Il Papa affida a due giovani libanesi la Via Crucis
Saranno i giovani del Libano a raccontare al mondo la sofferenza di Gesù nella Via Crucis del 2013. Il Papa ha deciso di affidare a loro, sotto la supervisione del Patriarca, il Cardinale Béchara Boutros Raï i testi delle meditazioni del Venerdì Santo. Così al Colosseo riecheggerà la voce dei martiri della Terra Santa, dei cristiani del Medio Oriente che ogni giorno vivono il loro Calvario da decenni. Il viaggio del Papa lo scorso settembre in Libano è stato un grande atto di coraggio per la gente del Libano, per i cristiani in particolare impegnati a vivere un dialogo che sembra ogni giorno più impossibile. E oggi questo gesto di Benedetto XVI indica che quel gesto di settembre che qualcuno sembrava voler scoraggiare, è stato invece uno dei grandi gesti profetici del Pontificato.
Pochi giorni dopo il viaggio il Papa aveva deciso di inserire la lingua araba nelle sintesi della catechesi delle udienze del mercoledì, poi il Patriarca Béchara Boutros Raï, amatissimo dai cristiani di rito latino del Libano, ma anche dai non cristiani, è stato creato cardinale. Oggi la scelta del Papa per i giovani del Libano. Quei giovani che a Bkerkè lo scoro settembre hanno accolto Benedetto XVI chiamandolo “Beneamato”, quei giovani che dicevano: “ La primavera araba è qui adesso insieme al Papa.” E’ un invito a “tutta la Chiesa a tener presente nella preghiera il Medio Oriente, i suoi problemi e le comunità cristiane in quelle terre.”
Tradizionale lo schema delle 14 Stazioni, profetica la scelta del Papa che già lo scorso anno chiedendo a due coniugi di scrivere i testi, ha voluto indicare al mondo cattolico quale fosse la emergenza: la famiglia. Oggi Benedetto XVI sceglie un’altra frontiera che il mondo sembra aver dimenticato: la presenza dei cattolici in Medio Oriente, tema al quale ha dedicato un Sinodo e un documento “Ecclesia in Medio Oriente” che indica la via della convivenza religiosa e politica non solo ai paesi della regione, ma ad un mondo dove la vera libertà religiosa viene troppo spesso confusa con la libertà di culto, o dove la persecuzione dei cristiani non fa più notizia.