6 gennaio 1980 fu ucciso il Presidente della Regione siciliana. Il suo nipote: “Non fu solo Cosa nostra a uccidere mio nonno”

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Quarantun anni fa, il 6 gennaio 1980 a Palermo fu ucciso Piersanti Mattarella, Presidente della Regione siciliana e fratello dell’attuale Capo dello Stato Sergio, a colpi di pistola davanti alla sua abitazione di via Libertà a bordo della sua Fiat 132 mentre stava per andare a Messa, insieme alla suocera, alla moglie Irma Chiazzese e ai figli Maria e Bernardo. Niente scorta: il Presidente la rifiutava nei giorni festivi, voleva che anche gli agenti stessero con le loro famiglie. Il caso fu da subito condizionato da una intensa opera di depistaggio. Ancora oggi non si conosce la verità e resta il mistero su un delitto voluto e progettato da menti raffinatissime. Pochi mesi prima della morte Piersanti Mattarella rilasciò le ultime dichiarazioni pubbliche sul tema della mafia: “Si deve reagire con fermezza, al di là delle parole, delle celebrazioni che rischiano di assumere un ruolo di rito. Provo un senso di profonda inquietudine, anche per il verificarsi di una specie di assuefazione ai fatti di violenza”.

Le parole di Piersanti Mattarella di più di quarant’anni fa sembrano pronunciate oggi. Sono parole che ci riportano alla recente puntata di Report del 4 gennaio alle ore 21.20 su RAI 3, sulla Trattativa Stato-Mafia, oggetto del processo penale in atto al Tribunale di Palermo. Questo programma, che ha raggiunto picchi di 3 milioni e mezzo di telespettatori, con una percentuale media di ascolti dell’11,5%, a nostro giudizio è uno dei lavori giornalistici più approfonditi, arguti, completi ed esaustivi mai fatti sul tema, come abbiamo scritto ieri nel nostro approfondimento: Trattativa Stato-Mafia. Non smettiamo di pretendere la verità.
Fatto è che nel 2021 bisogna ancora tutelare i giornalisti. Follia di Stato! Gli attacchi a Report sono inaccettabile e fortunatamente dal mondo politico si alzano voci di solidarietà al giornalista-conduttore di Report Sigfrido Ranucci.

Le parole di Riccardo Laganà, Consigliere di amministrazione della RAI

«Una puntata monumentale di Report ha ripercorso la storia oscura del nostro Paese attraverso un’accurata analisi di documenti e testimonianze come mai si era riuscito a fare prima d’ora. Un servizio da proiettare in scuole e università e riportare nei libri di storia. Gloriosa pagina di genuino giornalismo d’inchiesta, indipendente e autorevole.
Un’ inchiesta giornalistica al servizio del cittadino, vero, unico editore del servizio pubblico televisivo. Tra i compiti del servizio pubblico c’è quello di stimolare il pensiero critico avendo elementi su cui ragionare, questo è quello che accade con inchieste come quelle di Report.
Al giornalista Ranucci e ai colleghi della redazione il personale ringraziamento per l’encomiabile lavoro svolto, non solo mio ma di tutti i colleghi Rai e cittadini che si identificano con gli autentici valori del servizio pubblico».

Le parole di Walter Verini, Deputato Pd e Coordinatore del Comitato della Commissione Antimafia per la tutela dei giornalisti minacciati

«La trasmissione Report è un esempio importante di giornalismo d’inchiesta. La puntata dell’altra sera – tra l’altro con ascolti record – è stata anche una pagina giornalistica importante per il servizio pubblico radiotelevisivo. Perché ha riannodato i fili di trame che richiedono ancora di essere portate alla luce, trame che hanno insanguinato il Paese e lavorato per cambiare il corso della democrazia. E che hanno visti protagonisti, tra l’altro, le mafie, la P2, ambienti estremistici neri. Trame sulle quali si attendono anche pronunciamenti definitivi della Giustizia. Ed è stata importante perché ha fornito nuovi squarci ed elementi su vicende torbide, sulle quali tutti dovrebbero avere interesse che si faccia luce. Gli attacchi di queste ore, venuti soprattutto da alcuni esponenti di destra, sono perciò inaccettabili. Mi auguro che questo lavoro di inchiesta continui, scavando nei misteri e nei depistaggi, offrendo naturalmente spazio a tutte le opinioni e critiche, consentendo non solo ai telespettatori di maturare opinioni, ma aiutando – con la libera informazione – il Paese a sanare ferite ancora aperte. Voglio infine esprimere solidarietà a Sigfrido Ranucci, per le minacce di morte ricevute dalla mafia e credo necessario che il Comitato per la tutela dei giornalisti minacciati, che coordino, possa su questo audirlo prima possibile”.

Piersanti Mattarella jr.

Le parole di Piersanti Mattarella jr, nipote del Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella nell’intervista rilasciata ieri, 5 gennaio ad Elvira Terranova  per Adnkronos dopo l’inchiesta di Report del 4 gennaio

«Mio nonno viene considerato da tutti una vittima di mafia, ma da quello che sta emergendo dalle indagini più recenti sembra esserci dell’altro. No, non è stata solo Cosa nostra a uccidere Piersanti Mattarella…».

Gli stessi occhi chiari del nonno, lo stesso sguardo pulito ma deciso, Piersanti Mattarella, 34 anni, alla vigilia del 41esimo anniversario dell’uccisione dell’ex Presidente della Regione siciliana, avvenuta il 6 gennaio 1980 sotto gli occhi atterriti della moglie Irma Chiazzese e dei figli Bernardo e Maria, fa fatica a parlare di quella tragedia che irruppe con violenza sulla sua famiglia e sull’intera regione. Quegli spari che uccisero anche il sogno di una nuova Sicilia.

«Già dopo l’omicidio -dice Piersanti Mattarella junior in una intervista esclusiva all’Adnkronos – le indagini avevano fatto emergere qualche traccia di infiltrazioni che non fossero solo mafiose. Ma forse, ai tempi, anche dal punto di vista della ricostruzione storica, non sembrava possibile che un omicidio potesse essere commesso non solo da membri di Cosa nostra. Una circostanza che è, invece, emersa con chiarezza negli ultimi anni di storia giudiziaria».

E aggiunge: «Ai tempi, probabilmente, era una intuizione del singolo piuttosto che una convinzione diffusa che la mafia potesse uccidere in collaborazione con “altro”…».

Il giudice Giovanni Falcone, dopo l’omicidio Mattarella, spiccò un mandato di arresto nei confronti dell’ex componente dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) Valerio “Giusva” Fioravanti, che poi fu assolto. «Mia nonna ha riconosciuto l’andatura e lo sguardo del killer in Fioravanti…». Ma di più non vuole aggiungere Piersanti. Irma Chiazzese, vedova di Piersanti Mattarella, all’epoca disse agli inquirenti: “Il killer aveva occhi di ghiaccio”. E aggiunse: “Aveva l’andatura di un orso” e mentre sparava “sorrideva”.

La vicenda giudiziaria è stata lunga e complessa. E non definitiva. Come mandanti sono stati condannati all’ergastolo i boss della commissione di Cosa nostra, da Totò Riina a Michele Greco, con gli altri esponenti della cupola, da Bernardo Provenzano a Bernardo Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci. L’inchiesta, però, non è riuscita a identificare né i sicari né i presunti mandanti esterni.

Nel 2018 la procura di Palermo ha riaperto l’inchiesta sull’omicidio. Nuovi accertamenti attraverso complesse comparazioni fra reperti balistici. Uno dei reperti del processo celebrato a Palermo, la targa di un’auto del commando, sarebbe stata divisa in due dagli autori del furto e una parte fu poi ritrovata in un covo proprio dell’organizzazione terroristica neofascista dei Nar.

Ma chi era nonno Piersanti per il giovane Piersanti? «Uno degli aspetti che mi rendono orgoglioso di essere suo nipote- racconta – è vedere lo sguardo di chi lo ha conosciuto e che gli è stato vicino o per amicizia o per motivi di studio o professionali. Mi è capitato di avere conosciuto vecchi collaboratori o amici di nonno e quando vedo l’emozione forte in loro capisco che mio nonno ha lasciato oltre che ricordi positivi anche degli ideali e dei bei valori».

Piersanti è nato sei anni dopo l’omicidio del nonno. «Sicuramente la figura di mio nonno l’ho conosciuta attraverso mia nonna Irma, attraverso mio padre Bernardo, mia zia Maria o zio Sergio, e da qualche fotografia vista in casa». Lo “zio Sergio” è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, che subito dopo l’agguato cercò di aiutare il fratello insanguinato. Una scena immortalata da una nota fotografia scattata da Letizia Battaglia. «Vedere il nome della via Piersanti Mattarella – dice – o vedere che c’è una scuola intitolata a mio nonno mi ha fatto nascere una certa curiosità, quando ero ancora piccolo. E poi il mio stupore quando la gente sapeva di chi potevo essere figlio o nipote. Tutti conoscevano già il mio albero genealogico». «Pensavo che avevo il piacere immenso di portare questo nome e l’orgoglio di chiamarmi come mio nonno ma al tempo stesso è una sorta di responsabilità, che sento tuttora».

Cosa rimane oggi del politico Piersanti Mattarella? «L’insegnamento che, contrariamente a quello che si è portati a pensare oggi, nella politica non c’è solo l’idea dell’interesse personale e, dunque, la testimonianza che si può fare politica in maniera anche diversa. Al di là del vantaggio personale o della rincorsa all’obiettivo personale del potere».

Piersanti Mattarella fu prima Consigliere comunale di Palermo nel 1964, poi deputato al Parlamento Regionale nel ’67, nel ’71 e nel ’76. Durante l’ultima legislatura, quella del 1976, ricoprì il ruolo di presidente della Regione, appena quarantenne, dal ’78 al 6 gennaio del 1980. Era il Governatore dalle “carte in regola”.

«Mi piace molto l’idea della trasparenza di mio nonno – spiega il giovane Piersanti – Un’altra sa opera molto attuale è stata la riforma della pubblica amministrazione, soprattutto a livello regionale, o la riforma edilizia contro l’abusivismo edilizio e l’assegnazione di diversi appalti». Con Mattarella «c’è stata una rivisitazione di diverse procedure di appalti» e il «suo essersi schierato contro un determinato centro di interessi mafiosi e non che in quegli anni aveva acquisito una grossa fetta di potere», ricorda il nipote. «Lo ha fatto perché nella sua azione sicuramente anteponeva l’intesse comune, un interesse contrario all’acquisizione di centri di potere fatto di persone, di cultura e estrazione appartenenti un sistema al quale mio nonno si opponeva».

Piersanti Mattarella «è stato il primo politico a opporsi al potere mafioso», dice ancora il nipote, anche «se ci sono state altre figure siciliane che si sono opposte allo status quo dei tempi, ma lui è stato il primo a opporsi con chiarezza». L’omicidio Mattarella per Piersanti «è stata una sofferenza e una mancanza, un episodio che ha cambiato la vita familiare sia delle persone che erano presenti in quel momento e quelle che non erano presenti quel giorno».

Poi parla anche del film di Aurelio Grimaldi “Il delitto Mattarella”. «Quello che mi è piaciuto è stato il coraggio di inserire delle tematiche che fino agli ultimi anni non sono state approfondite», come ad esempio che non fu solo Cosa nostra a volere la morte del Governatore “dalle carte in regola”.

Anche Piersanti Mattarella junior ha studiato legge, come il nonno. E come il padre, Bernardo. Oggi fa l’avvocato in un noto studio legale palermitano. «Anche mio nonno aveva studiato giurisprudenza e anche lui era avvocato, ma io a differenza sua sono lontano dalla politica», dice. «Seguo la politica con molto interesse. Ma non intendo entrare nella vita pubblica o impegnarmi in prima persona, mi piace e la seguo. Stop. Penso che sia importante dare il giusto peso al mondo politico ma per ora non ho velleità di questo tipo». E se glielo chiedessero? «Direi di no».

Domani è il 41esimo anniversario dell’omicidio di Piersanti Mattarella, qual è stato il suo lascito più importante? «Nella vita politica la trasparenza e l’azione pubblica, il perseguimento del bene comune e la lotta alla mafia», dice. Mentre dal punto di vista familiare «ammirazione e grande rispetto nei confronti di un uomo che comunque ci ha lasciato e che è morto nell’intento di fare del bene per tutti o di perseguire determinati principi e valori che, all’evidenza, davano fastidio.

Oggi «servirebbero tanti Piersanti Mattarella – spiega il nipote – sarebbe bello che tutte le persone impegnate nella vita pubblica e politica, oltre ad avere la giusta competenza o preparazione abbiano anche l’obiettivo di migliorare la situazione attuale per tutti. E non solo nella ricerca del vantaggio personale, o di un gruppo».

Poi si lascia andare a un ricordo più intimo, ma solo per qualche istante. «Mio nonno mi è stato raccontato tanto dai miei familiari, che mi hanno fatto rivivere i tanti viaggi in famiglia, o i suoi scherzi. L’immagine di una persona solare, ironica, capace di empatia e di attirare l’attenzione e l’ammirazione delle persone». Poi si ferma un attimo, abbassa lo sguardo e aggiunge: «Mi sarebbe molto piaciuto molto conoscerlo…».

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