Messale. Se ne potrà discutere, se si avrà il tempo. Ma oramai il Messale è pronto e le classiche solenni immagini del Messale sono, e resteranno per sempre, un (bel) ricordo per romantici e nostalgici. Cosa sta succedendo all’arte sacra che – tra le altre cose – ha reso glorioso il nostro paese?
PERCHÉ UN NUOVO MESSALE
Esistono tre diverse edizioni del Missale Romanum in lingua latina (chiamata Editio Typica) pubblicate rispettivamente nel 1970, nel 1975 (editio typica altera) e nel 2000 (editio typica tertia). Alle edizioni in latino corrispondono altrettante traduzioni nelle diverse lingue, promosse dalle rispettive Conferenze Episcopali locali.
La terza edizione del Messale in lingua italiana arriva a cinquant’anni dalla pubblicazione del primo Messale Romano di Paolo VI. Pubblicato dopo il Concilio Vaticano II nel 1970, il Messale di Paolo VI presentava tutte le novità del Novus Ordo promosso e ufficializzato dopo la riforma liturgica sigillata dal Concilio attraverso la Costituzione “Sacrosanctum Concilium“.
Questo Messale del 1970 pubblicato in latino è stato tradotto in italiano per la prima volta nel 1973. La seconda edizione uscì nel 1983 con l’aggiunta di alcuni testi composti appositamente per la versione italiana (formule, preghiere eucaristiche, antifone e orazioni redatti dalla Conferenza Episcopale Italiana e non presenti nella versione latina).
La terza edizione del Missale Romanum uscì nel 2000 per volontà di papa Giovanni Paolo II. Nel 2002 partirono i lavori per la traduzione italiana che si conclusero nel 2019 con l’approvazione del testo definitivo da parte di Papa Francesco. Questa ultima edizione del Messale presenta in realtà poche modifiche rispetto alla precedente seconda edizione (molto innovativa rispetto alla prima): nuove traduzioni dei testi latini e alcune aggiunte, alcune modifiche ai testi precedenti e nuove preghiere.
NOVITÀ E MODIFICHE NEL NUOVO MESSALE
Il nuovo Messale Romano mantiene sostanzialmente invariata la struttura della precedente edizione. Si apre con una presentazione generale a cura della Conferenza Episcopale Italiana che contiene spunti, suggerimenti ed indicazioni su diversi aspetti liturgici e pastorali. Tra questi la possibilità di pregare il Padre Nostro con le braccia allargate e il divieto di utilizzare musica registrata e di inserire avvisi e preghiere devozionali dopo la Comunione (cfr. sezione: “Precisazioni“). Nessuna modifica è stata apportata nelle parti recitate dall’assemblea tranne che nel Gloria, nel Padre Nostro e nel “Confesso”, dove sono stati modificati alcuni vocaboli.
IL GLORIA E IL PADRE NOSTRO
Le novità più significative che si trovano nella terza edizione del Messale Romano e che riguardano più da vicino l’assemblea si trovano nel testo dell’Inno del Gloria e nella Preghiera del Signore, il Padre Nostro. Nel Gloria il nuovo testo prevede le parole “E pace in terra agli uomini, amati dal Signore” al posto di “E pace in terra agli uomini di buona volontà” (in latino “et in terra pax homínibus bonae voluntátis“). Anche se il latino parla chiaramente di “buona volontà” (bonae voluntátis) il cambio è dovuto a una migliore traduzione del testo originale greco (come già effettuato dalla nuova traduzione della Bibbia CEI del 208) . Difatti la formula del Gloria è ripresa dal Vangelo di Luca scritto originalmente in greco (Lc 2,14, il canto degli angeli dopo la nascita di Gesù). In questo modo si va alla fonte e non ci si limita a tradurre alla lettera la versione latina.
È invece oramai nota, dopo tante discussioni, la nuova traduzione della frase latina “et ne nos indúcas in tentatiónem” alla fine della preghiera del Padre Nostro. Non diremo più “Non ci indurre in tentazione” ma “Non abbandonarci alla tentazione“. Questa è la traduzione che la CEI ha approvato con la traduzione della Bibbia del 2008. Dopo lunghi dibattiti e discussioni, i vescovi hanno finalmente approvato questa soluzione introducendola nella liturgia eucaristica. Non si tratta di una traduzione letterale del testo greco (che indica “portare verso” e quindi “indurre”) bensì di una forzatura motivata da esigenze pastorali e teologiche. Per dirla con parole di papa Francesco, “dobbiamo escludere che sia Dio il protagonista delle tentazioni che incombono sul cammino dell’uomo”. Nel testo del Padre Nostro c’è un’altra modifica, questa volta dovuta ad una corretta traduzione della versione latina: l’aggiunta della congiunzione “anche” nella frase “Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” (così anche la versione spagnola e quella francese). Non viene invece corretta quella che il noto esorcista padre Gabriele Amorth definiva una “traduzione erronea” del testo del Padre nostro, quel “liberaci dal male” che per molti esperti (tra i quali gli esorcisti) dovrebbe essere tradotto correttamente con “liberaci dal maligno”.
Commento meditato sul Pater Noster…
LINGUAGGIO “INCLUSIVO” E “CORRETTO”
Per quanto riguarda il Confiteor (“Confesso…”) durante l’atto penitenziale, si è optato per un linguaggio “inclusivo” e “politicamente corretto”: dove si diceva “Confesso, a Dio onnipotente e a voi fratelli…”, dovremo dire “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle…“. Il termine “sorelle” (assente nell’editio typica del 2000 e in quella del 2008) viene inserito anche in altre preghiere dove il Celebrante diceva solamente “fratelli”. Come ad esempio nell’invito del Celebrante dopo la presentazione dei doni, dove si dirà: “Pregate fratelli e sorelle, perché il mio e vostro sacrificio sia gradito…”. Così nel ricordo dei defunti: “Ricordati anche dei nostri fratelli e sorelle che si sono addormentati nella speranza della risurrezione”.
ALTRE NOVITÀ
Un’altra novità importante riguarda l’atto penitenziale. Non è più previsto l’uso dell’italiano “Signore pietà” e “Cristo pietà” ma, anche per l’assemblea, le formule in lingua greca: “Kýrie, eléison” e “Christe, éleison”. Anche l’invito del celebrante al momento della pace cambia leggermente. Non sentiremo più “Scambiatevi un segno di pace” ma “Scambiatevi la pace“. L’epiclesi della Preghiera eucaristica II (la più utilizzata) cambia, con l’aggiunta della parola “rugiada”. Il celebrante dirà dunque: «santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito». L’invito alla Comunione cambia l’ordine delle frasi: non più “Beati gli invitati… Ecco l’Agnello di Dio…” ma “Ecco l’Agnello di Dio… Beati gli invitati…“, per fedeltà al testo latino.
Queste sono le novità più interessanti e facilmente riscontrabili che i fedeli troveranno nelle celebrazioni eucaristiche dal momento in cui verrà adottato il nuovo Messale Romano. Ulteriori piccole modifiche si trovano in altre Preghiere eucaristiche, prefazi e orazioni, ma è normale pensare che solo i fedeli più attenti e formati riusciranno ad accorgersene.
FEDELTÀ AL TESTO LITURGICO CONTRO LITURGIE “FAI-DA-TE”
Nella presentazione al nuovo Messale i vescovi italiani invitano i pastori a studiare attentamente il testo per imparate “l’arte di evangelizzare e di celebrare” e richiamano ogni presbitero alla responsabilità e alla fedeltà al testo liturgico appena pubblicato affinché non ci si affranchi dall’autorità e dalla comunione con la Chiesa. Il principio della fedeltà «che si traduce in un vivo senso dell’obbedienza, impegna ciascun ministro a non togliere o aggiungere alcunché di propria iniziativa in materia liturgica». Difatti «la superficiale propensione a costruirsi una liturgia a propria misura, ignorando le norme liturgiche, non solo pregiudica la verità della celebrazione ma arreca una ferita alla comunione ecclesiale».
Fonti
– Messale Romano. Terza edizione. Fondazione di Religione santi Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena, 2020.
– G. Boselli, Le nozze dell’Agnello. Guida alla nuova traduzione del Messale, San Paolo 2020.
[*] Culto Divino, la nomina del nuovo Prefetto dopo il report dell’ispezione interna
A condurla è il Vescovo di Castellaneta, Monsignor Claudio Maniago
Papa Francesco con il Cardinale Bassetti e il Vescovo Maniago
di Marco Mancini
ACI Stampa, 17 marzo, 2021
È ormai certo che il Papa attenderà il rapporto del Vescovo di Castellaneta, Monsignor Claudio Maniago, prima di procedere alla nomina del successore del Cardinale Robert Sarah come Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Il 20 febbraio scorso, infatti, Francesco ha accettato le rinunce presentate per raggiunti limiti di età dai Cardinali Sarah e Comastri, nominando tuttavia solo il successore del porporato toscano nella persona del Cardinale Mauro Gambetti.
Sarah, creato Cardinale da Benedetto XVI nel suo ultimo concistoro, era stato nominato Prefetto della Congregazione dallo stesso Francesco nel 2014 dopo la soppressione del Pontificio Consiglio Cor Unum di cui il porporato africano era Presidente.
Tecnicamente quella in corso alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti è una ispezione interna e non una visita apostolica che – di norma – si compie per volere del Pontefice in una diocesi o in una provincia di un qualsiasi ordine religioso.
La nomina di Monsignor Maniago – 62 anni, già Vescovo ausiliare di Firenze – non è stata ufficializzata da nessun atto pubblico della Santa Sede, come la pubblicazione nel Bollettino quotidiano della Sala Stampa della Santa Sede. A conferma che si tratta di un atto interno al dicastero vaticano.
La scelta del Vescovo di Castellaneta – che in questi ultimi giorni abbiamo ripetutamente cercato senza esito – non è casuale: il presule, infatti, è l’attuale Presidente della Commissione CEI per la Liturgia ed è stato a capo del team che ha redatto la nuova edizione in lingua italiana del Messale Romano.
Maniago, inoltre, è per volere dello stesso Papa membro della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti dal 28 ottobre 2016.