Pakistan: Pakistan Christian Congress (Pcc) chiede la riapertura dei casi di condanna per blasfemia
Rimsha Masih, la bambina pachistana cristiana accusata di blasfemia sarà processata da un tribunale per i minorenni il 1^ ottobre, secondo quanto deciso da un tribunale di Islamabad. La prossima udienza è stata fissata per il primo ottobre. Dopo essere stata liberata dietro cauzione, Rimsha si trova ora in una località segreta con la famiglia per il timore di ritorsioni da parte dei fondamentalisti. Lo scorso sabato, invece, gli investigatori hanno riconosciuto che un religioso della moschea del quartiere dove vive Rimsha aveva falsificato le prove. L’imam Khalid Jadoon ha infatti messo nella borsa della bambina, che presenta un ritardo mentale, delle pagine bruciacchiate del Corano.
Inoltre la bambina cristiana ha ricevuto il pieno sostegno delle donne musulmane in Pakistan, secondo le testimonianze raccolte dall’Agenzia Fides: Amna Ulfat, Parlamentare del Punjab, ritiene Rimsha innocente perché ‘è minorenne e analfabeta’ e, riferendosi all’imam, stigmatizza ‘quanti commettono tali crimini, utilizzando autorità giudiziarie per interessi personale’; mentre Naveed Anjum, Presidente della ‘SAF Foudation per le donne’, ha definito l’arresto di Rimsha ‘disumano’ ed ha chiesto che ‘i colpevoli siano severamente puniti’. Infine Tahira Abdullah, musulmana e attivista dei diritti umani, ha rimarcato i punti oscuri della vicenda: “Nessun minore può essere messo in una prigione per adulti e tenuto per tre settimane con pericolosi detenuti. Ciò che è stato fatto a Rimsha è del tutto illegale. Inoltre la legge sulla blasfemia prevede che i funzionari di polizia svolgano indagini prima dell’arresto e della registrazione di una denuncia: anche questo è stato omesso… Rimsha e la sua famiglia siano posti sotto protezione dello Stato, che i cristiana del sobborgo di Mehrabadi siano aiutati dallo stato per essere reinsediati nelle loro case”.
Ed alla vigilia del processo Rimsha Masih, il Pakistan Christian Congress (Pcc) ha chiesto la riapertura dei processi contro cristiani e musulmani che sono stati accusati o condannati in base alla legge sulla blasfemia. Nazir S. Bhatti, presidente del PCC, ha detto che il caso Rimsha Masih aveva messo in evidenza il fatto che le denunce presentate in nome delle leggi contro la blasfemia potrebbero nascondere nomi falsi o manipolazioni finanziarie che non hanno nulla a che fare con religione: “La giustizia pakistana dovrebbe riaprire i casi di persone che sono state condannate nelle sezioni B e C 295 del codice penale, che punisce con la morte qualsiasi insultato Maometto e l’incarcerazione vita profanazione del Corano”, rivolgendo il suo appello al presidente Asif Ali Zardari e il primo ministro Raja Parvez Ashraf. Il presidente del Pcc ha aggiunto che né lui né il suo partito ha dimenticato Asia Bibi, che è ancora in carcere in attesa di giudizio in appello dopo la condanna a morte emessa in prima istanza nel 2010: “Indipendentemente dalla loro religione, decine di pakistani sono stati vittime di questa legge, e sono in carcere le sbarre, o sono stati uccisi da fanatici”.
Infatti, secondo un rapporto di Amnesty International, nel 2011 il Pakistan non ha provveduto a prevenire e perseguire la discriminazione, le vessazioni e la violenza nei confronti delle minoranze religiose e, sempre più spesso, dei musulmani sunniti moderati. Ahmadi, sciiti e cristiani sono stati aggrediti e uccisi nel contesto di violenze apparentemente di natura settaria. Secondo quanto riferito, gruppi settari legati ai talebani hanno aggredito sciiti, ahmadi e sufi nell’impunità. Le leggi sulla blasfemia hanno continuato a essere impropriamente impiegate contro ahmadi e cristiani, così come contro musulmani sciiti e sunniti. E’ continuato l’uso improprio delle leggi sulla blasfemia. Secondo la commissione nazionale per la giustizia e la pace, sono stati accusati di blasfemia almeno 67 ahmadi, 17 cristiani, otto musulmani e sei indù; diversi casi sono stati archiviati per dubbi capi di imputazione o per indagini improprie da parte delle autorità. L’8 novembre 2011, Asia Bibi, di 45 anni, una cristiana madre di cinque figli, è stata accusata di blasfemia e condannata a morte al termine di un processo iniquo. Inoltre lo Stato non ha provveduto a proteggere diverse persone accusate di blasfemia dagli attacchi che ne seguivano: il 19 luglio 2011, due fratelli cristiani, il trentaduenne Rashid, un pastore, e Sajid Emanuel, di 27 anni, sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco davanti a un tribunale nella città di Faisalabad, dopo essere stati accusati di blasfemia. La polizia non ha protetto adeguatamente i due fratelli malgrado alcune attendibili minacce di morte. L’11 novembre 2011, Imran Latif, di 22 anni, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco a Lahore, dopo essere stato rilasciato su cauzione il 3 novembre. Il tribunale non aveva rilevato prove sufficienti a suffragare un’accusa di blasfemia intentata nei suoi confronti cinque anni prima.
IA Rehman, direttore della Commissione per i diritti umani del Pakistan in un incontro al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti, svoltosi il 17 settembre a Ginevra, ha affermato: “Nessuno stato dovrebbe togliere il diritto dei cittadini a discutere una legge che li riguarda gravemente. Pertanto, vi è una crescente necessità di dialogo sulla legge sulla blasfemia e le sue conseguenze negative per le minoranze religiose in Pakistan. Se non siamo in grado di discutere la legge sulla blasfemia e il suo impatto sulle persone, in particolare i non-musulmani, io lo definirei un grande svantaggio della nostra società”. Nello stesso incontro Peter Jacob, direttore della Commissione Giustizia e Pace della Chiesa cattolica in Pakistan, ha ribadito: “Quando lo Stato e la costituzione fanno preferenza sulla base della religione, finiscono per violare i diritti dei loro cittadini. La legge sulla blasfemia è uno tra altre leggi che formano un intero sistema di discriminazione contro le minoranze religiose in Pakistan”. Invece il prof. Moulana Uzair, docente all’Albazi University di Lahore ha sottolineato l’importanza del ruolo dei leader religiosi per contribuire a frenare l’abuso della legge sulla blasfemia: “I rappresentanti di tutte le fedi dovrebbero avere la possibilità di esaminare le procedure di casi di blasfemia per fare in modo che queste leggi non siano usate per perseguitare le persone. Il Pakistan appartiene a tutti i suoi cittadini, che siano musulmani, cristiani, indù o altri. Le leggi non dovrebbero essere usate per violare i diritti delle persone”.