In ricordo di Modesta
Da più trent’anni la Comunità di Sant’Egidio ricorda le vittime di chi vive in strada a partire dalla morte di Modesta Valenti, un’anziana senza fissa dimora, di 71 anni, che viveva nei pressi della Stazione Termini, dove si rifugiava la notte per dormire.
Il 31 gennaio 1983 Modesta si sentì male proprio alla Stazione Termini e l’equipaggio dell’ambulanza che accorse alla chiamata non volle prenderla a bordo perché, a causa delle condizioni in cui viveva, era sporca e aveva i pidocchi. Modesta morì dopo ore di agonia, in attesa che qualcuno decidesse di prestarle soccorso.
La sua morte ha segnato profondamente l’amicizia della Comunità di Sant’Egidio con chi è senza dimora. Per questo, nell’anniversario della sua scomparsa, si fa memoria nella liturgia di tutti gli ‘amici per la strada’ a cui la Comunità si è fatta prossima che hanno perso la vita, ricordando ciascuno per nome. Con loro la Comunità, attraverso il servizio delle mense, le cene itineranti, i luoghi di accoglienza, ha intessuto negli anni rapporti di prossimità e di familiarità, nel tentativo di migliorare le difficili condizioni della loro vita.
La memoria di Modesta e degli amici per la strada, da Roma si è diffusa in tanti luoghi dove la Comunità di Sant’Egidio è vicina a chi vive e muore senza dimora. Quindi nella serata di venerdì scorso l’elemosiniere di papa Francesco, il card. Konrad Krajewski, insieme al card. Matteo Zuppi, ha visitato a Bologna la Comunità di Sant’Egidio, che da dicembre scorso accoglie alcune persone senza fissa dimora nell’Oratorio di Santa Maria dei Guarini per proteggerle dal freddo.
Proprio alcuni sabati orsono la Comunità di Sant’Egidio aveva promosso nella Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano una messa in ricordo di Tancredi e di tutti coloro che hanno perso la vita per strada a Bologna. In quella occasione il card. Zuppi aveva detto: ‘Morire per strada è una sconfitta per tutti, che deve suscitare sdegno senza incertezze e non giustificazioni’.
Nell’omelia ha detto che Dio non dimentica nessuno: “Oggi ricordiamo quelli che sono dimenticati dagli uomini ma non da Dio. Ed è Dio che ci insegna a ricordarli, in vita e in morte. Sono come una litania di santi, i santi fratelli piccoli di Gesù. Pronunceremo i loro nomi perché l’amore ce li fa conoscere uno per uno, strappandoli dall’essere una categoria o definiti dalla condizione e non dalla loro storia e personalità.
Di molti ricordiamo anche i volti, che abbiamo iniziato a distinguere piegandoci su di loro, guardandoli negli occhi, stabilendo un legame di amicizia che permette di scoprire tanta umanità, dignità, pensiero. Accenderemo delle candele nella fede in Dio che è luce e sconfigge le tenebre della morte”.
Ed ha sottolineato l’importanza di amare i ‘senza fissa dimora’: “Se amiamo i senza fissa dimora come sono incontreremo tante persone con il peso di storie davvero difficile. Ecco, questi sono come i nostri pochi pani e pesci che permettono a Gesù di saziare la folla e non solo la folla, ma tutti, anche noi. Gesù non toglie a qualcuno: dona a tutti e stabilisce anche che il pane è per tutti e che solo pensando a tutti lo abbiamo anche noi. Gesù non chiede sacrifici, ma dono e solo così il poco diventa tanto e solo se pensiamo di saziare tutti saremo sazi anche noi”.
Questo è anche il sogno di Dio: “Nella memoria di oggi contempliamo il sogno di Dio: fratelli tutti, anzi i fratelli più piccoli di Gesù prediletti perché sono i più piccoli. Ci aiuta a vedere spiritualmente la storia umana che incontriamo e a capire la storia umana nella contemplazione dei segni spirituali. Siamo tutti polvere e abbiamo tutti bisogno di senso, di quello che non finisce, di amore che rivesta di importanza.
Siamo mendicanti e pellegrini in questo mondo. La sua forza, possiamo dire, è proprio la nostra debolezza! Non dobbiamo più cercare una forza che non abbiamo, che ci fa male, che rubiamo agli altri o che non raggiungiamo mai! Il vero cambiamento è la compassione”.
Anche a Torino mons. Cesare Nosiglia ha ricordato in una messa Modesta Valenti ed i ‘senza fissa dimora’: “Quest’anno, cari amici, siamo qui, nel duomo di Torino, per celebrare il ricordo di Modesta che ha perso la sua vita a causa del freddo di una notte e dell’ impossibilità di ripararsi. Ricordiamo anche altri due senza dimora morti in questo mese: Mostafa Hait Bella e Radu Chirinbuta.
Sono tra le tante persone senza fissa dimora morte in questo periodo invernale tra l’indifferenza delle città in cui abitavano. A Torino, in queste settimane, abbiamo assistito alla diatriba su come trattare i senza dimora dimenticando che si tratta di persone che hanno gli stessi diritti come ogni altro cittadino”.
Ringraziando la Comunità di san Egidio e le altre realtà cittadine l’arcivescovo ha sottolineato che occorre dare dignità alle persone: “Non si possono trattare queste persone con interventi che non tengano conto di tutto ciò. E’ dunque necessario oltrepassare il semplice assistenzialismo di circostanza e promuovere verso ciascuno di loro una sinergia di relazioni ricche di amicizia e di impegno permanente”.
Il vangelo parla della famiglia di Gesù: “Di quale nuova famiglia parla Gesù? Non di quella basata sul sangue e la carne soltanto, ma di quella fondata sul riferimento a Dio Padre di tutti e dunque su chi è nostro fratello e sorella amato dal Signore come suo figlio.
La soluzione di tutti i problemi che assillano ogni persona viene dunque dal considerarsi e dall’essere figli e fratelli in una famiglia che ingloba quella naturale ma va oltre i suoi confini e si allarga a tutti, supera le barriere che umanamente sono insite nel pure importante ‘mio’ e apre a un ‘noi’ di condivisione che crea nuovi legami di amore, forti, indissolubili di amore e di eternità. Perché se i legami naturali sono di per se stessi temporali, quelli di cui parla Gesù sono senza confini di spazio e di tempo, sono eterni”.
(Foto: Comunità di Sant’Egidio)